Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23534 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23534 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
REVOCAZIONE
sul ricorso iscritto al n. 31090/2019 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , dr. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), il primo con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
la REGIONE CAMPANIA (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore , rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso,
dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE) dell’RAGIONE_SOCIALE , con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE – per la revocazione dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 10279 depositata il 12 aprile 2019;
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 9 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
con la suindicata ordinanza la Corte rigettava il ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente contro la sentenza n. 165/2012 della Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE della Campania (Napoli), la quale aveva, a sua volta, respinto l’appello interposto dalla contribuente avverso la sentenza di primo grado, che pure aveva respinto l’impugnazione formulata dalla società avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso presentata dalla ricorrente alla Regione Campania, avente ad oggetto le somme versate a titolo di tributo speciale di cui all’art.3, comma 24 e ss., della legge 28 dicembre 1995, n. 549 per il conferimento (nel primo trimestre 2005) presso la discarica del Comune di Giugliano di rifiuti solidi urbani (materiale consistente in frazione organica stabilizzata -F.O.S. -e sovvalli provenienti dagli impianti di produzione di combustile da rifiuti);
1.1. la Corte, in particolare, assumeva che:
– in tema di contenzioso tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico, l’accertamento compiuto in uno di essi con sentenza passata in giudicato, relativamente a situazioni giuridiche o a soluzioni di questioni di fatto o di diritto in ordine a un punto fondamentale comune ad entrambi, preclude l’esame dello stesso punto nell’altro giudizio, non trovando ostacolo l’efficacia del giudicato nell’autonomia dei periodi d’imposta, ove gli elementi costitutivi della fattispecie, estendendosi a più periodi d’imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente (Cass. n. 18875 del 26/09/2016; Cass. n. 20257 del 09/10/2015; Cass. n. 13498 del 01/07/2015)»;
«Sennonché nel caso in ispecie la ricorrente, la quale assume che il giudicato in ordine alla non debenza del tributo per il conferimento in discarica di RAGIONE_SOCIALE e sovvalli si è formato in forza della sentenza n. 216/06 pronunciata dalla CTP di Napoli, non ha assolto l’onere probatorio sul punto. Invero la ricorrente ha bensì prodotto in giudizio copia della sentenza n. 216/06 ma dalla motivazione della stessa non è dato evincere l’affermazione della non debenza del tributo per il conferimento in discarica di F.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. e sovvalli, posto che essa reca il mero richiamo alla sentenza n. 278/06 pronunciata dalla stessa CTP di cui non è dato conoscere il contenuto poiché non ne è stato riportato il testo e neppure risulta essere stata prodotta in giudizio»;
«Il secondo motivo è parimenti infondato. Invero costituisce principio già affermato da questa corte (Cass. n. 30711 del 11/10/2011; Cass. n. 19145 del 07/09/2010 ) quello secondo cui tutto ciò che è conferito in discarica costituisce rifiuto (nel senso più volte normativamente definito anche a livello comunitario ma sempre in maniera uniforme, quale sostanza di cui la collettività si disfa) mentre costituisce eccezione ritenere che materiali, pur conferiti in discarica, possano non considerarsi rifiuti o che possano considerarsi rifiuti meritevoli di un più favorevole regime fiscale e quello secondo cui, ove si ricolleghi un beneficio fiscale ad un utilizzo, occorre accertare l’uso effettivo e non fondarsi su dati formali, per il che colui che invoca il beneficio è onerato della prova che i materiali conferiti in discarica abbiano la funzione di risanamento ambientale e pertanto non siano rifiuti. RAGIONE_SOCIALE assume che il materiale depositato nella discarica non era rifiuto poiché era destinato al recupero ambientale del sito. Ma la CTR, con giudizio in fatto non censurabile in questo giudizio se non sotto il profilo del vizio di motivazione, ha accertato che la ricorrente non aveva provato la effettiva natura dei materiali provenienti dalla lavorazione dei rifiuti presso gli impianti di combustione da essa gestiti mentre era certo che aveva conferito F.O.S. ed i sovvalli ottenuti da tale lavorazione. Ora, va considerato che il F.O.S. ed i sovvalli sono residui della lavorazione dei rifiuti da destinare alla discarica e tutto ciò che è conferito in discarica è rifiuto, se del caso meritevole di un più favorevole trattamento fiscale, a
meno che il conferente non provi che i materiali, pur conferiti in discarica, possono non considerarsi rifiuti e la prova fattuale sul punto è mancata»;
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per revocazione avverso la suindicata ordinanza di questa Corte, con atto notificato l’11 ottobre 2019, sulla base di un unico motivo;
la Regione Campania resisteva, notificando in data 15 novembre 2019 controricorso;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico, variamente articolato, motivo di impugnazione, la ricorrente ha eccepito, con riferimento all’art. 391 -bis , primo comma, e 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la sussistenza di un errore di fatto nella parte in cui la Corte aveva rigettato il primo motivo del ricorso per cassazione proposto dalla società, ritenendo non provata la sussistenza di un giudicato esterno in ragione della mancata riproduzione nel ricorso ed allegazione in atti della sentenza n. 278/06 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, laddove -a dire della contribuente – era stato prodotto integralmente il testo della sentenza n. 216, in cui si dava conto del contenuto essenziale e rilevante ai fini del giudizio della sentenza n. 278 (nello specifico: «’nel caso in esame vi è utilizzazione di FOS e sovvalli in un processo di riqualificazione ambientale, in particolare come riempimento/ricopertura della cava … sita nel Comune di Giugliano’», così nella sentenza n. 278, citata» v. pagina n. 13 del ricorso) ed era stata altresì prodotta anche nel giudizio in cassazione detta ultima pronuncia;
il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni;
va, sul piano dei principi, ricordato che questa Corte ha ripetutamente precisato che:
l’errore di fatto previsto dall’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (oggetto di richiamo nell’art. 391bis cod. proc. civ.), idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la
quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; l’errore revocatorio, pertanto, deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio (così, tra le tante, Cass., Sez. T., 15 dicembre 2022, n. 36870 cit., che richiama ex plurimis , Cass., 29 marzo 2022, n. 10040; Cass. Sez. U., 18 febbraio 2021, n. 4367; Cass., 11 gennaio 2018, n. 442; Cass., 29 ottobre 2010, n. 22171);
l’errore di fatto rilevante deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, atti che la Corte può, e deve, esaminare direttamente, in correlazione ai proposti motivi di ricorso, ovvero alle questioni rilevabili d’ufficio (così Cass., 22 ottobre 2018, n. 26643; Cass., 5 marzo 2015, n. 4456; Cass., 18 febbraio 2014, n. 3820; v., altresì, Corte Cost., 31 gennaio 1991, n. 36), per cui ai fini della revocazione per errore di fatto rilevano (anche) i vizi degli atti del procedimento allorché non se ne sia tenuto conto in conseguenza di un errore percettivo nell’esame degli atti del giudizio di cassazione, dovendosi, per converso, escludere dall’ambito dell’errore percettivo quello di valutazione, e di interpretazione, degli atti processuali nonché l’ error iuris nell’applicazione delle corrispondenti disposizioni processuali, seppur oggetto di consolidati orientamenti interpretativi ( così Cass., Sez. T., 15 dicembre 2022, n. 36870 cit., che richiama Cass., 21 febbraio 2020, n. 4584; Cass., Sez. U., 11 aprile 2018, n. 8984; Cass., 29 dicembre 2011, n. 29922);
non costituisce, pertanto, errore revocatorio l’interpretazione e la valutazione degli atti di causa (cfr., tra le tante, anche da ultimo, Cass., Sez. II, 28 febbraio 2024, n. 5270) e non costituiscono vizi revocatori
eventuali errori di giudizio o di valutazione (cfr., ex multis , Cass., Sez. I, 13 dicembre 2023, n. 34854);
-l’errore deve poi avere carattere decisivo, nel senso che senza di esso la decisione sarebbe stata di contenuto diverso (cfr., tra le tante, Cass., Sez. II, 30 maggio 2022, n. 17379) e favorevole a chi invoca l’errore e cadere su di un punto non controverso tra le parti e cioè su di un punto che non ha costituito oggetto di dibattito tra le parti (cfr., ex multis, Cass., Sez. III, 15 marzo 2023, n. 7435);
nella specie, non può configurarsi il dedotto errore revocatorio, alla luce delle seguenti considerazioni;
la censura avanzata dalla società coglie solo un segmento della più articolata valutazione della Corte, sviluppata, in prima battuta e con portata dirimente, sul principio di carattere generale, già posto a base della ritenuta infondatezza del ricorso (v. a pagina n. 2 dell’ordinanza impugnata, l’ incipit della valutazione del primo motivo di ricorso: «Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato»), secondo cui il giudicato predica che « gli elementi costitutivi della fattispecie, estendendosi a più periodi d’imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente», così evidentemente considerando, a cominciare da tale rilievo, non idonea ad assumere efficacia di giudicato la sentenza n. 216 (relativa al deposito in discarica eseguito nel quarto trimestre 2004, che richiamava la sentenza n. 218 relativa al periodo 2001/2003) perché riferita ad altro periodo di imposta e soprattutto concernente dati fattuali (natura del materiale conferito in discarica per quel periodo oggetto di rimborso), aventi carattere non permanente;
la successiva, contestata, considerazione circa la mancata riproduzione nella pronuncia n. 216 del testo della sentenza n. 218 e del suo mancato deposito in atti è così valso a tacer d’altro – a costituire un argomento ulteriore per rigettare il primo motivo di ricorso di cassazione, ma di carattere non essenziale ai fini della decisione, essendo sufficiente la prima, sopramenzionata, affermazione di diritto ad escludere la dedotta efficacia di giudicato della predetta pronuncia;
l’errore dedotto, quindi, contrariamente a quanto ritenuto dall’istante, non può considerarsi decisivo, in quanto il giudicato esterno era già stato escluso sul piano giuridico, riguardando la sentenza n. 216 il citato diverso periodo di imposta e circostanze di fatto (natura e qualità del materiale conferito a discarica) non aventi carattere permanente e duraturo e che erano oggetto di controversia nel giudizio definito con l’impugnata ordinanza;
per tale dirimente ragione, il denunciato errore difetta del carattere di decisività, il che vale a rendere il ricorso inammissibile;
le spese del presente giudizio seguono la soccombenza;
sussistono, infine, i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso;
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della Regione Campania della somma di 6.000,00 € per competenze, oltre accessori e 200,00 € per spese vive;
Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2024.