Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34480 Anno 2019
Civile Sent. Sez. 5 Num. 34480 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/12/2019
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10536/2012 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore;
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 158/20/11, depositata il 18 novembre 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 novembre 2019 dal Cons. NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza n. 158/20/11 del 18/11/2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito WI) e accoglieva l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 127/13/10 della Commissione tributaria provinciale di Varese (di seguito CTP), che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di una cartella di pagamento per IVA 2005.
1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata la cartella di pagamento era stata emessa ai sensi dell’art. 36 el d.P.R. 29 bis d settembre 1973, n. 600 (rectius art. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) in ragione di un errore materiale contenuto nella dichiarazione annuale, laddove WI, sebbene avesse indicato le ragioni di non applicabilità degli studi di settore, aveva compilato il relativo quadro della dichiarazione come se avesse inteso adeguarsi alle risultanze degli stessi.
1.2. La CTR rigettava l’appello principale di WI evidenziando che «il recupero dell’IVA non conteggiata per errore in sede di dichiarazione poteva avvenire dietro presentazione di specifica domanda di rimborso il cui termine è di 48 mesi», mentre per la rettifica della dichiarazione il termine era di un anno; l’accoglimento dell’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate si fondava, invece, sulla contraddittoria motivazione della CTP, che aveva «negato al contribuente la possibilità di correggere la dichiarazione per poi consentirgli di correggere l’errore nella determinazione dell’imposta applicando l’aliquota ridotta».
2. WI impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
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3. L’Agenzia delle entrate non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso WI deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’inesistenza o la nullità della sentenza impugnata in violazione degli artt. 132, primo comma, nn. 4 e 5, e 156, secondo comma, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 36, comma 2, nn. 4 e 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la stessa ritenuto ammissibile il ricorso avverso la cartella di pagamento al fine di rettificare l’errore compiuto in dichiarazione e, nel contempo, negato alla società contribuente la possibilità di rettificare il predetto errore in sede di impugnazione della cartella medesima.
1.1. In buona sostanza, la società contribuente si duole del fatto che la sentenza della CTR non consentirebbe «di individuare con obiettiva certezza il comando giudiziale che in concreto rende» e, pertanto, sarebbe inesistente o, quanto meno, nulla.
2. Il motivo è infondato.
2.1. La sentenza impugnata, posta l’astratta ammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo art. 54 ex bis del d.P.R. n. 633 del 1972, che, in caso di controllo automatizzato, costituisce a tutti gli effetti provvedimento impositivo, la ha rigettata nel merito in ragione del fatto che WI avrebbe dovuto presentare istanza di rimborso e non già dolersi in sede di impugnazione dell’errore commesso nella compilazione della dichiarazione.
2.2. La statuizione della CTR non è, pertanto, affatto contraddittoria ed incomprensibile, non ricorrendo in ipotesi gli estremi del vizio procedurale denunciato.
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3. Con il secondo e il terzo motivo di ricorso si deduce, rispettivamente, la violazione dell’art. 19, comma 1, lett. d), e comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché la falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che WI correttamente avrebbe fatto valere l’errore materiale commesso in sede di dichiarazione IVA impugnando la cartella di pagamento, senza che sia necessario procedere ad istanza di rimborso.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto correggere gli errori materiali contenuti nella dichiarazione annuale della società contribuente senza procedere all’iscrizione a ruolo della cartella di pagamento
5. I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati.
5.1. Va preliminarmente chiarito che la cartella di pagamento, riguardando VIVA, è stata emessa a seguito di procedura di controllo automatizzata ai sensi dell’art. 54 el d.P.R. n. 633 del 1972 e bis d non già, come erroneamente ritenuto dalla CTR e dalla ricorrente ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973. Peraltro, poiché le bis due disposizioni sono sostanzialmente sovrapponibili, il richiamo a quest’ultima disposizione può sicuramente essere inteso come riferito alla prima.
5.2. Ciò premesso, come evidenziato da Cass. S.U. n. 17758 del 08/09/2016, l’art. 54 secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 bis, riconosce in capo all’Amministrazione finanziaria il potere di: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante riguardo alla determinazione del volume d’affari e alla liquidazione dell’imposta; b) correggere gli errori materiali riscontrati nel riporto delle eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni; c)
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contro
llare la tempestività dei versamenti dell’imposta (acconto, conguaglio, liquidazione periodica) e la loro coerenza con le risultanze della dichiarazione annuale.
5.3. Nel caso di specie, correttamente l’Agenzia delle entrate, in adempimento del controllo di cui c), ha contestato alla ricorrente, sub con cartella di pagamento, il mancato versamento dell’IVA indicata in dichiarazione, avendo WI compilato il rigo VA 42, colonne 1/2 della dichiarazione IVA per l’anno 2005, così dimostrando di volersi adeguare allo studio di settore (volontà che sarebbe stata manifestata per errore riconoscibile).
5.3.1. Né tale errore avrebbe potuto essere corretto dall’Agenzia delle entrate in sede di controllo automatizzato, come sostenuto con il quarto motivo (che è, pertanto, infondato), atteso che grava sul contribuente la prova dell’esistenza di un errore materiale nella dichiarazione liquidata.
5.4. Tuttavia, altrettanto correttamente WI ha ritenuto di fare valere l’errore commesso in sede di impugnazione della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, dovendo ritenersi tale facoltà espressione di un principio generale.
5.5. Ed, invero, in tema di imposte sui redditi, Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016 ha chiarito che il contribuente, indipendentemente dalla eventuale richiesta di rimborso nel termine di quarantotto mesi dal versamento, può opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (conf. Cass. n. 31433 del 05/12/2018); il principio è richiamato, in tema di IVA, sia pure con specifico riferimento ad un credito disconosciuto dall’Agenzia delle entrate, da Cass. S.U. n. 17758 del 2016, cit.
5.6. Ne consegue che ha errato la CTR a ritenere che WI non avrebbe potuto, in sede di impugnazione della cartella di pagamento, fare valere l’errore in cui era incorsa con la dichiarazione concernente
VIVA del 2005, affermando che tale possibilità fosse riconosciuta solo a mezzo istanza di rimborso.
5.7. Risultano, dunque, fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con conseguente cassazione della sentenza in parte qua.
6. In conclusione, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso e rigettati il primo ed il quarto; la sentenza impugnata va, conseguentemente, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettando il primo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2019.