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Esenzione Accise Energia: No ai soci della cooperativa

Una cooperativa che produce energia elettrica la forniva ai propri soci, ritenendo di poter beneficiare dell’esenzione dalle accise. L’Agenzia delle Dogane ha contestato questa applicazione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 1349/2024, ha confermato la posizione dell’Agenzia per gli anni 2010-2012, stabilendo che l’esenzione accise energia spetta solo per l’energia auto-consumata dal produttore stesso e non per quella ceduta a terzi, inclusi i soci. La Corte ha inoltre precisato che la legge del 2016, che estende il beneficio, non ha efficacia retroattiva.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione Accise Energia: la Cassazione fa chiarezza sulla cessione ai soci

L’ordinanza n. 1349/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per le cooperative energetiche: l’applicazione dell’esenzione accise energia prodotta da fonti rinnovabili. La questione centrale è se tale beneficio fiscale possa estendersi anche all’energia ceduta ai soci della cooperativa. La Corte ha fornito una risposta negativa per il periodo antecedente al 2016, tracciando una linea netta tra autoconsumo e fornitura a terzi, anche se questi sono soci.

I fatti del caso: la cooperativa e le accise sull’energia

Una società cooperativa, attiva nella produzione di energia elettrica, aveva applicato l’esenzione dalle accise prevista dal Testo Unico sulle Accise (d.lgs. 504/1995) non solo per l’energia consumata in proprio, ma anche per quella fornita ai suoi soci. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha contestato questa pratica per gli anni d’imposta 2010-2012, emettendo atti di accertamento per il recupero dell’imposta evasa. Secondo l’amministrazione finanziaria, i soci dovevano essere considerati consumatori finali distinti dalla società, rendendo la fornitura una cessione a terzi e, come tale, soggetta ad accisa. Dopo un contenzioso che ha visto esiti alterni nei primi due gradi di giudizio, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La questione giuridica e l’interpretazione sull’esenzione accise energia

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 52, comma 3, lett. b) del Testo Unico Accise. Questa norma esenta dall’imposta l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (con potenza superiore a 20 kW) e “consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”.
La cooperativa sosteneva un’interpretazione estensiva, equiparando il consumo dei soci a un autoconsumo della cooperativa stessa, in virtù del rapporto mutualistico. L’Agenzia, invece, propendeva per un’interpretazione restrittiva, limitando il beneficio al solo consumo diretto dell’entità giuridica che produce l’energia.

La decisione della Cassazione sulla esenzione accise energia

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso della cooperativa, confermando la validità degli avvisi di accertamento. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella loro giurisprudenza: l’esenzione è una norma agevolativa e, come tale, deve essere interpretata in modo restrittivo. Il beneficio è strettamente legato al duplice presupposto che l’energia sia autoprodotta e autoconsumata dalla stessa impresa. Quando l’energia viene ceduta a soggetti giuridici distinti, come i soci, si configura una vendita e non un autoconsumo. In questo scenario, la cooperativa agisce come fornitore, ed è quindi tenuta al pagamento dell’accisa.

Le motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni della ricorrente punto per punto. In primo luogo, ha escluso che le definizioni di “autoproduttore” contenute nel Decreto Bersani (d.lgs. 79/1999) potessero essere utilizzate per interpretare la normativa fiscale. Il Decreto Bersani, infatti, aveva lo scopo di liberalizzare il mercato dell’energia, un obiettivo diverso da quello fiscale di armonizzazione delle accise a livello europeo.
In secondo luogo, ha affrontato la questione della Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015), che ha esplicitamente esteso l’esenzione al consumo dei soci delle cooperative. La Cassazione ha chiarito che questa legge non ha natura di interpretazione autentica (e quindi non è retroattiva), ma introduce una novità normativa. Di conseguenza, i suoi effetti si producono solo a partire dall’anno d’imposta 2016, lasciando scoperti i periodi precedenti, come quelli oggetto della lite.
Infine, è stato respinto anche il motivo relativo alla violazione del principio di legittimo affidamento. La Corte ha ritenuto che la normativa fiscale fosse sufficientemente chiara e che, in ogni caso, tale principio serve a proteggere il contribuente dall’applicazione di sanzioni e interessi in casi di incertezza, non dall’imposta stessa, che nel caso di specie non erano stati richiesti.

Le conclusioni

L’ordinanza n. 1349/2024 consolida un orientamento restrittivo sull’esenzione accise energia per il periodo antecedente al 2016. La decisione sottolinea la distinzione fondamentale tra autoconsumo, che beneficia dell’esenzione, e cessione a terzi, che è soggetta a imposta. Per le cooperative energetiche, ciò significa che l’energia fornita ai soci prima del 2016 era soggetta al pagamento delle accise. La successiva modifica legislativa ha sanato questa situazione, ma solo per il futuro, senza effetti retroattivi. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di un’interpretazione rigorosa delle norme fiscali agevolative, che non ammettono estensioni analogiche o interpretazioni basate su normative con finalità diverse.

L’esenzione dalle accise sull’energia prodotta da fonti rinnovabili si applica anche quando l’energia viene ceduta ai soci di una cooperativa?
No. Per gli anni d’imposta precedenti al 2016, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione si applica solo all’energia consumata direttamente dall’impresa che la produce (autoconsumo). La cessione ai soci, anche in un rapporto mutualistico, è considerata una fornitura a terzi e quindi è soggetta ad accisa.

La legge del 2015 (Legge di Stabilità 2016) che ha esteso l’esenzione ai soci delle cooperative ha valore retroattivo?
No. La Corte ha chiarito che tale legge ha natura innovativa e non di interpretazione autentica. Pertanto, la sua applicazione è valida solo a partire dall’anno d’imposta 2016 e non può essere applicata a periodi precedenti, come quelli oggetto della controversia (2010-2012).

Un contribuente può invocare il principio di legittimo affidamento per non pagare le imposte se l’interpretazione della norma era incerta?
Generalmente no. Il principio di tutela del legittimo affidamento può portare all’esclusione di sanzioni e interessi moratori in caso di incertezza normativa, ma non esclude il pagamento dell’imposta dovuta. In questo specifico caso, la Corte ha ritenuto che non ci fosse una condizione di affidamento tale da escludere l’imposta, dato che l’amministrazione non aveva nemmeno applicato sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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