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Esenzione fiscale NATO: no ai pagamenti post-servizio

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione fiscale NATO per i dipendenti civili non si estende agli emolumenti percepiti dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Un ex dipendente aveva ricevuto somme accantonate durante gli anni di servizio, ritenendole esenti. La Corte ha chiarito che il beneficio è limitato agli stipendi e ai compensi ricevuti durante il servizio attivo, annullando le precedenti decisioni favorevoli al contribuente.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione Fiscale NATO: La Cassazione Chiarisce i Limiti per i Dipendenti

L’ordinanza in esame affronta un tema di grande interesse per il personale civile che ha prestato servizio presso organismi internazionali: l’applicazione dell’esenzione fiscale NATO. La Corte di Cassazione consolida un principio fondamentale: le agevolazioni fiscali previste per gli stipendi durante il servizio non si estendono automaticamente agli emolumenti percepiti dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente, ex dipendente civile di un organismo internazionale (NATO). L’amministrazione finanziaria contestava l’omessa dichiarazione di somme percepite nell’anno 2013, derivanti dal riversamento di quote accantonate durante gli anni di servizio attivo.

Il contribuente ha impugnato l’atto, sostenendo che tali somme costituissero una retribuzione differita e, pertanto, dovessero beneficiare della stessa esenzione fiscale prevista per gli stipendi percepiti durante il servizio, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 2083/1962. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, qualificando le somme come retribuzione differita esente da tassazione.

L’Agenzia delle Entrate, non condividendo tale interpretazione, ha presentato ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte sulla Esenzione Fiscale NATO

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando completamente l’esito dei precedenti gradi di giudizio. Con una decisione netta, ha cassato la sentenza impugnata senza rinvio, dichiarando infondato il ricorso originario del contribuente. Secondo la Corte, l’interpretazione estensiva della norma sull’esenzione fiscale operata dai giudici di merito era errata in diritto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha basato la sua decisione sul principio di stretta interpretazione delle norme agevolative in materia fiscale. L’art. 8 del D.P.R. n. 2083/1962, che recepisce un accordo internazionale, prevede l’esenzione per “stipendi ed emolumenti” corrisposti al personale civile “nella loro qualità di impiegati di detti Quartieri Generali”.

Secondo la Cassazione, questa formulazione pone due condizioni tassative per l’applicabilità del beneficio:
1. Deve trattarsi di redditi derivanti da “stipendi ed emolumenti”.
2. Tali redditi devono essere corrisposti al personale in costanza del rapporto di lavoro, cioè in virtù della loro qualifica di “impiegati”.

La norma, quindi, fa esclusivo riferimento ai compensi percepiti durante il servizio attivo. Non menziona in alcun modo le pensioni o altre somme corrisposte dopo la cessazione del rapporto, come nel caso delle quote accantonate ricevute dal contribuente. La funzione dell’esenzione è quella di garantire un trattamento speciale legato alle finalità istituzionali dell’organizzazione internazionale, un legame che si interrompe con la fine del servizio.

La Corte ha ribadito un orientamento già consolidato in sua precedente giurisprudenza (sent. n. 705/2019 e ord. n. 27965/2021), affermando che estendere l’esenzione a somme percepite post-servizio costituirebbe un’indebita interpretazione estensiva di una norma speciale.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un punto fermo: l’esenzione fiscale NATO è un’agevolazione strettamente circoscritta al periodo di servizio attivo del personale civile. Qualsiasi somma percepita dopo la cessazione del rapporto di lavoro, anche se maturata durante gli anni di servizio (come le quote di un fondo pensione o trattamenti di fine rapporto), non rientra nel campo di applicazione della norma speciale e deve essere regolarmente assoggettata a tassazione secondo le norme ordinarie (IRPEF). Questa decisione fornisce certezza giuridica e chiarisce i confini di un beneficio fiscale importante, evitando interpretazioni che ne snaturerebbero la ratio originaria.

I pagamenti ricevuti da un ex dipendente NATO dopo la fine del servizio sono esenti da tasse in Italia?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esenzione fiscale prevista dall’art. 8 del D.P.R. n. 2083/1962 si applica esclusivamente agli stipendi ed emolumenti percepiti in costanza del rapporto di lavoro. Le somme ricevute dopo la cessazione del servizio, come pensioni o liquidazioni di quote accantonate, sono soggette alla tassazione ordinaria.

Perché la Corte di Cassazione ha interpretato la norma sull’esenzione fiscale NATO in modo così restrittivo?
La Corte ha applicato il principio generale secondo cui le norme che prevedono agevolazioni o esenzioni fiscali sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate per analogia. La legge limita esplicitamente il beneficio ai redditi percepiti dal personale “nella loro qualità di impiegati”, un requisito che non sussiste più dopo la fine del servizio.

Qual è la conseguenza pratica di questa ordinanza per i contribuenti?
La conseguenza è che i contribuenti che hanno prestato servizio presso la NATO o organismi simili devono dichiarare e assoggettare a tassazione in Italia tutti i redditi (come pensioni o somme una tantum) percepiti dopo la cessazione del loro impiego. Il ricorso originario del contribuente è stato dichiarato infondato e lo stesso è stato condannato al pagamento delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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