Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4645 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4645 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
Revocazione – Assegno divorzile – Imposizione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25591/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale stesa in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore
; – intimata – per la revocazione della ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 33758/2019 depositata in data 18 dicembre 2019, non notificata; udita la relazione della causa nell’adunanza camerale del 20/12/2024 tenuta dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Viterbo, NOME COGNOME impugnava la cartella emessa ai
sensi dell’art. 36 -ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione ad IRPEF e addizionali per l’anno 2004, che disconosceva la deduzione della somma di euro 20.000,00 versata in un’unica soluzione al coniuge divorziato, a seguito di un atto di transazione sottoscritto dai coniugi in data 5/12/2003.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, ritenendo che l’atto di transazione stipulato dal contribuente con l’ ex coniuge a chiusura delle pendenze economiche derivanti dal mancato versamento dell’assegno periodico disposto nella sentenza di divorzio non costituiva una dazione una tantum avente natura di assegno divorzile ma aveva quale causa la chiusura delle pendenze economiche derivanti dal mancato versamento dell’assegno periodico disposto nella sentenza di separazione e poi di divorzio.
Avverso detta sentenza proponeva appello l’Ufficio, assumendo che le norme sulla deducibilità sono di stretta interpretazione, talché non era possibile ritenere deducibili somme versate una tantum con effetto transattivo.
Con sentenza n. 252/29/13 pronunciata il 17/04/2013 e depositata il 31/07/2013 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva il ricorso dell’Agenzia, evidenziando che dal tenore complessivo dell’accordo dei coniugi emergeva la natura transattiva del medesimo, avente ad oggetto anche altre questioni patrimoniali, con conseguente novazione dell’obbligazione di mantenimento e indeducibilità del versato.
Il contribuente proponeva quindi ricorso per cassazione affidandolo a sette motivi.
Questa Corte con ordinanza n. 33758 depositata in data 18/12/2019 rigettava il ricorso.
Il contribuente propone ricorso per revocazione contro detta ordinanza.
L’Agenzia delle entrate, cui il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. in data 21 settembre 2020, non ha svolto attività difensiva.
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale del 20/12/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso il contribuente evidenzia di aver indicato nella premessa del ricorso per cassazione la pronuncia di questa Corte per altra annualità (Cass. n. 4402/2014) che aveva dichiarato inammissibile il ricorso erariale contro la sentenza della CTR, la quale aveva ritenuto che la somma pagata nel 2003, sempre in esecuzione dell’accordo del 5/12/2013, cui era imputabile il pagamento contestato nel giudizio in esame, non costituisse il versamento di un assegno una tantum ma l’adempiment o degli assegni pregressi rimasti inadempiuti, mantenendo immutato il riferimento alle prescrizioni della sentenza di separazione, con la conseguente deducibilità fiscale; pertanto la pronuncia della CTR era passata in cosa giudicata; espone di aver indicato tale circostanza anche nel motivo relativo alla violazione degli artt. 1965 e ss. cod. civ. in materia di transazione con particolare riferimento all’art. 1976 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 1230 cod. civ. e dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e deduce un errore di fatto del giudice costituito dal non aver tenuto conto della deduzione del giudicato, ribadita in memoria.
La mancata disamina dell’eccezione e la conseguente mancata percezione del giudicato costituirebbe errore revocatorio ai sensi degli artt. 391ter e 395 n. 4 cod. proc. civ.
Il ricorrente deduce ancora che ove la Corte ritenga che l’ipotesi rientri nella fattispecie di cui al n. 5 dell’art. 395 cod. proc. civ., contrasto di giudicati, la mancata previsione di tale ipotesi di revocazione negli artt. 391bis e 391ter cod. proc. civ. per le sentenze e ordinanze di cassazione sarebbe incostituzionale anche per violazione dell’art. 6 CEDU, chiedendo espressamente di sollevare questione di
costituzionalità in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost. nonché 6 CEDU.
Il ricorso è ammissibile e fondato.
2.1. Questa Corte ha affermato il generale principio per cui l’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell ‘ ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l ‘ esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto è esperibile il rimedio revocatorio ove il giudice di legittimità non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso ma deve escludersi tale possibilità ove la pronuncia sul motivo sia effettivamente intervenuta anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni, poichè in tal caso è dedotto non già un errore di fatto ma una errata considerazione e interpretazione dell’oggetto del ricorso quindi un errore di giudizio (Cass., Sez. U., 27/11/2019, n. 31032); non sussiste cioè vizio revocatorio ove sia dedotta una non corretta lettura degli atti processuali o un fraintendimento del motivo di ricorso (Cass. 29/03/2022, n. 10040).
Coerenti con tale principio sono gli arresti per cui la possibilità di revocazione per la presenza di un giudicato esterno sia limitata al solo caso in cui sia stato del tutto omesso l’esame della relativa allegazione da parte di uno dei contraddittori (Cass. 30/05/2022, n. 17379; Cass. 7/11/2016, n. 22561).
In questo caso il ‹‹ fatto ›› non percepito dal collegio giudicante è rappresentato da una porzione del ricorso per cassazione proposto dal contribuente, ma tanto non esclude la ricorrenza dell’errore revocatorio di cui all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. 1/09/2022, n. 25752).
2.2. Tali considerazioni inducono a ritenere che nel caso in esame sussistano i presupposti dell’errore revocatorio.
Dalla lettura del ricorso e della memoria di cui al giudizio conclusosi con l’ordinanza impugnata, lettura consentita dalla natura processuale dei vizi dedotti, in primo luogo, emerge che il giudicato esterno era dedotto non solo nel corpo del motivo indicato, sebbene senza alcuna specifica indicazione della violazione di legge al riguardo, ma evidenziato nella stessa premessa del ricorso, e che tuttavia di esso non risulta alcuna indicazione nell ‘ ordinanza impugnata.
Ciò premesso, e passando alla fase rescissoria del giudizio, effettivamente dall ‘o rdinanza di questa Corte n. 4402/2014 emerge che la CTR del Lazio aveva ritenuto che, in forza dell’accordo concluso dagli ex coniugi in data 5/12/2003, il versamento effettuato dal contribuente in favore della ex moglie aveva ad oggetto non la liquidazione una tantum in unica soluzione, e quindi in forma capitalizzata, degli interessi patrimoniali bensì «l’adempimento di un’obbligazione specifica, l’assegno periodico di mantenimento non corrisposto alle prescritte scadenze … tale pagamento, cioè, era destinato a sanare detto inadempimento; come tale mantiene immutato il suo riferimento alle prescrizioni della sentenza di separazione e quindi al titolo originario, nonché la riconducibilità al reddito dei coniugi, con quel che consegue in termini di detraibilità fiscale».
La statuizione sulla qualificazione dell’accordo, rilevante anche per il versamento nell’anno in esame, costituisce giudicato che induce all’accoglimento del ricorso originario del contribuente.
Concludendo, il ricorso va quindi accolto; l’ordinanza di questa Corte n. 33758/2019 depositata in data 18/12/2019 va revocata, e per l’effetto il ricorso di NOME COGNOME contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 252/2013 depositata in data 31 luglio 2013, va accolto; la sentenza della CTR va cassata e la causa, non
essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
In merito alle spese di lite, le spese dei giudizi precedenti possono essere compensate, in ragione della decisione intervenuta in base a un motivo sopravvenuto, mentre le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
a ccoglie il ricorso per revocazione e revoca l’ordinanza di questa Corte n. 33758/2019 depositata in data 18/12/2019; per l’effetto , nel giudizio rescissorio, accoglie il ricorso di NOME COGNOME contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 252/2013 depositata in data 31 luglio 2013; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite del giudizio di cassazione in favore di NOME COGNOME spese che liquida in euro 2.300,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15%, ed accessori. Così deciso in Roma in data 20 dicembre 2024.