Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4786 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4786 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere NOME.
NOME COGNOME
Consigliere
CARTELLA
DI
PAGAMENTO
CC.
26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2347/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, ciascuna in persona del rispettivo Direttore pro tempore , entrambe rappresentate e difese per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale presso quest’ultima in Roma, INDIRIZZO.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in atti, con domicilio digitale eletto presso la PEC del medesimo procuratore in giudizio EMAIL
–
contro
ricorrente – avverso la ssentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4743/13/2021, depositata il 9/06/2021 non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE hanno proposto, contestualmente, ricorso, affidato ad un solo motivo, per la cassazione della sentenza
della Commissione tributaria regionale della Campania di cui all’epigrafe, che ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli (in atti), che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso la cartella di pagamento n. 07120190073838153000, contenente l’iscrizione a ruolo di euro 302.457,10, relativa all’atto di recupero n. NUMERO_DOCUMENTO con cui l’ Ufficio aveva proceduto, ai sensi dell’art. 1, comma 421, della legge n. 331 del 2004, al recupero di crediti inesistenti per Irpef pari ad € 132.574,41, indebitamente utilizzati dall’associazione in compensazione nell’anno di imposta 2015.
La CTP , nella contumacia dell’ agente della riscossione, aveva rilevato che la cartella « emessa su ruolo ordinario non definitivo può pretendere solo l’imposta nella misura dei 2/3 per pendenza di giudizio innanzi alla CTR con applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni al 30%, le uniche che possano supportare tale titolo di cartella emessa su ruolo ordinario (quelle al 100% devono essere caricate solo per ruolo straordinario). Sanzioni che, è bene precisare potranno essere riscosse solo al termine del giudizio ai sensi dell’art. 68 Dlgs 546/92.».
La sentenza di primo grado aveva quindi accolto il ricorso, nei termini di cui alla relativa motivazione.
La sentenza d’appello, accogliendo parzialmente l’appello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE e quello incidentale della contribuente (mentre non ha appellato l’ Agente della riscossione), ha comunque confermato la decisione di primo grado di parziale annullamento della cartella, dando che nel caso concreto, «essendo pendente il giudizio e non essendo stato emesso ruolo straordinario, poteva essere iscritta solo l’importo corrispondente ad 1/3 dell’imposta e degli interessi, escluse le sanzioni. La cartella va pertanto in questi termini annullata parzialmente.».
La contribuente si è difesa con controricorso, successivamente supportato da memoria in vista dell’adunanza camerale.
2. È stata comunicata successivamente alle parti la proposta di definizione ex art 380bis cod. proc. civ., nella quale il Consigliere delegato rileva che il motivo unico di ricorso è ‘ manifestamente infondato, in quanto la cartella di pagamento impugnata è stata emessa sulla base di un ruolo ordinario provvisorio, come si evince da una pluralità di elementi (comunicazione dell’iscrizione a ruolo inviata al concessionario per la riscossione; indicazione nella cartella; estratto di ruolo), ragion per cui essa non avrebbe
potuto essere emessa per l’intero ammontare del credito iscritto a ruolo, non trattandosi di ruolo straordinario’.
Le ricorrenti hanno chiesto che il ricorso sia deciso, con istanza motivata.
Considerato che:
C on l’unico motivo del ricorso contestuale si denunzia « Violazione dell’art. 68 Dlgs. n. 546/92, dell’art. 27, c. 19, D.L. n.185/08, dell’art. 15 bis D.P.R. n. 602/73 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.). ».
Assumono le ricorrenti che «l ‘atto prodromico in questione , insomma, per espressa previsione normativa , richiedeva l’iscrizione immediata a ruolo straordinario del totale degli importi (imposta interessi e sanzioni); a tale iscrizione l’Ufficio provvedeva come da disposto normativo, solo errando nell’indicazione in cartella di ‘ruolo ordinario’ alla pag. 6, voce ‘Detta glio degli importi dovu ti…’, anziché “straordinario”, ma indicando tuttavia correttamente nella stessa voce l’atto prodromico (‘iscrizione a ruolo a seguito di avviso di recupero del credito di imposta n. NUMERO_DOCUMENTO notificato il 17/11/2018′, e nel ‘quantum’ dovuto tutti gli importi corrispondenti a tale atto e le relative imposte.».
Le ricorrenti, nell’istanza di decisione, non contrastano le considerazioni della proposta di definizione, in ordine alla circostanza che la cartella di pagamento impugnata è stata emessa sulla base di un ruolo ordinario provvisorio, come si evince da una pluralità di elementi (comunicazione dell’iscrizione a ruolo inviata al concessionario per la riscossione; indicazione nella cartella; estratto di ruolo), ed anzi le pongono a presupposto della loro critica alla prospettiva nella quale si pone la definizione proposta. Infatti, ritengono le ricorrenti che «la questione dibattuta non sia -come sembrerebbe focalizzato dal G.D., in tal caso inesattamente -se sia stato o meno emesso un ruolo qualificato come ‘ordinario’, ma se tale qualificazione possa essere o meno ritenuta frutto di mero errore materiale, non incidente sulla validità della cartella né sulla pretesa fiscale come posta in riscossione » , per cui una corretta interpretazione dovrebbe accedere « all’individuazione, prospettata dall’A.F., di un mero errore materiale in realtà più che chiaro».
Il motivo di ricorso, come ulteriormente palesato nell’istanza di decisione, si incentra quindi sull’affermazione dell’esistenza, nel ruolo e per derivazione nella stessa cartella, di un ‘errore materiale’, ‘chiaro’.
Ebbene, come eccepito dalla controricorrente, la prospettazione dell’errore materiale (che ha connotazioni fattuali, oltre che giuridiche, differenti rispetto a quelle della mera rivendicata legittimità a prescindere della cartella per la riscossione integrale) non risulta prospettata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (unica RAGIONE_SOCIALE ricorrenti costituita in primo grado ed appellante) né nelle controdeduzioni di cui al giudizio di primo grado, né nell’appello erariale (ambedue gli atti processuali sono stati prodott i in questo giudizio), così come non se ne trova traccia nelle sentenze di merito. Lo stesso ricorso per cassazione non evidenzia se, quando e dove fosse stata già dedotta tale circostanza in fatto ed in diritto; né le ricorrenti deducono di averlo, in ipotesi, fatto in conseguenza di difese della controparte contribuente.
Il motivo introduce quindi una questione, in punto di fatto (anche per gli accertamenti di merito , sulle caratteristiche dell’errore in ipotesi rilevante, che involgerebbe) e di diritto, nuova rispetto a quelle allegate dalle parti in primo grado (oltre che in appello) per giustificare la propria tesi.
Il mezzo è quindi inammissibile, il che esime da ogni ulteriore considerazione di merito, anche in ordine alla stessa ipotetica configurabilità di un ‘errore’ rilevante ed esimente, rispetto all ‘in validità, nell’utilizzo, da parte dell’Amministrazione, di un atto difforme da quello che la legge, a dire dello stesso Ufficio, le avrebbe imposto.
Le spese di legittimità seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., le parti soccombenti vanno condannate a pagare:
in solido ex art. 97, ultimo cpv., cod. proc. civ la somma di euro 2.000,00, equitativamente determinata, a favore della controparte, ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
ciascuna, la somma di euro 1.000,00 a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ..
Rilevato che risultano soccombenti parti ammesse alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazioni pubbliche difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento:
in solido, a favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000.00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; nonché dii euro 2.000,00 ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.;
di euro 1.000,00 ciascuna a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024.