Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18844 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18844 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32515/2019 R.G., proposto
DA
Comune di Caravaggio (BG), in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato ad instaurare il presente procedimento in forza di deliberazione adottata dalla Giunta Municipale il 7 ottobre 2019, n. 131, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Bergamo, elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
COGNOME NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’Avv . NOME COGNOME, con studio in Bergamo, elettivamente domiciliati presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche del presente procedimento: EMAIL, giusta procura
I.C.I. IMU ACCERTAMENTO FABBRICATI RURALI ESENZIONE IMPIANTO DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA BIOMASSE
PRINCIPIO DI DIRITTO
in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTI
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia -sezione staccata di Brescia il 28 marzo 2019, n. 1435/25/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 aprile 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. Il Comune di Caravaggio (BG) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia -sezione staccata di Brescia il 28 marzo 2019, n. 1435/25/2019, la quale, in controversia sull ‘ impugnazione di tre avvisi di accertamento nn. 118, 119 e 120 del 20 luglio 2015 da parte del Comune di Caravaggio (BG), notificati a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente, il 31 luglio 2015, il 27 settembre 2015 ed il 31 luglio 2017 per ‘ omissione di dichiarazione e/o rettifica di dichiarazione incompleta o infedele ‘ del l’ I.C.I. relativa all’anno 2010 nella misura complessiva di € 14.369,95, in relazione a fabbricati ubicati nel medesimo Comune e censiti, rispettivamente, l’uno, avente destinazione mista ad abitazione e deposito, con le particelle 12425 sub. 2, 12425 sub. 3 e 12425 sub 5 del folio 41, e, l’altro, avente destinazione ad attività agricola connessa, con la particella 11597 sub. 705 del folio 41, essendone stata disconosciuta la ruralità, ha accolto l’appello proposto in via principale da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed ha rigettato l’appello proposto in via incidentale dal Comune di Caravaggio (BG) avverso la sentenza
depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo il 17 ottobre 2016, n. 511/02/2016, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva parzialmente accolto i ricorsi originari dei contribuenti, dopo la relativa riunione per connessione, con l’annullamento degli atti impositivi con riguardo al fabbricato censito con le particelle 12425 sub. 2, 12425 sub. 3 e 12425 sub 5 del folio 41, per il quale vi era stata l’annotazione di ruralità da parte dei contribuenti – sul presupposto che la prova della ruralità dipendesse dalla classificazione in categoria D/10 del fabbricato censito in catasto con la particella 11597 sub. 705 del folio 41.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2 , comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni ed integrazioni, in relazione al l’art. 360 , primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stata desunta dal giudice di appello la sussistenza dei requisiti di esenzione da I.C.I., pur in assenza di idonea prova, da parte dei contribuenti, della ricorrenza delle condizioni per beneficiare del l’esenzione.
Il ricorrente ha lamentato che il giudice di appello, nell’asserire che: « In definitiva, ai fabbricati destinati a funzioni connesse alle attività agricole va comunque riconosciuto il requisito della ruralità se censiti in categoria D/10 » (pagina 3 della sentenza
impugnata), abbia adottato un approccio meramente formalista, attribuendo esclusiva rilevanza alle risultanze catastali, ancorché le stesse non siano risultate conformi alla effettiva realtà fattuale. A suo dire, con ri ferimento all’immobile strumentale censito in catasto con la particella 11597 sub. 705 del folio 41 e con la categoria D/10, il giudice di appello, contrariamente a quanto era stato sostenuto dal giudice di prime cure, ai fini dell’esenzione dall’ I.C.I., ha considerato « dirimente l’oggettiva classificazione catastale (…) sicché l’immobile che sia stato iscritto come ‘rurale’ non è soggetto all’imposta ed il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter legittimame nte pretendere l’assoggetta mento del fabbricato all’I.C.I. ».
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di I.C.I. (ma altrettanto vale anche in tema di I.M.U.), ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (rispettivamente, A/6 o D/10), con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da part e di chi richieda il riconoscimento o l’esclusione del requisito di ruralità (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 30 giugno 2017, n. 16280; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2017, n. 26617; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., Sez. 5^, 19 dicembre 2019, n. 33932; Cass., Sez. 6^-5, 13 ottobre 2020, n. 22124; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9971; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2021, n. 17038; Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2021, n. 18266; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n.
10894; Cass., Sez. Trib., 18 ottobre 2023, n. 28851; Cass., Sez. Trib., 5 agosto 2024, n. 22031; Cass., Sez. Trib., 14 marzo 2025, n. 6860).
2.3 Peraltro, la classificazione come fabbricato rurale anche di quello adibito ad impianto di produzione di energia elettrica da biomassa ad elevata potenzialità è perfettamente ammissibile in base ai principi affermati da questa Corte (sia pure in relazione ad impianto fotovoltaico, vedasi: Cass., Sez. Trib., 19 novembre 2024, n. 29754), sulla base dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel testo novellato dall’art. 1, comma 369, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 .
Difatti, come è stato chiarito anche dalla circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 6 luglio 2009, n. 32/E (par. 2), per « fonti rinnovabili agroforestali » si intendono « le biomasse, ovvero, la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura (es. biomasse legnose che si ottengono da legna da ardere, cippato di origine agroforestale, o pellet derivante dalla segatura di legno) » (in base all’allegato I, comma 1, lett. b), all’art. 2, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2005, n. 128, secondo cui per « biomassa » si intende « a parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti
dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani »).
2.4 Si rammenta, al riguardo, che, nel dichiarare l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, e dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 Cost., il giudice delle leggi (Corte Cost., 24 aprile 2015, n. 66) ha opportunamente precisato che: « Il legislatore si preoccupa, peraltro, di perimetrare la categoria delle attività connesse, ricorrendo al principio della «prevalenza» dell’attività propriamente agricola nell’economia complessiva dell’impresa. E questa condizione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, riguarda tutte le attività connesse, ivi compresa quella di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, anche se per quest’ultima n on vi è una espressa indicazione in tal senso nel citato comma 423. Difatti, la norma base della materia, non a caso richiamata sia da questo comma che dall’art. 2 del d.lgs. n. 99 del 2004, è l’art. 2135 del codice civile. È la norma codicistica che individua in termini generali la categoria, specificando, al terzo comma, che si intendono connesse: «le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi
mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata . Ebbene, l’attività di cui è questione è appunto da qualificarsi come «attività dirett alla fornitura di beni» e, quindi, per essa vale il requisito della «utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola». In particolare, quello che qui viene in evidenza è il fondo, quale «risorsa» primaria dell’impresa agricola, che, anche quando sia utilizzato per la collocazione degli impianti fotovoltaici, insieme alle eventuali superfici utili degli edifici addetti al fondo, deve comunque risultare «normalmente impiegat» nell’attività agricola. Del resto, il requisito risulta immanente al concetto stesso di connessione ed è coerente con la ratio dell’intera normativa in materia, volta a riconoscere un regi me di favore per l’impresa agricola pur in presenza dell’esercizio di attività connesse, purché queste ultime non snaturino la stessa impresa, contraddicendone la vocazione agricola ».
2.5 Per cui, adattando alla fattispecie il principio enunciato da questa Corte in tema di impianti fotovoltaici, si può conclusivamente affermare che, in tema di I.C.I. (ma anche di I.M.U.), un impianto per la produzione di energia elettrica da biomassa ad elevata potenzialità insistente su un terreno agricolo e concorrente allo svolgimento dell’attività agricola, secondo la previsione dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (e successive modificazioni ed integrazioni), in linea con l’interpretazione datane dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 66 del 24 aprile 2015, anche nel caso in cui l’imprenditore agricolo (individuale o collettivo) non ne sia proprietario, ma mero detentore, sempre che lo stesso sia stato classato -in presenza dei requisiti
soggettivi ed oggettivi previsti dall’art. 9, comma 3 -bis , del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 -come fabbricato rurale strumentale, con la conseguente attribuzione della categoria D/10, può beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 23, comma 1bis , del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 febbraio 2009, n. 14 (nonché dagli artt. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 , nel testo novellato dall’art. 4, comma 1ter , del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e 1, comma 708, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), giacché tale produzione, che deve essere sempre imputabile all’imprenditore agricolo (individuale o collettivo), se normalmente impiegata (con l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse aziendali) nell’attività agricola, costituisce attività connessa ai sensi dell’art. 2135, terzo comma, cod. civ..
2.6 Ne discende che la classificazione in categoria D/10 del fabbricato adibito dai contribuenti alla produzione di energia elettrica da biomassa ad elevata potenzialità è idonea fondare una presunzione iuris et de iure di ‘ ruralità ‘ , che può venir meno soltanto, in sede giudiziaria, con l’impugnazione dell’atto di classamento dinanzi al giudice tributario, ovvero, in sede amministrativa, con la rettifica d’uff icio del classamento da parte dell’amministrazione finanziaria , trattandosi di condizione necessaria e sufficiente per il riconoscimento dell’esenzione prevista dall’art. 23, comma 1bis , del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dall ‘art. 1 della legge 27 febbraio 2009, n. 14.
Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
tra le parti, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la caratteristica della ‘ ruralità ‘ de l fabbricato destinato ad abitazione e deposito sussistesse, pur in presenza di elementi univoci e tali da indurre l’Agenzia delle Entrate ( con comunicazione trasmessa il 17 novembre 2016, prot. n. 2016/140416web ) a rimuovere l’annotazione dei requisiti di ruralità in quanto non sorretta dai relativi presupposti normativi.
Secondo il ricorrente, quindi, il giudice di appello non avrebbe tenuto conto che l’annotazione di ruralità per i l fabbricato censito in catasto con le particelle 12425 sub. 2 e 12425 sub. 5 del folio 41 era stata medio tempore cancellata, venendo così meno il presupposto oggettivo per beneficiare dell’esenzione. 3.1 Il predetto motivo è infondato.
3.2 L’art . 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 134, e modificato dall’art. 42bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, « in via continuativa a decorrere dal
quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda »;
In seguito, l’art. 13, comma 14bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, producessero « gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo »;
Ancora, l’art. 1 del d.m. 26 luglio 2012 ha disposto che: « Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 »;
L’art. 2, comma 5 -ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha stabilito che: « Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale
presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda »;
3.3 Si tratta, infatti, di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da I.C.I. (come da IMU), sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894; Cass., Sez. Trib., 18 ottobre 2023, n. 28851; Cass., Sez. Trib., 12 agosto 2024, n. 22674; Cass., Sez. Trib., 10 gennaio 2025, n. 578).
Pertanto, le richiamate disposizioni rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, n. 18565), in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da I.C.I. (come da IMU); sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa
della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10283; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. Trib., 25 novembre 2022, n. 34764; Cass., Sez. Trib., 10 ottobre 2023, n. 28851; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2919; Cass., Sez. Trib., 11 gennaio 2025, n. 726).
3.4 Secondo l’accertamento fattone dalla sentenza impugnata: « Nel caso di specie, risulta documentato in atti -e del resto neppure contestato -che per le unità accatastate in categoria A/2, A/3 e C/6 detta annotazione era stata ottenuta. Sostiene il Comune che in realtà detta annotazione sia stata disconosciuta dal l’Agenzia del Territorio in data 17.11.2016. Peraltro, detta comunicazione riporta soltanto che a fronte di richiesta del Comune di Caravaggio ed a seguito delle verifiche effettuate ‘per le u .i.u. Fg. 41 mapp. 12425 sub 2 e 5 si procederà all’aggiornamento della Banca Dati per il mancato riconoscimento della ruralità» (confermata invece la ruralità dell’unità di cui al mapp. 12425 sub 3). Non risulta peraltro documentato che al preannunciato aggiornamento della banca dati abbia fatto concretamente seguito la rimozione dell’annotazione dei requisiti di ruralità, che allo stato deve pertanto ritenersi ancora sussistente ».
Per cui, non ci sono fatti ulteriori di cui sia stato omesso l’esame in sede di scrutinio dell’appello incidentale e la cui decisività avrebbe potuto condurre ad un diverso esito del giudizio di merito. Difatti, il documento richiamato dall’ente impositore era stato puntualmente soppesato dal giudice del gravame, che ne aveva apprezzato la funzione meramente
prodromica ad una futura ed eventuale cancellazione dell’annotazione di ruralità.
3.5 Né si può tener conto -nel sindacato dell’ « omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti » – dei documenti prodotti ex novo in sede di legittimità (il riferimento specifico riguarda le certificazioni catastali allegate con il n. 8) al ricorso per cassazione , come ‘ visure storiche mappali 12425 sub. 2 e 5, aggiornate al 23.10.2019 ‘ ), al di fuori delle eccezioni consentite dall’art. 37 2, primo comma, cod. proc. civ. (per i documenti riguardanti « la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso »), per quanto le relative risultanze siano ricognitive di eventi verificatisi prima della decisione del giudice di appello, al quale neppure risultano essere stati dedotti dall’ente impositore .
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l ‘in fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere respinto.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore dei controricorrenti, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.