Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4993 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4993  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8820/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME  AVV_NOTAIO  ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO  COGNOME  in  Roma,  INDIRIZZO.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso  la  sentenza  della  COMM.TRIB.REG.  LAZIO -SEZIONE DISTACCATA  DI  LATINA  n.  6046/2016,  depositata  in  data  14 ottobre 2016.
Udita la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  21  gennaio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
Avv. Acc. IRPEF 2008
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2008, notificato a NOME COGNOME, titolare di una quota di partecipazione pari al 50% del capitale della RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE richiedeva il quantum nel medesimo atto dettagliato, in forza del dato per cui l’omessa contabilizzazione di ricavi tra i soci di una RAGIONE_SOCIALE a ristretta base societaria dovesse ritenersi indice della distribuzione in nero dei medesimi, e comunque in ragione RAGIONE_SOCIALE chiare risultanze del verbale di constatazione del 4 novembre 2009, redatto dalla competente Guardia di Finanza di Latina.
 Avverso  l’avviso  di  accertamento  il  contribuente  proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Latina; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
 La  C.t.p.  di  Latina,  con  sentenza  n.  25/06/2013,  rigettava  il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
 Con  sentenza  n.  4652/39/2015  la  C.t.r.  adita  rigettava  il gravame del contribuente.
Avverso  la  sentenza  della  C.t.r.  del Lazio, il  contribuente proponeva  ricorso  per  revocazione  dinanzi  la  stessa  C.t.r.;  si costituiva anche l’Ufficio, chiedendone l’inammissibilità.
La C.t.r., con sentenza n. 6046/40/2016, depositata in data 14 ottobre 2016, rigettava il ricorso per revocazione.
 Avverso  la  sentenza  della  C.t.r.  del  Lazio,  il  contribuente  ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025.
Considerato che:
 Con  il  primo  motivo  di  ricorso,  così  rubricato:  «Violazione  di legge  art.  29  D.Lgs.  31  dicembre  1992,  n.  546»  il  contribuente lamenta  l’ error  in  procedendo nella  parte  in  cui,  nella  sentenza impugnata, la C.t.r. non ha disposto la riunione dei quattro ricorsi per revocazione proposti dal COGNOME, con riferimento all’annualità di  cui  è  causa  ed  altre,  avverso  altrettante  sentenze  emesse  in appello.
1.2.  Con  il  secondo  motivo  di  ricorso,  così  rubricato:  «Errore  di fatto ex art. 395, primo comma,  n.  4, cod. proc. civ.» il contribuente  lamenta  l’errore  di  fatto  nella  parte  in  cui,  nella sentenza impugnata,  la RAGIONE_SOCIALE.t.r. non  ha  proceduto  a verificare l’invalidità dell’atto presupposto a quello ad esso notificato (avviso di  accertamento  alla  società),  la  quale  si  sarebbe  poi  ripercorsa sulla validità dell’avviso al socio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Errore di fatto sull’esistenza  di  utili  tassabili»  il  contribuente  lamenta  l’errore  di fatto nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non si è avveduta, da risultanze processuali, della mancanza di utili tassabili distribuiti ai soci.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Ritrovamento di nuovi documenti decisivi» il contribuente lamenta (non specificandolo espressamente in rubrica) l’errore di fatto nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha valutato i nuovi documenti emersi attinenti all’estraneità del contribuente all’attività illecita della società accertata in sede penale.
Il primo motivo di ricorso proposto è inammissibile; con esso, in particolare,  parte  ricorrente  censura  la  sentenza  della  C.t.r.  nella parte  in  cui  non  ha  disposto  la  riunione,  derivante  da  ragioni oggettive e soggettive, di quattro ricorsi per revocazione proposti avverso altrettante sentenze.
2.1. L’art.  29  del  d.lgs.  n.  546  del  1992  prevede  che:  «in qualunque momento il presidente della sezione dispone con decreto
alla riunione dei ricorsi assegnati alla sezione da lui presieduta che hanno  lo  stesso  oggetto  o  sono  fra  loro  connessi.  Se  i  processi pendono  dinanzi  a  sezioni  diverse  della  stessa  commissione,  il presidente di questa, di ufficio, su istanza di parte o su segnalazione dei presidenti RAGIONE_SOCIALE sezioni, determina con decreto la sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, riservando a tale sezione di provvedere ai sensi del comma precedente».
2.2. Trattasi evidentemente di un potere ordinatorio del giudice che lo esercita, che non tollera censure siccome preordinato al principio dell’economia dei giudizi e che non è sanzionato da alcuna nullità. In questo senso, questa Corte ha chiarito che il provvedimento di riunione di cause non è suscettibile di impugnazione innanzi ad altri uffici giudiziari (Cass. n. 15031/2014). Ancora, similmente, (Cass. 30/09/2022, n. 28539; Cass. 30/03/2018, n. 8024), si è sostenuto che, in tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione e di separazione, fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità.
 Il  secondo  motivo  di  ricorso  è  ugualmente  inammissibile;  con esso  parte  ricorrente  censura  l’errore  di  fatto  della  RAGIONE_SOCIALE.t.rRAGIONE_SOCIALE  laddove non ha verificato l’invalidità dell’atto presupposto a quello notificato al  contribuente  (avviso  di  accertamento  alla  società),  la  quale  si sarebbe poi ripercorsa sulla validità dell’avviso al socio.
3.1. La RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha rigettato il ricorso in quanto non ha ritenuto che vi fosse stato l’errore di fatto invocato dal contribuente.
In  questa  materia,  con  un  recente  arresto  le  SS.UU.  di  questa Corte  hanno  ulteriormente  puntualizzato  il  principio  secondo  cui l’errore  di  fatto  revocatorio,  ai  sensi  dell’art.  395,  comma  4,  cod. proc.  civ.,  consiste  in  una  falsa  percezione  della  realtà,  in  una svista obiettivamente e immediatamente  rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo,
incontestabilmente  escluso  dagli  atti  e  dai  documenti  di  causa, ovvero  l’inesistenza  di  un  fatto  decisivo  che,  dagli  stessi  atti  e documenti,  risulti  positivamente  accertato,  sicché  i  vizi  relativi all’interpretazione  della  domanda  giudiziale  non  rientrano  nella nozione  di  “errore  di  fatto”  denunciabile  mediante  impugnazione per  revocazione  (Cass.,  SS.UU.,  n.  13417/2023,  che  richiama anche Cass. n. 6505/2018).
3.2. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE ha illustrato adeguatamente che le suindicate caratteristiche non si riscontravano nel preteso errore di fatto denunciato da NOME COGNOME, il quale assumeva che l’errore si sarebbe dovuto desumere dagli atti prodotti in giudizio. In proposito, la RAGIONE_SOCIALE ha avuto cura di affermare che il Giudice del gravame, «avendo chiara proprio la rappresentazione della situazione fattuale evidenziata con il ricorso per revocazione, ha ritenuto, in diritto, che tale situazione non fosse idonea a ribaltare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili già ritenuta dal Giudice di prime cure (v. punto 4.2. della sentenza n. 4550/39/2015)».
3.3. Invece, ricorrendo dinanzi a questa Corte, il contribuente non contesta la natura valutativa dell’errore invocato ma ripropone pedissequamente la censura per revocazione proposta dinanzi al Giudice del merito; ciò è reso palese anche dalla stessa denominazione del motivo proposto e dalla mancanza del riferimento ai motivi elencati all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. per proporre ricorso in cassazione; da qui l’inammissibilità del motivo. Infine, l’errore invocato non sembra comunque decisivo, perchè nessun rilievo ha l’eventuale invalidità della notifica dell’accertamento societario alla società, dato che il ricorrente stesso ammette che tale avviso gli è stato notificato con il suo, quindi, alcuna lesione del diritto di difesa ha subito.
Il terzo motivo,  relativo all’errore di fatto  concernente  la mancanza di utili tassabili distribuiti ai soci, è parimenti inammissibile.
Nella censura non viene dedotto lo specifico motivo di cassazione, né le norme di diritto su cui si fonda e nemmeno indicato gli atti processuali su cui la doglianza si fonda; vieppiù che con essa viene, sostanzialmente, richiesta alla Corte una inammissibile e rinnovata indagine degli atti e documenti di causa.
4.1. In base all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il decisum della sentenza gravata. (Cass. 21/07/2020, n. 15517). Infatti, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21296).
4.2. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di
ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 14/05/2018, n. 11603). Si è, altresì, precisato che l’esposizione cumulativa RAGIONE_SOCIALE questioni non è consentita ove rimetta al giudice di legittimità il compito dì isolare le singole censure teoricamente proponibili; viceversa, la formulazione del motivo deve permettere di cogliere con chiarezza le doglianze cumulate, sicché queste devono essere prospettate in maniera tale da consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. 23/10/2018, n. 26790).
Infine anche il quarto motivo è infondato.
Esso verte sull’asserito  mancato  esame  di  nuova  documentazione (‘ritrovamento di elementi decisivi’) relativa all’accertata, in sede penale, estraneità del contribuente all’attività illecita della società.
Sul precipuo punto, reiterate le riflessioni espresse sub 4 e ss, va rilevato che la denuncia di un nuovo documento può integrare un motivo di revocazione ma non una censura di legittimità; vieppiù che non è stata nemmeno illustrata la decisività.
Quanto  alla  valenza  in  questa  sede  del  decreto  di  archiviazione, valgono le considerazioni che seguono.
Va  dato  atto  della  nuova  disciplina  in  tema  di  riforma  dei  reati tributari  intervenuta  con  il  d.lgs.  14  giugno  2024,  n.  87  (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n.  111  del  2023,  pubblicato  sulla  G.U.  n.  150  del  28/6/2024  ed entrato in vigore il 29/6/2024). Tale norma  con l’art. 1, comma 1, lett.  m.  ha  introdotto,  nel  corpo  del  d.lgs.  10  marzo  2000,  n  74, l’art. 21 bis, rubricato ‘Efficacia RAGIONE_SOCIALE sentenze penali nel processo
tributario e nel processo di Cassazione’, che così dispone, per quel che in questa sede interessa: ‘1.La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2.La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.’ Tale ius superveniens si applica anche ai casi (come quello per cui è causa in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 87 del 2024, purché, alla data di entrata in vigore del d.lgs., sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una RAGIONE_SOCIALE formule ‘di merito’ previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso) (Cass. 03/09/2024, n.23570). 3.2. Orbene, nel caso di specie, posto che la valutazione va fatta ex officio , non viene in questione una sentenza di assoluzione irrevocabile con le formule suindicate ma un decreto di archiviazione, evidentemente normativamente non contemplato.
5.1. Quanto alla sollevata questione di legittimità costituzionale in punto di compatibilità della  composizione RAGIONE_SOCIALE Commissioni con i dettami del giusto ovvero dell’equo processo e perché la C.t.r.  non avrebbe motivato sulla richiesta di rimessione alla Consulta, essa va  disattesa.  Premesso  che  anche  in  questo  caso  si  riscontra  la violazione  del  principio  di  autosufficienza  nella  parte  in  cui  non  è stato dedotto uno specifico motivo né le norme di diritto su cui si
fonda, essa si palesa irrilevante ai fini della decisione della specifica questione sottoposta al vaglio di questa Corte nonché mancante del requisito della ‘non manifesta infondatezza’ (come già ritenuto da C.Cost. n.227/2017), stante il margine di autonomia del legislatore processuale -riconosciuto anche dalla giurisprudenza della Corte europea sull’art. 6 della Cedu nella determinazione della composizione dei Collegi, autonomia che supporta necessariamente la normativa regolatrice RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 6.000,0, oltre spese prenotate a debito.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  d.P.R.  30  maggio 2002, n. 115,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo  unificato,  nella  misura  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 21 gennaio 2025.