Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32264 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32264 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25175/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 1585/2022 depositata il 20/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
A seguito di verifica, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Sondrio con avviso notificato il 28.8.2014 contestava alla
RAGIONE_SOCIALE società consortile a rl l’omesso versamento dell’accisa per gli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012- relativa all’energia auto prodotta da fonti rinnovabili, in quanto non autoconsumata, bensì commercializzata, ritenendo non applicabile al caso in esame l’esenzione di cui all’art. 52 comma 3 lettera b) del d.lgs. n. 504/1995 (TUA).
La contribuente impugnava l’atto (rettificato in autotutela dall’Ufficio con annullamento di indennità di mora, con atto di convalida prot. 11145/RU del 29/8/2014 a cui faceva seguito Nota prot. n. 35078/RU dell’11 maggio 2015 della Direzione Centrale dell’Agenzia che riconosceva la non debenza di sanzioni e interessi , per legittimo affidamento) e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Sondrio accoglieva l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla contribuente sulla nullità della sottoscrizione dell’atto da parte di funzionario non legittimato.
L’appello erariale veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia con la sentenza n. 6912/35/2016 che, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava inammissibile l’eccezione di nullità dell’atto impugnato in quanto sollevata tardivamente.
Avverso tale sentenza la contribuente presentava ricorso per cassazione evidenziando, in primo luogo, che la CTR non si era pronunciata sul merito dell’appello, ossia sui motivi presentati dalla ricorrente in primo grado e riproposti in appello, e questa Corte, con la sentenza n. 22001/2020, accoglieva il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassando la sentenza con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
Con la sentenza in epigrafe, la CTR della Lombardia ha accolto il ricorso in riassunzione della contribuente e ha rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo che la società svolgesse attività di autoproduzione di energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili, e avesse diritto all’esenzione dell’accisa ai sensi dell’art. 52 comma 3,
lett.b) del TUA; inoltre, ha ritenuto il legittimo affidamento della contribuente, che « non deve riguardare solo l’annullamento degli interessi e sanzioni, ma deve estendersi anche all’esenzione», poiché la parte si era rivolta più volte agli Uffici territoriali di Torino e Bergamo, finanche con interpelli alle Direzioni Doganali Territoriali, facendo presente la propria posizione, rispetto alla quale aveva avuto sempre risposte favorevoli all’esenzione.
Contro questa sentenza l’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE incorporante la RAGIONE_SOCIALE che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato.
La società ha successivamente depositato dichiarazione di rinunzia ai sensi dell’art. 390 c.p.c. al controricorso per cassazione e al ricorso incidentale condizionato.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 52, comma 3, lett. b) del d.lgs. 26.10.1995, n. 504, nonché contestuale falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 16.3.1999, n. 79, in relazione agli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, avendo errato la CTR a considerare la società quale ‘autoproduttore’.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. E’ consolidato il principio secondo cui, in tema di accise, le società consortili costituite per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, come tutte le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio, sono obbligate al pagamento del tributo, a norma dell’art. 53, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1995, mentre ne sono esentate, ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b), dello stesso decreto (nel testo applicabile ratione temporis , sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. m, del d.lgs. n. 26 del 2007)
solamente a condizione che l’energia, oltre che autoprodotta con impianti aventi potenza disponibile superiore a 20 KW, sia anche autoconsumata in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, con la conseguenza che suddette società beneficiano dell’esenzione limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche per quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati (Cass. 26142 del 2019; Cass. n. 33592 del 2019; Cass. n. 12444 del 2019). Quindi, qualora la società consortile costituita per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili ceda, a titolo oneroso, parte di essa alle proprie consorziate, non può godere dell’esenzione prevista dall’art. 52, comma 3, lett b) d.lgs. n. 504 del 1992, per la quale occorre che l’autoproduttore coincida con colui che consuma l’energia prodotta, essendo all’uopo irrilevante il richiamo all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 79 del 2009, che, regolando il mercato interno dell’energia elettrica ed i comportamenti dei principali operatori, è estraneo alla materia fiscale (tra le tante, Cass. n. 18863 del 2020); l’esenzione invocata spetta alle società cooperative non solo per l’energia autoprodotta direttamente consumata, ma anche per quella ceduta ai soci, solo a decorrere dall’anno di imposta 2016, poiché, per i periodi precedenti, l’art. 1, comma 911, della l. n. 208 del 2015, che ha esteso il beneficio anche ai soci, non trova applicazione, non avendo natura interpretativa ed in assenza di una espressa previsione di applicabilità retroattiva (tra le ultime, Cass. n. 25143 del 2023).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 2, e 11 della L. 27.7.2000, n. 212, perché il legittimo affidamento non poteva estendersi al tributo dovuto dalla contribuente.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. In tema di sanzioni tributarie la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della l. n. 212 del 2000, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. ed, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione europea, sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni (Cass. n. 370 del 2019; Cass. n. 18618 del 2019, con ampi riferimenti alla giurisprudenza europea in materia di tributi armonizzati; sempre con riferimento all’esclusione delle sole sanzioni, si vedano ancora Cass. n. 10499 del 2018; Cass. n. 12635 del 2017; Cass. n. 5934 del 2015; Cass. n 16692 del 2011; Cass. n. 21070 del 2011; Cass. n. 19479 del 2009).
2.3. È stato altresì precisato che « le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 » (Cass. n. 12635 del 2017; Cass. n. 10195 del 2016; Cass. n. 3757 del 2012; Cass. n. n. 2133 del 2002). Il principio trova origine nel fondamentale arresto delle Sezioni Unite per il quale « la circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo (interpretativo) adottato
dall’amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell’affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio -coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto -di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella dottrina secondo la quale ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sé e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 Cost. Tutt’al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell’amministrazione di un precedente indirizzo (interpretativo) sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi (o possa esse valutato) ai fini della applicazione delle sanzioni e della richiesta degli interessi sulle somme dovute a titolo di imposta » (Cass. sez. un. n. 23031 del 2007, in motivazione).
2.4. Giusta la valenza generale del principio del legittimo affidamento, è stato anche affermato che i casi di tutela espressamente enunciati dall’art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (attinenti all’area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi), vanno considerati quali situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, atteso che la regola è idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (Cass. n. 620 del 2018; Cass. n. 537 del 2015; Cass. n. 14000 del 2023; Cass. n. 8197 del 2015). « La induzione in errore incolpevole del contribuente può essere determinata anche da differenti circostanze di fatto ovvero anche da altre condotte, imputabili ad errore della Amministrazione finanziaria, dalla stessa
norma non espressamente considerate » (Cass. n. 25966 del 2013); si tratta di condotte diverse da quelle tipizzate – quali le errate « indicazioni contenute in atti » dell’Amministrazione ovvero i « fatti (…) conseguenti a ritardi, omissioni od errori » della stessa (art. 10, comma 2, legge n. 212 del 2000) o ancora le « obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma impositiva » (art. 10, comma 3, legge n. 212 del 2000) -in presenza delle quali la tutela del legittimo affidamento può venire ad incidere sulla stessa debenza del tributo (come nella peculiare ipotesi esaminata da Cass. n. 17576 del 2002). Situazioni siffatte, in cui la tutela del legittimo affidamento viene ad incidere sulla stessa debenza del tributo, sono caratterizzate però da circostanze concrete di natura eccezionale, dovendo escludersi che rientrino in tali ipotesi quelle in cui l’induzione in errore sia da ascriversi ad informazioni fornite dall’amministrazione doganale con atti interpretativi di carattere generale o con erronee prassi applicative, perché dette ipotesi sono già espressamente contemplate dall’art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 e sono, dunque, inidonee ad esonerare il contribuente dalla obbligazione tributaria (Cass. n. 25966 del 2013).
2.5. Quindi, in linea generale il legittimo affidamento può avere effetto soltanto su sanzioni e interessi.
La sentenza deve essere cassata di conseguenza e, stante la rinunzia della contribuente che ha fatto acquiescenza all’ormai consolidato orientamento di questa Corte sul contenzioso in oggetto (v., tra le tante, Cass. n. 20820 del 2020), va dichiarata l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso incidentale e la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 comma 2 c.p.c., con rigetto del ricorso della contribuente contro l’atto impugnato.
Devono essere interamente compensate tanto le spese del presente giudizio di legittimità quanto quelle del merito.
Nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. doppio contributo unificato (Cass. n. 19976 del 2024).
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale, dichiarata l’inammissibilità sopravvenuta di quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso della contribuente contro l’atto impugnato ;
compensa interamente le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 02/07/2024.