Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32350 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32350 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22103 -20 22 R.G. proposto da:
C. ROMA DATI di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (pecEMAIL, dal quale è rappresentata e difesa giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
Oggetto:
revocazione
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore ; – intimata – avverso la sentenza n. 1315/09/2022 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, Sezione staccata di SALERNO, depositata in data 02/02/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 8 ottobre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della C. RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE l’ avviso di recupero di un credito di imposta , cui faceva seguito l’emissione della cartella di pagamento n. 100/2015/00165959/44, che la CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Salerno, adita dalla società contribuente, annullava per nullità della notifica effettuata a mezzo posta elettronica certificata.
1.1. Sul presupposto che la cartella di pagamento era stata annullata per un vizio di notifica e che la sentenza nulla aveva statuito quanto al merito della pretesa erariale, l’Agenzia delle entrate procedeva a nuova iscrizione a ruolo cui faceva seguito la notifica alla società contribuente di altra cartella di pagamento avente n. 100/2017/00069617/16.
1.2. L’impugnazione proposta dalla società contribuente avverso tale cartella di pagamento veniva accolta dalla CTP di Salerno che annullava la cartella rilevando l’intervenuto
annullamento di diritto, ai sensi dell’art. 1, comma 540, della legge n. 228 del 2012, della partita iscritta a ruolo per essere decorso il termine ivi previsto di 220 giorni dalla dichiarazione fatta dalla parte contribuente ai sensi del comma 538 della predetta legge senza che l’ente impositore avesse comunicato alla debitrice l ‘esito dell’esame della dichiarazione.
1.3. La sentenza di primo grado veniva impugnata con ricorso principale dall’Agenzia delle entrate e con ricorso incidentale dalla società contribuente ma la CTR dichiarava inammissibil e l’appello principale perché lo stesso era stato spedito a mezzo poste private.
1.4. L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per revocazione che la CTR, in sede rescindente, accoglieva confermando, in sede rescissoria, la legittimità della cartella di pagamento impugnata emessa a seguito di nuova iscrizione a ruolo conseguente ad annullamento di una precedente cartella per irregolarità della notifica e non per illegittimità della pretesa impositiva.
1.5. Avverso tale statuizione la società contribuente proponeva ricorso per revocazione sostenendo che la CTR era incorsa in errore di fatto concretizzatosi «nell’avvenuto annullamento della cartella impugnata, per effetto dell’istanza avanzata ai sensi della Legge 228/2012, fatto la cui verità è pacificamente stabilita e non costituendo la questione punto controverso sul quale la sentenza revocanda ebbe a pronunciarsi».
1.6. La CTR con la sentenza qui impugnata rigettava il ricorso ritenendo che quello dedotto dalla ricorrente non costituisse errore di fatto «bensì solamente un possibile errore di valutazione non incidente ai fini della chiesta revocazione».
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica con controricorso il solo agente della riscossione, restando intimato l’ente impositore.
Considerato che:
Con l’unico mezzo di cassazione la ricorrente deduce la « nullità della sentenza per violazione dell’art. 360, co 1, n. 3, c.p.c. -violazione e falsa applicazione di norme di diritto -configurabilità dell’errore di fato ex art. 395, co 4, c.p.c.»
1.1. Sostiene che la sentenza impugnata aveva palesemente errato nel ritenere non configurabile nella specie i requisiti dell’errore di fatto, discostandosi, in tal modo, dal «concorde orientamento della Suprema Corte che individua nella erronea percezione degli atti di causa, che si sostanzia nella supposizione di un fatto la cui verità è in contrastatamente esclusa oppure nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la Sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato (Cass. n. 8051/2020; Cass. SS.UU. n. 5303/1997), ipotesi che ricorre nel presente giudizio, atteso che l’oggetto della revocazione risulta, degli atti , essere l’avvenuto annullamento della cartella impugnata, per l’effetto dell’istanza avanzata, ai sensi dell’art. 1, comma 540, della legge n. 228/2012, fatto la cui verità è pacificamente stabilita, e non costituendo la questione un punto controverso sul quale la Sentenza revocand ebbe a pronunciarsi».
In termini generali, va evidenziato che l’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione della sentenza, anche della Corte di cassazione (cfr., ex multis , Cass. S.U. n. 5303 del 12/06/1997; Cass. S.U. n. 26022 del 30/10/2008; Cass. S.U. n. 13181 del 28/05/2013; Cass. n. 6198 del 22/03/2005; Cass n. 836 del 23/01/2012; Cass. n. 9835 del 15/06/2012; Cass. n. 4605 del 22/02/2013; Cass. n. 22569 del 02/10/2013; Cass. n. 26479 del 21/12/2016; Cass. n. 8615 del 03/04/2017):
deve consistere nell’erronea percezione degli atti di causa che si sostanzia nella supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato e purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio, e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti di causa non sia stata contestata dalle parti;
non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche;
deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche;
deve essere essenziale e decisivo;
deve risolversi esclusivamente in un vizio di assunzione del “fatto”, che può anche consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (quali la sentenza impugnata o gli atti di parte), e non può, quindi, concernere il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti.
2.1. In particolare, si è ritenuto che l’errore revocatorio sia configurabile in caso di omessa percezione sia dell’esistenza di un motivo di ricorso (Cass. nn. 4605 e 22569 del 2013, citt. ), sia di questioni sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato in quanto ritenute, anche implicitamente, assorbite (Cass. S.U. n. 23833 del 23/11/2015; Cass. n. 26479 del 2016, cit. ; Cass. n. 7988 del 30/03/2018; Cass. n. 23502 del 28/09/2018; Cass. n. 1897 del 24/01/2022).
Orbene, nel caso di specie, è la stessa ricorrente ad affermare che la CTR la sentenza n. 6640/2020, impugnata per revocazione, ebbe a pronunciarsi sulla questione dell ‘annullamento di diritto, ex art. 1, comma 540, della legge n. 228 del 2012 della partita iscritta a ruolo. Si legge infatti a pag. 4 del ricorso che «La Sentenza qualificava come ‘certamente infondata’ la pretesa del contribuente di ottenere lo sgravio in virtù della pronuncia sulla precedente cartella del 2015. Ritenendo che il detto annullamento fosse intervenuto per il mero vizio di notifica della cartella n.100/2015/00165959/44, con nessuna pronuncia sul merito della pretesa in essa contenuta. Non raffigurandosi nella fattispecie concreta nessuna ipotesi di violazione del principio del divieto del ‘NE BIS IN RAGIONE_SOCIALE‘, configurandosi per i giudici estensori come pienamente legittima la reiterata iscrizione a ruolo di un credito impositivo non coperto da alcun pronunciamento giudiziale che lo abbia annullato nel merito».
3.1. E’, quindi, evidente che nella specie non ricorrono i presupposti per la revocazione della sentenza impugnata, che ha correttamente rilevato che quello dedotto dalla società contribuente nel ricorso per revocazione avverso la decisione assunta dalla CTR con la sentenza n. 6640/2020, non costituiva errore di fatto ma, al più, un errore di diritto per avere i giudici di appello espressamente pronunciato sulla questione controversa nella citata sentenza revocanda, ritenendo inapplicabile alla cartella impugnata la disciplina di cui alla legge n. 228 del 2012, che è statuizione che doveva essere impugnata con ricorso per cassazione.
Da quanto detto consegue il rigetto del ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo in favore della sola parte costituita.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 8 ottobre 2024