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Esenzione COSAP per cassonetti: la Cassazione decide

Una società di gestione dei rifiuti ha contestato avvisi di pagamento per il canone di occupazione suolo pubblico (COSAP) relativo ai cassonetti, invocando un’esenzione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che l’esenzione COSAP è strettamente legata alla condizione della devoluzione gratuita dei beni al comune alla fine del rapporto, requisito che non è stato soddisfatto in questo caso. La Corte ha ribadito che il canone è dovuto indipendentemente dalla natura del rapporto, sia esso appalto o concessione.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione COSAP per Cassonetti Rifiuti: Analisi della Cassazione

La questione dell’esenzione COSAP per le società che gestiscono servizi pubblici locali è un tema di costante dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, in particolare per le aziende di raccolta rifiuti che occupano il suolo pubblico con i cassonetti. La decisione sottolinea come l’esenzione dal canone non sia un diritto automatico, ma sia subordinata a condizioni contrattuali ben precise, spesso disattese.

Il Caso: Occupazione Suolo Pubblico e la Richiesta di Esenzione COSAP

Una società per azioni, incaricata della gestione del servizio di raccolta rifiuti in un comune toscano, si è opposta a due avvisi di pagamento per il Canone di Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche (COSAP) relativo all’anno 2006. Gli avvisi riguardavano l’occupazione di suolo pubblico con cassonetti per la raccolta di rifiuti solidi urbani. La società sosteneva di avere diritto all’esenzione dal pagamento, basando la propria difesa sulla natura del rapporto con il Comune, qualificato come concessione di servizio pubblico, e sull’applicabilità di una specifica norma agevolativa.

La Decisione nei Gradi di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le ragioni della società. I giudici di merito avevano stabilito che il canone era dovuto. In particolare, la Corte territoriale aveva evidenziato che l’esenzione prevista dalla legge (art. 49, lettera e, del D.Lgs. 507/1993) è applicabile solo in caso di “devoluzione gratuita” degli impianti al Comune al termine del rapporto. Nel caso di specie, invece, il contratto originario prevedeva semplicemente la restituzione dei cassonetti, che erano stati concessi in comodato d’uso dal Comune stesso. Di conseguenza, mancava il presupposto fondamentale per l’esenzione.

L’Analisi della Cassazione sull’Esenzione COSAP

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, articolando dieci motivi di impugnazione. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione d’appello e offrendo un’analisi dettagliata dei principi giuridici applicabili.

Appalto vs. Concessione: una Distinzione non Decisiva

La Corte ha chiarito che, ai fini del pagamento del COSAP, la distinzione tra appalto di servizi e concessione non è determinante. La normativa (art. 39 del D.Lgs. 507/1993) individua come soggetto passivo del canone il “titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione” o, in sua assenza, “l’occupante di fatto”. Pertanto, il gestore del servizio, in quanto occupante del suolo pubblico, è tenuto al pagamento, a prescindere dalla qualificazione giuridica del suo rapporto con l’ente locale.

Il Requisito della Devoluzione Gratuita

Il fulcro della decisione riguarda l’interpretazione dell’unica ipotesi di esenzione astrattamente applicabile. L’art. 49, lettera e), del D.Lgs. 507/1993 esonera dal canone le “occupazioni con impianti adibiti ai servizi pubblici nei casi in cui ne sia prevista, all’atto della concessione o successivamente, la devoluzione gratuita al comune”.

La Cassazione ha ribadito che questa norma, essendo un’agevolazione fiscale, deve essere interpretata in modo restrittivo. La “devoluzione gratuita” implica un trasferimento di proprietà degli impianti dal concessionario al Comune, senza corrispettivo. Nel caso esaminato, il contratto prevedeva solo la “riconsegna” di beni di proprietà comunale, con l’obbligo per la società di sostenere i costi di eventuali danneggiamenti. Questa clausola è stata ritenuta incompatibile con il concetto di devoluzione gratuita, facendo così venir meno il presupposto per l’esenzione COSAP.

La Natura Imprenditoriale della Società di Gestione

Infine, la Corte ha respinto l’argomento secondo cui la società, agendo per finalità pubblicistiche, non dovesse essere soggetta al canone. Anche se partecipata dal Comune, la società rimane un’entità di capitali che opera con scopo di lucro. Il perseguimento del profitto, tipico dell’attività d’impresa, non viene annullato dalle finalità pubbliche del servizio svolto. Di conseguenza, l’occupazione del suolo pubblico con i cassonetti rientra pienamente nell’ambito di applicazione del COSAP, come già affermato in precedenti pronunce della stessa Corte.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa della normativa tributaria. Il presupposto del COSAP è l’oggettiva occupazione di suolo pubblico, che sottrae un’area all’uso collettivo. Le esenzioni sono eccezioni a questa regola generale e possono essere concesse solo quando le condizioni previste dalla legge sono integralmente rispettate. La Corte ha stabilito che la mera restituzione di beni non equivale a una devoluzione gratuita e che la natura del servizio pubblico svolto da un’impresa privata non è di per sé sufficiente a giustificare un’esenzione fiscale. La decisione mira a garantire l’uniformità di trattamento e a prevenire l’elusione del canone, che rappresenta un’importante entrata per gli enti locali.

Conclusioni: Implicazioni per le Società di Servizi Pubblici

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un importante monito per tutte le società, pubbliche o private, che gestiscono servizi per conto degli enti locali. L’esenzione COSAP non può essere data per scontata. È fondamentale che i contratti e le convenzioni che regolano tali servizi siano redatti con la massima chiarezza, specificando in modo inequivocabile l’eventuale obbligo di devoluzione gratuita degli impianti al termine del rapporto. In assenza di una tale clausola, le società che occupano suolo pubblico con le proprie strutture (siano esse cassonetti, tubature, cavi o altro) sono tenute al pagamento del canone, con il rischio di incorrere in accertamenti e sanzioni in caso di omissione.

Una società che gestisce la raccolta rifiuti per conto di un Comune ha diritto all’esenzione COSAP per i cassonetti?
No, secondo la Corte di Cassazione la società è tenuta al pagamento del canone. L’esenzione non è automatica ma dipende dal rispetto di specifiche condizioni legali, che nel caso esaminato non erano state soddisfatte.

Qual è la condizione fondamentale per ottenere l’esenzione COSAP prevista dall’art. 49, lettera e), del D.Lgs. 507/1993?
La condizione essenziale è che nel contratto di concessione sia espressamente prevista la “devoluzione gratuita” degli impianti (in questo caso, i cassonetti) al Comune al termine del rapporto. Una semplice restituzione di beni ricevuti in comodato d’uso non è sufficiente a integrare tale requisito.

La distinzione tra appalto di servizi e concessione è rilevante per stabilire se pagare la COSAP?
No, la Corte ha chiarito che in questo contesto la distinzione non è decisiva. La legge individua come soggetto obbligato al pagamento il titolare dell’atto di concessione o autorizzazione, o in mancanza, chiunque occupi di fatto il suolo pubblico. Pertanto, la natura del rapporto non esonera dal pagamento se le condizioni per l’esenzione non sono soddisfatte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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