Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2917 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2917 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1568/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
COGNOME N. INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 4689/2022 depositata il 13/06/2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M. e delle parti come di seguito riportate.
FATTI DI CAUSA
In data 17.02.2016, RAGIONE_SOCIALE presentava all’Ufficio delle Dogane di Napoli 1 la dichiarazione IM/A Reg. 4 n. 871V relativa all’importazione dagli USA di tre colli di ‘adesivi’, individuati alla voce doganale 3919900099, per un importo pari a $ 6.010, come da fattura di RAGIONE_SOCIALE n. 939223 del 04/02/2016, con richiesta di sospensione tariffaria di aeronavigabilità (esenzione daziaria) attestata dall’inserimento del codice tariffario 119 nella casella 36 del DAU.
Specifica il ricorso che,
lo spedizioniere incaricato dalla società ha indicato nella dichiarazione doganale IM A Reg. 4 n. 871 V del 17 febbraio 2016 la qualità e la quantità dei materiali importati indicando ‘adesivi’, il codice nomenclatura dei materiali ‘3919900’ corrispondente, secondo la nomenclatura indicata nella Tariffa doganale d’uso integrata (TARIC), a ‘3919 Lastre, fogli, strisce, nastri, pellicole ed altre forme piatte, autoadesivi, di materie plastiche, anche in rotoli’, nonché il codice preferenziale ‘119’ nella casella 36 della medesima dichiarazione doganale corrispondente alla sospensione daziaria, e ad allegare a tale dichiarazione il certificato ENAC n. IT.21G.0012 di ‘approvazione di impresa di produzione’ di ‘prodotti, parti, pertinenze’ per le quali è autorizzata a rilasciare il certificato di aeronavigabilità, indicandolo anche nella dichiarazione doganale, nonché la dichiarazione d’intento per importazioni di beni e servizi senza applicazione dell’IVA ai sensi degli artt. 8 c. 1 lett. c) e 8 c. 2 del d.P.R. n. 633 .
L’Ufficio procedeva al controllo della documentazione a corredo della dichiarazione, esaminata la quale, in uno alle osservazioni di parte e ad ulteriore documentazione dalla medesima comunicata, con pvc n. 49275 del 30.11.2018, riscontrava che non erano state adempiute le prescrizioni di cui all’art. 2 reg. CE n. 1147 del 2002, in quanto la parte, all’atto dell’importazione, non aveva presentato in dogana ‘copia originale del certificato di idoneità alla navigazione aerea’, bensì un altro certificato (certificato di approvazione IT NUMERO_DOCUMENTO) non rilevante.
Specifica, ancora, il ricorso che
l’Ufficio, dopo aver rilevato che l”operazione doganale …IM A Reg. 4 n. 871 del 17.02.2016… ha riguardato l’importazione dagli USA di n. 3 colli di ‘adesivi’ … per un importo di $ 6010,00 con richiesta di sospensione tariffaria di aeronavigabilità (dazio 0%), attestata dall’inserimento del codice preferenziale 119 nella casella 36 del DAU’ e che ‘tuttavia non veniva allegato il certificato di aeronavigabilità, ma il certificato di approvazione indicato al campo 44 del DAU con la codifica NUMERO_DOCUMENTO, rilasciato dall’ENAC’, ha contestato che non risulterebbero in tal modo ‘adempiute le prescrizioni previste dall’art. 2 del Reg. CE n. 1147/2002, secondo cui, quando le merci sono dichiarate per l’immissione in libera pratica, la sospensione tariffaria (ovvero l’esenzione daziaria) è subordinata alla presentazione alle autorità doganali, della copia originale del certificato di idoneità alla navigazione aerea relativo alle merci in questione, ovvero del documento sostitutivo redatto secondo lo schema figurante al punto A dell’allegato al Reg. CE n. 1147/2002’.
2. Con avviso di rettifica dell’accertamento prot. 1185 del 10.01.2019, emesso ai sensi dell’art 48 reg UE n. 952 del 2013 e 11 D.Lgs n. 374 del 1990, notificato in data 11.01.2019, l’Ufficio rettificava la dichiarazione IM/A 4 n. 871/V del 17.02.2016 sottoposta a revisione e conseguentemente invitava la contribuente a corrispondere le maggiori somme dovute per i diritti doganali pari a € 504,37, di cui € 413,41 a titolo di dazio ed € 90,96 a titolo di IVA oltre interessi di mora. Avverso l’avviso, la contribuente proponeva ricorso -reclamo ai sensi dell’art. 17 bis D.Lgs. n. 546 del 1992. La CTP Napoli, con sentenza n. 13661/15/2019 respingeva il
ricorso. Successivamente tale sentenza veniva riformata dalla CTR della Campania con sentenza n. 4678/20/2022 depositata il 09/06/2022, oggetto di ricorso per cassazione nella causa n. 5693 del 2023 chiamata alla medesima odierna udienza.
A fronte di ciò, l’Ufficio emetteva altresì atto di irrogazione immediata di sanzioni ex art. 17 D.Lgs. n. 472 del 1997 prot. 1190 RU del 10.01.2019, contestuale ad avviso di rettifica, con cui determinava nei confronti della contribuente la sanzione amministrativa di cui all’art. 303, comma 3, lett. b), TULD pari al minimo edittale.
Specifica, ulteriormente, il ricorso, che
in particolare con tale atto l’Ufficio, dopo aver richiamato ‘le risultanze del processo verbale di revisione di cui a prot. 49275 RU del 30/11/2018’ ed aver indicato in epigrafe ‘l’avviso di accertamento suppletivo e di rettifica n. NUMERO_DOCUMENTO‘, intendendo forse riferirsi all’avviso di rettifica dell’accertamento prot. n. 1185/RU che, tuttavia, non risulta menzionato nell’atto impugnato, ha irrogato la ‘sanzione applicabile alla dichiarazione doganale IM A Reg. 4 n. 871 V del 17.02.2016’ ‘prevista dall’art. 303, comma 3 lett. b), del d.p.r. n. 43 del 1973 secondo cui per i diritti da 500,01 a 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro’ per l’importo di Euro 1.000,00.
3.1. Anche avverso tale atto di irrogazione immediata di sanzioni – di cui si discute nella causa che ne occupa – la contribuente proponeva ricorso -reclamo.
Segnatamente, a seguito di provvedimento di rigetto n. 14962/2019 del direttore dell’area Legale della Direzione interregionale competente, s’incardinava il giudizio.
3.2. La CTP di Napoli, con sentenza n. 12551/30/2019 del 04.11.2019, depositata in data 25.11.2019, rigettava il ricorso.
3.4. La contribuente proponeva appello, accolto dalla CTR con sentenza n. 4689/20/2022 pronunciata il 19.05.2022 e depositata il 13.06.2022.
3.4.1. La CTR – dopo aver premesso che ‘assume carattere dirimente l’esame della sorte degli atti presupposti rispetto al presupponente atto di irrogazione di sanzione impugnato nel presente giudizio’ il quale si fonda sul presupposto avviso di rettifica dell’accertamento prot. n. 1185/RU notificato 1’11 gennaio 2019, ed aver rilevato che ‘tale atto presupposto, su cui anche nel presente giudizio la contribuente ha mosso doglianze sostanziali, è stato tuttavia annullato dalla CTR Campania con sentenza n. 4678 pronunciata il 19.05.22 e depositata il 09.06.22, sul rilievo della mancanza dei presupposti sostanziali dell’accertamento’, osservava:
In particolare, nella sentenza n. 4678 è rilevato che la dichiarazione doganale IM A Reg.4 n. 871 V del 17 febbraio 2016 si riferisce all’importazione di adesivi dal fornitore RAGIONE_SOCIALE e che da documentazione prodotta è destinata alla produzione, costruzione o riparazione di aeromobili o parti di essa ed è priva del certificato di aeronavigabilità. È rilevato inoltre che il certificato ENAC ha la funzione di attestare che i prodotti soddisfano la destinazione d’uso in quanto utilizzati negli aeromobili civili e quindi aeronavigabili e che la società RAGIONE_SOCIALE, come risulta da certificato CCIAA, opera esclusivamente progettando, producendo ed assemblando parti e componenti di aeromobili civili. Nella sentenza è evidenziato anche che i materiali grezzi, per uso aeronautico, non sono soggetti a certificato di aeronavigabilità e non possono essere acquistati dovunque, come avviene per altri prodotti, restando onere e responsabilità del costruttore utilizzare dei prodotti che, pur non avendo singolarmente la qualifica aeronavigabile, siano tali che il prodotto finale sia definito aeronavigabile. Per ultimo è rilevato che la RAGIONE_SOCIALE utilizza tali materiali, tant’è che è autorizzata a rilasciare il certificato di aeronavigabilità per i prodotti finiti derivanti dalla costruzione/assemblaggio di parti e componenti di aeromobili civili. Quindi, secondo la citata sentenza della CTR, ai fini del riconoscimento della legittima fruizione da parte della contribuente della sospensione daziaria prevista dal Regolamento CE n. 1147/2002 di cui alla dichiarazione doganale IM A Reg. 4 n. 871 V del 17 febbraio 2016 , la società ha anche provato che i beni importati erano destinati al settore aeronautico e, sul punto, sottolinea che l’art. 2 del Regolamento CE n. 1147 del 25/06/2002 prevede che, per fruire della sospensione daziaria
su importazione definitiva di part, componenti e merci destinati al settore aeronautico, se non è possibile presentare copia originaria del certificato di idoneità alla navigazione aerea, che come sopra evidenziato i materiali grezzi non possono avere, la sospensione è subordinata ad una dichiarazione del venditore che può essere redatta sulla fattura commerciale o un documento allegato ed il modello previsto dal Regolamento ben può essere sostituito da diversa documentazione purché da quest’ultima sia possibile desumere che i materiali grezzi importati siano ‘utilizzati per la costruzione, la riparazione, la manutenzione, il rifacimento, la modifica e la trasformazione degli aeromobili’. Nel caso in esame questa documentazione è stata prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE ed in conclusione si può affermare che per espressa previsione normativa contenuta nel Regolamento CE n. 1147/2002, la dichiarazione del fornitore sostituisce, di diritto, il certificato di aeronavigabilità con la conseguenza che la stessa costituisce l’unica prova necessaria al fine di dimostrare la legittimità dell’agevolazione daziaria di cui la società ha beneficiato. In conclusione, secondo la citata sentenza della CTR, «la RAGIONE_SOCIALE è meritevole di beneficiare della sospensione daziaria prevista dall’art. 1 del Regolamento CE n. 1147/2002». Dunque, alla luce dell’annullamento degli atti presupposti per l’infondatezza nel merito della pretesa tributaria, resta caducato anche il presupponente atto di applicazione della sanzione impugnato nel presente giudizio, per cui l’appello è accolto. In ragione della novità e controvertibilità delle questioni scrutinate, sussistono gravi motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli con quattro motivi. Resiste con articolato controricorso la contribuente, la quale deposita altresì ampia memoria illustrativa, mediante la quale insiste nel rigetto del ricorso agenziale.
All’odierna pubblica udienza, udita la relazione, dopo breve discussione, il Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. NOME COGNOME conclude per l’accoglimento del ricorso. L’Avvocatura Generale dello Stato, in persona dell’Avv. NOME COGNOME per l’Agenzia, e l’Avv. NOME COGNOME per la contribuente, insistono nelle conclusioni di cui ai rispettivi atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo: ‘Violazione-falsa applicazione art 132 cpcomessa motivazione-motivazione per relationem -nullità della sentenza o del procedimento ai sensi art. 360 nn. 3 -4’.
1.1. ‘Si sottopone all’attenzione della Corte la valutazione della illegittimità della decisione frutto di una mera motivazione per relationem, avvenuta lla luce dell’annullamento degli atti presupposti per l’infondatezza nel merito della pretesa tributaria, resta caducato anche il presupponente atto di applicazione della sanzione impugnato nel presente giudizio, per cui l’appello è accolto’.
1.2. Il motivo è manifestamente infondato.
È sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per appurare come la stessa esibisca una motivazione effettiva, sia dal punto di vista grafico che contenutistico, dovendosi per l’effetto escludere alcuna ipotesi di omessa motivazione o di motivazione meramente apparente. Quel che il motivo mira a censurare non è un’assenza grafica o contenutistica della motivazione, ma piuttosto l’apparato argomentativo che la CTR ha profuso per addivenire alla decisione. Nondimeno, la deduzione di un tale vizio non è più consentita, quand’anche si avesse a riqualificare la censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Vale, invero, l’insuperato insegnamento secondo cui ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce
nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione’ (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Secondo motivo: ‘Violazione art. 112 cpc in relazione art. 360 n. 4 cpc’.
2.1. Il motivo così integralmente si esprime: ‘La controversia in esame ha ad oggetto l’atto di irrogazione immediata della sanzione, che è contestuale logicamente consequenziale ad atto di rettifica autonomamente impugnato con giudizio concluso con decisione CTR NA 4678/20/2022; pertanto, tutte le questioni relative alla legittimità degli elementi oggettivi dell’imposizione sono da ritenersi precluse in tale sede in quanto già oggetto di quel separato giudizio e non riproponibile in tale occasione stante il divieto di bis in idem’.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Non paventa, infatti, alcun vizio rilevante ai sensi dell’invocato art. 112 cod. proc. civ.
Esso, pur ove si ritenesse che impropriamente (al cospetto della rubrica) denunci la violazione del principio del ‘ne bis in idem’, sarebbe manifestamente infondato.
Non v’è dubbio, infatti, che l’atto di irrogazione delle sanzioni, separatamente emesso dall’atto impositivo per scelta dell’A.F., sia autonomo da questo e perciò autonomamente impugnabile, anche in relazione ai presupposti.
Terzo motivo: ‘Violazione falsa applicazione del regolamento (CE) n. 1147/02 – art. 70 e ss. Reg. UE n. 952/2013, 748.12, e 128 Reg. UE n. 2447/2015, esenzione dal dazio per l’importazione dei materiali destinati ad essere inseriti o utilizzati negli aeromobili civili nonché violazione delle norme e
dei principi generali in materia di riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 -2699 -2700 -2727 -2729 c.c. ai sensi art. 360 n. 3 cpc’.
3.1. La sentenza viola le norme in rubrica perché ‘nel caso di specie la RAGIONE_SOCIALE, che importava materiali ‘destinati ad essere inseriti o utilizzati negli aeromobili civili’, non presentava all’autorità doganale nessun certificato di aeronavigabilità, né all’atto dell’importazione, né a posteriori. La RAGIONE_SOCIALE ha esibito un mero certificato di Approvazione di Impresa di Produzione con il quale l’ENAC, ai sensi del Regolamento (CE) n. 216/2008 e del Regolamento (UE) n. 748/2012, attesta che la RAGIONE_SOCIALE è una impresa che costruisce in conformità ed è pertanto autorizzata a costruire prodotti, parti e pertinenze di aeromobili. Si evince chiaramente la differente natura dei due certificati e la loro diversa funzione: essendo, il primo, riferito esclusivamente agli aeromobili e riguardando, il secondo, la conformità a norma di prodotti, parti e/o pertinenze di aeromobili’. Nell’eventuale dichiarazione sostitutiva del certificato di aeronavigabilità ‘devono indefettibilmente essere espressamente indicati i seguenti elementi essenziali: il numero della fattura con specifica descrizione delle relative merci, il numero del certificato di idoneità alla navigazione aerea (quindi necessario), le generalità della società che ha rilasciato il certificato, il nome dell’autorità che ha concesso l’autorizzazione, il relativo Paese. Nel caso di specie, non solo controparte non presentava all’autorità doganale alcun certificato di aeronavigabilità, né all’atto dell’importazione, né a posteriori; ma non presentava nemmeno la prescritta dichiarazione sostitutiva di cui allo schema dell’allegato al Regolamento. Nemmeno la fattura del venditore è idonea a provare la pretesa al beneficio fiscale vantato dalla RAGIONE_SOCIALE‘ ‘.
3.2. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Prevedeva l’art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, abrogato e sostituito dal reg. UE n. 581 del 2018, che, ‘se non è
possibile presentare la copia originale di detto certificato all’atto dell’immissione in libera pratica delle merci, la sospensione è subordinata all’inserimento di una dichiarazione, firmata dal venditore delle merci in questione, redatta sulla fattura commerciale o su un documento allegato. Un modello di dichiarazione figura nel paragrafo A dell’allegato’. Il modello di dichiarazione, di cui al paragrafo A dell’allegato, recitava: ‘Per le merci seguenti oggetto della i seguenti certificati di idoneità alla navigazione aerea (cfr. colonna 2) sono stati rilasciati dalla società menzionata nella colonna 3 autorizzata dall’autorità aeronautica menzionata nella colonna 4 del paese indicato nella colonna 5’. Segue uno schema a cinque colonne.
Ora, per quanto quello del paragrafo A fosse solo un modello, ossia, in buona sostanza, un esempio, di dichiarazione, ragion per cui non era testualmente vincolante, tuttavia emergeva inconfutabilmente che la dichiarazione del venditore doveva espressamente menzionare il certificato di aeronavigabilità.
Sovviene a questo punto la considerazione che il certificato di aeronavigabilità, a sua volta, non è meramente astratto, ma è riferito specificamente ad un singolo aeromobile, come emerge indiscutibilmente dalla normativa aeronautica internazionale ed interna (art. 31 della convenzione ICAO del 7 dicembre 1944; annesso, parte 21, reg. UE n. 748 del 2012 e, per quanto di ragione, allegati I e Vter, parte ML, reg UE n. 1321 del 2014; art. 764 cod. nav., il quale, in particolare, prevede: ‘1. L’idoneità dell’aeromobile alla navigazione aerea è attestata dal certificato di navigabilità. 2. Il certificato di navigabilità abilita l’aeromobile alla navigazione’).
Da quanto precede discende – così enunciandosi principio di diritto – che la dichiarazione del venditore ex art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, al seguito, in alternativa al
certificato di aeronavigabilità, di merci destinate ad essere inserite od utilizzate negli aeromobili civili, con riferimento alle quali sia invocata la sospensione dai dazi autonomi ai sensi del regolamento medesimo, affinché possa essere considerata equipollente al certificato, deve necessariamente menzionare, trattandosi di indefettibile requisito sostanziale della suddetta dichiarazione, gli elementi identificativi di questo, così da rendere possibile e verificabile il collegamento della merce ad un singolo aeromobile chiaramente individuato ‘a priori’ come idoneo ed abilitato alla navigazione .
Nell’evoluzione normativa cui accennavasi, tale principio trova prospettica (sia consentito di così dire) conferma nell’art. 2 reg. UE n. 581 del 2018, che recita:
Al fine di beneficiare della sospensione di cui all’articolo 1, il dichiarante, all’atto della presentazione della dichiarazione doganale di immissione in libera pratica, rende disponibile alle autorità doganali un certificato di riammissione in servizio (modulo 1 dell’AESA) quale figura nell’allegato I, appendice I, del regolamento (UE) n. 748/2012, o un certificato equivalente. Il certificato è reso disponibile utilizzando procedimenti informatici o altri mezzi.
La dichiarazione doganale di immissione in libera pratica riporta un riferimento al numero di identificazione del certificato di riammissione in servizio o, in caso di riparazione o manutenzione di merci che hanno perso lo stato di aeronavigabilità, al numero di identificazione di un precedente certificato di riammissione in servizio.
La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, un elenco dei certificati che sono considerati equivalenti al certificato di riammissione in servizio (modulo 1 dell’AESA). Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 4, paragrafo 2.
Nello schema dell’art 2 cit., non può prescindersi dalla messa a disposizione di un certificato di riammissione in servizio o di un certificato equivalente tra quelli soltanto elencati come tali in atti esecutivi della Commissione, con la conseguenza, quindi, che non
può prescindersi dall’esplicitazione del collegamento della merce importata allo specifico aeromobile cui è destinato.
Un tanto evidenzia pertanto una linea di continuità rispetto alla disciplina anteriore (che, come detto, rileva nella specie), consentendo di attingere ad un ‘corpus normativo’ rimasto stabile, ‘in parte qua’, nel tempo.
Né, in contrario, assume rilievo che la contribuente avrebbe comunque potuto beneficiare di esenzione sulla base di regimi alternativi, tra cui, in particolare, quello di destinazione finale.
Infatti, come rilevato, da Cass. n. 19979 del 2019, in motiv., par. 1.1., p. 3, il regime sospensivo previsto già dal reg. CE n. 1147 del 2002 (ed ora dal reg. UE n. 581 del 2018) è volto a derogare, in un’ottica di favore per gli operatori, l’ordinario regime di tassazione delle merci in dogana ex artt. 291 ss. reg. CE n. 2658 del 1987, modificato dal regolamento CE n. 1214 del 2007 : talché la menzione, nella dichiarazione del venditore ex art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, degli elementi identificativi del certificato di aeronavigabilità si dimostra funzionalmente necessaria alla semplificazione, consistente nell’esonero proprio dal controllo della destinazione specifica dei prodotti importati.
Quarto motivo: ‘Articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile -violazione dell’articolo 303 del testo unico 43.73 e dell’articolo 119 del codice doganale dell’Unione’.
4.1. ‘Per completezza di difesa sugli elementi soggettivi della sanzione e dunque in merito alla responsabilità dell’importatore deve osservarsi anche in tale sede che il soggetto passivo dell’imposta di confine è l’importatore, per cui, se a seguito di controlli non dovesse
essere confermata l’autenticità o la regolarità della documentazione a sostegno della dichiarazione, le autorità doganali sarebbero sempre legittimate ad agire nei suoi confronti per il recupero dell’imposta, disconoscendo il regime daziario concesso sulla base di documentazione non idonea. E ciò, anche nell’ipotesi in cui l’importatore agisca in buona fede ‘.
4.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del terzo.
In definitiva, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due ed assorbito il quarto.
Cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 20 novembre 2024.