Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12923 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12923 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7981/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. POTENZA n. 329/2021 depositata il 27/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società contribuente opera nel campo delle energie rinnovabili ed aveva attivato un impianto fotovoltaico sul lastrico solare di un supermercato, accedendo al cosiddetto beneficio per gli incentivi del Secondo Conto Energia di cui al decreto ministeriale 19 Febbraio 2007. Non richiedeva fin da subito di cumulare tale agevolazione con quella fruibile ai sensi dell’articolo 6, commi da 13 a 19, della legge numero 388 del 2000, cosiddetta ‘Tremonti ambientale’. Solo successivamente, all’esito dei chiarimenti resi dall’Ufficio, avanzava istanza di rimborso, cui seguiva il silenzio-rigetto che era impugnato avanti il giudice di prossimità. La commissione tributaria provinciale di Potenza apprezzava le ragioni di parte contribuente, ritenendo fondato il diritto alla concessione del bonus richiesto e dal relativo rimborso Ires avendo soddisfatto tutte le condizioni di legge.
Proponeva appello l’Ufficio, argomentando diffusamente le ragioni per le quali non vi era diritto al rimborso, tuttavia, concludeva l’atto d’appello chiedendo la riforma della sentenza di primo grado, dichiarandosi la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato.
Il collegio di secondo grado rilevava l’inammissibilità dell’appello per avere introdotto un nuovo petitum in secondo grado, consistente nella richiesta di dichiarazione di legittimità dell’avviso di accertamento impugnato.
Avverso questa sentenza ricorre il patrono erariale affidandosi ad unico mezzo, cui replica con tempestivo controricorso la parte contribuente.
CONSIDERATO
Preliminarmente, occorre esaminare le eccezioni di ammissibilità del ricorso sollevate da parte contribuente.
Con la prima eccezione si lamenta l’inammissibilità del ricorso per essersi la sentenza impugnata attenuta ai principi di diritto enunciati da questa Corte, senza che la parte ricorrente abbia offerto argomenti nuovi per discostarsene.
L’eccezione non può essere accolta. È vero che la sentenza qui in scrutinio ha richiamato i principi in materia di ius novorum in appello, senonché il thema decidendum era qui altro, controvertendosi in materia di interpretazione generale e complessiva degli atti processuali, donde la questione dello ius novorum non rileva.
Con la seconda eccezione si profila inammissibilità per notifica telematica di atto non nativo digitale.
L’eccezione non può essere accolta. Già con arresto n. 22438/2018, poi affinato con pronuncia 6477/2024, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato la sanatoria della notifica digitale irrituale per raggiungimento dello scopo, ove l’atto sia univocamente riferibile al notificante ed esso sia entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario che ha potuto spiegare tempestive difese, com’è accaduto nel caso di specie.
Con la terza eccezione si profila inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, non contenendo l’atto introduttivo al giudizio di legittimità tutti gi elementi necessari per giudicare, senza dover accedere ai fascicoli dei gradi di merito.
L’eccezione non può essere accolta. Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno
delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. S.U. n. 8950/2022). Tale circostanza sussiste nel ricorso introduttivo del presente giudizio che è pone con chiarezza ed esaustività la questione processuale posta in discussione.
Il ricorso è quindi ammissibile e può essere scrutinato.
Viene proposto un solo motivo di ricorso.
Con l’unico motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 53 e 57 del decreto legislativo numero 546 del 1992, nella sostanza lamentando che sia stato dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio per contenere una domanda nuova, senza considerare che la richiesta di salvare la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato deve considerarsi mero lapsus calami , essendo chiaro dal tenore complessivo dell’atto di appello che la domanda intendeva ottenere la riforma della sentenza impugnata negando così il diritto al rimborso.
Il motivo è fondato e merita accoglimento. Dall’esame complessivo delle censure proposte in grado di appello, come rilevabili dagli stralci dell’atto di parte riprodotto nel corpo del ricorso per Cassazione ai fini dell’assolvimento dell’onere della completezza, si intende chiaramente quali fossero le domande e le conclusioni proposte. Mentre risulta ictu oculi come semplice lapsus il riferimento alla salvezza di un atto di accertamento impugnato che chiaramente non c’è. Infatti, la controversia verte in materia di rimborso, non di avviso di accertamento o di altro atto impositivo, chiaro essendo il tenore delle argomentazioni, delle doglianze, delle censure di parte ricorrente. Ne consegue che il giudice d’appello avrebbe dovuto operare un’interpretazione complessiva dell’atto di parte giungendo a darvi un significato, piuttosto che a negargliene alcuno, ovvero affermarne l’inammissibilità per introduzione di elemento nuovo.
Ed infatti, da tempo questa Suprema Corte di legittimità ha affermato che la dichiarazione di inammissibilità dell’appello dev’essere l’ extrema ratio cui può ricorre il giudice, solo quando l’ambiguità dello scritto non sia risolubile in un contesto ragionevole. In tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni; ciò in quanto l’articolo cit. deve essere interpretato restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (cfr. Cass. V, n. 15519/2020; cfr. già n. 717/2019 e VI-5 n. 20379/2017).
Di questi principi non ha fatto buon governo la sentenza impugnata, onde il ricorso è fondato e merita accoglimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17/04/2024.