Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32025 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32025 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 254/2023 R.G. proposto da : ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2183/2022 depositata il 13/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Roma Capitale ha proposto, sulla base di due motivi, ricorso per cassazione avverso la sentenza della sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il Lazio n.2183/05/2022, depositata in data 13.05.2022, che in sede di giudizio di rinvio, ha riget tato l’appello proposto da Roma Capitale, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n.48/12/2012, avente ad oggetto l’impugnativa da parte dell’Istituto delle Suore Clarisse del SS Sacramento dell’avviso di accertamento in re ttifica n. 203228288/2008 in materia di ICI, annualità 2003;
l’Istituto delle Suore Clarisse del SS Sacramento ha resistito con controricorso, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per tardività;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso l’ente impositore ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.l. n. 203 del 2005, art. 7, c. 2 bis, conv. in l. n. 248 del 2005, ed al d.l. n. 223 del 2006, art. 39, comma 2-bis, conv. in l. n. 248 del 2006, per avere i giudici del rinvio ritenuto che l’Istituto delle Suore Clarisse del SS Sacramento aveva, comunque, diritto alla chiesta esenzione sulla scorta della normativa ratione temporis vigente ;
con il secondo motivo ha dedotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. omesso esame del motivo inerente la dedotta assenza di prova circa l’attività svolta nell’immobile;
parte controricorrente ha chiesto, con nota in atti, dichiararsi la cessazione della materia del contendere e la conseguente estinzione del presente giudizio in ragione dell’ accordo stragiudiziale
formalizzato in data 05.12.2023 con cui le parti avevano definito tutto il contenzioso fra le stesse pendenti, ivi compreso il presente giudizio;
tal richiesta non può trovare accoglimento in quanto dalla documentazione allegata non vi è prova della definizione anche della annualità oggetto di causa (anno 2003) – riferendosi la stessa ad altre annualità – sicchè, nel silenzio di parte ricorrente che nulla ha dedotto, non può dichiararsi la cessazione della materia del contendere;
deve, quindi, essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività: atteso che il ricorso per cassazione de quo risulta notificato il 14 dicembre 2022, giorno in cui scadeva il c.d. termine lungo perché alla data del 13 novembre 2022 (semestre) vanno aggiunti 31 gg. di sospensione feriale, l’impugnazione in esame è da ritenere tempestiva;
va, quindi, osservato che il primo motivo di ricorso è fondato, rimanendo assorbito il secondo;
6.1. la C.T.R., facendo applicazione retroattiva della norma di cui all’art.7, comma 2 bis, del D.L.203/2005 (art.7 comma 2 -bis ‘L’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse’), ha concluso nel senso che ‘l’esenzione dal pagamento dell’imposta si estende a tutte le attività indicate dall’art.7 comma 1 lett. a) d. lgs.504/1992, senza che possa rilevare la loro natura eventualmente commerciale, con la conseguenza che l’istituto contribuente non doveva fornire alcuna prova circa la natura delle attività da esso svolte’;
6.2. tale pronunzia è erronea sulla scorta del condivisibile principio per cui in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 7, comma 2-bis, del d.l. n. 203 del 2005 (introdotto dalla legge di conversione n. 248 del 2005), che ha esteso l’esenzione disposta
dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e l’art. 39 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, che ha sostituito il comma 2 bis dell’art. 7 cit., estendendo l’esenzione alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale, non si applicano retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non interpretativo (Cass., 15 luglio 2015, n. 14795; Cass., 16 giugno 2010, n. 14530; Cass., 20 novembre 2009, n. 24500);
6.3. sotto altro profilo va rilevato che la necessità di un accertamento in fatto sulle modalità di svolgimento dell’attività (in tesi) esente costituiva già portato della pronuncia rescindente di questa Corte n. 7417/2019, con la precisazione che in ipotesi di cassazione con rinvio per violazione di norme di diritto, il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione e attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se in ipotesi non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità della stessa; Cass., 3 marzo 2022, n. 7091; Cass., 22 agosto 2018, n. 20887; Cass., 16 ottobre 2015, n. 20981; Cass., 23 luglio 2010, n. 17353);
7. conseguentemente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda in questione sulla scorta delle considerazioni sopra formulate, procedendo anche alla regolamentazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data