Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7747 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7747 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
Oggetto: Revocazione – Art. 391bis c.p.c. – Errore di fatto – Travisamento del contenuto della sentenza di appello
ORDINANZA
sul ricorso per revocazione ex art. 391 bis cod. proc. civ. iscritto al n. 17708/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 6837/2023, depositata in data 7 marzo 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE impugna per revocazione ex art. 391 bis cod. proc. civ., in relazione all’art. 395 n. 4) cod. proc. civ., l’ordinanza n. 6837/2023 resa dalla Corte di Cassazione nel giudizio rubricato al n.r.g. 3150/2015, con la quale era stato accolto, limitatamente ai primi quarto e sesto, il ricorso per cassazione proposto dalla contribuente (ed affidato a sei motivi) avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 1761/1/2014.
Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnativa di avvisi di accertamento emessi ai fini II.DD. e IVA, con i quali l’Ufficio aveva recuperato a tassazione ‘maggiori ricavi derivanti da componenti negative esposte in eccesso, nell’anno 2007, dalla società RAGIONE_SOCIALE, da lei successivamente incorporata’ (v. ord. impugnata); sia il ricorso (alla CTP) sia l’appello (alla CTR) proposti dalla contribuente venivano rigettati dai giudici del merito.
La domanda di revocazione è affidata a due motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate ha depositato atto, con il quale ha chiesto di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
È stata, quindi, f issata l’adunanza camerale per il 05/03/2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di revocazione la contribuente deduce l’errore di fatto « in riferimento al primo motivo del ricorso per cassazione, per travisamento nella lettura del testo della sentenza di appello, il quale non aveva affatto avallato la ripresa, oggetto del thema decidendum, di una sopravvenienza attiva, come invece percepito dal Collegio emanante la pronuncia revocanda, bensì l’indeducibilità di un costo ».
Deduce, in particolare, che la Corte, pur muovendo dalla corretta premessa che ‘l’atto impositivo si fondava, pacificamente, sul rilievo dell’esistenza di sopravvenienze attive derivanti dalla ritenuta insussistenza di poste passive riferite a precedenti annualità’, osservava, poi, che le considerazioni della CTR si erano
‘contenute nel perimetro dell’accertamento effettuato dall’Ufficio’, poiché si erano ‘sostanziate nel rilievo dell’inesigibilità di poste passive, già vaghe nella loro consistenza, per effetto dell’intervenuta prescrizione e del fatto che, a dimostrazione dell’assenza di volontà esattiva del creditore, questi non risultava aver richiesto il pagamento, né emesso fatture o note di addebito al riguardo’ (pag. 6 dell’ordinanza).
L’osservazione, secondo la ricorrente, sarebbe il frutto di un errore percettivo del contenuto della sentenza della CTR, in quanto in quest’ultima difetterebbe qualsiasi considerazione della ripresa a tassazione (indicata nell’avviso di accertamento), ovve ro della sopravvenienza attiva ex art. 88 t.u.i.r. (componente positivo del reddito), incentrandosi tutta la motivazione della sentenza di appello intorno alla indeducibilità del costo ex art. 109 t.u.i.r. (componente negativo del reddito).
L’obiettivo contenuto della sentenza della CTR sarebbe incontroverso, così come il travisamento nella lettura di esso sarebbe decisivo alla luce del primo motivo del ricorso per cassazione (violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per la sostituzione della causa petendi della pretesa tributaria).
Il motivo è inammissibile.
1.1. Il ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ. è consentito solo se la sentenza o l’ordinanza della Corte di Cassazione siano affette da ‘errore di fatto’ ai sensi dell’art. 395, n. 4) cod. proc. civ., ovvero «quando l’errore risulti dagli atti o dai documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stab ilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare».
Questa Corte ha precisato che « l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, richiamato per le
sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391 -bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali» (Cass. 25/06/2008, n. 17443).
L’erronea percezione degli atti di causa, nella quale si sostanzia l’errore in parola, postula l’esistenza di un contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti rispettivamente l’una dalla sentenza impugnata (purché non sia il fr utto di valutazione o giudizio) e l’altra dagli atti processuali.
1.2. Nella specie il motivo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni: da un lato, l’oggetto della doglianza non è un fatto, ma piuttosto una valutazione in diritto delle risultanze processuali (in particolare, dell’avviso di accertamento e della sentenza della CTR) ; dall’altro, detta valutazione (ovvero la ricostruzione della fattispecie da parte della CTR in termini di sopravvenienza attiva o di costo deducibile) costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare (ritenendo, con valutazione in diritto insindacabile in questa sede, che la CTR non aveva ampliato il thema decidendum ).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’errore di fatto « con riferimento al secondo e al terzo motivo del ricorso per cassazione, per travisamento nella materiale percezione del contenuto materiale delle risultanze di causa e, in particolare, della motivazione dell’avviso di accertamento opposto in prime cure, con il quale l’Ufficio locale riprendeva una sopravvenienza attiva del 2007 in relazione a costi dei periodi d’imposta 2000 -2002-2004 e non i costi medesimi ».
Deduce, in particolare, che la Corte ha erroneamente ‘percepito’ che l’accertamento erariale avrebbe rilevato: a) l’impossibilità di collocare nel tempo l’insorgenza del costo a causa
della radicale mancanza di prova della certezza dello stesso che ha costituito un ostacolo preliminare ad ogni altra verifica in punto alla deducibilità del costo; b) il tema dell’esercizio di competenza dei costi riguarderebbe il profilo temporale degli stessi, invece ritenuti non rilevanti e comunque non provati in punto all’ an . Invece, l’accertamento era ‘calibrato’ non sulla ‘deducibilità’, ‘rilevanza’ e ‘prova’ di un costo, bensì sulla ripresa di una ‘sopravvenienza attiva’ (pag. 17 del ricorso).
Anche questo motivo è inammissibile, perché muove da un presupposto errato : precisamente, nell’ordinanza gravata questa Corte non ha affatto affermato che l’accertamento erariale ha rilevato le circostanze sub a) e b) ora richiamate. Si legge, infatti, nell’ordinanza che ‘…la contribuente non tiene in debita considerazione il fatto che la sentenza impugnata ha espressamente superato ogni questione di legittimità della pretesa sotto il profilo della sua tempestività in forza del pregiudiziale rilievo dell’impossibilità di collocare nel tempo l’insorgenza del costo a causa della ra dicale mancanza di prova della certezza dello stesso’ (in relazione al secondo motivo di ricorso per cassazione) e il terzo motivo si riferisce ‘al tema dell’esercizio di competenza dei costi, inerisce anch’esso al profilo temporale degli stessi, invece ri tenuti non rilevanti e comunque non provati in punto dell’ an ‘ (in relazione al terzo motivo).
Dette circostanze sono, a ben vedere, riferite, nell’ordinanza oggi impugnata, alla decisione della CTR, non già all’accertamento erariale.
In base alle considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese non avendo la resistente svolto attività difensiva.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto (cfr. Cass. Sez. U. n. 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.