Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29294 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29294 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13112/2018 R.G. proposto da
AVV_NOTAIO, difensore di sé medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c. (domicilio digitale: EMAIL)
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente/ricorrente in via incidentalenonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’UMBRIA n. 92/02/2018 depositata il 12 febbraio 2018
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 22 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO impugnava dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE Tributaria RAGIONE_SOCIALE (CTP) di Roma: (a)l’avviso notificatogli da RAGIONE_SOCIALE, agente della riscossione per la provincia di Terni, recante l’intimazione di pagamento della complessiva somma di 2.719,87 euro per tributi vari (IRPEF e relative addizionali, IRAP), interessi e sanzioni; (b)gli atti presupposti, costituiti da una cartella di pagamento e da un avviso di accertamento relativo all’anno 2003 emesso dalla Direzione RAGIONE_SOCIALE II di Roma dell’RAGIONE_SOCIALE.
La RAGIONE_SOCIALE adìta declinava la propria competenza territoriale in favore di quella di Terni, davanti alla quale il processo veniva tempestivamente riassunto.
All’esito i giudici ternani accoglievano il ricorso del contribuente, annullando l’atto impugnato.
La pronuncia di primo grado veniva appellata in via principale da RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, e in via incidentale dall’RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale (CTR) dell’Umbria, la quale, con sentenza n. 92/02/2018 del 12 febbraio 2018: (a)rigettava il gravame principale, con il quale era stata eccepita la carenza di legittimazione passiva dall’agente della riscossione; (b)accoglieva l’impugnazione incidentale e, per l’effetto, in riforma della gravata decisione, respingeva l’originario ricorso del contribuente.
Per quanto qui ancora interessa, il collegio regionale osservava che: – erroneamente i primi giudici avevano ritenuto estinti i tributi oggetto di causa per effetto dell’adesione del COGNOME al cd. di cui all’art. 9 della L. n. 289 del 2002, non potendo la disciplina normativa ivi contenuta applicarsi al periodo d’imposta 2003; -non era esaminabile nel merito l’eccezione del contribuente intesa a far valere la decadenza dell’Amministrazione Finanziaria dall’esercizio del potere di riscossione per decorso del
termine stabilito dall’art. 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 1, comma 5 -ter , lettera a), n. 2), del D.L. n. 106 del 2005, convertito in L. n. 156 del 2005, «trattandosi palesemente di una eccezione nuova inammissibile in fase d’appello» .
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con tempestivo controricorso, con il quale, oltre ad eccepire l’inammissibilità dell’avverso gravame, ha impugnato in via incidentale la precitata sentenza per l’ipotesi di mancato accoglimento della sollevata eccezione.
RAGIONE_SOCIALE, cui è succeduta «ex lege» l’RAGIONE_SOCIALE, è rimasta intimata.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione fra le parti.
1.1 Si imputa alla CTR di non aver vagliato nel merito l’eccezione del contribuente intesa a sentir dichiarare l’intervenuta decadenza dell’Amministrazione dall’esercizio del potere di riscossione, sull’erroneo assunto che la stessa fosse stata per la prima volta sollevata soltanto nel giudizio d’appello.
1.2 Viene obiettato, in proposito, che detta eccezione era stata proposta dal COGNOME con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla CTP di Roma e successivamente ribadita nell’atto di riassunzione del processo davanti alla CTP di Terni.
1.3 Il motivo è inammissibile.
1.4 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’art. 360,
comma 1, n. 5) c.p.c. consente di denunciare in sede di legittimità l’omesso esame di un vero e proprio in senso storico e normativo, cioè di un preciso accadimento, di una specifica circostanza naturalistica, di un dato materiale, di un episodio fenomenico rilevante.
Non costituiscono, invece, le questioni giuridiche, le argomentazioni o deduzioni difensive e, gli elementi istruttori (cfr. Cass. n. 25171/2024, Cass. n. 5616/2023, Cass. n. 976/2021, Cass. n. 17536/2020, Cass. 22397/2019).
1.5 Nel caso di specie, quel che si lamenta non è la mancata disamina di un fatto storico, principale o secondario, nei termini sopra precisati, bensì l’erronea declaratoria di inammissibilità di un’eccezione che la CTR ha ritenuto preclusa dal divieto di «ius novorum» in appello.
1.6 La censura, così come formulata, non può, quindi, trovare ingresso.
1.7 Peraltro, quand’anche il motivo in scrutinio fosse volto a contestare il preteso travisamento della realtà processuale commesso dal collegio d’appello nell’aver supposto l’inesistenza di un fatto l’avvenuta proposizione dell’eccezione in discorso fin dal primo grado di giudizio- che invece emergeva incontestabilmente dagli atti di causa, esso comunque non supererebbe il vaglio di ammissibilità.
1.8 Invero, un simile vizio della decisione avrebbe dovuto essere fatto valere con il rimedio impugnatorio della revocazione, in base al combinato disposto degli artt. 395 n. 4) c.p.c. e 64, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.9 Sovviene, al riguardo, il costante orientamento di questa Corte regolatrice, la quale, in analoghe fattispecie, ha statuito che:
-«in tema in ricorso per cassazione, è inammissibile la censura con cui il ricorrente faccia valere l’omesso esame di un motivo di appello, che il giudice di secondo grado abbia espressamente (ed
erroneamente) ritenuto ‘non proposto’: l’erroneità del risultato della ricognizione effettuata dal giudice di appello in ordine al ‘thema decidendum’ (anche ai fini del dovuto riscontro del ‘devolutum’ sulla base del ‘quantum appellatum’), ove emergente ‘ictu oculi’ dall’esame dell’atto di appello, si traduce infatti in una svista materiale che, in quanto ricadente su uno degli atti processuali che formano oggetto di cognizione diretta da parte del giudice, legittima la proposizione dell’istanza di revocazione, ai sensi dell’ art. 395 n. 4 cod. proc. civ.» (cfr. Cass. n. 5715/2007);
-«la verifica, da parte del giudice tributario di secondo grado, dell’avvenuto deposito dell’atto d’appello presso la segreteria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, quando il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario (ai sensi dell’ art. 53, comma 2, D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), costituisce oggetto di un accertamento di fatto, e non di una interpretazione degli atti processuali. Pertanto, la parte la quale lamenti che il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame, sull’erroneo presupposto che il suddetto deposito non fosse avvenuto, ha l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria, e non col ricorso per cassazione» (cfr. Cass. Sez. Un. n. 15227/2009; Cass. n. 2702/2022 e, da ultimo, Cass. Sez. Un. n. 5792/2024).
Con l’unico motivo del ricorso incidentale è lamentata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., la violazione degli artt. 23, comma 1, 32, 54, commi 1 e 2, 56 e 61 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
2.1 Si censura la gravata sentenza per non aver rilevato .
2.2 Il ricorso è da qualificare come condizionato, in quanto espressamente proposto per la di ritenuta ammissibilità di quello principale (pag. 13 del controricorso).
Esso rimane, pertanto, assorbito, non essendosi verificata la condizione apposta dalla parte impugnante.
Nei rapporti fra le parti costituite le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
3.1 Nulla va statuito in ordine alle dette spese nei confronti dell’intimata RAGIONE_SOCIALE.
Stante l’esito dell’impugnazione principale, viene resa nei confronti del COGNOME l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, con conseguente assorbimento di quello incidentale condizionato; condanna il COGNOME a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 1.200 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 22 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME