Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12291 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12291 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38638/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
PELLEGRINO NICOLINA
-intimataavverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA, SEZIONE STACCATA DI REGGIO CALABRIA, n. 826/5/19 depositata il 20 marzo 2019
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Reggio Calabria dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con il quale rideterminava il reddito d’impresa da questa dichiarato ai fini dell’IRPEG per l’anno 1996, operando le conseguenti riprese fiscali.
Successivamente il medesimo Ufficio notificava alla socia NOME COGNOME altro avviso di accertamento relativo allo stesso anno 1996, mediante il quale, in forza della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili conseguiti da società di capitali a ristretta base proprietaria, imputava alla prefata contribuente, in proporzione alla sua quota di partecipazione del 48%, un più elevato reddito di capitale, recuperandolo a tassazione ai fini dell’IRPEF.
Con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria la COGNOME impugnava l’avviso di accertamento adottato nei suoi confronti.
Il giudice adìto, in accoglimento delle richieste della contribuente, annullava l’atto impositivo.
La decisione veniva appellata dall’Amministrazione Finanziaria dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria.
Quest’ultima, con sentenza n. 3472/2017 del 29 dicembre 2017, dichiarava estinto il giudizio, perché non riassunto nel termine di legge a sèguito dell’interruzione del processo determinata dalla sopravvenuta morte del difensore della parte appellata, dichiarata con ordinanza del 20 marzo 2017.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per revocazione ex artt. 395 n. 4) c.p.c. e 64, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 davanti alla stessa Commissione regionale, deducendo che la pronuncia gravata risultava affetta da errore di fatto emergente dagli atti di causa; e ciò in quanto la ripresa del processo interrotto era stata tempestivamente richiesta da essa impugnante con apposita istanza di trattazione rivolta al presidente di sezione, depositata presso la segreteria il 28 marzo 2017.
Con sentenza n. 826/5/19 del 20 marzo 2019 la Commissione adìta dichiarava inammissibile l’impugnazione, osservando quanto segue: «…avverso una decisione errata è ammesso il ricorso in
Cassazione, quale terzo e ultimo grado di giudizio. L’errore commesso dal Collegio è scaturito dalla poco chiara nota dell’Ufficio datata 12.12.2017 con cui chiedeva di ritenere definitiva la Sentenza resa dai giudici di primo grado (intendendo la n. 14/05/04 del 25.5.2004 con esito favorevole), e non quella per la quale aveva chiesto la riassunzione in data 28.3.2017 (n. 3742/08/17 del 18.12.2017)» .
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La Pellegrino è rimasta intimata.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 395 n. 4) e 398 c.p.c. e dell’art. 64 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1. Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel dichiarare inammissibile l’esperita revocazione sul presupposto che l’errore di fatto denunciato dovesse ritenersi imputabile alla stessa parte impugnante.
1.2 Viene, al riguardo, obiettato che, ai fini dell’ammissibilità del rimedio processuale, non interessava stabilire se l’errore revocatorio denunciato fosse o meno addebitabile all’Agenzia delle Entrate, essendo all’uopo unicamente necessario accertare l’esistenza di tale errore.
Il ricorso è fondato.
2.1 L’art. 64, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 prevede che le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado dalle Commissioni Tributarie (ora Corti di giustizia tributaria) possono essere impugnate ai sensi dell’art. 395 c.p.c..
2.2 In virtù dell’integrale rinvio alla testè citata disposizione del codice di rito, la revocazione può, quindi, essere proposta anche contro la sentenza che «è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa»; con la precisazione, ivi contenuta, che «vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare».
2.3 Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto revocatorio ex art. 395 n. 4) c.p.c. presuppone un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali.
Esso deve:
(a)consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata;
(b)risultare con immediatezza e obiettività, senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive;
(c)essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (cfr., ex multis , Cass. n. 3362/2025, Cass. n. 18407/2024, Cass. n. 12994/2022).
2.4 Tanto premesso, nel caso in esame la CTR ha accertato che in data 28 marzo 2017 era stata depositata dall’Agenzia delle Entrate tempestiva istanza di trattazione del processo, rimasto interrotto a causa della sopravvenuta morte del difensore della COGNOME, dichiarata con ordinanza resa otto giorni prima ( «…a sèguito del decesso del difensore della contribuente, la Sezione VI^ emetteva
Ordinanza in data 20.3.2017, dichiarando l’interruzione del processo. Il 28.3.2017 l’Ufficio chiedeva la fissazione di nuova udienza per la trattazione dell’appello…» ).
2.5 Cionondimeno, il collegio regionale ha escluso l’esperibilità della revocazione, sull’assunto che l’errore di fatto da cui l’impugnata pronuncia risultava affetta dovesse ritenersi ascrivibile alla stessa Agenzia delle Entrate, la quale, successivamente alla ricordata istanza di trattazione, aveva depositato una nota «poco chiara» con cui chiedeva di considerare «definitiva» la sentenza emessa in un procedimento diverso da quello rimasto interrotto.
2.6 In questo modo, male interpretando l’art. 395 n. 4) c.p.c., i giudici «a quibus» hanno finito per subordinare l’ammissibilità del rimedio impugnatorio alla ricorrenza di una condizione che la norma non richiede affatto, ovvero quella della non imputabilità dell’errore revocatorio alla parte che di tale rimedio si avvalga.
2.7 Oltretutto, dalla ricostruzione effettuata dalla stessa CTR si evince che con la menzionata nota del 12 dicembre 2017, lungi dal contraddire la già manifestata volontà di riassumere il giudizio di appello promosso contro la COGNOME, l’Agenzia delle Entrate si era limitata ad evidenziare che la sentenza n. 14/05/04 del 25 maggio 2004, pronunciata nei confronti della società partecipata dalla contribuente (l’RAGIONE_SOCIALE, era divenuta definitiva.
2.8 Alla luce delle considerazioni che precedono, appare, quindi, configurabile il vizio denunciato dalla ricorrente, avendo il collegio regionale operato una non corretta ricognizione della portata delle norme processuali applicabili alla fattispecie.
La gravata sentenza va, conseguentemente, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, in diversa composizione, la quale, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi, esaminerà nel merito il ricorso per revocazione proposto dalla parte pubblica.
3.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione