Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14259 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14259 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30931/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.LOMBARDIA SEZ.DIST.BRESCIA n. 2577/2019 depositata il 13/06/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), titolare di una centrale termoelettrica in assetto cogenerativo (produzione combinata di energia elettrica e calore), impugnava un avviso di pagamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli recante recupero dell’accisa sull’energia elettrica per gli anni 2010 -2013 e dell’addizionale provinciale ex art. 6 d.l. n. 511/1988 per gli anni 2010 -2011, oltre a due provvedimenti di irrogazione delle relative sanzioni amministrative.
La società proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Brescia, con cui reclamava l’esenzione dalle accise della quota di energia elettrica destinata ad ‘uso promiscuo’, a seguito delle modifiche normative intervenute, rispetto alla determinazione dei consumi tassabili effettuata in contraddittorio con l’Amministrazione nel 2000.
La CTP, con la sentenza n. 818/2016, accoglieva il ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia, con sentenza n. 2577/25/19 accoglieva parzialmente il gravame erariale.
In particolare, riteneva « definitivamente assegnato » all’Erario l’importo di euro 70.172,00, corrispondente a quello versato in misura ridotta ex art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 472/97 in relazione alla sanzione irrogata ex art. 59, comma 1, del d.lgs. n. 504/95, definibile in via agevolata, mentre l’ammontare, in misura intera, della sanzione irrogata ex art. 13, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 471/97 non era definibile in misura agevolata.
Per il resto respingeva l’appello, osservando che con processo verbale di accertamento 9.6.2000 era stata individuata, in contraddittorio tra le parti, una quota di energia elettrica ad uso promiscuo da assoggettare a tassazione nella misura del 10% e la situazione di fatto non era mutata; che, però, le modifiche normative intervenute dal 1.1.2001 -citava, in particolare, l’art. 28
della l. n. 388/2000 in base al quale a ll’imposta erariale di consumo di cui all’articolo 52 del TUA (decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni), « sono estese tutte le agevolazioni previste, fino alla data di entrata in vigore della presente legge, per l’addizionale erariale sull’energia elettrica» -avevano esentato « l’energia utilizzata negli usi promiscui », cosicché spettava l’esenzione sull’accisa per quella quota come determinata tra le parti ed era onere dell’Amministrazione avviare un nuovo procedimento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane che si è affidata ad un motivo.
Ha resistito con controricorso la società, che deposita memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., « violazione degli artt. 52, comma 2 -recte, comma 3 -, lett. a) e 55, comma 6, del d.lgs. n. 504/1995» , osservando che « l’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica utilizzata dal produttore di essa ad uso promiscuo all’interno della centrale » non può essere applicata dal produttore di sua iniziativa ma costui deve richiedere di poter fruire delle nuove agevolazioni attraverso una nuova procedura di quantificazione in collaborazione con l’Ufficio, a nulla rilevando l’assenza di controlli che non configura un affidamento, principio applicabile solo alle sanzioni. Aggiunge che « la società avrebbe dovuto continuare a versare le imposte e le addizionali secondo il criterio concordato, ovvero nella misura del 10% di detti consumi » e che, trattandosi di agevolazioni, era onere della contribuente, e non dell’Ufficio, avviare le procedure per le nuove determinazioni. Osserva, infine, che secondo circolari, sia del Ministero delle finanze (17.12.1991 n. 366) sia dell’Agenzia delle entrate (n. 37/D/2007), l’agevolazione
per ‘usi promiscui’ può essere concessa solo quando la produzione di energia elettrica rientri tra le attività ‘istituzionali’ del contribuente e non costituisca ‘attività incidentale’.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo, fondata sulla « pressoché identica trascrizione delle censure mosse in seconde cure », in violazione delle regole sulla « specificità dei motivi di appello nel processo tributario ». Al cospetto della statuizione della sentenza impugnata, che « l’impugnazione è specificamente motivata, riportando le ragioni di contestazione della decisione del giudice di primo grado », la società non ha proposto ricorso incidentale, mentre la riproduzione delle ragioni di gravame non rileva se il ricorso per cassazione è comunque confezionato, come in questo caso, secondo chiarezza e sinteticità espositiva, nel rispetto dei principi di specificità e autosufficienza.
Va disattesa altresì l’eccezione d’inammissibilità, pervero soltanto adombrata, basata sull’omessa impugnazione della ratio decidendi della sentenza impugnata, calibrata sul mutamento normativo determinato dall’art. 28 della l. n. 388 del 2000, che ha esteso all’accisa sull’energia elettrica tutte le agevolazioni previste per l’addizionale erariale, compresa quella contemplata dall’art. 4, comma 3, del d.l. n. 332/1989.
In realtà col ricorso l’Agenzia ha espressamente contestato questa ragione del decidere, là dove, a pag. 22 del ricorso, ha indicato come norma di riferimento l’art. 52, comma 3, lett. a), del TUA, specificando che « Invece l’A2A, esentando anche gli usi ‘promiscui’ sulla base di un’interpretazione personale e soggettiva dell’art. 4, comma 3, secondo periodo del D.L. n. 332/1989, non sostenuta da alcun dato normativo, ha palesemente violato l’art. 52, comma 3, lett. a) del D.Lgs. n. 504/1995, in quanto ha beneficiato indebitamente di un’agevolazione …».
Nel merito il motivo è fondato nei limiti della seguente motivazione.
Va chiarito in fatto che, secondo quanto riportato in ricorso per autosufficienza, il processo verbale di accertamento (pva) del 9.6.2000 aveva ad oggetto: l’individuazione dei gruppi di misura volti a determinare tutta l’energia elettrica entrante in centrale e impiegata per tutti gli usi (punto 1 pva); la determinazione dei quantitativi di energia elettrica per usi totalmente esenti da imposta e addizionale erariale perché destinata all’attività di produzione e l’individuazione dei gruppi di misura (punto 2); la determinazione di quota parte di energia elettrica per illuminazione da assoggettare ad accisa (punto 3); l’individuazione dei gruppi di misura per calcolare l’energia elettrica impiegata per teleriscaldamento, integralmente assoggettata ad imposta e addizionale (punto 4). Inoltre, si era stabilito che la differenza tra tutta l’energia elettrica utilizzata in centrale (punto 1) e l’energia impiegata in usi esenti (punto 2) e in usi tassati (punti 3 e 4) costituivano ‘consumi ad uso promiscuo’, destinati tanto ad uso esente quanto ad uso tassato, e che una quota di questi, pari al 10%, era da assoggettare a tassazione.
Tanto premesso, va anzitutto precisato che si discute anchedell’addizionale provinciale, introdotta dall’art. 6 , commi 1, lettera c ), e 2, del decreto -legge 28 novembre 1988, n. 511 , abrogata, a partire dal 2012, dall’art. 4 , comma 10, del d.l. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44: « al fine di coordinare le disposizioni tributarie nazionali applicate al consumo di energia elettrica con quanto disposto dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE, l’articolo 6 del decreto -legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, è abrogato ».
5.1. Con sentenza n. 43 del 15 aprile 2025, poi, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 1, lettera c ), e 2, del d.l. n. 511 del 1988, come convertito e sostituito, per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE, dovendosi escludere che l’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica rispetti il requisito della finalità specifica; con ciò, quindi, la pretesa dell’Ufficio relativa ad addizionale provinciale per gli anni 2010 -2011 non trova più alcun fondamento.
Passando all’accisa, l a CTR ha accolto la prospettazione della società controricorrente, secondo cui per la quota parte accertata a cd. ‘uso promiscuo’ spetti, in forza di quanto stabilito dall’art. 28 comma 3 della l. n. 388/2000, l’esenzione prevista dall’art. 4 comma 3 del d.l. n. 332/1989: -quest’ultima disposizione -che al primo comma istituiva le «addizioni erariali » e al successivo terzo comma stabiliva che « Le esenzioni vigenti per l’imposta erariale sul consumo dell’energia elettrica non si estendono all’addizionale di cui al primo comma; sono tuttavia esenti i consumi per l’illuminazione pubblica e per l’esercizio dell’attività di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica »- è stata incisa dall’art. 28 della l. n. 388/2000 che, al comma 1, ha previsto la soppressione dell’addizionale erariale e l’abrogazione del predetto art. 4 ma, al comma 3, ha stabilito che « All’imposta erariale di consumo di cui all’articolo 52 del citato testo unico approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, successive modificazioni, sono estese tutte le agevolazioni previste, fino alla data di entrata in vigore della presente legge, per l’addizionale erariale sull’energia elettrica »; -cioè, sono esenti per l’accisa « tutti gli impieghi di energia elettrica nella produzione, nel trasporto e nella distribuzione », diversamente da quanto stabilito dall’art. 52, comma 2, lett. f) che esentava da
imposta l’energia elettrica destinata « esclusivamente per la generazione o per la trasformazione in altra energia elettrica ».
7. Il tema, visti anche i periodi di imposta oggetto dell’atto impugnato, va considerato nell’ambito della cornice unionale in materia di elettricità e prodotti energetici e, in particolare, della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità: secondo l’art. 14 par.1 « In aggiunta alle disposizioni generali di cui alla direttiva 92/12/CEE, relative alle esenzioni di cui godono i prodotti tassabili quando sono destinati a determinati usi, e fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano dalla tassazione i prodotti elencati in appresso, alle condizioni da essi stabilite al fine di garantire un’agevole e corretta applicazione delle esenzioni stesse e di evitare frodi, evasioni o abusi: a) i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre elettricità e l’elettricità utilizzata per mantenere la capacità di produrre l’elettricità stessa …»; l’art. 21 par. 3 stabilisce che « Il consumo di prodotti energetici all’interno di uno stabilimento che produce prodotti energetici (..) non è considerato un fatto generatore d’imposta se il consumo riguarda prodotti energetici fabbricati all’interno dello stabilimento. Gli Stati membri possono anche considerare il consumo di elettricità e di altri prodotti energetici non prodotti all’interno di detto stabilimento e il consumo di prodotti energetici e di elettricità all’interno di uno stabilimento che produce combustibili destinati alla generazione di elettricità come fatto non generatore d’imposta. Qualora il consumo avvenga per fini non connessi con la produzione di prodotti energetici e, in particolare, per la propulsione di veicoli, questo è considerato un fatto generatore d’imposta, che comporta l’imposizione »; l’art. 21 par. 5, terzo comma, poi, afferma che « Un’entità che produce elettricità per uso proprio è considerata un distributore. Nonostante l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), gli Stati membri possono esonerare i piccoli
produttori di elettricità purché tassino i prodotti energetici utilizzati per la produzione di tale elettricità ». Nel diritto interno, il d.lgs. n. 26 del 2007, in « Attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità », ha modificato l’art. 52 TUA stabilendo, al comma 3, che « E’ esente dall’accisa l’energia elettrica: a) utilizzata per l’attività di produzione di elettricità e per mantenere la capacità di produrre elettricità », riproducendo la lettera dell’art. 14 par.1 lett. a). È dunque questa la norma di riferimento, da applicare nella fattispecie in esame.
7.1. L’interpretazione, inoltre, non può prescindere dalla giurisprudenza unionale in materia, secondo cui « In via preliminare, occorre ricordare che la direttiva 2003/96 ha come obiettivo, come risulta dai suoi considerando da 3 a 5 e dal suo articolo 1, la fissazione di un regime di tassazione armonizzato dei prodotti energetici e dell’elettricità, nell’ambito del quale la tassazione è la regola, secondo le modalità stabilite da questa stessa direttiva (sentenza del 3 dicembre 2020, Repsol COGNOME, C -44/19, EU:C:2020:982, punto 21) »; « Inoltre, secondo una consolidata giurisprudenza, le disposizioni riguardanti le esenzioni previste dalla direttiva 2003/96 devono essere oggetto di un’interpretazione autonoma, fondata sul loro tenore letterale nonché sull’economia sistematica di tale direttiva e sulle finalità perseguite da quest’ultima (sentenza del 7 marzo 2018, Cristal Union, C -31/17, EU:C:2018:168, punto 21 e la giurisprudenza ivi citata) » (Così, CGUE, 9 marzo 2023, RAGIONE_SOCIALE C -571/21, punti 24 e 25; v., analogamente, sempre in tema di accise su prodotti energetici ed elettricità, anche CGUE, 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C-553/13, ove si osserva che « una disposizione derogatoria ….deve essere oggetto di interpretazione restrittiva », punto 39 ).
7.2. Va altresì rammentato, in termini generali, che « la Corte ha già dichiarato che qualunque ente che produce elettricità per uso proprio, indipendentemente dalla sua importanza e qualunque sia l’attività economica esercitata a titolo principale, deve essere considerato un distributore, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, terzo comma, di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2018, Turbogás, C-90/17, EU:C:2018:498, punto 38) » ( CGUE, 7 novembre 2019, C -68/18, NOME COGNOME, punto 38); si esclude, così, che benefici dell’eccezione al fatto generatore d’imposta prevista dall’articolo 21, paragrafo 3, prima frase « l’elettricità prodotta e utilizzata ai fini della produzione di prodotti energetici…. » ( CGUE, 7 novembre 2019, C -68/18, Petrotel Lukoil, punto 40); mentre risulta dall’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva che, comunque, « gli Stati membri hanno la facoltà di considerare, in particolare, che il consumo di elettricità ai fini della produzione di prodotti energetici non sia un fatto generatore d’imposta» e resta ferma l’esenzione di cui all’art. 14, par. 1, lett. a), prima frase, secondo cui « i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre elettricità nonché l’elettricità utilizzata per mantenere la capacità di produrre elettricità sono esenti da tassazione » ( CGUE, 7 novembre 2019, C -68/18, NOME COGNOME, punti 39, 46).
7.3. Per quanto riguarda l’art. 14, par. 1, lett. a), prima frase, della direttiva 2003/96, dal suo tenore letterale e dai termini « i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre elettricità » risulta che l’utilizzazione dell’elettricità si caratterizza per due aspetti: a) da un lato, « l’utilizzazione di elettricità deve intervenire nell’ambito della produzione dell’elettricità contribuendo direttamente al processo tecnologico di tale produzione (v., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2020, NOME COGNOME, C -44/19, EU:C:2020:982, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, come indicato, in sostanza, dall’avvocato
generale ai paragrafi da 53 a 55 delle sue conclusioni, l’utilizzazione di elettricità ai fini della trasformazione e del trattamento di un prodotto energetico…. sono suscettibili di rientrare nell’esenzione prevista dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2003/96, qualora tali operazioni siano indispensabili e contribuiscano direttamente al processo di produzione dell’elettricità»; invece «l’esenzione dalla tassazione a titolo della disposizione suddetta non comprende un’utilizzazione dell’elettricità che intervenga semplicemente in occasione dell’operazione di produzione di elettricità, come è il caso, segnatamente, dei consumi di elettricità negli edifici amministrativi di una centrale di produzione di elettricità » (CGUE, RAGIONE_SOCIALE, C -571/21, cit., punto 27); b) d’altro lato, « l’esenzione dalla tassazione presuppone che l’elettricità venga utilizzata per produrre elettricità, e non per fabbricare un prodotto energetico » (CGUE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, C -571/21, cit., punto 28; v. anche CGUE, 7 novembre 2019, C -68/18, NOME COGNOME, punto 37, secondo cui la disposizione derogatoria di cui all’art. 21, par. 3, prima frase, non riguarda « il consumo di elettricità prodotta all’interno di uno stabilimento che produce prodotti energetici ai fini della fabbricazione di tali prodotti »).
7.3.1. Viene altresì osservato che « poiché l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/96 enuncia in maniera tassativa le esenzioni obbligatorie che si impongono agli Stati membri nell’ambito della tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, le sue disposizioni non possono essere interpretate in maniera estensiva, a pena di privare di qualsiasi effetto utile la tassazione armonizzata istituita da tale direttiva (sentenze del 7 marzo 2018, RAGIONE_SOCIALE, C -31/17, EU:C:2018:168, punti 24 e 25, nonché del 7 novembre 2019, RAGIONE_SOCIALE, C -68/18, EU:C:2019:933, punto 40) »; « Pertanto, pur potendosi pensare che qualsiasi consumo di elettricità, quale che sia la fase della produzione di
elettricità in cui esso interviene, non è privo di collegamento con l’elettricità alla fine prodotta, ciò non toglie che, al fine di preservare l’effetto utile del carattere eccezionale dell’esenzione dalla tassazione, occorre considerare che soltanto un’utilizzazione che concorra direttamente al processo tecnologico della produzione di elettricità rientra nell’esenzione dalla tassazione ai sensi della disposizione suddetta, ad esclusione, in particolare, di qualsiasi produzione di elettricità che intervenga in una fase anteriore ai fini della fabbricazione di un prodotto energetico intermedio a sua volta utilizzato per produrre, in un secondo momento, elettricità » (CGUE, RAGIONE_SOCIALE, C -571/21, cit., punti 30 e 31).
7.3.2. Tale interpretazione « è suffragata dalle disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva 2003/96, secondo le quali, segnatamente, gli Stati membri possono considerare, in via di deroga, che il consumo di elettricità non prodotta all’interno di uno stabilimento che produce prodotti energetici, nonché il consumo di elettricità all’interno di uno stabilimento che produce combustibili destinati ad essere utilizzati per la produzione di elettricità non costituiscono fatti generatori dell’imposta; Infatti, ….tale esenzione facoltativa sarebbe priva di effetto utile se l’elettricità utilizzata nell’ambito della fabbricazione di un prodotto energetico, esso stesso utilizzato per produrre elettricità, rientrasse già nell’esenzione obbligatoria prevista dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima frase, di detta direttiva, per il solo fatto della prossimità dei due luoghi di produzione» (CGUE, RAGIONE_SOCIALE, C -571/21, cit., punti 33 e 34).
7.3.3. La sentenza da ultimo citata conclude dichiarando che « l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2003/96, letto in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione dalla tassazione dell”elettricità utilizzata per
produrre elettricità’, prevista dalla disposizione sopra citata, non ricomprende l’elettricità utilizzata nell’ambito dell’estrazione di un prodotto energetico, quale la lignite, in una miniera a cielo aperto, qualora tale elettricità venga utilizzata non nel quadro del processo tecnologico di produzione di elettricità, bensì per la fabbricazione di un prodotto energetico. Per contro, tale esenzione è suscettibile di ricomprendere la trasformazione ed il trattamento successivi di tale prodotto energetico in centrali elettriche ai fini della produzione di elettricità, purché tali operazioni siano indispensabili e contribuiscano direttamente al processo tecnologico di tale produzione» ( CGUE. RAGIONE_SOCIALE, C -571/21, cit., punto 42).
7.4. Da ciò si comprende che l’asserita generale esenzione dall’accisa sull’energia elettrica utilizzata all’interno dello stabilimento di produzione di energia termoelettrica, da cui deriverebbe l’inutilità della categoria del cd. ‘uso promiscuo’, non trova fondamento nei principi unionali vigenti ratione temporis perché non tutti gli usi di energia elettrica sono esentati: l’esenzione riguarda l’energia elettrica utilizzata per la produzione di altra energia elettrica, non di altri prodotti energetici né, a maggior ragione, di prodotti considerati non energetici dalla Direttiva, come il calore (v. art. 2 par. 4 lett.a). Resta confermata, inoltre, la giurisprudenza di questa Corte che, sotto diversa cornice normativa, negava qualsivoglia esenzione in relazione all’accisa sull’energia elettrica utilizzata per la produzione di calore destinato al teleriscaldamento: « In tema di accise sul gas metano per usi industriali, non vi è alcuna esenzione, né nella disciplina nazionale né in quella comunitaria, per il suo impiego nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione (e, cioè, di produzione combinata di energia e calore), che abbiano le caratteristiche tecniche indicate nell’art. 11, comma 2, lett. b, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, anche qualora riforniscano utenze civili, in
quanto, da un lato, tale ipotesi è ricompresa tra gli usi industriali del metano dall’art. 26, comma 3, del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 nell’attuale formulazione (ed in passato dalla relativa nota legislativa) e, dall’altro lato, ad essa non può estendersi l’esenzione prevista per la produzione di energia elettrica, che è collegata alla natura del prodotto finale e non alle modalità del processo produttivo ed è giustificata dall’intento di evitare un appesantimento dei costi per i consumatori, essendo l’energia elettrica, a differenza del calore, sottoposta ad imposta erariale di consumo » (Cass. n. 19753 del 2014).
7.5. Quanto, poi, all’estensione dell’esenzione relativa all’elettricità « utilizzata per mantenere la capacità di produrre l’elettricità stessa », di cui all’art. 14, par. 1, lett. a), prima frase, della direttiva 2003/96/CE, va osservato che l’agevolazione è riconosciuta in termini assai rigorosi, più limitati di quelli fissati dall’Agenzia delle dogane nella citata circolare n. 37/D/2007 (v. par. 6), affermandosi, nel caso esaminato dalla Corte, che tale esenzione « è suscettibile di ricomprendere l’elettricità destinata al funzionamento di impianti di stoccaggio di un prodotto energetico, quale la lignite, e di mezzi di trasporto che permettono di trasferire questo prodotto, qualora tali operazioni abbiano luogo all’interno delle centrali elettriche, purché esse siano indispensabili e contribuiscano direttamente al mantenimento della capacità del processo tecnologico di produzione di elettricità, in quanto tali operazioni siano necessarie per garantire il mantenimento della capacità di produrre elettricità in maniera ininterrotta » (CGUE, RAGIONE_SOCIALE, C -571/21, cit., punto 53).
Peraltro, non hanno fondamento le deduzioni della ricorrente laddove richiama l’art. 55 comma 6, ratione temporis , del TUA (« Qualora in un impianto si utilizzi l’energia elettrica per usi diversi e si richieda l’applicazione della corrispondente aliquota d’imposta, le diverse utilizzazioni devono essere fatte in
modo che sia, a giudizio insindacabile del competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane, escluso il pericolo che l’energia elettrica venga deviata da usi esenti ad usi soggetti ad imposta. Il competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane può prescrivere l’applicazione, a spese degli interessati, di speciali congegni di sicurezza o di apparecchi atti ad impedire l’impiego dell’energia elettrica a scopo diverso da quello dichiarato »), per concludere che la società non avrebbe potuto di propria iniziativa esimersi dal corrispondere il tributo, in conformità a quanto previsto dal precedente pva, essendo necessaria una preventiva valutazione dell’amministrazione e una richiesta della contribuente per una modifica dell’accertamento.
8.1. Secondo consolidato orientamento di questa Corte la mancata ottemperanza alle prescrizioni di cui agli artt. 53 e 55, comma 8 (ora comma 6), del d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA) -riguardanti, rispettivamente, la preventiva denuncia di officina elettrica e l’applicazione degli speciali congegni di sicurezza o degli apparecchi atti ad impedire l’impiego di energia elettrica a scopo diverso da quello dichiarato -non preclude il diritto alle esenzioni o alle agevolazioni, dallo stesso TUA previste, atteso che l’adempimento dei precisati oneri non costituisce condicio sine qua non per il sorgere del diritto, che può comunque essere utilmente esercitato ove si dia la dimostrazione con gli altri mezzi istruttori predisposti dalla legge, diversi dagli accorgimenti tecnici previsti dal citato testo unico, delle quantità di energia impiegata, rispettivamente, per usi soggetti ad imposta e per usi esenti (Cass. n. 12589 del 2004; Cass. n. 12431 del 2007; Cass. n. 24517 del 2023; Cass. n. 5165 del 2025). Tale interpretazione è in linea con la giurisprudenza unionale, secondo cui « il potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri non può rimettere in discussione il principio secondo cui i prodotti energetici sono tassati in relazione al loro effettivo utilizzo (v., per analogia, sentenza del 13 luglio
2017, Vakarų Baltijos laivų statykla, C-151/16, EU:C:2017:537, punto 44) » e « l’obbligo imposto agli operatori economici di presentare una domanda per la classificazione dei prodotti energetici ai fini dell’accisa… non rientra in tali presupposti sostanziali e ha soltanto lo scopo di consentire alle autorità fiscali di controllare il rispetto di questi ultimi da parte di detti operatori. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo rumeno, tale obbligo è soltanto di natura formale » (CGUE, 7 novembre 2019, C -68/18, NOME COGNOME punti 53 e 61).
Conclusivamente, accolto il motivo nei termini in motivazione, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice del merito.
p.q.m.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25/02/2025.