Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2864 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 2864  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3885/2023 R.G., proposto DA
la RAGIONE_SOCIALE, con sede in Avellino, in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e  difesa  dall’AVV_NOTAIO,  con  studio  in  Avellino, elettivamente  domiciliata  presso  l’AVV_NOTAIO, con  studio in Roma,  giusta  procura  in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
il Comune di San Michele di Serino (AV), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con studio in Avellino, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per comunicazioni e notifiche: EMAIL ), e comunque presso la Cancelleria della Corte Suprema Cassazione, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
ICI IMU ACCERTAMENTO FABBRICATO RURALE
avverso  la  sentenza  depositata  dalla  Commissione  tributaria regionale della Campania il 16 novembre 2022, n. 7362/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata  del  12  gennaio  2024  dal  AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 16 novembre 2022, n. 7362/02/2022, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per l’omesso versamento del la TARI relativa all’anno 20 20, oltre ad interessi moratori e sanzioni amministrative, per un totale di € 1.646,00, in relazione a fabbricati siti nel Comune di San Michele di Serino (AV), di cui la ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è proprietaria, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di San Michele di Serino (AV) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino il 3 marzo 2022, n. 157/02/2022, con compensazione delle spese giudiziali;
 il  giudice  di  appello  ha  confermato  la  decisione  di  primo grado -che aveva rigettato il ricorso originario – sul rilievo che i  giudicati invocati dal contribuente in relazione ad annualità antecedenti dell’IMU non potessero valere anche per la TARI in ragione dei diversi  presupposti e che la sola destinazione di fatto dei fabbricati all’esercizio di attività RAGIONE_SOCIALE fosse insufficiente per usufruire dell’esenzione derivante dalla ruralità;
 il  Comune  di  San  Michele  di  Serino  (AV)  ha  resistito  con controricorso;
le parti hanno depositato memorie illustrative;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a cinque motivi;
1.1 con il primo motivo, si denunciano, al contempo, violazione e falsa applicazione degli artt. 29 (ora, 32) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e 9, comma 3, del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello, senza adeguata motivazione, che i giudicati formatisi sulle sentenze depositate dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 22 aprile 2022, nn. 3580/05/2022 e 3581/05/2022, con riguardo all’IMU relativa a gli anni 2014 e 2015;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 8 del regolamento del Ministero delle Finanze per la disciplina della TARI e 10 del Comune di San Michele di Serino (AV) sulla IUC, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che i fabbricati destinati di fatto all’esercizio di attività RAGIONE_SOCIALE non potessero beneficiare dell’esenzione dalla TARI; 1.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. d, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’esenzione dalla TARI esigesse la classificazione catastale in categoria D/10, non potendo avere efficacia retroattiva l ‘annotazione della domanda di variazione catastale per anni diversi dal quinquennio compreso tra l’anno
2006  e  l’anno  2010 (nella  specie,  tra  l’anno  2016  e  l’anno 2020);
1.4 con il quarto motivo, si denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5 -ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per l’ipotesi in cui il giudice di legittimità valuti la fondatezza del ricorso principale, per essere contraria ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva l’esclusione del riconoscimento della ruralità per gli immobili aventi destinazione di fatto all’attività RAGIONE_SOCIALE , pur in assenza di classificazione o variazione catastale in tal senso;
1.5 con il quinto motivo, si denuncia (verosimilmente) violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato emesso dal  giudice  di  appello  di  pronunciarsi  sulla  soggezione  ad imposta dell’immobile censito con la particella 590 del folio 2, essendo stata quest’ultima soppressa in catasto;
il primo motivo è infondato in relazione ad entrambi i profili; 2.1 sotto  il  primo  profilo,  la  censura  attinge  la  sentenza impugnata  per  carenza,  illogicità  e  contraddittorietà  della motivazione;
2.2  per  costante  giurisprudenza,  invero,  la  mancanza  di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a  rivelare  la ratio  decidendi posta  a  fondamento  dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez.
6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354);
2.3 peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ” minimo costituzionale ” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354);
2.4  sotto il secondo  profilo, il  contribuente  ha  invocato l’estensione  de l  giudicato  formatosi  sulle  decisioni  rese  da giudici tributari di secondo grado (per le quali è stato trascritto in ricorso lo stralcio rilevante della motivazione, in ossequio al canone dell’autosufficienza ) con riguardo all’I MU relativa agli anni 2014 e 2015, che avrebbero annullato gli atti impositivi per l’esenzione derivante dalla ruralità dei fabbricati interessati;
2.5 per costante giurisprudenza di questa Corte, l’ efficacia espansiva del giudicato esterno, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano
normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2011, n. 20029; Cass., Sez. 5^, 29 gennaio 2014, n. 1837; Cass., Sez. 5^, 4 ottobre 2018, n. 24293; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2019, n. 8138; Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 22 novembre 2021, n. 36021; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, n. 37936); inoltre, il giudicato in materia tributaria fa stato soltanto in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2018, n. 32254; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2019, n. 7417; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2020, n. 29079; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8407); dunque, il giudicato esterno incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore ” condizionante ” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva la controversia sotto il profilo formale dell’atto opposto non può precludere l’esame del merito delle controversie che attengono alla medesima questione, riferita ad annualità di imposta diverse. Ciò in quanto solo l’accertamento su questioni di fatto e di diritto definito con sentenza passata in giudicato può
precludere il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (da ultime, in materia di ICI: Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34499);
2.6 peraltro, proprio in specifica relazione al thema decidendum , questa Corte si è già orientata -con l’affermazione di principio a cui il collegio ritiene di dare continuità in questa sede – nel senso che il requisito della ” ruralità ” di un soggetto, la cui sussistenza è necessaria ai fini dell’imponibilità del reddito d’impresa, va accertato, in base ai suoi elementi costitutivi (che possono anche venire a mancare o essere, come nella specie, rivalutati dall’Ufficio competente), con riferimento a ciascun anno d’imposta, in ragione del possibile mutamento nel tempo di detti elementi: ne consegue che il giudicato esterno sulla sussistenza o meno di tale requisito relativamente ad uno o più anni d’imposta non può avere effetto con riferimento ad anni d’imposta diversi (in termini: Cass., Sez. 5^, 22 febbraio 2019, n. 5319), per cui il vincolo oggettivo del giudicato esterno attiene solo i fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione del rapporto;
2.7 aggiungasi anche che non ricorre l’efficacia estensiva del giudicato  esterno,  per  quanto  qui  interessa,  allorché  siano oggetto dei separati giudizi tributi diversi (quali, nella specie, l’IMU  e  la  TARI ),  stante  la  diversità  strutturale  delle  due imposte, oggettivamente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto (Cass., Sez.  5^,  17  febbraio  2010,  n.  3706;  Cass.,  Sez.  5^,  14
gennaio 2011, n. 802; Cass., Sez. 5^, 15 febbraio 2013, n. 3756);
2.8 nella specie, quindi, il giudice di appello si è pedissequamente uniformato ai principi richiamati, avendo ritenuto, con motivazione collocantesi al di sopra della soglia del minimum costituzionale, che: « Sotto il primo profilo oggettivo le sentenze hanno ad oggetto l’IMU per le annualità 2015 e 2016 e, quindi, un’imposta che presenta caratteristiche diverse dalla TARI, sicché viene a mancare un presupposto indispensabile all’estensione del giudicato: l’ide ntità del tributo che preclude l’estensione del giudicato invocata dall’appellante, stante la diversità strutturale delle due imposte, oggettivamente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto »;
3. il secondo motivo ed il terzo motivo -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta -sono infondati; 3.1 su un piano generale, in tema di ICI (ma altrettanto vale anche in tema di IMU), il fabbricato per essere soggetto ad imposta deve essere ultimato ed utilizzabile, senza che sia necessaria la sua iscrizione al catasto, rilevando a fini impositivi le condizioni per la sua iscrivibilità ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ovvero il momento a partire dal quale può essere considerato fabbricato in ragione dell’ultimazione dei lavori relativi alla sua costruzione (da ultime: Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2019, n. 7968; Cass., Sez. 5^, 3 maggio 2019, n. 11646; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1571; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, n. 32217; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894);
3.2 nello specifico, per i fabbricati non iscritti in catasto, si deve confermare l’orientamento di questa Corte, secondo cui l’esenzione da ICI è condizionata all’accertamento
positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, che può essere immediatamente condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti (Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, n. 18565; Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2016, n. 7930; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10283; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, nn. 28556 e 28557; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, nn. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894; Cass., Sez. 6^-5, 24 ottobre 2022, n. 31281);
3.3 peraltro, la rilevanza delle caratteristiche oggettive della ruralità -al di fuori dell’ipotesi di mancato accatastamento – è stata esclusa dalle Sezioni Unite di questa Corte anche alla luce dello ius superveniens , con particolare riguardo all’emanazione di due norme interpretative (entrambe con efficacia retroattiva), vale a dire: A) il comma 3bis dell’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, come introdotto dall’art. 42bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, secondo cui: « Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività RAGIONE_SOCIALE di cui all’articolo 2135 del codice civile e in particolare destinate: a) alla protezione delle piante; b) alla conservazione dei prodotti agricoli; c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento; d) all’allevamento e al ricovero degli animali; e) all’agriturismo; f) ad abitazione dei dipendenti esercenti
attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento; g) alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna; h) ad uso di ufficio dell’azienda RAGIONE_SOCIALE; i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228; l) all’esercizio dell’attività RAGIONE_SOCIALE in maso chiuso »; B) il comma 1bis dell’art. 23 del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, secondo cui: « Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni »;
3.4 nel prendere in esame, in particolare, quest’ultima disposizione (successiva e presupponente quella introdotta dall’art. 42bis del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), le Sezioni Unite hanno tratto argomento per affermare come la disciplina sopravvenuta, lungi da smentire la necessaria rilevanza, ai fini ICI, della classificazione catastale, l’abbia ulteriormente confortata e resa imprescindibile; al punto che l’obiettivo di sottrarre il fabbricato strumentale all’imposizione di un tributo che trova il suo presupposto proprio nella natura
di fabbricato accatastato o accatastabile del cespite (artt. 1 e 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) è stato perseguito dal legislatore ( ex art. 23 del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14) mediante, non già l’esenzione dalla classificazione in categoria catastale di ruralità, bensì – e più in radice attraverso l’espunzione di tali unità immobiliari, così accatastate, dalla n ozione legislativa medesima di ‘ fabbricato ‘ (Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, n. 18565 -nello stesso senso: Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., Sez. 5^, 20 marzo 2019, n. 7799; Cass., Sez. 5^, 7 agosto 2019, n. 21097; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, nn. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894); 3.5 per cui, riaffermando la « decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere, o affermare, l’assoggettabilità ad ICI di un fabbricato », le Sezioni Unite hanno osservato che la norma da ultimo citata, di natura interpretativa, « sostanzialmente conferma che la ruralità del fabbricato direttamente ed immediatamente rileva ai fini della relativa classificazione catastale, ma ricollega a questa conseguita classificazione l’esclusione del fabbricato (catastalmente riconosciuto come) rurale dalla stessa nozione di fabbricato imponibile ai fini ICI » (Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, n. 18565); affermazione, quest’ultima, certamente valida anche nell’interpretazione del comma 3bis dell’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 134 (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10283);
3.6 la  stessa  conclusione  deve  essere  riaffermata  alla  luce dell’ulteriore ius  superveniens (d.l.  13  maggio  2011,  n.  70,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124), che ha attribuito al contribuente la facoltà di presentazione di domanda autocertificata di variazione catastale per l’attribuzione delle categorie di ruralità A/6 e D/10, con effetto per il quinquennio antecedente (Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2016, n. 7930; Cass., Sez. 5^, 7 agosto 2019, n. 21094);
3.7 per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di ICI (ma altrettanto vale anche in tema di IMU), ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale , con l’attribuzione della relativa categoria (rispettivamente, A/6 o D/10), con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da parte di chi richieda il riconoscimento del requisito di ruralità, né può ritenersi sufficiente a determinare la variazione catastale, nei limiti del quinquennio anteriore, la mera autocertificazione secondo le modalità di cui all’art. 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106, e delle norme successive, se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 31 maggio 2018, n. 115), il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al d.m. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 30 giugno 2017, n. 16280; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2017, n. 26617; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., Sez.
5^, 19 dicembre 2019, n. 33932; Cass., Sez. 6^-5, 13 ottobre 2020, n. 22124; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9971; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2021, n. 17038; Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2021, n. 18266; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894);
3.8 l ‘art . 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 134, e modificato dall’art. 42bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, « in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda »;
3.9  in  seguito,  l’art.  13,  comma  14bis ,  del  d.l.  6  dicembre 2011,  n.  201,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  22 dicembre  2011,  n.  214  ha  stabilito  che  le  domande  di variazione  di  cui  al  predetto  d.l.  13  maggio  2011,  n.  70, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  12  luglio  2011,  n. 106, producessero « gli effetti previsti in relazione al
riconoscimento  del  requisito  della  ruralità  fermo  restando  il classamento originario degli immobili ad uso abitativo »;
3.10 a ncora, l’art. 1 del d.m. 26 luglio 2012 ha disposto che: « Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività RAGIONE_SOCIALE è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 »;
3 .11 l’ art. 2, comma 5ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha stabilito che: « Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a
decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda »;
3.12 si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894);
3.13 pertanto, le richiamate disposizioni rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle Sezioni Unite, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10283; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283); Pertanto, le richiamate disposizioni rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle Sezioni Unite, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde
beneficiare dell’esenzione da ICI; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10283; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283); va, dunque, ribadito che il requisito della classificazione nelle categorie A/6 o D/10 è imprescindibile ai fini del conseguimento del beneficio fiscale;
3.14 ciò posto, considerando che la domanda ex art. 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, non può in nessun caso risalire ad un anno diverso dal 2011 (nel quale sono comprese tanto la data di entrata in vigore del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, quanto la data di entrata in vigore della legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201), il quinquennio coperto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti catastali della variazione conseguente alla presentazione di detta domanda è costituito dagli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010 (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 10 gennaio 2014, n. 422; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2015, nn. 24019 e 24020; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2016, n. 13763; Cass., Sez. 5^, 3 agosto 2016, nn. 16178, 16179, 16180, 16181 e 16182; Cass., Sez. 5^, 22 dicembre 2017, n. 30815; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2019, nn. 16711, 16714 e 16715; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10009; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894);
3.15 ne consegue che la domanda di inserimento in catasto di fabbricati  rurali  con  la  categoria  D/10  nell’anno  2008,  cioè prima dell’entrata  in  vigore  del  d.l.  13  maggio  2011,  n.  70 ,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, non poteva valere per il quinquennio antecedente (cioè, dall’anno 2003 all’anno 2007), dovendo escludersi l’efficacia retroattiva dello ius superveniens per le domande presentate prima del 14 maggio 2011 (data della sua entrata in vigore) (Cass., Sez. 5^, 19 maggio 2017, n. 12663; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2019, nn. 19196 e 19197; Cass., Sez. 5^, 23 luglio 2019, n. 19814; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10009; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894);
3 .16 parimenti, proprio in considerazione dell’eccezionalità del beneficio concesso dal legislatore, l’esenzione da ICI con retroazione della decorrenza dal quinquennio antecedente a quello di presentazione della domanda ex art. 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, poteva essere conseguita soltanto con l’osservanza del termine fissato dall’art. 2, comma 2, del d.m. 26 luglio 2012 (30 settembre 2012); in tal senso, si è affermato che se l’istanza non è stata presentata ai sensi e secondo le modalità del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, i suoi effetti non sono assistiti dall’efficacia retroattiva quinquennale da quest’ultima normativa prevista, anche nel caso in cui la domanda è stata presentata successivamente al decorso del termine prorogato, attraverso i successivi interventi, dal 13 luglio 2011 al 30 settembre 2012 (in tal senso: Cass., Sez. 6^-5, 10 gennaio 2014, n. 422; Cass., Sez. 5^, 11 novembre 2016, n. 23015; Cass., Sez. 5^, 19 maggio 2017, n. 12659; Cass., Sez. 6^-5, 8 novembre 2017, n. 26505; Cass., Sez. 6^-5, 31 gennaio 2019, n. 2803; Cass., Sez. 6^-5, 10 novembre 2020, n. 25426);
3.17 nella specie, come è stato accertato dal giudice di appello, la domanda di variazione-annotazione era stata presentata dal contribuente il 30 novembre 2021, e quindi ben oltre il termine perentorio del 30 settembre 2012;
3.18 pertanto, in conformità a tale orientamento della giurisprudenza di legittimità, la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che: « La circostanza che l’appellante abbia in data 30.112021 presentato all’Agenzia del Territo rio la richiesta di variazione non rileva nella fattispecie, non avendo la presentazione della richiesta efficacia retroattiva. L’appellante al riguardo invoca l’art. 2, comma 5, del (…) decreto legge 31.8.13 n. 102 (convertito con la legge n. 124/13) ch e ha previsto che l’artico lo 13, comma 14-bis, del decreto legge n. 201/11 debba intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2 -bis, del decreto legge n. 70/11 e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda. La norma non è applicabile alla fattispecie in quanto con tale norma il legislatore ha assegnato valore retroattivo alla variazione annotate(a) negli atti catastali a seguito della domanda di cui all’articolo 7, comma 2 -bis, d.l. n. 70/11, per il periodo fino al quinto anno antecedente la presentazione della domanda stessa, limitandone l’applicazione al quinquennio coperto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti catastali e, quindi , il quinquennio cope rto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti catastali della variazione conseguente alla presentazione di detta domanda è costituito dagli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010. Acclarato che la ruralità del fabbricato rileva
direttamente  e  immediatamente  ai  fini  della  classificazione catastale, ricollegandosi solo a tale conseguita classificazione l’esclusione dal pagamento  dell’imposta, è irrilevante la circostanza  che  i  fabbricati  siano  effettivamente  destinati  in modo  strum entale allo svolgimento dell’attività RAGIONE_SOCIALE, derivando la strumentalità solo dal dato oggettivo dell’accatastamento  con  attribuzione  della  relativa  categoria (D/10) »;
il quarto motivo è infondato;
4.1 invero, la dedotta questione di legittimità costituzionale è stata  recentemente  oggetto  di  specifico  esame  da  parte  del giudice delle leggi;
4.2 in particolare, la sentenza depositata dalla Corte Costituzionale il 2 febbraio 2023, n. 12, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102 (‘ Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici ‘), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., con tali argomentazioni: « Come si evince dai lavori preparatori relativi alla descritta disciplina, la ratio della riforma in esame è duplice e va rinvenuta, da un lato, nella finalità di semplificazione procedimentale dell’accertamento della ruralità ai fini dell’esenzione dall’ICI e, dall’altro, nelle esigenze di certezza giuridica e di deflazione del contenzioso sorto a causa della disorganicità del previgente quadro normativo risultante dalla stratificazione di diversi interventi legislativi e giurisprudenziali. In linea con tali finalità, la normativa in esame, attribuendo efficacia retroattiva alla richiesta di
riconoscimento della ruralità e alla conseguente registrazione catastale, ha inteso definire i rapporti di imposta sorti nel quinquennio anteriore alla sua introduzione, anche in vista dell’anticipo, in via sperimentale, già a far data dal 2012, dell’imposta municipale unica (IMU), la quale, in forza del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), ha poi sostituito definitivamente l’imposta comunale sugli immobili. (…) Alla esigenza di certezza giuridica risponde anche la previsione che ricollega il conseguimento del riconoscimento della ruralità ai fini dell’esenzione dall’ICI all’inserimento di tale qualità negli atti del catasto. In linea con l’orientamento di legittimità inaugurato dalla richiamata sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, n. 18565 del 2009, la normativa censurata dispone, infatti, che il riconoscimento del carattere rurale dei fabbricati sia cristallizzato in un’iscrizione. Quest’ultima è soggetta alle variazioni indotte dalla sopravvenienza di mutamenti materiali e giuridici del cespite cui si riferisce. L’aggiornamento delle risultanze rientra, infatti, nella funzione di conservazione propria del catasto, la quale è assolta dall’amministrazione finanziaria tenendo in evidenza, mediante operazioni di voltura e di verificazione, le mutazioni soggettive e dello stato degli immobili e delle correlate rendite. Alla stregua di tale sistema, ogni iscrizione relativa ad atti di aggiornamento viene registrata e rimane accessibile al fine di consentire in ogni tempo la ricostruzione storica delle vicende che hanno interessato ciascun immobile censito. Tra le variazioni tracciabili in catasto deve, quindi, includersi anche il frazionamento da cui derivi la soppressione della particella oggetto di ripartizione e l’assunzione, da parte dell’unità immobiliare derivata, di un nuovo identificativo. In tale
evenienza, le annotazioni storicamente afferenti alla particella soppressa non possono che essere effettuate su quella derivata, sia pure con espresso riferimento al precedente identificativo catastale. (…) Il diverso avviso del giudice rimettente, intravvedendo in tale ultima vicenda un ostacolo all’iscrizione della ruralità dell’unità catastale originaria, omette di considerare che la registrazione retrospettiva rientra nella funzione di aggiornamento propria del catasto, e trascura la finalità di agevolazione sottesa alla portata retroattiva della normativa censurata. Essa, infatti, al fine di fornire ai contribuenti una copertura rispetto agli accertamenti fiscali effettuati nel quinquennio antecedente alla richiesta di variazione o di annotazione, detta una disciplina procedimentale che è rivolta essenzialmente al passato, perché consente di dare evidenza catastale alla circostanza che un determinato fabbricato, che nel periodo considerato risultava censito, possedesse i requisiti di ruralità, essendo, invece, irrilevante che in un momento successivo esso abbia assunto una diversa configurazione catastale. (…) La premessa interpretativa da cui muove il rimettente si discosta, altresì, dalle indicazioni fornite sul punto dall’amministrazione finanziaria, di cui ha dato conto l’Avvocatura generale dello Stato. L’interveniente ha, infatti, evidenziato che, secondo le istruzioni elaborate dalla Direzione centrale catasto e cartografia dell’Agenzia del territorio nelle lettere circolari prot. 24818 del 17 maggio 2012 e prot. NUMERO_DOCUMENTO del 5 aprile 2013, indirizzate alle strutture territoriali dipendenti, per gli identificativi associati alle unità immobiliari soppresse, l’annotazione della destinazione rurale ai sensi della disciplina in scrutinio deve essere inserita manualmente «menzionando lo stadio superato». L’informazione viene, quindi, associata
all’unità immobiliare derivata, con la precisazione che il requisito deve essere riferito all’unità originaria da cui questa proviene, al fine di offrire un’adeguata rappresentazione della vicenda. (…) Sono inconferenti i rilievi svolti sul punto dalla parte, secondo cui l’annotazione di ruralità sulle unità immobiliari derivate non risulterebbe possibile ove il contribuente, ancor prima di presentare la domanda ai sensi del d.l. n. 70 del 2011, come convertito, abbia già provveduto a far confluire l’originaria unità immobiliare in un nuovo subalterno accatastato nelle categorie A/6 o D/10, in quanto non si potrebbe, in tal caso, apporre nessuna ulteriore annotazione. (…) Tale affermazione contrasta, invero, con la funzione tipica della registrazione catastale, attraverso la quale è possibile dare evidenza all’inquadramento assegnato al cespite in un preciso momento storico, in modo da aggiornare il quadro informativo dato dall’ordine cronologico delle iscrizioni. La ruralità, non essendo una qualità connaturata al fabbricato, ma scaturendo da una serie di condizioni soggettive e oggettive previste dalla legge (art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, come convertito), può non permanere nel tempo, così che l’attuale esistenza di tale destinazione funzionale non ne implica necessariamente la sussistenza anteriore. (…) Alla luce di quanto precede, il contrasto della disciplina in scrutinio con i principi di ragionevolezza e di uguaglianza si palesa insussistente e cadono, al contempo, i sospetti di violazione del principio della capacità contributiva espresso dall’art. 53 Cost. »;
4.3 peraltro, nessuna deduzione di rilievo è stata aggiunta dal controricorrente al fine di valutare (sotto diversi profili) l’opportunità  di  una  nuova  rimessione  della  questione  di legittimità costituzionale al giudice delle leggi
da ultimo, anche il quinto motivo è infondato;
5.1  il  ricorrente  lamenta  che  il  giudice  di  appello  avrebbe omesso di pronunziarsi sul motivo di gravame circa l’esenzione da  imposta  dell’immobile  censito  in  catasto  con  la  particella 590 del folio 2;
5.2 a ben vedere, però, la sentenza impugnata ha espressamente esaminato e deciso la questione, avendo ritenuto che « inammissibile è il motivo con il quale l’appellante censura la sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di nullità dell’atto impugnato per avere il Comune sottoposto a tassazione la particella 590 del foglio2. Il motivo, oltre che infondato non risultando la particella 590 oggetto del provvedimento impositivo, è inammissibile in quanto dedotto per la prima volta soltanto con i motivi di appello, in violazione del divieto previsto dall’art. 57 del d.lvo n. 546/92 di proporre nel giudizio di appello domande nuove »;
alla stregua delle  suesposte  argomentazioni,  dunque, valutandosi l’infondatezza  dei  motivi  dedotti, il  ricorso  deve essere rigettato;
le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
8 . ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole  nella  misura  di  €  200,00  per  esborsi  e  di  € 2.500,00  per  compensi,  oltre  a  rimborso  forfettario  nella
misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 12 gennaio