Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20438 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20438 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 23/07/2024
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32197/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), a.d. dell’ amministratore unico RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; pec: EMAIL)
e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; pec: EMAIL) che la rappresentano e difendono unitamente al prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
(CODICE_FISCALE), ed elettivamente domiciliata presso gli uffici dell’avvocatura Capitolina, alla INDIRIZZO ;
-controricorrente – per la revocazione della sentenza n. 7982/19, depositata il 21 marzo 2019, della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio in data
11 aprile 2024, dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. -con un articolato motivo rescindente, RAGIONE_SOCIALE ricorre per la revocazione della sentenza n. 7982/19, depositata il 21 marzo 2019, con la quale la Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla stessa parte, odierna ricorrente, avverso la sentenza n. 3617/2014, depositata il 29 maggio 2014, della Commissione tributaria regionale di Roma che, a sua volta, aveva disatteso l’appello proposto dalla stessa ricorrente e, così, confermato la decisione di prime cure in punto di insussistenza dei presupposti di applicabilità della riduzione dell’ICI, relativamente all’anno 2004, ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1;
1.1 – a fondamento del motivo di ricorso per revocazione, assume la ricorrente che il decisum della Corte poggia su di un errore di fatto avente ad oggetto «l’erronea presupposizione … dell’insussistenza della prova della conoscenza da parte del Comune dello stato di inagibilità degli immobili», così come comprovato dalle allegazioni e produzioni probatorie (specificamente enunciate) oltreché dall’effettivo dibattito processuale, dal quale poteva desumersi che lo stesso ente impositore aveva contestato -pi uttosto che «l’idoneità probatoria dei documenti allegati … al fine di comprovare l’inagibilità dell’immobile» -l’inosservanza degli oneri procedurali prescritti dall’art. 8, comma 1, cit.;
-soggiunge la ricorrente che l’evidenza dell’errore revocatorio può desumersi (anche) dai contenuti del giudizio definito dalla Corte -a riguardo dei periodi di imposta dal 2006 al 2008 -con sentenza n. 7981/19, depositata il 21 marzo 2019, ove -a fronte di censure, e di produzioni, pressoché sovrapponibili a quelle oggetto di valutazione nella pronuncia (ora) impugnata -la Corte ha accolto il ricorso di essa esponente cassando con rinvio la pronuncia (allora) impugnata;
-Roma Capitale resiste con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
-l’impugnata sentenza, nel ripercorrere il contenuto del ricorso per cassazione, ha dato conto -per quel che qui rileva -della proposizione dei seguenti motivi di ricorso:
-«… 2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 8, alla l. n. 212 del 2000, art. 6, e all’art. 97 Cost. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che la riduzione d’imposta avrebbe potuto essere concessa solo qualora la parte avesse presentato richiesta di perizia o dichiarazione sostitutiva in quanto il Comune era già a conoscenza della inagibilità dell’immobile, dato il rilascio della concessione edilizia e la dichiarazione di inizio lavori da cui si evinceva l’entità dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, per il che non si sarebbe potuto fare carico al contribuente di produrre ulteriore documentazione.
Con il terzo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR ha omesso di motivare in ordine alla ritenuta irrilevanza della documentazione prodotta dalla parte da cui si sarebbe dovuto evincere che l’immobile era totalmente
inagibile, data la qualità e la natura dei lavori edilizi e che solo nel 2009 era stato rilasciato il certificato di agibilità.
…..
Con il quinto motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ciò in quanto la CTR non ha motivato in ordine allo specifico rilievo secondo cui per gli anni d’imposta 2002, 2003 e 2005 il Comune non aveva emesso atti accertativi in quanto era edotto circa il menzionato iter ristrutturativo con annesso stato dell’immobile, sicchè era inspiegabile la successiva condotta del Comune che aveva notificato gli impugnati avvisi per il 2006, 2007 e 2008.»;
-in ordine ai proposti motivi di ricorso, la sentenza ha, poi, rilevato che:
«8. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Essi sono infondati. Occorre premettere che, in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, e, qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità -accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente – permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto.
Nel caso di specie legittimamente il giudice di appello ha rigettato il ricorso ritenendo non idoneamente provato lo stato di inagibilità dell’immobile in quanto, per l’anno 2004, non si poteva ritenere che il Comune fosse a conoscenza di tale circostanza, in mancanza di perizia a carico del proprietario o di dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Invero dal mero rilascio della concessione edilizia e dalla dichiarazione
di inizio lavori non si sarebbe potuto evincere la totale inagibilità del fabbricato né poteva costituire prova della conoscenza dello stato dell’immobile la comunicazione di violazioni urbanistico edilizie allegata alla Det. dirigenziale del Municipio 1 di Roma del 27 luglio 2006, n. 1648, posto che essa attiene ad una annualità successiva a quella per cui è causa.
La contribuente, dunque, neppure in questo grado di giudizio, ha addotto elementi idonei a far ritenere che il Comune, in considerazione dell’emanazione di atti di sua diretta provenienza, dovesse ritenersi a conoscenza dello stato di inagibilità dell’immobile per l’anno 2004.
……….
10. Il quinto motivo è inammissibile. Deve premettersi che la sentenza impugnata risulta emessa in data successiva al 12 settembre 2012, sicchè trova applicazione il nuovo dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Proprio a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., ed al fine di chiarire la corretta esegesi della novella, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte che, con la sentenza del 7 aprile 2014, n. 8053, hanno ribadito che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, ed è solo in tali ristretti limiti che può essere denunziata la violazione di legge, sotto il profilo della violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4. Nella fattispecie, atteso il tenore della sentenza impugnata, deve escludersi che ricorra un’ipotesi di anomalia motivazionale riconducibile ad una delle fattispecie che, come sopra esposto, in base alla novella consento alla Corte di sindacare la motivazione. Ciò in quanto la CTR ha motivato la ritenuta irrilevanza della circostanza relativa alla mancata esazione della maggiore imposta per gli anni d’imposta 2002, 2003 e 2005 su la base della insindacabilità della scelta dell’ente esattore di esigere o meno le singole annualità.»;
-come la Corte ha ripetutamente rilevato, ai fini della revocazione delle sentenze (anche) della Corte di cassazione è necessario che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o di inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi, così che non è configurabile errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze p rocessuali compiuto dal giudice (Cass., 4 aprile 2019, n. 9527; Cass., 15 dicembre 2011, n. 27094);
come rimarcato dalle Sezioni Unite della Corte, difatti, «Il fatto supposto esistente o inesistente non deve aver costituito un punto controverso sul quale il revocando provvedimento si è pronunciato. È quindi esclusa la rilevanza dell’errore, che per ciò stesso cessa di essere un errore revocatorio ed assume i caratteri dell’errore di giudizio, quando sul fatto il giudice si sia pronunciato, giacché l’errore percettivo è intrinsecamente incompatibile con il giudizio … se c’è controversia c’è giudizio, e se c’è giudizio non c’è errore percettivo», atteso che la falsa
supposizione (di cui all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.) «non è frutto di una scelta deliberata, ragionata, è una falsa rappresentazione della realtà da ascrivere ad un abbaglio dei sensi, a disattenzione, distrazione, in buona sostanza ad una svista » così che l’errore revocatorio «non è quello concernente l’informazione probatoria ritraibile per via logica dal dato probatorio acquisito al giudizio … il carattere controverso del fatto ‘ sul quale la sentenza ebbe a pronunciare” attiene non ai fatti da provare cui si riferisce l’articolo 2697 c.c., ma al fatto probatorio rilevante per i fini del giudizio: la svista del giudice cade sulla c.d. percezione semplice o percezione oggettuale, documento, foto, dichiarazione, indizio, e così via.» (così Cass. Sez. U., 5 marzo 2024, n. 5792);
– si è, poi, rilevato altresì che nella nozione di punto controverso, sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice ha definito il processo. (Cass., 15 marzo 2023, n. 7435; Cass., 16 dicembre 2014, n. 26451);
3.1 -nella fattispecie, l’insussistenza dell’ errore revocatorio è replicata (proprio) dal suo oggetto che -per come la stessa ricorrente prospetta (v. a fol. 23 del ricorso), con particolare riferimento alla interpretazione del contenuto della «Det. dirigenziale del Municipio 1 di Roma del 27 luglio 2006, n. 1648», del quale si deduce la riferibilità (anche) agli anni precedenti alla sua datazione in quanto l’atto «andava a contestare proprio la particolare invasività dei lavori di ristrutturazione ancora in corso di realizzazione» – la Corte ha (diversamente) apprezzato, specificamente rilevando che la determinazione dirigenziale in questione non «poteva costituire prova
della conoscenza dello stato dell’immobile … posto che essa attiene ad una annualità successiva a quella per cui è causa»;
– atteso, quindi, che il fatto integrativo della fattispecie sostanziale di agevolazione (d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, cit.) si sostanziava non nello stato di inagibilità ex se della unità immobiliare quanto piuttosto nella circostanza che -in alternativa alla specifica richiesta del contribuente -un siffatto stato (presupposto dell’agevolazione ) fosse già documentalmente noto all’Ente impositore (v, ex plurimis , Cass., 11 luglio 2023, n. 19665; Cass., 26 marzo 2021, n. 8592; Cass., 10 giugno 2015, n. 12015) -deve rilevarsi, per un verso, che detta conoscenza costituiva, per l’appunto, il fatto controverso che è stato oggetto di decisione e, per il restante, che il ricorso in trattazione -suggestivamente istituendo (anche) un parallelo con contestuale pronuncia resa in distinto giudizio epperò con riferimento a periodi di imposta (ben) successivi a quello in trattazione (Cass., 21 marzo 2019, n. 7981) -finisce per devolvere alla Corte un riesame dell’attività interpretativa sottesa alla gravata pronuncia che, come anticipato, ha escluso la conoscenza del fatto tributario rilevante «in mancanza di perizia a carico del proprietario o di dichiarazione sostitutiva di atto notorio.»;
4. -le ragioni sin qui svolte danno, da ultimo, conto dell’ inammissibilità della deduzione articolata dalla ricorrente, con la depositata memoria, in ordine al giudicato esterno formatosi sulla sentenza (n. 3456/20, del 12 novembre 2020) pronunciata nel giudizio di rinvio da Cass., 21 marzo 2019, n. 7981, venendo in considerazione un giudicato che -involgendo, per di più, diverse diverse annualità di imposta su di un elemento di fattispecie variabile che, pertanto, non può ascriversi «a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente» (Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916) -non può avere efficacia espansiva esterna
a fronte di un ricorso per revocazione inammissibile in quanto volto, in buona sostanza, ad introdurre un ulteriore grado di giudizio;
-le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento, in favore di parte controricorrente, delle spese del giudizio liquidate in € 6.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso per revocazione proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 aprile