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Esenzione accise autoproduzione: la rinuncia al ricorso

Una società energetica consortile, che produceva energia da fonti rinnovabili e la cedeva ai propri consorziati, ha visto rigettare la sua richiesta di esenzione accise per autoproduzione. I giudici di merito hanno ritenuto che la cessione a terzi, anche se consorziati, non configuri l’autoproduzione. Giunta in Cassazione, la società ha rinunciato al ricorso. La Corte Suprema ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, compensando le spese processuali e chiarendo che in caso di rinuncia non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione accise autoproduzione: quando la vendita ai soci esclude il beneficio

L’esenzione accise per autoproduzione di energia da fonti rinnovabili è un tema cruciale per molte imprese, specialmente per quelle riunite in consorzi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, pur non decidendo nel merito, offre spunti importanti sulle conseguenze procedurali di una rinuncia al ricorso in un contenzioso di questo tipo. Analizziamo una vicenda che, partita dalla contestazione di un avviso di pagamento per accise non versate, si è conclusa con una dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

La vicenda: cessione di energia ai consorziati e la pretesa fiscale

Una società consortile, costituita per soddisfare il fabbisogno energetico delle imprese associate, produceva energia elettrica da fonti rinnovabili. Questa energia veniva poi ceduta, tramite contratti di somministrazione, alle singole società consorziate. La società produttrice riteneva di aver diritto all’esenzione dal pagamento delle accise, invocando la normativa che favorisce l’energia prodotta da fonti rinnovabili e consumata in regime di autoproduzione.

L’Agenzia delle Dogane, tuttavia, era di avviso contrario. L’amministrazione finanziaria ha notificato un avviso di pagamento per gli anni dal 2009 al 2014, sostenendo che l’esenzione non fosse applicabile. La ragione? La società produttrice non consumava direttamente l’energia, ma la vendeva a soggetti terzi, seppur facenti parte dello stesso consorzio. Questa vendita, secondo il Fisco, interrompeva il nesso di autoproduzione richiesto dalla legge.

Il giudizio di merito e il presupposto dell’esenzione accise per autoproduzione

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno dato ragione all’Agenzia delle Dogane. I giudici di merito hanno stabilito un principio chiaro: il presupposto fondamentale per beneficiare dell’esenzione accise per autoproduzione è che l’energia prodotta da fonti rinnovabili sia consumata dallo stesso produttore.

Nel caso specifico, la società consortile agiva come un venditore e le imprese consorziate come acquirenti finali. La presenza di contratti di somministrazione e di fatture di vendita basate sui consumi effettivi dimostrava, secondo i giudici, una vera e propria cessione a terzi. Di conseguenza, il requisito dell’autoproduzione non poteva considerarsi soddisfatto, e l’esenzione non era applicabile.

La rinuncia al ricorso e la decisione della Cassazione

Di fronte alla doppia sconfitta nei gradi di merito, la società ha presentato ricorso in Cassazione. Tuttavia, prima della discussione, ha depositato una memoria con cui dichiarava di rinunciare al ricorso. Questo atto ha cambiato radicalmente l’esito del giudizio.

La Corte di Cassazione ha preso atto della rinuncia, interpretandola come una manifestazione di difetto di interesse a proseguire la causa. Di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione, però, si distingue per due aspetti procedurali di grande rilevanza pratica.

Le motivazioni

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile non per ragioni di merito, ma a causa della rinuncia della parte ricorrente, configurando un’ipotesi di ‘inammissibilità sopravvenuta’. La motivazione principale della decisione risiede quindi in questo atto processuale, che ha di fatto estinto il giudizio. Inoltre, la Corte ha deciso di compensare integralmente le spese processuali tra le parti. Questa scelta è stata motivata citando ‘l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità’ sulla questione di merito. Ciò suggerisce che, sebbene il caso non sia stato deciso, la Corte riconosce che il tema dell’autoproduzione nei consorzi è stato oggetto di dibattito e cambiamenti interpretativi, giustificando la non condanna alle spese. Infine, richiamando un proprio precedente (Cass. n. 25485/2018), ha specificato che il raddoppio del contributo unificato, sanzione tipica per i ricorsi respinti o inammissibili, non si applica nei casi di inammissibilità sopravvenuta come la rinuncia.

Le conclusioni

L’ordinanza, pur non risolvendo la questione sostanziale sull’esenzione accise per autoproduzione nei consorzi, fornisce due importanti conclusioni. In primo luogo, la rinuncia al ricorso da parte della società, probabilmente dettata da una valutazione strategica alla luce di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e sfavorevole, ha portato alla chiusura del contenzioso. In secondo luogo, la decisione chiarisce un importante principio processuale: la rinuncia al ricorso in Cassazione, pur determinandone l’inammissibilità, evita alla parte ricorrente la sanzione del raddoppio del contributo unificato e può portare, in contesti di incertezza giurisprudenziale, alla compensazione delle spese legali.

La vendita di energia da parte di una società consortile alle proprie imprese consorziate rientra nel concetto di ‘autoproduzione’ per l’esenzione dalle accise?
Secondo le sentenze dei giudici di merito citate nel provvedimento, la risposta è no. La vendita a soggetti terzi, anche se consorziati, è considerata una cessione che esclude il requisito dell’autoproduzione. La Cassazione non si è pronunciata sul punto a causa della rinuncia.

Qual è la principale conseguenza processuale della rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia al ricorso ne determina la dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte, in quanto viene a mancare l’interesse della parte a ottenere una decisione.

In caso di inammissibilità dovuta a rinuncia, si deve pagare il raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito, basandosi su un suo precedente, che il raddoppio del contributo unificato non è dovuto nelle ipotesi di inammissibilità ‘sopravvenuta’, come appunto la rinuncia al ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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