Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25250 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25250 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28260/2019 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente- contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 785/2019 depositata il 19/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE ricorre, con unico motivo, avverso la sentenza della CTR del Lazio, indicata in epigrafe, con cui è stata dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione della sentenza n. 489/2017 pubblicata il 12/02/2017 della medesima Commissione regionale.
Il contribuente NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si osserva che, nel caso di specie, si applica il principio secondo cui ‘In tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie regionali, si applica, con
riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330, comma 1, seconda ipotesi, c.p.c., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione. (Cass. Sez. U., 20/07/2016, n. 14916, Rv. 640602 01)’.
2 . Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Sul punto, ravvisandosi con tutta evidenza che, nel corpo del motivo, si denuncia, altresì la violazione dell’art. 395, primo comma, n. 4 c.p.c., da ricondursi al vizio contemplato dall’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., va innanzitutto rilevato che questa Corte può riqualificare il motivo di impugnazione, quando, dal corpus motivazionale dello stesso, si evinca chiaramente quale sia il vizio lamentato, in applicazione del principio di diritto ai sensi del quale «l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato» (Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass. 10 settembre 2020, n. 18770).
Tanto premesso, il motivo è fondato.
3.1. Occorre premettere che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, l’errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione ex art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c. presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti
processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti (Cass., 18 settembre 2008, n. 23856; Cass., Sez. U., 7 marzo 2016, n. 4413), con la conseguenza che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Cass., 15 gennaio 2009, n. 844).
3.2. Si è, quindi, evidenziato che «In generale l’errore non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche ovvero la valutazione e l’interpretazione dei fatti storici; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata diversa» (Cass., 13 giugno 2017, n. 14656).
3.3. Di conseguenza, non è idoneo ad integrare errore revocatorio l’ipotizzato travisamento di dati giuridico-fattuali acquisiti attraverso la mediazione RAGIONE_SOCIALE parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi degli atti del giudizio, e dunque mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale, quand’anche risulti errata, di revocazione (Cass., 5 aprile 2017, n. 8828; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27570).
3.4. Questa Corte ha anche affermato che è necessario che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi e che non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito
dell’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali compiuto dal giudice (Cass., 4 aprile 2019, n. 9527; Cass., 15 dicembre 2011, n. 27094).
Nel caso di specie l’RAGIONE_SOCIALE aveva proposto ricorso per revocazione avverso la menzionata sentenza n. 489/2017 pubblicata il 12/02/2017 della CTR del Lazio, deducendo l’errore revocatorio per avere il Collegio di appello dato per accertata l’esistenza di un accordo conciliativo tra le parti, e pertanto pronunciata sentenza di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, sulla base del verbale di udienza del 24/01/2017 ove, al contrario e testualmente, si riportava che le parti «Richiedono rinvio per tentativo di conciliazione», come da riproduzione del verbale medesimo riportata, in ossequio al principio di autosufficienza, nel corpo del ricorso per cassazione.
In particolare, dalla trascrizione integrale del provvedimento inserita, sempre nel rispetto del principio di autosufficienza, nel corpo del ricorso, emerge che la Commissione regionale aveva rilevato che « (…) L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Latina ed il contribuente sig. NOME COGNOME , in data odierna, danno atto dell’intervenuto accordo conciliativo con cui è stata definita la controversia in oggetto (…)» e quindi, « considerato l’accordo conciliativo di cui all’art. 48 del D.Lgs. 546/92», aveva dichiarato «l’ estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, ai sensi degli art. 61 e 46 del D.Lgs. 546/1992, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese, come richiesto».
4.1. Ha dunque errato la Commissione territoriale, in sede di giudizio di revocazione, nel ritenere che il vizio denunciato attenesse a questioni di merito del giudizio, o comunque a valutazioni in diritto del fatto processuale, e non alla emergenza di una realtà differente da quella fattuale, consistente nella errata lettura di quanto riportato nel verbale di udienza e non nella sua errata interpretazione.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio, in diversa composizione, perché riesamini nel merito il ricorso per revocazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE e regoli le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio, in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 10/09/2025.