Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17229 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17229 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7747/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA CALABRIA n. 211/2023 depositata il 18 gennaio 2023
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE socio unico impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro la cartella esattoriale notificatale da RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di tributi erariali iscritti a ruolo dall’Agenzia delle
Entrate a sèguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi presentata dalla predetta contribuente ai fini dell’IRAP per l’anno 2012.
Tale controllo si era concluso con la rettifica dell’aliquota da applicare per il calcolo dell’imposta, elevata dal 4,97% al 5,72% sul ritenuto presupposto che la dichiarante svolgesse attività finanziaria.
La Commissione adìta respingeva il ricorso.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, la quale, con sentenza n. 211/2023 del 18 gennaio 2023, in accoglimento dell’appello della parte privata, annullava la cartella impugnata.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio regionale osservava che: – sulla scorta di quanto ricavabile dalle previsioni contenute nella legge regionale istitutiva dell’ente e nel suo stesso statuto, doveva escludersi che la RAGIONE_SOCIALE svolgesse attività finanziaria; -pur in mancanza di una dichiarazione integrativa ex art. 2, comma 8bis , del D.P.R. n. 322 del 1998, andava riconosciuta alla contribuente la facoltà di correggere in sede processuale gli errori materiali commessi nella redazione del modello IRAP/2013, in cui essa aveva inavvertitamente compilato la sezione riservata alle banche e agli altri soggetti finanziari, indicando il codice identificativo corrispondente a tali soggetti.
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE socio unico è rimasta intimata.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..
1.1 Si sostiene che l’impugnata sentenza risulterebbe affetta da nullità per avere la CGT-2 calabrese omesso di pronunciare su formulate in grado d’appello dall’Agenzia delle Entrate, con le quali si sosteneva la natura finanziaria dell’attività esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE
1.2 Il motivo è infondato.
1.3 La Corte regionale ha esaminato la suaccennata questione, risolvendola in senso contrario alla tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria.
1.4 Si legge, infatti, nella parte argomentativa della decisione: «La RAGIONE_SOCIALE è un Organismo in house providing della Regione Calabria, ovvero è un trait d’union con quest’ultima per lo sviluppo dell’economia regionale, del suo sistema produttivo e della occupazione… Non è, quindi, un ente che rientra tra i soggetti bancari e finanziari, per come sostiene l’Ufficio» .
1.5 Dal tenore del passaggio motivazionale sopra trascritto appare palese come le difese svolte dalla parte pubblica siano state espressamente giudicate prive di fondamento dal collegio di secondo grado, che pertanto non è affatto incorso nel prospettato vizio di omessa pronuncia.
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 36 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 111 Cost..
2.1 Si assume che, qualora le di cui al motivo precedente fossero ritenute implicitamente disattese dalla Corte regionale, la gravata pronuncia risulterebbe comunque .
2.2 La doglianza è infondata.
2.3 I giudici d’appello hanno diffusamente spiegato le ragioni per le quali deve escludersi che l’attività esercitata dalla contribuente
abbia natura finanziaria.
2.4 Sul punto essi hanno osservato quanto segue: «La RAGIONE_SOCIALE (.RAGIONE_SOCIALE.) non è… un ente che rientra tra i soggetti bancari e finanziari (…). Tanto si deduce sia dall’art. 2 -(‘Finalità’) – della legge Regionale n. 7 del 30 aprile 1984, istitutiva di detto ente, che così recita: <>, sia dall’art. 5 dello statuto: ‘La società ha lo scopo prevalente di concorrere, nell’àmbito della Programmazione economica e territoriale dell(a) Regione Calabria, all’attuazione dei programmi regionali e locali di sviluppo economico, sociale e del territorio in Calabria, con riguardo alle materie di cui agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed ai princìpi contenuti nello Statuto della Regione’, e d(a)l successivo art. 6: ‘È esclusa la raccolta del risparmio tra il pubblico sotto qualsiasi forma’. Tanto viene ulteriormente confermato dalle 14 commesse e relativi bandi pubblici intervenuti nel periodo di imposta accertata, che provano che l’attività della RAGIONE_SOCIALE è meramente di prestazione di servizi di assistenza tecnica» .
2.5 La motivazione che sorregge «in parte qua» il «decisum» non solo, quindi, esiste sotto il profilo materiale e grafico, ma risulta perfettamente intelligibile e sostenuta da un apparato argomentativo che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, si pone ben al di sopra della soglia del cd. «minimo costituzionale» imposto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.
c.p.c., sono contestate la violazione e la falsa applicazione
dell’art. 36 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973.
3.1 Si rimprovera al collegio di secondo grado di aver erroneamente escluso la legittimità della procedura di controllo automatizzato utilizzata dall’Ufficio per la rettifica dell’aliquota d’imposta indicata dalla contribuente.
3.2 Viene ribadito che tale rettifica era conseguente all’accertata natura finanziaria dell’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE per conto della Regione Calabria, desumibile anche dalle previsioni contenute nello statuto dell’ente.
3.3 La lagnanza è inammissibile in quanto priva di attinenza con la «ratio decidendi» della sentenza.
3.4 Lungi dall’escludere che la rettifica dell’aliquota applicabile per la determinazione dell’imposta possa essere operata dall’Ufficio mediante la procedura automatizzata ex art. 36bis del D.P.R. n. 600 del 1973, i giudici regionali hanno affermato che nel caso in esame la contribuente si era legittimamente avvalsa della facoltà di correggere in sede processuale gli errori materiali in cui era incorsa nel compilare la dichiarazione dei redditi sottoposta a controllo.
3.5 Il mezzo in scrutinio non dialoga, in tutta evidenza, con la decisione impugnata, così difettando del requisito di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) c.p.c..
Con il quarto motivo, parimenti ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 -bis , del D.P.R. n. 322 del 1998.
4.1 Viene criticata la sentenza d’appello nella parte in cui ha riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE la facoltà di emendare in sede processuale, in assenza di apposita dichiarazione integrativa, gli errori asseritamente commessi nella redazione del modello IRAP/2013.
4.2 I giudici regionali avrebbero, infatti, tralasciato di considerare che detta facoltà non è esercitabile nelle ipotesi in cui il legislatore abbia subordinato la concessione di un beneficio fiscale a una
precisa manifestazione di volontà del contribuente, essendosi in tal caso in presenza di un atto negoziale annullabile soltanto se determinato da errore essenziale e riconoscibile dall’Amministrazione Finanziaria, secondo la disciplina generale dettata dagli artt. 1427 e seguenti c.c..
4.3 Il motivo è infondato.
4.4 La CGT-2 si è rettamente uniformata al costante orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale:
la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, consistendo in una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile a sèguito dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione intorno ai dati riferiti (cfr. Cass. n. 27332/2024, Cass. n. 14989/2018, Cass. n. 10790/2016);
deve, pertanto, riconoscersi la generale emendabilità di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione Finanziaria, ancorchè non direttamente rilevabile dalla dichiarazione stessa, stante l’impossibilità di assoggettare il dichiarante a oneri diversi e più gravosi di quelli che per legge devono restare a suo carico, in linea con i princìpi costituzionali della capacità contributiva e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (artt. 53 e 97 della Carta fondamentale: così, da ultimo, Cass. n. 2931/2023);
-indipendentemente dalla dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8bis , del D.P.R. n. 322 del 1998 e dall’eventuale istanza di rimborso ex art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, da presentare secondo le modalità e i termini ivi stabiliti, il contribuente può sempre opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa impositiva dell’Amministrazione, allegando errori e/o omissioni compiuti nella redazione della dichiarazione dei redditi e incidenti sull’obbligazione tributaria (cfr. Cass. n. 16462/2021, Cass. n. 27987/2020, Cass. n. 29651/2019).
4.5 Questa stessa Corte ha pure precisato che, qualora la
dichiarazione fiscale rappresenti una manifestazione di volontà negoziale e non di scienza, l’emendabilità postuma è limitata ai casi di errore essenziale e riconoscibile dall’Amministrazione, giusta il disposto dell’art. 1428 c.c., applicabile, ai sensi dell’art. 1324 dello stesso codice, anche agli atti unilaterali diretti a un destinatario determinato (cfr. Cass. n. 21380/2024, Cass. n. 31237/2019, Cass. n. 21120/2018).
4.6 Sennonchè, la «regula iuris» dianzi enunciata non si attaglia al caso di specie.
4.7 Invero, mediante la compilazione della sezione del modello IRAP/2013 riservata alle banche e agli altri soggetti finanziari e l’indicazione del codice identificativo corrispondente a detta categoria di soggetti passivi di imposta, la RAGIONE_SOCIALE s.p.a. si è limitata a rendere una mera dichiarazione di scienza, senza in alcun modo esprimere una manifestazione di volontà negoziale finalizzata ad avvalersi di un beneficio fiscale o ad optare per un determinato regime di tassazione.
4.8 Non sussiste, pertanto, il dedotto «error in iudicando» .
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Non v’è da provvedere in ordine alle spese di lite, essendo rimasta intimata la parte destinataria dell’impugnazione.
Non deve farsi luogo all’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, essendo l’Agenzia delle Entrate esentata, mediante il meccanismo della prenotazione a debito previsto in favore delle amministrazioni pubbliche ( arg. ex artt. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, e 158, comma 1, lettera a, del D.P.R. n. 115 del 2002), dal pagamento delle imposte e tasse gravanti sul processo (cfr. Cass. n. 4752/2025, Cass. n. 28204/2024, Cass. n. 27301/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione