Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26101 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26101 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11196/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ;
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato;
-resistente- avverso l’ ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 23718/2018, depositata il 1° ottobre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La società RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la revocazione, ex artt. 391bis e 395, comma 1, n. 4, c.p.c., dell’ ordinanza della Corte di cassazione n. 23718/2018, depositata il 1° ottobre 2018, con la quale, accogliendo l’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate, era stata cassata la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto -Sezione Staccata di Verona n. 145/15/2011, depositata il 24/10/2011 e, decidendo nel merito, era stato rigettato il ricorso introduttivo della contribuente.
1.1. Ha riferito che la contribuente aveva impugnato l’ avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2003, avente ad oggetto il recupero di imposta derivante da ricavi emergenti da documentazione ‘in nero’ acquisita presso la residenza dell’amministratore. Le tesi della società sortivano sfavorevole risposta nei gradi di merito, esitati con la sentenza n. 124/15/11 della CTR del Veneto che aveva rigettato l’appello della contribuente, ritenendo, sul punto, la correttezza e legittimità delle modalità di accesso seguite dai verificatori.
1.2. Avverso tale sentenza, la società aveva proposto ricorso per cassazione, rubricato al n. R.G. 14859/2012, rigettato con la suddetta ordinanza n. 23718/2018 di questa Corte, rispetto alla cui statuizione, sul punto, l’attuale ricorrente ha dichiarato espressamente di nulla dedurre.
Tuttavia, osserva la ricorrente, nella medesima decisione si dava atto della pendenza avanti a questa Corte di giudizio relativo ad analoga sentenza – ma a parti invertite e quindi di segno opposto la n. 145/15/2012, depositata il 17/12/2012 resa inter partes , avente ad oggetto lo stesso accertamento ma relativamente a diversi periodi di imposta.
2.1. Tale giudizio, rubricato al n. R.G. 4040/2014, veniva riunito al n. 14859/2012 in ragione della connessione soggettiva e, parzialmente, oggettiva, e deciso con accoglimento del motivo del ricorso erariale ove si era denunciato l’errore del giudice di appello per non avere correttamente valutato la rilevanza della promiscuità o contiguità fra locali di impresa ed abitazione privata, ai fini della necessità della preventiva, specificamente motivata, autorizzazione del Pubblico ministero all’accesso.
2.2. Osserva la società contribuente che, sin dal primo grado, erano state inoltre sollevate ulteriori ragioni di illegittimità dell’accertamento e, nel merito, più motivi sulla sua infondatezza.
2.3. La Commissione provinciale, e poi quella regionale, avevano accolto il motivo relativo alla nullità dell’avviso di accertamento per violazione della disciplina in materia di accesso, con assorbimento di tutti gli altri.
L’Agenzia aveva proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza del giudice regionale.
3.1. La contribuente si costituiva con controricorso, senza poter nulla censurare della sentenza, evidenziando comunque l’avvenuta deduzione delle questioni assorbite, come risultava anche dalla sentenza d’appello.
3.2. All’esito la Corte di cassazione statuiva con le determinazioni sopra indicate mediante l’impugnata ordinanza n. 23718/2018 .
RAGIONE_SOCIALE si duole, con un unico motivo, dell’errore revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, co. 1, c.p.c.
L’Agenzia delle entrate ha depositato un mero atto di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia l’errore di fatto revocatorio ex art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c., come richiamato dall’art. 391 -bis c.p.c., in relazione alla errata percezione circa l’esistenza di domande di merito non esaminate dal giudice di appello.
1.1. Lamenta la ricorrente che la Corte di cassazione, erroneamente, cassando la sentenza di merito con l’ordinanza qui impugnata, non abbia disposto il rinvio del giudizio al medesimo giudice d’appello per la decisione sulle altre eccezioni e motivi di merito, mai trattati perché assorbiti dall’accoglimento della questione pregiudiziale, così commettendo un errore percettivo.
1.2. Ha, pertanto, chiesto la revocazione della pronuncia impugnata, con rinvio della causa alla CTR perché provveda su tutte le questioni rimaste assorbite e mai trattate nei precedenti gradi di merito.
In relazione alla revocazione delle sentenze e delle ordinanze di questa Corte deve osservarsi che, ai sensi dell’art. 391 -bis , primo comma, cod. proc. civ., essa è consentita ove le stesse siano affette da errore di fatto ai sensi del n. 4 dell’art. 395 cod. proc. civ.; tale errore ricorre – come la norma precisa – quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e purché il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
La revocazione delle sentenze della Corte di cassazione comporta l’accertamento di un errore che deve riguardare gli atti interni al relativo giudizio (ossia quelli che la Corte può e deve esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione (Cass. 28/06/2005, n. 13915; Cass. 14/04/2010, n. 8907).
2.1. La giurisprudenza di questa Corte ha perimetrato l’errore di fatto tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integri gli estremi dell’ error iuris , sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione.
Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano
logico-giuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994; Cass., Sez. U., 11/04/2018, n. 8984).
In sintesi, la combinazione dell’art. 391-bis e dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto sostanziale o processuale e l’errore di giudizio o di valutazione.
2 .2. L’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., poi, deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; deve presentare i caratteri della evidenza ed obiettività; infine, non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata (Cass. 28/02/2007, n. 4640; Cass. 20/02/2006, n. 3652; Cass. 11/04/2001, n. 5369).
In particolare, il punto si può dire controverso quando sia, invero, oggetto di controversia, ossia incerto e per questo dibattuto. È la contestazione di un fatto a renderlo incerto e a farlo divenire giustiziabile, il che comporta l’assoggettamento di esso al dibattito del processo. Per sciogliere l’incertezza che deriva dalla contestazione proposta da una delle parti, il giudice deve quindi valutare la contestazione stessa stabilendo se essa sia fondata, o no. Perciò se vi è valutazione del contrasto tra le parti, non può esservi alcuna svista percettiva.
2.3. Con particolare riferimento alla deduzione di un errore nella lettura degli atti interni al giudizio di cassazione, le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato -con la sentenza n. 31032 del 2019 – che l’impugnazione per revocazione delle pronunce decisorie della
Corte di cassazione è ammessa in caso di errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391bis e 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile) bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio.
2.4. Il carattere d’impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta, infine, l’inammissibilità di ogni censura non compresa nel novero di quelle indicate (Cass. 7/05/2014, n. 9865).
Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, si è ritenuto che l’errore revocatorio sia configurabile anche nell’ipotesi di omessa percezione dell’esistenza di un motivo di ricorso, così come delle questioni sulle quali il giudice d’appello abbia mancato di pronunciarsi perché assorbite, anche implicitamente, dalla decisione di altri motivi (cfr. Cass. n. 11937/2002; Cass. n. 22373/2014; Cass. SU n. 23833/2015; Cass. n. 26479/2016).
3.1. Va aggiunto che la eventuale mancata riproposizione della questione in sede di legittimità non incide negativamente sulla «decisività» del detto errore di fatto, posto che sulle questioni sollevate nel giudizio di merito e non riproposte in sede di legittimità all’esito della declaratoria di assorbimento pronunciata dal giudice d’appello (anche implicitamente), non si forma giudicato
implicito (Cass. SU n. 23833/2015, cit.; Cass. n. 7988/2018; Cass. n. 23718/2018; Cass. n. 1897/2022).
Circoscritta l’area applicativa dell’istituto, la ricorrente afferma che -con l’ordinanza oggetto di impugnazione – questa Corte è incorsa in un errore percettivo, rientrante nella previsione dell’art. 395, co. 1, n. 4, c.p.c., in quanto, una volta accolto il ricorso su una questione preliminare (escludendo la violazione dell’art. 52, secondo comma, DPR n. 633/1972, in materia di accesso nei locali ove si svolge l’attività produttiva ma adibiti anche ad abitazione), ha cassato la sentenza impugnata e deciso la causa nel merito, con rigetto integrale del ricorso introduttivo, omettendo di rilevare che la contribuente aveva, sin dal primo grado, formulato motivi di merito relativi all’infondatezza dell’atto impositivo, mai trattati e rimasti assorbiti tanto dinanzi al giudice tributario provinciale quanto dinanzi a quello regionale.
4.1. La prospettazione è fondata, avendo trovato soluzione la controversia nei gradi di merito con l’accoglimento della questione preliminare, con conseguente assorbimento, nella fattispecie esplicito, di ogni altro motivo sollevato dalla contribuente, atteso che ciò che non ha mai formato oggetto di decisione da parte del giudice adito, perché assorbito dall’accoglimento di una questione preliminare, non è coperto da giudicato e deve costituire materia di decisione da parte del giudice del rinvio.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, revocata nella parte in cui, con riguardo alla causa sub n. 4040/2014, dopo aver cassato la sentenza impugnata n. 145/15/12, ha rigettato il ricorso introduttivo della contribuente senza tener conto delle ulteriori questioni di merito, riproposte con le controdeduzioni di appello.
Quindi, decidendo -in sede rescissoria – sul ricorso iscritto nel registro generale al n. 4040/2014, deve cassarsi la sentenza della CTR del Veneto -Sezione Staccata di Verona n. 145/15/2012, depositata il 17 dicembre 2012, cui deve rinviarsi la causa per
l’esame , in diversa composizione, di tutte le altre questioni riproposte in sede di appello, non ancora esaminate e non precluse (e che, ovviamente, non possono essere valutate e decise nella presente sede di legittimità), e per la regolazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per revocazione della sRAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, revoca l’ordinanza impugnata della Corte di cassazione n. 23718/2018 nei limiti di cui in motivazione;
decidendo nel procedimento iscritto al n. RG. 4040/2014, accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, cassa nei sensi e per le ragioni di cui in motivazione la sentenza n. 145/15/2012, depositata in data 17/12/2012, della CTR del Veneto -Sezione Staccata di Verona cui, in diversa composizione, rinvia la causa anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, in data 11/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME