Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6078 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 6078 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2893/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.
Oggetto: revocazione ordinanza della Cassazione – atto interno – ricorso – errore di lettura – errore percettivo
CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (C.F: CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO, con indirizzo PEC e
-controricorrenti – per la revocazione dell’ordinanza n. 35207/2022 della Corte di Cassazione, depositata in data 30 novembre 2022
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 19 gennaio 2024;
udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura Generale dello Stato, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
udito l’AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con l’ordinanza qui impugnata, questa Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTR della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, n. 5586/25/19, depositata in data 31 dicembre 2019. La sentenza del giudice di appello aveva, a sua volta, rigettato l’appello proposto dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Brescia. Il giudice di primo grado aveva, a sua volta, annullato alcuni avvisi di accertamento per imposte dirette e IVA relativi al periodo di imposta 2007 (in particolare, avviso di accertamento nei confronti della società contribuente e avvisi di accertamento nei confronti dei soci emessi per trasparenza per maggiore IRPEF da incremento del reddito di partecipazione); gli avvisi
erano stati emessi sulla base di un PVC che aveva fatto seguito a verifica.
In particolare il giudice di appello aveva ritenuto (come risulta dalla motivazione riprodotta nell’originario ricorso e come riportato anche dall’ordinanza qui impugnata) , in primo luogo, tardivo l’accertamento ( rectius , l’emissione di avviso integrativo relativo al periodo di imposta 2007), avente ad oggetto il recupero di costi per operazioni oggettivamente inesistenti, in quanto tali accertamenti (quello sociale e quelli relativi ai soci, al primo collegati), non potevano giovarsi del raddoppio dei termini in assenza di presentazione della denuncia penale ex art. 331 cod. proc. pen., nonché in quanto non sussisteva il superamento della soglia necessaria all’integrazione dei presupposti normativi del fatto costituente reato. La sentenza di appello aveva, poi, rigettato la pretesa impositiva nel merito.
La pronuncia di questa Corte, qui impugnata, ha ritenuto infondato il preliminare secondo motivo di ricorso, sul presupposto che « vi è peraltro da rilevare che il PVC è stato notificato dopo il 2 settembre 2015 », così da ritenere inapplicabile al caso di specie la disposizione transitoria di salvaguardia della formulazione dell’art. 43, terzo comma, d.P.R. n. 600/1973 precedente alle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, d. lgs. 5 agosto 2015, n. 128, correggendo la motivazione della sentenza impugnata e ritenendola, pertanto, conforme a diritto, con inammissibilità degli ulteriori motivi per intervenuta stabilizzazione della legittimità della decisione impugnata.
Propone ricorso per revocazione l’Ufficio, affidato a un unico motivo di revocazione, ulteriormente illustrato da memoria, con cui chiede anche rimettersi la causa in pubblica udienza, trattandosi di questione di diritto di particolare rilevanza. Resistono con controricorso i contribuenti.
La causa, già chiamata all’adunanza camerale del 7 giugno 2023, è stata rimessa in pubblica udienza. Nelle more dell’udienza, il ricorrente ha depositato documenti; entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di revocazione si deduce, in relazione all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., errore di fatto revocatorio di questa Corte a fondamento della v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 57 d.P.R. 633/1972, dell’art. 2, comma 3, d. lgs. 128/2015 e dell’art. 1, commi 130 – 132, l. n. 208/2015, derivante dalla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, costituito dalla notificazione del PVC da cui ha preso le mosse l’atto impugnato in epoca successiva al 2 settembre 2015. Il ricorrente deduce che il suddetto PVC è stato reso noto ai contribuenti in data 5 giugno 2015, atto che il ricorrente trascrive integralmente con la sottoscrizione di avvenuta consegna del PVC alla parte contribuente. Deduce, pertanto, il ricorrente che la circostanza posta a fondamento della decisione sarebbe incontrastabilmente esclusa da ll’esame degli atti di causa e costituirebbe errore revocatorio decisivo ai fini della decisione.
Il ricorrente, sul presupposto dell’accoglimento del superiore motivo di revocazione, ripropone – ai fini del giudizio rescissorio di cui all’originario ricorso per cassazione – i motivi in tale sede già proposti.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, terzo comma, d.P.R. n. 600/1973, nella parte in cui ha ritenuto non correttamente emanato l’avviso integrativo per intervenuta decadenza, potendo l’avviso integrativo essere posto in essere sulla base della conoscenza di sopravvenuti motivi nel rispetto del raddoppio dei termini di decadenza. Osserva parte ricorrente che
l’atto impugnato era integrativo di un precedente avviso ed era stato emesso per il sopraggiungere di nuovi elementi e nel quale si dà atto dell’inoltro della Notizia di reato alla Procura di Brescia in data 18 giugno 2015 , cosa che aveva comportato l’annullamento in autotutela del precedente avviso con emissione di un nuovo avviso sostitutivo del precedente.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43 d .P.R. 600/1973, dell’art. 57 d.P.R. n. 633/1972, dell’art. 2, comma 3, del d. lgs. 128/2015 e dell’art. 1, commi 130 132, della legge 208/2015, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento all’operatività nel caso di specie del raddoppio dei termini decadenziali per l’attività di accertamento, dovendo farsi applicazione della disciplina preesistente il d. lgs. n. 128/2015.
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione del combinato disposto dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ritenendo meramente apparente la motivazione sul punto dell’insussistenza dell’obbligo di denuncia penale nel caso di specie, nonché nella parte in cui si è fatta carico di accertare la sussistenza di seri indizi di reità del comportamento del contribuente per mancato superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità, anche in considerazione del fatto che l’emissione e l’utili zzazione di fatture per operazioni inesistenti sono punite in base alle disposizioni incriminatrici di cui agli artt. 2 e 8 del d. lgs. 74/2000, che non contemplano soglie di punibilità.
3.4 . Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché dell’art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.) e dell’art. 19 d.P.R. n. 633/1972, relativamente al riparto dell’onere della prova in tema di indeducibilità di costi per operazioni oggettivamente inesistenti. Osserva parte ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe violato le regole di riparto dell’onere della prova, posto che in caso di prova della sussistenza di un quadro indiziario della inesistenza dell’operazione sottostante (che il ricorrente individua nella assenza di organizzazione, di acquisti e di personale del fornitore), insorge l’onere del contribuente di provare l’effettiva esistenza dell’operazione sottostante. Osserva, inoltre, il ricorrente che gli elementi addotti dall’Ufficio costituiscono validi elementi indiziari di riscontro dell’inesistenza oggettiva dell’operazione , dotati di pregnanza indiziaria.
Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità della documentazione prodotta dal ricorrente con nota di deposito documenti in data 15 dicembre 2023, in quanto documentazione attinente al merito della controversia (sentenze relative a procedimenti penali in cui è coinvolti uno degli odierni controricorrenti) e non all’ammissibilità del ricorso. Come, peraltro, puntualmente rilevato dal Pubblico Ministero, il ricorrente avrebbe dovuto « richiamare, come sarebbe stato necessario e sufficiente, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per revocazione, la circostanza della sua produzione, o del suo richiamo puntuale alla produzione nel corso del giudizio di merito, nel corso dell’originario giudizio di legittimità ».
Va rigettata l’eccezione di parte controricorrente, ove assume che l’errore della sentenza impugnata cadrebbe su un punto controverso per avere le parti dibattuto la questione in giudizio. Oggetto di controversia era, invero, non la data di redazione e comunicazione del PVC ai contribuenti, bensì la questione giuridica
della disciplina della decadenza pro tempore applicabile al caso di specie.
Nell’esaminare il vizio revocatorio dedotto da parte ricorrente, deve, esaminarsi congiuntamente la preliminare eccezione di inammissibilità di parte controricorrente, secondo cui il PVC, oggetto di esame nella sentenza impugnata, non sarebbe un atto interno in quanto mai prodotto, atto in relazione al quale il ricorrente avrebbe omesso di indicare dove e in quale fase tale documento sarebbe stato prodotto. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto in cui incorre la Corte di cassazione deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, intendendosi per tali quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o RAGIONE_SOCIALE questioni rilevabili d’ufficio (Cass., Sez. V, 1° dicembre 2020, n. 27400; Cass., Sez. I, 22 ottobre 2018, n. 26643 Cass., Sez. VI, 4 dicembre 2019, n. 31747; Cass., Sez. V, 28 ottobre 2016, n. 21819; Cass., Sez. VI, 5 marzo 2015, n. 4456).
7. Come da questa Corte statuito, il fatto non percepito dal collegio giudicante può essere rappresentato anche « da una porzione del ricorso per cassazione proposto dal contribuente » (Cass., Sez. V, 1° settembre 2022, n. 25752). Anche l’errore percettivo di uno degli atti di causa e, in particolare, del ricorso per cassazione, atto interno per eccellenza, può essere oggetto di errore percettivo, sicché « qualora l’atto difensivo depositato dalla parte sia stato falsamente rappresentato, e sia pertanto rimasto oggetto di un errore di percezione da parte del giudicante, avendo ciò comportato che la decisione assunta sia stata fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, ricorre il vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ .» (Cass., n. 25752/2022, cit.). Ne consegue che l’errore di lettura degli atti di causa, tale da avere indotto
una svista di carattere meramente percettivo, può integrare errore revocatorio.
Nella specie va osservato (come, peraltro, osservato anche dal Pubblico Ministero) che nell’originario ricorso (pagg. 8 -9) il ricorrente deduceva « La C.T.R., in tal caso, sembra incorrere nella denunciata violazione (…) atteso che, nella presente fattispecie, pacificamente avente ad oggetto avvisi di accertamento per l’annualità 2007, scaturenti da p.v.c. della Guardia di Finanza redatto in data 5 giugno 2015 e notificati a controparte in data 14, 21 e 22 dicembre 2015 (come specificato a pag. 2 dell’o dierno ricorso), avrebbe dovuto essere applicato il raddoppio dei termini decadenziali per l’attività di accertamento, di cui all’art. 37, commi 24, 25 e 26 del D.L. n. 223/2006, convertito dalla legge n. 248/2006 ». L’avere inframezzato il periodo principale relativo alla notifica degli avvisi di accertamento (« avvisi di accertamento (…) notificati a controparte in data 14, 21 e 22 dicembre 2015» ) con il periodo incidentale relativo al PVC (« scaturenti da p.v.c. della Guardia di Finanza redatto in data 5 giugno 2015» ) ha ingenerato nel collegio giudicante una svista di lettura, inducendo a ritenere che la data di notificazione di dicembre 2015, chiaramente riferita alla redazione degli atti impositivi, fosse impropriamente da ascrivere alla redazione del PVC.
Il ricorso per revocazione è, pertanto, fondato, avendo il ricorrente indicato un errore di percezione che ha indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto incontrastabilmente escluso dagli atti di causa, consistente nel fatto che il PVC da cui traeva origine l’avviso integrativo di accertamento impugnato fosse stato notificato in data successiva al 2 settembre 2015, data di entrata in vigore del d. lgs. n. 128/2015 , laddove dall’originario ricorso emerge che lo stesso fu redatto in data 5 giugno 2015 e la notifica successiva alla data del 2 settembre 2015 (nella specie, dicembre 2015) riguardava, invece, gli
avvisi di accertamento. Si tratta, pertanto, di un errore di percezione, consistente in una svista materiale o percettiva, che ha indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto -PVC notificato dopo il 2 settembre 2015 -che avrebbe posto fuori gioco l’applicazione del regime transitorio di cui all’art. 2, comma 3, d. lgs. n. 128/2015 (che fa salvo il precedente tenore dell’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, come modificato dal d.l. 4 luglio 2006 n. 223) -errore che risulta con immediatezza e obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive, in assenza del quale la decisione sarebbe stata diversa (Cass., Sez. VI, 10 giugno 2021, n. 16439).
10. Essendo evidente l’errore di percezione del giudice di legittimità ed essendo tale errore decisivo ed essenziale, la sentenza di questa Corte va revocata. Deve, quindi, procedersi al giudizio rescissorio. Al riguardo si rivela decisivo, per ragioni di liquidità della decisione, l’esame del quarto motivo.
Per ragioni di liquidità va esaminato preliminarmente il quarto motivo. Come si è indicato in narrativa, il giudice di appello ha adottato una duplice ratio decidendi , una fondata sulla decadenza dal potere di accertamento (a sua volta fondata su una doppia argomentazione, ossia sulla applicazione della disposizione dell’art. 43, terzo comma, d.P.R. n. 600/1973 nella formulazione applicabile successivamente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 128/2015, nonché sulla insussistenza dei presupposti del fatto costituente reato) e una attinente al merito della pretesa impositiva, alla cui censura è destinato il quarto motivo.
Il quarto motivo è inammissibile, in quanto volto a censurare in termini di violazione di legge un accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello, attinente al mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio. La sentenza impugnata ha ritenuto l’avviso emesso nei confronti della società contribuente infondato nel merito
per mancato assolvimento dell’onere della prova in quanto sostanzialmente «appiattito» su alcune informative (« la Commissione rileva inoltre che l’Ufficio nulla dice e nulla prova nell’atto di accertamento rispetto alla contestazione elevata, ma si rifà per relationem ad una segnalazione dell’Ufficio controllo di Como »), censurando il mancato espletamento di autonoma attività istruttoria (« L’Ufficio, senza entrare nel merito dell’operazione commerciale avvenuta, non si è adoperata a nessuna richiesta specifica documentale all’azienda come avrebbe potuto fare per esempio con la domanda di esibizione dei libri contabili dell’azienda, quali libro inventari, libro di magazzino, i registri di contabilità e la documentazione bancaria, ed infine, avendo tutti i poteri e l’autorità, poteva rivolgersi ai colleghi dell’Ufficio Dogane per recuperare la tracciabilità e l’esibizione dei documenti attestanti l’avvenuta esportazione della merce oggetto della contestazione nell’avviso di accertamento »).
13. Diversamente, il ricorrente deduce di avere addotto elementi indiziari dotati di pregnanza indiziaria, consistenti nel fatto che la società contribuente avrebbe acquistato cinque fresatrici da soggetto privo di organizzazione (cartiera). Invero, tali elementi sono stati oggetto di valutazione implicita da parte del giudice di appello che li ha ritenuti insufficienti; il ricorrente, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge (e, in particolare, una erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE regole di riparto dell’onere probatorio) , mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758), al fine di giungere a un nuovo apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8315).
Di conseguenza, stabilizzatasi la seconda motivazione (di merito) della sentenza impugnata, viene meno l’interesse del ricorrente all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, posto che l’esame di tali motivi sarebbe privo di interesse del ricorrente, in quanto il loro accoglimento non risulterebbe idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, per effetto del consolidamento dell’autonoma motivazione (Cass., Sez. III, 13 giugno 2018, n. 15399; Cass., Sez. VI, 18 aprile 2017, n. 9752), attinente al merito della pretesa impositiva.
L’originario ricorso per cassazione va, pertanto, rigettato. Le spese del giudizio, tenuto conto del fatto che i contribuenti intimati erano rimasti contumaci nell’originario giudizio per cassazione e dell’esito complessivo del giudizio, sono soggette a integrale compensazione tra le parti.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso per revocazione e, conseguentemente, revoca l’ordinanza n. 35207/2022; decidendo sul ricorso N.R.G. 26047/2020 lo rigetta; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 19 gennaio 2024