Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31958 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31958 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10870/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. VERONA n. 1257/2021 depositata il 18/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE, società consortile operante nel settore della produzione di energia elettrica, ha impugnato l’ avviso di
pagamento n. 2014/A/33272 emesso dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli per il recupero dell’accisa sull’energia prodotta dalla società dovuta per l’anno 2014, ritenendo di aver diritto all’esenzione di cui agli articoli 52, co. 3, lett. b) e 53, co. 1, lett. b) del d.lgs. 504/95 TUA), lamentando altresì la violazione dei principi di buona fede e di legittimo affidamento e delle regole in tema di interpello.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Verona con sentenza n. 245/2017, ha respinto il ricorso della Società.
L’appello della contribuente è stato rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Veneto che, con la sentenza in epigrafe, ha affermato che « la società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile con impianti dalla potenza disponibile superiore a 20 Kw, beneficia dell’esenzione prevista dal D. Lgs. n. 504/1995 art. 52, comma 3, lett. b (nella sua formulazione applicabile ratione temporis successiva alle modifiche introdotte con il Decreto legislativo n. 26/2007) limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche a quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati».
La Commissione, inoltre, ha ritenuto «non accoglibili le eccepite violazioni dell’art. 10 della legge 212/2000 (..) rilevando che comunque l’Agenzia delle Dogane ha ripreso il solo tributo»; ha poi rigettato «il motivo relativo a presunte violazioni dell’art. 11 della legge 212/2000, ritenendo non sussistente la violazione lamentata in quanto la società ricorrente – come si desume dai diversi atti prodotti anche in sede di contenzioso – non ha mai formulato una domanda di interpello nei modi previsti dall’art 11 legge 212/2000 specificatamente relativa all’esenzione di cui all’art. 52, comma 3 lettera b) del TUA e quindi non può darsi corso al vincolo per l’Amministrazione previsto dall’art. 11 della legge 212/2000 e 5 del D.M. 209/2001» .
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Società RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, che ha incorporato la RAGIONE_SOCIALE, che si è affidata a sei motivi.
Ha resistito con controricorso l’Agenzia.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, c. 1 e 2, della L. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3) c.p.c., avendo la CTR errato nel limitare l’effetto dell’affidamento alla sola disapplicazione delle sanzioni.
Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione, in violazione degli artt. 36, c. 2, n. 4, d.lgs. n. 546/1992, 132, c. 2, n. 4, e 118 c.p.c., nonché 111, c. 6, della Costituzione (art. 360, 1°u c., n. 4, c.p.c.), con riguardo alle circostanze di fatto dedotte che impedivano un nuovo e diverso esercizio, in malam partem , dell’attività accertativa.
Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, L. n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3) c.p.c., perché la sentenza viola l’art. 11, L. 212/2000 nella parte in cui non ha riconosciuto la nullità della pretesa fiscale, pur in presenza di una risposta ad un interpello e di ulteriori e numerose determinazioni amministrative (ad essa senz’altro equiparabili) nelle quali era stata concretamente e specificamente riconosciuta ad Idroenergia l’esenzione.
Con il quarto motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 52, c. 3, lett. b), d.lgs. 504/1995, degli artt. 2, c. 2, d.lgs. 79/1999 e 2602 ss. cod. civ., in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3) c.p.c., avendo la CTR erroneamente negato che la nozione di autoproduttore ai fini dell’esenzione di cui all’art. 52 TUA.
Con atto depositato telematicamente il 23.5.204, sottoscritto tanto dal difensore quanto dal Presidente del Consiglio di
Amministrazione della società ricorrente e legale rappresentante della stessa, preso atto dell’ orientamento di questa Corte contrario alla posizione sostenuta dalla ricorrente con il suo ricorso ( ex multis Cass. 26142/2019; 26143/2019; 26144/2019; 26146/2019; 26149/2019; 26150/2019; 26150/2019; 26152/2019), si è dichiarato di voler aderire a tale orientamento, secondo cui non sussistono i presupposti per riconoscere la qualifica di autoproduttore in capo alla Società con riferimento all’energia ceduta ai soci consortili e che non ricorrono le condizioni per l’applicazione del principio del legittimo affidamento (secondo quanto stabilito dagli artt. 10 e 11, della L. 212/2000, cd. Statuto dei diritti del contribuente) anche al tributo, oltre che agli interessi e alle sanzioni.
5.1. Si è, quindi, dichiarato di rinunziare ai motivi da uno a quattro del ricorso, insistendo nel quinto e sesto motivo di ricorso. Secondo giurisprudenza di questa Corte, la rinunzia rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure (v. Cass. n. 414 del 2021; Cass. n. 22269 del 2016; Cass. n. 12638 del 2011).
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla questione relativa agli interessi legali, avendo la CTR omesso di pronunciarsi sulla debenza di questi interessi pari ad euro 14.471,65 pretesi con l’atto impugnato nonostante la Direzione Centrale dell’Agenzia delle dogane, con la Nota prot. n. 35078/RU dell’11 maggio 2015 , emessa a seguito di istanza presentata dalla Società in data 11 giugno 2014, avesse riconosciuto che nella vicenda in esame sussistevano le condizioni del legittimo affidamento con conseguente inapplicabilità di sanzioni ed interessi.
Con il sesto motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 della L 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n.
c.p.c., poiché la sentenza è errata nella parte in cui non ha affermato l’illegittimità degli interessi richiesti alla Società, pur in presenza del riconoscimento da parte dell’Agenzia delle Dogane del legittimo affidamento.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, attenendo alla medesima questione: il primo è infondato ed il secondo è inammissibile.
8.1. Non ricorre omessa pronunzia perché la sentenza contiene comunque una decisione sulla questione laddove si osserva: « La Commissione non ritiene accoglibili le eccepite violazioni dell’art. 10 della legge 212/2000 conformandosi anche in questo caso ai principi contenuti nella sentenza della Cassazione sopra citata e rilevando che comunque l’Agenzia delle Dogane ha ripreso il solo tributo non ritenendo applicabile l’esenzione di cui all’art. 52, c. 3 lett.b) TUA». In altri termini, la CTR non ha ritenuto la debenza degli interessi ma ha affermato che la pretesa impositiva aveva riguardato soltanto il tributo, con ciò escludendo una ragione di contesa sugli accessori.
8.2. Quindi, era onere della parte ricorrente, che neppure riporta puntualmente il contenuto dell’atto impugnato, precisare i riferimenti fattuali che dimostrano l’interesse ad agire che sorregge la censura relativa agli interessi e cioè la ricorrenza della pretesa negata dalla stessa controricorrente -per euro 14.471,65 a titolo di interessi legali da parte dell’Ufficio, nonostante la nota contraria della Direzione Centrale. Invero, n el giudizio di cassazione, l’interesse a impugnare discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, sicché è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso, correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto, indicando in maniera adeguata la situazione fattuale della
quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice a quo , asseritamente erronea (Cass. n. 21230 del 2023; Cass. n. 14279 del 2017; Cass. n. 9888 del 2016).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato e le spese liquidate come in dispositivo vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 29/05/2024.