Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28870 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28870 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11367/2023 proposto da:
COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrente-
-nonché-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappres. e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-ricorrente incidentale-
-contro-
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappres. p.t, rappres. e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza resa dalla Corte d’appello di Roma pubblicata in data 29/11/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18.09.2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 18 comma 3 e dell’art. 52 del D.l gs. 507/93, della gestione del canone per l’occupazione di suolo pubblico (RAGIONE_SOCIALE), accertata l’omessa denuncia e l’omesso versamento del predetto canone da parte della RAGIONE_SOCIALE, riguardo a ll’occupazione delle ar ee di sosta a raso per la gestione diretta e in proprio di un parcheggio a pagamento (delimitato dalle strisce blu), emetteva vari avvisi di accertamento e riscossione RAGIONE_SOCIALE, per gli anni dal 2009 al 2012, regolarmente notificati.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso i suddetti avvisi di accertamento innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che, previa riunione dei tre giudizi, con sentenza n. 501/2017, riteneva infondata la domanda, osservando che: la società concessionaria, nella gestione delle aree a parcheggio di cui agli avvisi di accertamento impugnati, aveva agito quale sostituto del RAGIONE_SOCIALE, sussistendo i presupposti dell’ esenzione dall’obbligo in questione, di cui all’art. 49, lettera a) del d.lgs. n. 507/93 (norma ripresa dall’art. 31, lettera j del primo regolamento comunale RAGIONE_SOCIALE); l’art. 11 della convenzione tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE consentiva
di escludere la debenza del cosap , nell’ottica del complessivo assetto degli interessi coinvolti nell’accordo .
Con sentenza del 29.11.2022 , la Corte d’appello di Roma respingeva l’appello principale del RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE , dichiarando assorbito l’appello incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE; osservava che: non sussisteva l’obbligatorietà del canone atteso che il cosap non è un tributo, ma una entrata patrimoniale riconducibile ad una prestazione di tipo privatistico, ovvero un “prelievo di natura sinallagmatica” (a differenza del Tosap che è un tributo, di cui i presupposti impositivi vengono fissati direttamente dalla legge); l’art. 63 d.lgs. 446/97 contiene i criteri legislativi informatori della materia, prevedendo che la determinazione del cosap avvenga nel medesimo atto di concessione, che ne costituisce al contempo accertamento della debenza nel suo preciso ammontare (con espressa enunciazione non solo della tariffa da applicare nel caso specifico, ma anche dell’importo complessivo calcolato come dovuto e delle modalità di pagamento), mentre la sua mancata previsione -nella fase amministrativa ad evidenza pubblica di indizione della procedura di project financing e nel contratto di concessione con l’allegato piano economico finanziario-, va intesa come rinuncia dell’ente local e all’esazione del medesimo ; il perseguimento di un fine lucrativo non toglie che il concessionario, appositamente autorizzato, eserciti poteri altrimenti di competenza dell’ente territoriale, indispensabili per il raggiungimento degli scopi comuni; l’esenzione di cui si discute derivava da tale investitura, nel quadro del citato art. 49, lett. a), e non era collegata in alcun modo all’aspetto economico o, più propriamente, commerciale dell’iniziativa ; l’esenzione dall’obbligo di pagare il cosap era altresì fondato sull’art. 11 della convenzione tra la RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE secondo il cui disposto ” al termine della concessione o in caso di anticipata
risoluzione … le opere dovranno essere riconsegnate al comune “; inoltre, il successivo art. 17 prevedeva che ” al termine della convenzione il concessionario restituirà all’amministrazione il parcheggio di INDIRIZZO e le aree di sosta a raso ‘ ; c onseguentemente in tale contesto sussistevano i presupposti per fare applicazione della suddetta ipotesi di esenzione dal canone; al riguardo era incontroverso che il concessionario avesse installato i parcometri e la segnaletica ai fini della corretta gestione degli stalli di sosta e per l’accertamento delle violazioni.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con cinque motivi, illustrati da memoria. La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione avverso la medesima sentenza con ricorso incidentale (depositato successivamente al ricorso del RAGIONE_SOCIALE), illustrato da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per aver il giudice d’appello erroneamente interpretato il contratto del 10 dicembre 2004 in relazione a fatti pacifici tra le stesse parti ai sensi dell’art. 115 c.p.c. (affidamento in concessione non solo del servizio di gestione dei parcheggi ma anche delle relative superfici), con conseguente doverosità del cosap ex artt. 38 d.lgs. 507/1993 e 63 d.lgs. 446/1997, nonché del regolamento comunale sul cosap (cfr. artt. 18 e 30).
Al riguardo, il ricorrente assume che: dal contratto di concessione emerge che la normativa in materia di cosap, esattamente interpretata e applicata, avrebbe dovuto comportare il relativo pagamento da parte del privato, atteso che questi aveva ricevuto in concessione non il mero servizio di gestione del parcheggio, ma le relative aree di sosta a raso
(realizzate dallo stesso privato e con installazione e manutenzione della segnaletica verticale e orizzontale sulle medesime zone e dei parcometri), al medesimo affidate al fine dello svolgimento di un’attività di impresa con fine di lucro e assunzione del connesso rischio di impresa; secondo la normativa in materia di cosap, la concessione a un privato di aree pubbliche destinate a parcheggio rendeva doverosa la richiesta del canone previsto dal regolamento comunale vigente, allorché il privato le avesse gestito in modo imprenditoriale per fine di lucro.
Il secondo motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49 del d.lgs. 507/1993, dell’art. 6 3 del d.lgs. n. 446/1997 e del regolamento comunale cosap (cfr. art. 18) nonché degli artt. 1362 e 1363 c.c., per aver la Corte d’appello affermato che, essendo il cosap un ” prelievo di natura sinallagmatica “, avrebbe dovuto essere determinato nell’atto di concessione, onde la sua mancata previsione -nella fase amministrativa ad evidenza pubblica di indizione della procedura di project financing e nel contratto di concessione con l’allegato piano economico finanziarioandrebbe intesa come rinuncia dell’ente locale all’esazione del medesimo. La ricorrente assume che nel caso di specie, invece, si era in presenza di una concessione di aree pubbliche a scopo di lucro atteso che: gli stalli di sosta erano stati consegnati alla RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva anzi provveduto alla loro delimitazione e separazione dalle pubbliche strade e piazze, e all’installazione della segnaletica , orizzontale e verticale, e dei parchimetri; la società aveva gestito detti stalli a scopo di lucro, provvedendo a riscuotere e trattenere le tariffe pagate dagli utenti; ne conseguiva che, in forza della citata normativa, il canone era dovuto, ricorrendo il presupposto impositivo rappresentato dalla sottrazione del bene all’uso pubblico e dalla sua fruizione pubblica.
Il terzo motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 commi 2 e 2 bis della legge n . 109/1994 in relazione all’art. 49 del d.lgs. 507/1993, 63 del d.lgs. n. 446/1997, del regolamento comunale cosap e dell’art. 1326 c.c. , per aver la Corte d’appello affermato che il cosap ‘ben può essere oggetto di rinuncia discrezionale da parte dell’ente locale, non trattandosi di un’entrata di diritto pubblico’, oggetto di valutazione degli interessi regolati dagli accordi negoziali intervenuti tra le parti .
Al riguardo, il ricorrente lamenta che: non era il RAGIONE_SOCIALE a dover verificare la debenza del cosap, atteso che il promotore-concessionario, responsabile della ricognizione dei costi complessivi e della asseverazione degli stessi, avrebbe dovuto sapere della vigenza del regolamento comunale sul canone da versare allo stesso RAGIONE_SOCIALE in caso di occupazione di suolo pubblico; ne conseguiva che la sentenza impugnata era errata laddove pretendeva di inferire dalla mancata previsione del cosap ‘ nella fase amministrativa ad evidenza pubblica di indizione della procedura di project financing e nel contratto di concessione’ una volontà abdicativa dell’Ente locale ; il diritto al cosap non poteva essere considerato oggetto di trattativa privata e comunque non era ipotizzabile una rinunzia al credito per facta concludentia , essendo in tal caso richiesta per la pubblica amministrazione la forma scritta.
Il quarto motivo denunzia violazione e applicazione dell’art. 49 del d. lgs. 507/1993, dell’art. 6 3 del d.lgs. n. 446/1997 e del regolamento comunale cosap in relazione alla disciplina della finanza di progetto.
Al riguardo, il ricorrente assume che: se è vero che il perseguimento di un fine di lucro non è in astratto incompatibile con lo svolgimento di un’attività pubblicistica da part e privato quale sostituto dell’a mministrazione, è altrettanto vero che, per stabilire se il cosap sia
o meno dovuto, si deve verificare la sussistenza o meno del relativo presupposto oggettivo: ossia se l’attrice, in qualità di concessionaria, sia o meno il vero soggetto gestore ed utilizzatore, nel proprio interesse, delle aree pubbliche; pertanto, la Corte d’appello ha errato nell’affermare che ‘ non è dato evincere un uso esclusivo del suolo pubblico da parte della FMS’ , essendo incontestabile che l’utilizzo delle aree di sosta a raso sia stato previsto nell’ambito di una più ampia concessione attraverso la quale il privato ha accettato di garantire anche il servizio pubblico del parcheggio sulle zone di sosta per un fine di lucro; né è configurabile alcuna ipotesi di esenzione non essendo essa in rapporto sinallagmatico con i vantaggi che l’amministrazione ha tratto dall’operazione di finanza di progetto in discussione, in quanto le aree di sosta a raso sono gestite da una società che agisce in piena autonomia, con finalità di lucro, e non quale mero sostituto dell’ente stesso, e detto scopo di lucro non poteva prevalere sull’interesse pubblico del RAGIONE_SOCIALE al percepimento del canone, per cui, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, non era configurabile l’occupazione di suolo da parte dell’ente pubblico. Il quinto motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, lett. a) del d. lgs. n. 507/93, dell’art. 31, lett. j) del regolamento comunale cosap, e dell’art. 1362, c.c. , in quanto l’ ipotesi di esenzione, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, non era applicabile al caso di specie in quanto la pretesa per cosap riguardava esclusivamente l’occupazione delle aree di sosta a raso , e le uniche opere realizzate con riguardo a tali aree erano la segnaletica orizzontale e verticale e i parcometri (come da certificato di ultimazione dei lavori); pertanto, la ricorrente assume che, anche a ritenere che il RAGIONE_SOCIALE, unitamente alla restituzione, acquisirà gratuitamente le opere realizzate per lo sfruttamento a parcheggio a pagamento di tali aree e anche ad
annoverare nel concetto di ‘ impianti ‘ sia la segnaletica che i parcometri, in forza di una corretta interpretazione della convenzione intercorsa tra le parti, non era legittima l’esenzione per l’intera estensione delle aree affidate, già di proprietà del RAGIONE_SOCIALE, anziché per il solo -estremamente ridotto e non quantificato in dettaglio -suolo pubblico su cui erano stati istallati segnaletica e parcometri.
RAGIONE_SOCIALE -sulla premessa di aver depositato il ricorso e nel dubbio della relativa inammissibilità- deposita controricorso e propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Il primo motivo denunzia error in iudicando e in procedendo per violazione degli artt. 12 e 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, 1362 e 1363 c.c., 38 e 49 del D.lgs. 507/1993, 52 e 63 del D.Lgs. 446/1997 vigenti ratione temporis , art. 31, co. 1, lett. a, del regolamento COSAP 2009 del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e 32, co. 1, lett. a, del regolamento COSAP 2010, 19, co. 2, L. 109/1994, 115 e 116 c.p.c., per erronea ricognizione della fattispecie astratta contemplata dalle suddette norme, per aver il giudice d’appello riconosciuto in favore della concessionaria, per la realizzazione e gestione di opera pubblica, RAGIONE_SOCIALE l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a) del d.l gs. 507/1993 e dal regolamento comunale COSAP in favore dei Comuni operando un’interpretazione estensiva o analogica non consentita per le norme di agevolazione tributaria, e in assenza del presupposto necessario del vuoto normativo per procedere a detta interpretazione e per quanto, male interpretando il contratto e le prove acquisite in istruttoria, non ha considerato che il cosap è dovuto tutte le volte che si verifica una sottrazione del suolo pubblico a favore del privato concessionario che lo sfrutta a fini di lucro. Il secondo motivo denunzia error in iudicando e in procedendo per violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 63 del d.lgs. n. 446/1997,
29, co. 4, regolamento COSAP 2009 e 30, co. 4, nuovo regolamento COSAP 2010, 19, commi 2 e 2 bis , l. n. 109/1994 in relazione all’art. 49 del D. Lgs. 507/1993, 1326, 1362 e 1363 c.c., 16 e 17 del R.D. n. 2440 del 1923, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 36 0 co. 1 n. 3) c.p.c., per aver la Corte d’Appello ritenuto che il cosap costituisca diritto disponibile dell’ente e che l’omessa determinazione dello stesso nel contratto di concessione ne comporti l’inesigibilità , e vada interpretato come rinuncia al relativo credito.
Il terzo motivo denunzia error in iudicando e in procedendo per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 49, lett. e) del D. Lgs. n. 507/93, 31, lett. j) del regolamento comunale COSAP; 1362 e 1363 c.c., per errata interpretazione degli artt. 11 e 17 del contratto di concessione, nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3) c.p.c., per aver la Corte territoriale confermato l’operatività in favore della RAGIONE_SOCIALE della clausola di esenzione dal pagamento del canone prevista dall’art. 31, lett. j), del regolamento COSAP del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in assenza del presupposto necessario per l’applicazione dell’agevolazione costituito dalla devoluzione gratuita (e non dalla mera restituzione) al concedente delle opere realizzate ai fini della concessione.
Il ricorso principale è inammissibile.
Va premesso che, i n data 10.12.2004, il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE stipulavano il contratto di concessione per il completamento e la gestione del parcheggio multipiano di INDIRIZZO.
Con atto notarile del 6.06.2005 l’associazione temporanea di imprese firmataria del contratto si costituiva nella società di progetto RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 37 quinques l. 109/1994 e dell’art. 19 del contratto di concessione, subentrando nel detto contratto con il RAGIONE_SOCIALE per la costruzione e gestione dei parcheggi.
Il contratto di cui si discorre aveva ad oggetto: ‘ a) la progettazione definitiva ed esecutiva delle opere di completamento dell’edificio uso parcheggio sito in INDIRIZZO, comprensiva di un collegamento tapis rulant e di 54 box; b) l’esecuzione dei lavori previsti dal progetto definitivo ed esecutivo; c) la gestione funzionale ed economica dell’intero impianto, comprensivo di manutenzione ordinaria e straordinaria e adeguamento alla normativa degli impianti e delle strutture; d) il finanziamento economico dell’intervento’ (art. 2 della convenzione suddetta).
In base al disciplinare tecnico ‘ per le aree a sosta controllata in affidamento di servizio (sosta a raso) ‘ , il concessionario doveva provvedere a propria cura e spese ad eseguire tutti i lavori stabiliti dagli uffici tecnici del comune necessari ‘ alla realizzazione e al funzionamento delle zone di sosta e dovrà essere collocata e manutenuta in perfetta efficienza idonea segnaletica orizzontale e verticale ‘ (art. 6 lett. B).
In corrispettivo al concessionario (impegnatosi a proprie spese nel completamento del parcheggio multipiano e in opere finalizzate alla gestione del parcheggio a raso) erano, dunque, riconosciuti (art. 4 della convenzione): il diritto di gestire funzionalmente e sfruttare economicamente l’intera opera, per la durata della concessione, facendo propri i proventi; il diritto di superficie per 99 anni sui 54 box che il concessionario avrebbe realizzato; il diritto sugli spazi pubblicitari interni e su superfici esterne; il diritto di gestire e sfruttare economicamente per tutta la durata della concessione i parcheggi istituiti sulle aree a raso, le piazze e strade elencate nella tavola 1° del progetto preliminare; il beneficio di imporre il divieto permanente di sosta negli spazi pubblici di influenza del parcheggio; il beneficio di elevare contravvenzioni degli autoveicoli in divieto di sosta e/o irregolarmente in sosta nelle aree
dette; la gestione in via esclusiva del servizio di rimozione su tutto il territorio comunale.
Ora, i primi due motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili perché esprimono una censura ermeneutica mal declinata.
Al riguardo, le doglianze espresse sono dirette a provocare una diversa interpretazione del contratto di concessione in ordine ai presupposti dell’esenzione dal pagamento del cosap , valorizzando alcune specifici contenuti del predetto contratto (quali, ad esempio, la sottrazione dei beni occupati alla fruizione pubblica e la realizzazione di un’opera di pubblica utilità, quale la gestione di un parcheggio) in contrapposizione all’interpretazione adottata nella sentenza impugnata.
Sul punto, secondo l’orientamento di questa Corte, l’ interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per erronea o insufficiente motivazione, ovvero per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, la quale deve dedursi con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia discostato dai suddetti canoni; altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti si traduce nella mera proposta di un’interpretazione diversa da quella censurata, come tale inammissibile in sede di legittimità (Cass., n. 353/2025; n. 17427/2003).
Nella specie, le critiche in esame non prospettano violazioni dei canoni interpretativi negoziali, bensì una diversa valutazione dei fatti di causa. Il terzo e quarto motivo, unitamente al secondo del ricorso incidentale, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono parimenti inammissibili.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto dell’insussistenza del presupposto necessario per l’applicazione dell’agevolazione , costituito dalla devoluzione gratuita (e non dalla mera restituzione) al concedente delle opere realizzate, oggetto della concessione, sul presupposto che il cosap non sia rinunciabile, e che RAGIONE_SOCIALE avrebbe agito come privato, ma non si confronta con le ragioni complessive della decisione intese ad evidenziare la natura sinallagmatica del rapporto.
Al riguardo, la Corte d’appello ha escluso la debenza del canone considerando che: il godimento era stato attribuito in funzione sinallagmatica quale corrispettivo per la realizzazione dell’opera il che rendeva applicabile l’esenzione del 49 dlgs 507/1993; non essendo il cosap un tributo non ne era ex lege desumibile la doverosità, sicché, ove la convenzione nulla prevedesse al riguardo, doveva ritenersi che fosse rinunciato; non vi era un uso esclusivo del bene pubblico essendo il godimento controbilanciato dall’esecuzione dell’opera.
Ora, non è stata impugnata la predetta ratio decidendi sottesa alla decisione impugnata, che avrebbe dunque richiesto una censura del complesso delle argomentazioni poste a sostegno della tesi della non debenza del canone in esame.
Il quinto motivo, e i l terzo dell’incidentale, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono del pari inammissibili in quanto tendono al riesame dei fatti.
Al riguardo, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello, a sostegno dell’argomentazione per la quale la RAGIONE_SOCIALE aveva diritto all’esenzione dal cosap, ha erroneamente affermato che tale diritto avrebbe dovuto essere limitato al solo suolo pubblico su cui erano stati istallati segnaletica e parcometri.
Tale doglianza riguarda il merito dei fatti ed è diretta a provocare una diversa interpretazione del contenuto della concessione e del relativo ambito, senza prospettare la violazione dei canoni ermeneutici.
Infine, il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile per difetto di specificità dato che di tutte le norme rubricate non è stato chiaramente allegato in che modo ne sia avvenuta la violazione.
Inoltre, la critica è inammissibile anche perché tende al riesame dei fatti in ordine ai presupposto dell’esenzione del cosap, per ragioni analoghe a quelle esplicitate riguardo al terzo motivo del ricorso incidentale.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese di giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida nella somma di euro 18.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile il 18 settembre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME