Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11348 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11348 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
Revocazione ord. Corte di Cassazione n. 17806/2018
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5567/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME, personalmente e in qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE,
-controricorrente –
Avverso l’ordinanza della CORTE DI CASSAZIONE n. 17806/2018, depositata in data 6 luglio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 8 dicembre 2006 l’RAGIONE_SOCIALE (divenuta tale il primo luglio 2004, perché antecedentemente costituita nella forma di società in nome collettivo) riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRAP e IVA, n. P_IVA, relativo all’anno d’imposta 2003. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE provinciale di Avezzano -rideterminava il reddito complessivo della detta società contribuente ex artt. 39, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, rettificando il reddito dichiarato pari a € 135.193,00 e accertando un maggior reddito di € 361.115,00 per l’anno d’imposta 2003; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della sostanziale inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili sociali.
Sulla base dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), conseguentemente, venivano rettificate anche le dichiarazioni prodotte dai soci della società per il proprio reddito di partecipazione; pertanto, l’ufficio provvedeva a notificare anche gli avvisi, ai fini IRPEF, nn. 877021101032, 877021101034, 877021101035 e 877021101036, rispettivamente, a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e a NOME COGNOME NOME.
Avverso gli avvisi di accertamento i contribuenti proponevano cinque distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di L’Aquila; si costituiva nei giudizi anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE, con le sentenze nn. 118/02/08, 119/02/08, 120/02/08, 121/02/08 e 122/02/08, accoglieva i ricorsi dei contribuenti, annullando gli avvisi di accertamento impugnati.
Contro tali decisioni proponeva distinti appelli l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. dell’Abruzzo; si costituivano anche i contribuenti, chiedendo il rigetto degli appelli.
Con sentenze nn. 116/02/10, 112/02/10, 115/02/10, 113/02/10 e 114/02/10, tutte depositate in data 11 ottobre 2010, la C.t.r. adita accoglieva gli appelli dell’ufficio, compensando tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. dell’Abruzzo, i contribuenti proponevano distinti ricorsi per cassazione affidati a otto motivi; l’RAGIONE_SOCIALE si costituiva con controricorso, rivendicando la legittimità RAGIONE_SOCIALE sentenze emesse dalla C.t.r. dell’Abruzzo.
La Corte, previa riunione dei ricorsi, con ordinanza n. 17806/2018, depositata in data 6 luglio 2018, rigettava il ricorso dei contribuenti, confermando quanto statuito dalla C.t.r.
Avverso l’ordinanza della Corte di Cassazione, i contribuenti hanno proposto presso la stessa Corte ricorso per revocazione affidato ad un solo motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5 marzo 2024 per la quale i ricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso per revocazione, così rubricato: «Motivo collegato all’errore revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.» i contribuenti lamentano l’errore di fatto nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la Corte di Cassazione ha ritenuto giusta e insindacabile la tesi dell’ufficio in quanto fondata su verbale redatto dalla GdF recante la sussistenza di gravi comportamenti a carico della società contribuente, nonostante, al contrario, la realtà di fatto consacrata nel suddetto verbale fosse quella (di segno opposto) della perfetta regolarità e innocuità del comportamento dell’impresa, in questo modo pronunciandosi in ordine all’esistenza di un fatto inesistente.
Il motivo è inammissibile.
2.1. Con un recente arresto (n. 13417 del 9 maggio 2023) le SS.UU. di questa Corte hanno ulteriormente puntualizzato il
principio secondo cui l’errore di fatto revocatorio, ai sensi dell’art. 395, comma 4, c.p.c., consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato, sicché i vizi relativi all’interpretazione della domanda giudiziale non rientrano nella nozione di “errore di fatto” denunciabile mediante impugnazione per revocazione (fra le tante da ultimo Cass. n. 6505 del 2018).
2.2. Ancora, in tema di revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n. 10040 del 2022).
2.3. Infine, per giurisprudenza costante, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Suprema Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e RAGIONE_SOCIALE questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di
impugnazione ( ex plurimis Cass. sez. 1, ord. 22.10.2018, n. 26643),
2.4. Nella fattispecie in esame, non sussiste l’errore revocatorio perché ciò che viene evocato -ossia il p.v.c. – è un documento interno al procedimento impositivo privo di autonomia rispetto alla decisione presa dalla Corte. Appare evidente che la ricorrente tenta di investire la Corte RAGIONE_SOCIALE doglianze già in precedenza prospettate.
Nell’ordinanza n. 17806/2018, si evince chiaramente che la Corte ha fondato la propria decisione – decidendo congiuntamente sul quarto, quinto, sesto, e ottavo motivo -sulla correttezza del procedimento decisionale della C.t.r. che aveva fatto propria la tesi dell’Ufficio erariale fondata sulla relazione della Guardia di RAGIONE_SOCIALE, riportata nell’avviso di accertamento, a seguito dei controlli già illustrati in precedenza sub 2.1. così decidendo per il rigetto del ricorso tendente alla dichiarazione di illegittimità degli avvisi di accertamento fondati sull’art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, in presenza di irregolarità contabili legittimanti il ricorso al metodo induttivo e preso atto della mancanza di prova contraria da parte dei contribuenti.
2.5. Di poi, va rilevato che anche la CRAGIONE_SOCIALEt.RAGIONE_SOCIALE. aveva condiviso la tesi riportate in appello dall’ufficio di Avezzano fondata sul p.v.c. della Guardia RAGIONE_SOCIALE avendo affermato testualmente: ‘Questo Collegio fa propria la tesi pedissequamente riportato in appello dall’ufficio di Avezzano secondo la quale, in base al p.v.c. della Guardia di finanza e dell’avviso di accertamento, hanno rilevato che sarebbe stata posta particolare attenzione ai pagamenti effettuati in favore dei fornitori ponendo in essere scritture contabili dalle quali quel denaro risultava essere ancora nella disponibilità della società stessa, come liquidità di cassa, come pure lo squilibrio tra le perdite di esercizio in relazione ai costi riconducibili all’attività svolta, il numero RAGIONE_SOCIALE maestranze impiegate ed i relativi costi, i pagamenti effettuati col conto cassa, acquisti senza fatture, gli
ammortamenti dei beni strumentali nella misura del 100%, numero 60 assegni stornati dal conto cassa per esigenze familiari’
2.6. Sotto questa prospettiva, anzitutto, il convincimento della Corte non impinge nel p.v.c. della Guardia di RAGIONE_SOCIALE ma nella condivisione del ragionamento della C.t.r., inoltre, il ricorso per revocazione andava proposto già contro la sentenza n. 116/2010 della C.t.r. che, facendo propria la tesi dell’Ufficio di Avezzano fondata sul p.v.c. già palesava, laddove si mutuasse la tesi dei ricorrenti, il presunto errore revocatorio. L a Corte, nell’ordinanza, aveva esaminato a sufficienza la legittimità degli avvisi di accertamento per maggior reddito accertato nei confronti ella società e dei soci posto che il contribuente, nonostante l’invito notificato nel 2006, in ordine allo scostamento reddituale scaturito dalle applicazioni degli studi di settore, per inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili con conseguenziale rettifica dei ricavi dichiarati, non aveva addotto alcuna prova contraria e il ricorso all’accertamento induttivo del reddito è legittimo anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile in quanto confliggente con le regole fondamentali di ragionevolezza e affidabilità.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma in data 5 marzo 2024