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Esenzione accisa energia: limiti per i consorzi

Una società consortile, produttrice di energia da fonti rinnovabili, si è vista negare l’esenzione dall’accisa per l’energia ceduta ai propri soci. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32264/2024, ha stabilito che l’esenzione accisa energia si applica solo all’energia autoconsumata e non a quella venduta, anche se ai membri del consorzio. Inoltre, ha chiarito che il principio del legittimo affidamento tutela il contribuente solo da sanzioni e interessi, non dall’imposta dovuta.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione accisa energia: quando la cessione ai soci la esclude

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un’importante chiarimento sui limiti dell’esenzione accisa energia per i consorzi che producono elettricità da fonti rinnovabili. La questione centrale riguarda la possibilità di beneficiare dell’esenzione anche per l’energia ceduta ai soci consorziati. La risposta della Suprema Corte è netta: l’esenzione spetta solo per l’energia autoconsumata, mentre la cessione a terzi, inclusi i soci, la fa decadere, configurando un’operazione soggetta a imposta.

I Fatti di Causa

Una società consortile, attiva nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ha ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il mancato versamento dell’accisa relativa agli anni dal 2008 al 2012. L’Agenzia contestava che l’energia, pur essendo prodotta da fonti pulite, non veniva interamente autoconsumata, ma ceduta a titolo oneroso alle società consorziate.

Il contenzioso ha attraversato vari gradi di giudizio. Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di rinvio dalla Cassazione, aveva confermato la tesi del contribuente, ritenendo che la società avesse diritto all’esenzione e che potesse invocare il principio del legittimo affidamento, avendo ricevuto in passato pareri favorevoli dagli uffici territoriali. Contro quest’ultima decisione, l’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi principali: l’errata interpretazione della norma sull’esenzione e l’impropria estensione del legittimo affidamento al tributo stesso.

Esenzione Accisa Energia: il limite invalicabile dell’autoconsumo

Il primo e fondamentale punto chiarito dalla Corte riguarda l’ambito di applicazione dell’art. 52, comma 3, lett. b) del Testo Unico Accise (D.Lgs. 504/1995). La norma prevede un’esenzione per l’energia elettrica prodotta con impianti da fonti rinnovabili con potenza disponibile superiore a 20 kW, a condizione che sia “consumata dai medesimi produttori”.

La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: affinché l’esenzione sia applicabile, è necessaria la coincidenza soggettiva tra chi produce l’energia e chi la consuma. Quando una società consortile cede l’energia, anche se ai propri soci, realizza un’operazione di vendita. Tale energia non è più “autoconsumata” ma “commercializzata”, e pertanto ricade nell’ambito di applicazione dell’accisa.

È irrilevante che i consumatori finali siano soci del consorzio. Ai fini fiscali, essi sono soggetti giuridici distinti dal produttore. La Corte ha inoltre precisato che la normativa successiva (L. n. 208/2015), che ha esteso il beneficio anche all’energia ceduta ai soci, non ha efficacia retroattiva e si applica solo a partire dal 2016, non potendo quindi sanare le annualità oggetto della controversia.

Il Principio del Legittimo Affidamento non cancella il Tributo

Il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, anch’esso accolto, verteva sul principio del legittimo affidamento. La società sosteneva di aver fatto affidamento su risposte favorevoli ricevute in passato da uffici territoriali, che l’avrebbero indotta a credere di essere nel giusto.

La Suprema Corte ha fornito una lezione di rigore giuridico: il principio di tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancito dallo Statuto del Contribuente (L. n. 212/2000), opera principalmente per escludere l’applicazione di sanzioni e interessi in caso di incertezza interpretativa o di errori dell’amministrazione. Tuttavia, non può mai estendersi fino a cancellare l’obbligazione tributaria principale.

L’obbligo di pagare un’imposta deriva direttamente dalla legge, non dall’interpretazione che ne dà l’amministrazione finanziaria. Le circolari ministeriali o i pareri degli uffici non sono fonti del diritto e non possono creare un diritto all’esenzione dove la legge non lo prevede. Ammettere il contrario significherebbe concedere all’amministrazione un potere normativo che non le compete, in palese violazione del principio costituzionale della riserva di legge in materia fiscale (art. 23 Cost.).

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e, decidendo direttamente nel merito, ha rigettato il ricorso originario del contribuente. Le motivazioni si fondano su due pilastri. In primo luogo, la rigida interpretazione letterale della norma sull’esenzione accisa energia, che richiede la perfetta identità tra produttore e consumatore. La cessione a terzi, compresi i soci, interrompe questo legame e rende l’energia tassabile. In secondo luogo, la riaffermazione del principio secondo cui l’obbligazione tributaria è “indisponibile”, ovvero non può essere modificata o annullata dalla volontà dell’amministrazione. Il legittimo affidamento tutela il contribuente dalle conseguenze sanzionatorie di un errore, ma non lo esonera dal dovere di pagare quanto previsto dalla legge.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante per tutte le società, in particolare quelle consortili, che operano nel settore della produzione di energia. L’esenzione accisa energia da fonti rinnovabili è un beneficio sottoposto a condizioni rigorose, prima fra tutte l’autoconsumo. La vendita dell’energia, anche all’interno della stessa compagine sociale, è un’operazione fiscalmente rilevante che fa scattare l’obbligo di versamento dell’accisa (per i periodi antecedenti al 2016). Inoltre, la decisione rafforza un principio cardine del diritto tributario: nessuna interpretazione amministrativa, per quanto favorevole, può prevalere sulla chiara disposizione di legge e giustificare il mancato pagamento di un’imposta.

Un consorzio che produce energia da fonti rinnovabili ha diritto all’esenzione dall’accisa se cede l’energia ai propri soci consorziati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per i periodi d’imposta anteriori al 2016, l’esenzione sull’accisa si applica solo all’energia autoprodotta e autoconsumata dalla stessa entità giuridica. La cessione, anche se a titolo oneroso ai propri soci, è considerata una commercializzazione e quindi è soggetta al pagamento dell’accisa.

Il principio del legittimo affidamento può esonerare un contribuente dal pagamento di un’imposta?
Di norma, no. La Corte ha ribadito che il legittimo affidamento, basato su interpretazioni errate fornite dall’Amministrazione finanziaria, esclude solo l’applicazione di sanzioni e interessi. L’obbligazione tributaria principale, ovvero il pagamento dell’imposta, rimane dovuta in quanto prevista dalla legge.

La legge che ha esteso l’esenzione accisa anche all’energia ceduta ai soci ha valore retroattivo?
No. La sentenza chiarisce che la norma (art. 1, comma 911, della L. n. 208 del 2015) che ha esteso il beneficio dell’esenzione anche all’energia ceduta ai soci si applica solo a decorrere dall’anno di imposta 2016 e non ha efficacia retroattiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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