Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24141 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24141 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5749/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro
COMUNE di ATELETA;
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 20463/2017 depositata il 28/08/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla C.T.R. dell’Abruzzo n. 133/2/2015, con la quale era stato rigettato l’appello proposto dalla contribuente nei confronti
del Comune di Ateleta, confermando la legittimità del diniego di rimborso di ICI per gli anni dal 2007 al 2011;
questa Corte, con ordinanza n. 20463/2017, rigettava il ricorso assumendo che, nel caso di specie, risultava che il preteso errore che aveva originato il procedimento DOCFA di rettifica della rendita catastale era stato commesso dai contribuenti sicchè la richiesta di rimborso non poteva trovare accoglimento sulla scorta della pacifica giurisprudenza secondo cui le variazioni della rendita catastale possono essere retrodatate solamente nel caso in cui l’errore di fatto sia compiuto dall’ufficio e risulti evidente e incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio;
avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per revocazione la società RAGIONE_SOCIALE;
il Comune di Ateleta è rimasto intimato;
CONSIDERATO CHE
1. con il proposto ricorso parte ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., errore di fatto rilevante ex art. 395, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. consistito nella circostanza che la Suprema Corte, nella richiamata ordinanza, aveva erroneamente presupposto che l’errore nell’attribuzione del valore ai fini DOCFA fosse attribuibile alla contribuente, non avendo considerato che la stessa si era limitato ad effettuare una ‘mera proposta’ e che l’attribuzione della rendita definitiva al fabbricato era di competenza e responsabilità esclusiva dell’Ufficio. Lamenta che non era stato valutato che, sin da primo momento, parte contribuente aveva pagato l’imposta non in base ad una rendita dalla stessa proposta bensì sulla base di una rendita ‘validata dall’Ufficio’, risultando dagli atti, quindi, che trattavasi di un errore di fatto compiuto dall’Ufficio nell’accertamento e nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile de quo ;
il ricorso è da ritenere inammissibile per le ragioni appresso specificate;
2.1. invero l’ammissibilità dell’istanza di revocazione di una pronuncia di questa Corte presuppone un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. e, dunque, un errore di percezione, o una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece incontestabilmente escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa ( ex multis , Cass. sez. V, 11 gennaio 2018, n. 442). L’errore revocatorio postula il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, l’una desumibile dalla sentenza e l’altra dagli atti e dai documenti processuali, e non concerne un fatto che sia stato discusso dalle parti e quindi trattato nella pronuncia del giudice. Il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto risiede nel carattere meramente percettivo del primo e nell’assenza di quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo (Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31032). Ne consegue che l’errore revocatorio «non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi» (Cass., sez. VI-1, 26 gennaio 2022, n. 2236, punto 3);
2.2. la doglianza come prospettata non può, pervero, trovare ingresso in questa sede, deputata a porre rimedio ai soli errori di fatto, in quanto, sostanzialmente, parte ricorrente contesta la ricostruzione della Suprema Corte relativamente all’ addebitabilit à dell’ errore e la interpretazione fornita da questa Corte in ordine ai principi giurisprudenziali in ordine alla retrodatazione della rendita
catastale in ipotesi di procedura DOCFA in caso di errore materiale, peraltro pacifica sul punto;
2.3. questa Corte ha, infatti, avuto modo di precisare, che in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), la regola generale prevista dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, secondo cui le variazioni delle risultanze catastali hanno efficacia, ai fini della determinazione della base imponibile, a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali, non si applica al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto la correzione dei detti errori materiali comporta l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento rivelatosi erroneo (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7745 del 20/03/2019, Rv. 653397 – 01);
alla stregua delle suesposte argomentazioni va, pertanto, dichiarata la inammissibilità del ricorso;
nulla va disposto in ordine alle spese stante la mancata costituzione dell’ente impositore .
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data