Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22136 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22136 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18629/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 1852/2016 depositata il 01/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. L’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. davanti alla CTR della Campania della sentenza n. 79/2015 della stessa Commissione che, in parziale accoglimento del gravame erariale contro la sentenza di primo grado della CTP di Napoli, aveva accertato maggiori redditi del contribuente, pari ad
euro 7.487,00 per ricavi professionali ‘in nero’ ed euro 550,00 per redditi da lavoro dipendente, così confermando in parte l’avviso di accertamento per il 2008 emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti del Russo.
La CTR, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il ricorso per revocazione ritenendo che il Russo non avesse denunziato l’errata percezione di un fatto immediatamente emergente dagli atti, bensì avesse censurato errori nella valutazione degli atti processuali, chiedendo una diversa valutazione delle fonti di prova.
Il contribuente ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza affidato a due mezzi.
Non ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.
In data 14.12.2022, con atto depositato telematicamente, i due difensori del ricorrente, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno rappresentato di essersi cancellati dall’albo professionale.
Con ordinanza interlocutoria depositata il 13.6.2024 si è disposto rinvio a nuovo ruolo, con notifica al ricorrente, affinché questi provvedesse alla nomina di nuovi difensore.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente va dato atto che alla notifica dell’ordinanza interlocutoria, effettuata sia alla parte personalmente sia presso il domicilio eletto, non ha fatto seguito la costituzione di altro difensore per il ricorrente.
1.1. La cancellazione del difensore del ricorrente dall’albo degli avvocati patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori non comporta difatti l’interruzione del giudizio di cassazione, ma consente alla Corte di rinviarlo ad altra udienza (o adunanza), previa comunicazione alla parte dell’ordinanza di differimento, al fine di garantire a quest’ultima la possibilità di nominare un nuovo difensore, atteso che tale evento incide negativamente sull’esercizio del diritto di difesa e sull’integrità del contraddittorio, la cui inviolabilità, secondo i principi del giusto processo, va
garantita anche nel giudizio di legittimità in termini non dissimili da quanto accade nelle fasi di merito (Cass. n. 11300 del 2023); fermo restando che ove la parte, una volta ricevuta tale comunicazione, rimanga inerte e non provveda alla nomina di un nuovo difensore, vengono meno i presupposti per reiterare gli adempimenti prescritti dall’art. 377, comma 2, c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1206 del 2006; Cass. sez. un. n. 477 del 2006).
Con il primo motivo si deduce testualmente, secondo rubrica, « falsa stigmatizzazione della prova documentale in violazione art. 395 n. 4 cpc (richiamato da art. 64 d.lgs. 546/1992) in relazione agli artt. 115 e 360 n. 3 cpc »: il ricorrente osserva che la CTR, che aveva sommariamente e riduttivamente menzionati i motivi di revocazione al punto 4.1. della sentenza, soltanto nei sottopunti 5.4 e 5.5 si era riferita ai fatti posti a base della decisione oggetto di revocazione con motivazione, peraltro, erronea. La censura di tali punti della motivazione si compendia nell’affermazione secondo cui, in mancanza di contestazione ex art. 115 c.p.c. delle prove documentali portate dal contribuente, queste sarebbero incontrovertibili e il mancato riconoscimento, da parte della sentenza oggetto di revocazione, di tale incontrovertibilità costituirebbe errore revocatorio, non errore di valutazione come ritenuto dalla sentenza impugnata.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Sintetizzando, al punto 5.4 la CTR osserva che la revocazione deve riguardare « un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti di causa » mentre il contribuente, affermando la incontrovertibilità dei fatti accertati dalla sentenza di primo grado, pone una questione di valutazione delle fonti di prova; al punto 5.5. la CTR precisa che l’errore revocatorio deve concretizzarsi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti di causa con carattere di immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, mentre il vizio denunciato, con cui
si imputa alla sentenza un’erronea valutazione delle prove raccolte, è di per sé incompatibile con l’errore di fatto.
2.3. Le affermazioni della CTR sono in linea con la giurisprudenza di questa Corte sul tema: invero, nel caso previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c. l”errore percettivo’ consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto la cui verità sia incontestabilmente esclusa ovvero l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita dagli atti o documenti di causa, qualora il fatto non sia stato un punto controverso oggetto della sentenza impugnata (Cass. n. 37382 del 2022; Cass. n. 25752 del 2022), e non ricorre laddove la decisione sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n. 10040 del 2022; Cass. n. 20635 del 2017) e ricadenti su un punto controverso (Cass. n. 2236 del 2022).
2.4. Si afferma, così, che l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo (Cass. n. 20013 del 2024).
2.5. Il ricorrente considera errore percettivo quello che, al più, sarebbe un errore di valutazione della prova, tanto è vero che richiama l’art. 115 c.p.c. per avvalorare la supposta incontrovertibilità di quei fatti e ciò conferma che la questione non
riguarda la percezione di un dato della realtà oggettiva ma l’applicazione di una norma nell’apprezzamento di una prova. Su tale ultima questione, oltretutto, le deduzioni del ricorrente non paiono neppure in linea con la giurisprudenza di questa Corte sul tema, secondo cui « nel processo tributario, nell’ipotesi di ricorso contro l’avviso di accertamento, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti dal contribuente, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato mediante l’atto impositivo, in quanto detto atto costituisce nel suo complesso, nei limiti delle censure del ricorrente, l’oggetto del giudizio » (Cass. n. 19806 del 2019).
Con il secondo motivo s i deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo ovvero, testualmente, « disconoscimento della natura principale di fatti dedotti in motivo principale costituente errore di qualificazione giuridica censurabile ex art. 360 comma 1 n. 3 cpc ovvero omessa pronuncia su fatto controverso effettivamente principale censurabile ex art. 360 comma 1 n. 4 cpc ».
3 .1. In sostanza, si lamenta l’omessa considerazione dei seguenti motivi di revocazione: a) la sentenza oggetto di revocazione aveva accertato compensi non dichiarati per euro 7.487,00 erroneamente riferiti al PVC 28.7.2011 sulla base di « rilevament i» presso San Paolo Banco di Napoli e presso il Monte dei Paschi di Siena mentre quel PVC riporta solo prelevamenti per euro 483,00 (su conto Banca Popolare di Ancona) e versamenti per euro 1.330,00 (su conto Poste Italiane) mentre l’importo accertato è riportato nell’altro PVC 20.10.2011 ma riferito non ad accertamenti bancari ma a dichiarazioni dei clienti ed interrogazione dell’anagrafe tributaria ; b) si era attribuita valenza di prova ai mod. 770 che non erano stati versati in causa e si
trovano solo citati negli avvisi di accertamento ma con riguardo ad anni di imposta diversi dal 2008.
3.2. Inoltre, nel contesto di tale motivo, si deduce « l’omessa motivazione sull’istanza di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione prodotta nell’ultima parte del ricorso per revocazione ».
3.3. Il motivo è per un verso inammissibile e per altro verso infondato.
3 .4. E’ « inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in quanto una tale formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse » (Cass. n. 3397 del 2024).
3.5. Deve escludersi, invero, la ricorrenza dei presupposti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., riguardando tale mezzo censorio un fatto storico, principale o secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e ha carattere decisivo (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017), senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi
alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio ( ex multis , v. Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017).
3.6. Né è censurabile ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. la pronuncia che ha preso in considerazione il fatto storico rilevante pur non dando atto di tutte le risultanze (Cass. n. 28887 del 2019), come avvenuto in questo caso in cui la pronuncia, sebbene non esamini ex professo i singoli asseriti errori percettivi, mostra di averli presenti nel momento in cui con formula sintetica ma di portata generale, capace di abbracciare l’intera domanda di revocazione, afferma che « la doglianza mossa dal ricorrente non è riconducibile allo schema dell’errore revocatorio, in quanto non denuncia un’errata percezione dell’esistenza di un fatto immediatamente emergente dagli atti, ma censura (pretesi) errori nella valutazione degli atti processuali ».
3.7. La censura, veicolata impropriamente attraverso il paradigma ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c., riguarda in realtà ipotesi di falsa applicazione di legge, sostenendosi che quelle circostanze rappresentavano errori percettivi che giustificavano l’accoglimento della domanda di revocazione. Anche a voler ritenere superato il vaglio di ammissibilità, il motivo va disatteso perché le circostanze dedotte sono prive dei requisiti che, secondo quanto sopra precisato, possono dar luogo a revocazione: – le erronee indicazioni evidenziate quanto all’imputazione dei maggiori redditi accertati non hanno carattere di essenzialità e decisività; – la questione relativa ai mod. 770 non si configura come mera svista percettiva ma riguarda il piano della valutazione delle prove, consistite, secondo la sentenza oggetto di revocazione, « nelle fonti ed i relativi contabili analiticamente riportati nei due PVC della Guardia di Finanza», sottraendosi come tale al rimedio revocatorio, avendo
costituito un punto controverso oggetto della decisione (v. Cass. n. 27897 del 2024).
3.8 . Con riguardo, poi, all’omessa motivazione sull’istanza di sospensione dei termini ex art. 398 comma 4 c.p.c., è di tutta evidenza che la censura proposta non si presta ad essere ricondotta al paradigma di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., non essendo stato omesso l’esame di un ‘fatto storico’ nel senso sopra evidenziato. Si tratta di una questione di ordine processuale che appare inammissibile. Da un lato, il provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione del termine per la proposizione del ricorso per cassazione ha natura ordinatoria e non ha alcuna incidenza sulla pronuncia in ordine alla domanda di revocazione. D’altro lato, la parte non può dolersi della mancata motivazione del rigetto dell’istanza di sospensione atteso che, secondo questa Corte, « In tema di revocazione ordinaria, i vizi di cui ai numeri 4 e 5 dell’art. 395 cod. proc. civ. hanno carattere palese, ossia debbono essere riconoscibili alla semplice lettura della motivazione da parte del soccombente, con la conseguenza che l’impugnazione -atteso il carattere eccezionale della revocazione, non suscettibile di interpretazione estensiva -è ammissibile solo ove detti vizi risultino immediatamente rilevanti ai fini decisori. Ne consegue, inoltre, che l’art. 398, quarto comma, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 68 della legge 26 novembre 1990, n. 353, ed interpretato alla luce dei principi del giusto processo e della sua ragionevole durata, nonché del principio di lealtà processuale di cui all’art. 88, primo comma, cod. proc. civ., non consente al ricorrente per revocazione di giovarsi della sospensione del termine di ricorso per cassazione qualora l’impugnazione per revocazione sia manifestamente infondata » (Cass. n. 20905 del 2013) ; nel rigetto dell’istanza di sospensione è implicito, quindi, il riconoscimento della manifesta infondatezza della revocazione.
4 . Non vi è da provvedere sulle spese atteso che l’Agenzia non ha svolto difese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 24/06/2025.