Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27734 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27734 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 7697-2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso ed elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei medesimi
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende assieme agli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE
, in persona del legale rappresentante pro tempore -intimata- avverso la sentenza n. 91/01/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL TRENTINO ALTO ADIGE, depositata l’1.10.2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado del Trentino-Alto Adige, indicata in epigrafe, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto per la revocazione, ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ., della sentenza della medesima Commissione tributaria n. 77/02/2018, con cui era stata riformata la sentenza n. 259/2015 della Commissione tributaria di primo grado di Trento, che aveva accolto il ricorso proposto avverso cartella esattoriale per omesso pagamento di contributi consortili.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva; la Concessionaria è rimasta intimata.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., «violazione della norma processuale di cui all’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c., nonché degli artt. 25 e 29 della Legge Provinciale n. 9 del 03/04/2007 della Provincia Autonoma di Trento (mancata e, comunque, insufficiente motivazione) circa l’esistenza, nel caso di specie, del perimetro di contribuenza dei fondi consorziati ricompresi nel perimetro consortile del RAGIONE_SOCIALE».
1.2. La censura va disattesa.
1.3. La Commissione tributaria di secondo grado, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso del contribuente, affermando quanto segue sul punto:«… la decisione sub iudice non è fondata su di una errata percezione del contenuto materiale degli atti del giudizio che ha indotto quell’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo
così un fatto documentale escluso come provato. Essa, difatti, e al contrario di quanto ritiene parte ricorrente, non è fondata sul falso presupposto fattuale che i suoi fondi siano inclusi del “perimetro di contribuenza” del RAGIONE_SOCIALE. Ma è fondata sul vero presupposto fattuale che i suoi fondi sono inclusi nel “perimetro consorziale”. Su questo specifico punto vale specificare che il c.d. “perimetro di contribuenza” è previsto per i «consorzi di bonifica» dall’art. 3 del R.D. 13.2.1933, n. 215, e dall’art. 25 della l.p. 3 aprile 2007, n. 9. Per i «consorzi di miglioramento fondiario» (quale è quello qui resistente), l’art. 29 e l’art. 33 della medesima l.p. n. 9 del 2007, nonché l’art. 4 della legge 12 febbraio 1942, n. 183, prevedono l’approvazione del “perimetro consorziale” (comma 2, lett. a) della citata legge provinciale) e, di seguito, dei “piani di ripartizione della spesa delle opere di interesse comune” (comma 2, lett. e) della medesima legge provinciale). Cosicché le due differenti tipologie di consorzi (di bonifica e di miglioramento fondiario) individuano l’insieme degli immobili che traggono beneficio e vantaggio dalle opere che realizzano e che gestiscono con l’adozione e l’approvazione rispettivamente del “perimetro di contribuenza” e del “perimetro consorziale (o consortile)”. Tornando ora alla sentenza all’esame, si deve osservare che essa ha richiamato i principi di diritto affermati dalla pronuncia della Corte di Cassazione n. 23815 del 2015 la quale, per l’appunto, riguardava (come nella vicenda qui dedotta) soggetti privati che ritenevano non dovuto il contributo per un servizio di irrigazione di cui non beneficiavano perché possedevano un autonomo impianto – citando non solo il periodo sulla “inclusione del fondo nel perimetro di contribuenza” (che, come si è visto, equivale al “perimetro consorziale” per i consorzi di miglioramento fondiario) ma anche e soprattutto il postulato che “i contributi consortili … costituiscono oneri reali che sono dovuti da chi, al tempo dell’esazione, è titolare della proprietà del fondo”. Al contempo la sentenza ha menzionato la posizione del COGNOME che, pur riconoscendo il fatto incontrastato che la sua proprietà era inserita nel “perimetro del RAGIONE_SOCIALE” e che era stata inclusa nel “progetto di irrigazione” (agli atti i provvedimenti consorziali e provinciali di adozione e di approvazione dei relativi piani e progetti), dichiarava di non voler usufruire di quell’acqua in quanto titolare di una derivazione propria, per cui alcun vantaggio gli poteva derivare dalle
opere che il RAGIONE_SOCIALE aveva realizzato solo sino al confine della sua proprietà, essendosi egli opposto all’accesso ai terreni. Da ciò la conclusione della sentenza in esame che ha correttamente affermato che “il beneficio di irrigazione deve essere pagato anche da chi non usufruisce direttamente del servizio irriguo fornito dal RAGIONE_SOCIALE, in quanto si presume un aumento di valore dei terreni … il principio secondo cui al proprietario consorziato è consentito di fornire la prova contraria, la quale non può consistere, evidentemente, nel fatto che egli abbia manifestato, per scelta personale o per situazioni particolari, l’intenzione di non usufruire dell’impianto di irrigazione realizzato dal RAGIONE_SOCIALE, fa altresì discendere l’obbligo del pagamento degli oneri sostenuti dal RAGIONE_SOCIALE, essendo pacifico – alla luce di quanto ampiamente documentato dal RAGIONE_SOCIALE – che COGNOME non ha mai inteso usufruire dei servizi del RAGIONE_SOCIALE stesso, opponendosi sistematicamente alla realizzazione, sui propri fondi, delle opere irrigue, ma questo atteggiamento … è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del presupposto impositivo”. Consegue a quanto sin qui esposto che non possono essere ravvisati, nella sentenza di appello in esame, né rappresentazioni divergenti da quelle contenute negli atti e nei documenti processuali né sviste sulla percezione delle risultanze materiali del processo».
1.4. Ciò posto, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’ammissibilità dell’istanza di revocazione presuppone un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. e dunque un errore di percezione, o una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece incontestabilmente escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa (fra le molte, cfr. Cass. 11 gennaio 2018, n. 442), postulando, l’errore revocatorio, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, l’una desumibile dalla sentenza e l’altra dagli atti e dai documenti processuali, e non concernendo un fatto che sia stato discusso dalle parti e quindi trattato nella pronuncia del Giudice.
1.5. Il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto risiede, invero, nel carattere meramente percettivo del primo e nell’assenza di
quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo (cfr. Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31032).
1.6. Ne consegue che l’errore revocatorio che ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi. pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (cfr. Cass. n. 9527 del 04/04/2019. Cass. n. 27094 del 15/12/2011).
1.7. Dagli atti, la questione, relativa alla sussistenza di un perimetro di contribuenza, risulta ritualmente introdotta nel giudizio di merito ed ha formato oggetto di esame e di decisione nella sentenza impugnata per revocazione, nella quale, sul presupposto dell’inclusione del fondo del ricorrente nel suddetto perimetro, e dell’onere contributivo posto anche a carico dei consorziati che non usufruiscano direttamente del servizio irriguo fornito dal RAGIONE_SOCIALE, ha respinto le domande proposte con il ricorso introduttivo.
1.9. Come dianzi illustrato, dunque, l’affermazione o la negazione di un determinato fatto, se è il frutto di un giudizio, come nel caso in esame, non può essere censurata con la revocazione, ricadendo piuttosto nell’ambito di previsione dell’art. 360, n. 5, dovendo essere esclusa la sussistenza di un errore di fatto, meramente percettivo, che non può concernere l’erroneo apprezzamento di risultanze processuali o il vizio di ragionamento su fatti assunti.
1.10. In ordine, inoltre, al preteso errore circa l’applicazione dell’onere consortile anche nei confronti di chi non usufruisca direttamente del servizio irriguo fornito dal RAGIONE_SOCIALE, presumendosi un aumento del valore dei terreni, ritenendo il ricorrente tale affermazione in contrasto con i principi affermati al riguardo dal Giudice di legittimità, si rileva che l’errore in questione comporterebbe, in ipotesi, violazione di una serie di norme di diritto, onde si è in area non coperta, per definizione, dalla previsione dell’art. 395, n. 4 cod.
proc. civ., che riguarda l’erronea presupposizione (dell’esistenza o dell’inesistenza) di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non già il vizio che, nascendo da falsa percezione di norme che contemplino la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integra gli estremi dell’ error juris , sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione).
2.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 395, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. ed dell’art. 2909 cod. civ. per avere la Commissione tributaria di secondo grado disatteso le doglianze in merito al fatto che la pronuncia oggetto di revocazione si poneva in contrasto con altra decisione precedente, avente fra le parti autorità di cosa giudicata, ed in particolare con la sentenza n. 33/02/2013 del 20.05.2013, passata in giudicato, emessa dalla Commissione tributaria di primo grado di Trento con riferimento allo stesso oggetto del contendere e con la quale erano state annullate le cartelle di pagamento relative al tributo per gli anni 2007 e 2009, affermando «la non assoggettabilità dei fondi in questione al tributo preteso dal RAGIONE_SOCIALE, assumendo … che le condutture del RAGIONE_SOCIALE insistono su una particella fondiaria posta a sud dei terreni del sig. COGNOME e … non vi è alcuna predisposizione di allaccio per la proprietà del COGNOME che, anche per questo, non beneficia di alcun servizio erogato dal RAGIONE_SOCIALE».
2.2. La doglianza va parimenti disattesa.
2.3. In tema di revocazione, il contrasto di giudicati previsto dall’art. 395, n. 5), cod. proc. civ., sussiste qualora tra le due controversie vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende processuali sussista un’ontologica e strutturale concordanza degli estremi identificativi dei due giudizi, nel senso che la precedente sentenza deve avere ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad essa antitetico, non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico, sempre che la relativa eccezione di giudicato non sia stata proposta innanzi al giudice del secondo giudizio, giacché, in caso contrario, non si verte in tema di contrasto di giudicati, ma ricorre un vizio di
motivazione denunciabile ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 38230 del 2021).
2.4. Nel caso in esame è espressamente riportato nella sentenza, oggetto di richiesta di revocazione, che l’odierno ricorrente aveva formulato motivo di gravame anche lamentando che «con sentenza della Commissione Tributaria di I° grado di Trento n. 33/02/13 del 20.05.2013 …(con cui era stata)… stabilita la non assoggettabilità a tributo dei fondi in questione e …( che era)… passata in giudicato …(erano)… state annullate le cartelle di pagamento relative al tributo 2007 e 2008».
2.5. Ne consegue che l’eccezione di giudicato esterno risulta essere stata proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza revocanda , ed ogni doglianza relativa al fatto che il giudice di merito abbia trascurato di considerare la predetta eccezione, può unicamente integrare un vizio di motivazione denunciabile ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come correttamente indicato nella sentenza impugnata nella presente sede.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese del presente giudizio, in forza del principio di soccombenza posto dall’art. 91 cod. proc. civ., debbono essere poste a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio in favore del RAGIONE_SOCIALE che liquida in Euro 700,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da