Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13731 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13731 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 17150-2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
COMUNE DI SASSO COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore, rappresenta ta e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
avverso l ‘ordinanz a n. 14721/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 27.5.2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per la revocazione, ex artt. 391 bis e 395 n. 4 c.p.c. , dell’ordinanza di questa Corte indicata in epigrafe, che aveva respinto il ricorso proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 1468/2022, con cui era stata confermata la sentenza n. 958/2017 della Commissione tributaria provinciale di Bologna in rigetto del ricorso avverso avviso di accertamento per omesso versamento IMU emesso dal Comune di Sacco Marconi.
Il Comune resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con unico motivo parte ricorrente denuncia, ex art. 395 n. 4 c.p.c., l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Collegio assumendo che RAGIONE_SOCIALE sia un ente di cui agli 142 e ss. TUIR, ossia un ente non commerciale, il che sarebbe incontrastabilmente escluso sulla scorta della documentazione in atti e non sarebbe neppure mai stato oggetto di contestazione da parte del Comune, deducendo che «se la Corte avesse preso in considerazione il fatto che l’attività posta in essere dalla Società ricorrente è commerciale e non istituzionale …, il ragionamento logico giuridico ed interpretativo della norma di cui alla lettera g) ( ndr . di cui all’art. 7 del D. L. n. 504/1992) avrebbe condotto … ad un accoglimento del ricorso …».
1.2. Va premesso che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’ammissibilità dell’istanza di revocazione di una pronuncia di questa Corte presuppone un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, c.p.c. e dunque un errore di percezione, o una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o
l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece incontestabilmente escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa (fra le molte, cfr. Cass. n. 442 del 2018), postulando, l’errore revocatorio, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, l’una desumibile dalla sentenza e l’altra dagli atti e dai documenti processuali, e non concernendo un fatto che sia stato discusso dalle parti e quindi trattato nella pronuncia del Giudice.
1.3. Il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto risiede, invero, nel carattere meramente percettivo del primo e nell’assenza di quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo (cfr. Cass. S.U. n. 31032 del 2019).
1.4. Ne consegue che l’errore revocatorio che «ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice» (cfr. Cass. n. 9527 del 2019; Cass. n. 27094 del 2011).
1.5. Ciò posto, q uesta Corte, nell’ordinanza impugnata, ha affermato quanto segue:« Nel corpo della illustrazione della seconda censura, la società lamenta che la CTR ha erroneamente escluso l’esenzione di cui alla lettera g), dell’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 504/92 che considera esenti da imposta « g) i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività predette». La stessa formulazione della norma presuppone lo svolgimento diretto delle attività per le quali è prevista l’esenzione, la cui assenza esclude, per le ragioni già esposte con riferimento all’esenzione di cui alla lett. i), l’applicabilità della norma al caso in esame. Così ricostruita la portata e l’efficacia del dato
normativo applicabile alla fattispecie, deve concludersi che il giudice d’appello ha fatto una corretta applicazione della norma, così come essa deve leggersi ed intendersi alla luce della giurisprudenza nazionale e dei …» .
1.6. È di palmare evidenza, pertanto, che le doglianze della ricorrente non colgono nel segno perché la Corte di legittimità non ha motivato il rigetto del ricorso assumendo erroneamente la natura «istituzionale», e non «commerciale», dell’atti vità della società ricorrente, né applicando la norma di cui alla lett. i di cui all’art. 7 del D.L. n. 504/1992, come lamentato dalla ricorrente, ma, sulla scorta di quanto previsto dalla lett. g , di cui all’art. 7 D.L. cit. , ha escluso che potesse essere concessa la richiesta agevolazione in mancanza del presupposto costituito dallo svolgimento diretto, da parte della beneficiaria, delle attività per le quali è prevista l’esenzione .
Il proposto ricorso, quindi, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza con liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da