Esenzione accise autoproduzione: quando la vendita ai soci esclude il beneficio
L’esenzione accise per autoproduzione di energia da fonti rinnovabili è un tema cruciale per molte imprese, specialmente per quelle riunite in consorzi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, pur non decidendo nel merito, offre spunti importanti sulle conseguenze procedurali di una rinuncia al ricorso in un contenzioso di questo tipo. Analizziamo una vicenda che, partita dalla contestazione di un avviso di pagamento per accise non versate, si è conclusa con una dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse.
La vicenda: cessione di energia ai consorziati e la pretesa fiscale
Una società consortile, costituita per soddisfare il fabbisogno energetico delle imprese associate, produceva energia elettrica da fonti rinnovabili. Questa energia veniva poi ceduta, tramite contratti di somministrazione, alle singole società consorziate. La società produttrice riteneva di aver diritto all’esenzione dal pagamento delle accise, invocando la normativa che favorisce l’energia prodotta da fonti rinnovabili e consumata in regime di autoproduzione.
L’Agenzia delle Dogane, tuttavia, era di avviso contrario. L’amministrazione finanziaria ha notificato un avviso di pagamento per gli anni dal 2009 al 2014, sostenendo che l’esenzione non fosse applicabile. La ragione? La società produttrice non consumava direttamente l’energia, ma la vendeva a soggetti terzi, seppur facenti parte dello stesso consorzio. Questa vendita, secondo il Fisco, interrompeva il nesso di autoproduzione richiesto dalla legge.
Il giudizio di merito e il presupposto dell’esenzione accise per autoproduzione
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno dato ragione all’Agenzia delle Dogane. I giudici di merito hanno stabilito un principio chiaro: il presupposto fondamentale per beneficiare dell’esenzione accise per autoproduzione è che l’energia prodotta da fonti rinnovabili sia consumata dallo stesso produttore.
Nel caso specifico, la società consortile agiva come un venditore e le imprese consorziate come acquirenti finali. La presenza di contratti di somministrazione e di fatture di vendita basate sui consumi effettivi dimostrava, secondo i giudici, una vera e propria cessione a terzi. Di conseguenza, il requisito dell’autoproduzione non poteva considerarsi soddisfatto, e l’esenzione non era applicabile.
La rinuncia al ricorso e la decisione della Cassazione
Di fronte alla doppia sconfitta nei gradi di merito, la società ha presentato ricorso in Cassazione. Tuttavia, prima della discussione, ha depositato una memoria con cui dichiarava di rinunciare al ricorso. Questo atto ha cambiato radicalmente l’esito del giudizio.
La Corte di Cassazione ha preso atto della rinuncia, interpretandola come una manifestazione di difetto di interesse a proseguire la causa. Di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione, però, si distingue per due aspetti procedurali di grande rilevanza pratica.
Le motivazioni
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile non per ragioni di merito, ma a causa della rinuncia della parte ricorrente, configurando un’ipotesi di ‘inammissibilità sopravvenuta’. La motivazione principale della decisione risiede quindi in questo atto processuale, che ha di fatto estinto il giudizio. Inoltre, la Corte ha deciso di compensare integralmente le spese processuali tra le parti. Questa scelta è stata motivata citando ‘l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità’ sulla questione di merito. Ciò suggerisce che, sebbene il caso non sia stato deciso, la Corte riconosce che il tema dell’autoproduzione nei consorzi è stato oggetto di dibattito e cambiamenti interpretativi, giustificando la non condanna alle spese. Infine, richiamando un proprio precedente (Cass. n. 25485/2018), ha specificato che il raddoppio del contributo unificato, sanzione tipica per i ricorsi respinti o inammissibili, non si applica nei casi di inammissibilità sopravvenuta come la rinuncia.
Le conclusioni
L’ordinanza, pur non risolvendo la questione sostanziale sull’esenzione accise per autoproduzione nei consorzi, fornisce due importanti conclusioni. In primo luogo, la rinuncia al ricorso da parte della società, probabilmente dettata da una valutazione strategica alla luce di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e sfavorevole, ha portato alla chiusura del contenzioso. In secondo luogo, la decisione chiarisce un importante principio processuale: la rinuncia al ricorso in Cassazione, pur determinandone l’inammissibilità, evita alla parte ricorrente la sanzione del raddoppio del contributo unificato e può portare, in contesti di incertezza giurisprudenziale, alla compensazione delle spese legali.
La vendita di energia da parte di una società consortile alle proprie imprese consorziate rientra nel concetto di ‘autoproduzione’ per l’esenzione dalle accise?
Secondo le sentenze dei giudici di merito citate nel provvedimento, la risposta è no. La vendita a soggetti terzi, anche se consorziati, è considerata una cessione che esclude il requisito dell’autoproduzione. La Cassazione non si è pronunciata sul punto a causa della rinuncia.
Qual è la principale conseguenza processuale della rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia al ricorso ne determina la dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte, in quanto viene a mancare l’interesse della parte a ottenere una decisione.
In caso di inammissibilità dovuta a rinuncia, si deve pagare il raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito, basandosi su un suo precedente, che il raddoppio del contributo unificato non è dovuto nelle ipotesi di inammissibilità ‘sopravvenuta’, come appunto la rinuncia al ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13114 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13114 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3438/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), già RAGIONE_SOCIALE, in qualità di società incorporante la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) e dall’avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliata ai fini del presente giudizio presso il loro studio, sito in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Oggetto:
tributi
–
accise
–
autoproduttore
RAGIONE_SOCIALE (CF. CODICE_FISCALE),
in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE , presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, n. 750/10/22, depositata in data 21 giugno 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE, società consortile costituita per la copertura del fabbisogno energetico delle imprese consorziate, ha impugnato un avviso di pagamento relativo al recupero di accise dovute nell’ambito della Provincia di Bologna per i periodi di imposta dal 2009 al 2014, oltre sanzioni, con cui si accertava che la società contribuente aveva emesso fatture di vendita in base agli effettivi consumi delle imprese consorziate, accisa che era stata ceduta in esenzione d’accisa ai sensi dell’art. 52 , comma 3, lett. b) d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 TUA (energia prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili consumata in autoproduzione);
che la CTP di Bologna ha rigettato il ricorso e che la CTR dell’Emilia -Romagna, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della società contribuente, ritenendo che il presupposto dell’esenzione dal pagamento dell’accisa è la autoproduzione della stessa da fonti rinnovabili, presupposto che non sussiste ove il contribuente abbia rivenduto l’energia a terzi consumatori finali come nel caso di specie, essendo l’energia stata ceduta ai singoli consorziat i, come da contratti di somministrazione di energia elettrica;
che ha proposto ricorso per cassazione CVA RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, società
incorporante della società contribuente, affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso l’Ufficio.
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente, con memoria depositata in data 21 marzo 2024, ha dichiarato di rinunciare al ricorso;
che con la dichiarazione di rinuncia il ricorrente ha manifestato il difetto di interesse al ricorso, per cui il ricorso deve dichiararsi inammissibile;
che le spese processuali devono ritenersi integralmente compensate, attesa l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità;
che non è dovuto il raddoppio del contributo unificato in caso di inammissibilità sopravvenuta del giudizio (Cass., Sez. V, 12 ottobre 2018, n. 25485);
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 25 marzo 2024