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Errore di fatto: quando la Cassazione lo esclude

Un professionista ha richiesto la revocazione di un’ordinanza della Corte di Cassazione, lamentando un errore di fatto basato su una presunta contraddizione interna. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’errore di fatto revocatorio deriva da una scorretta percezione degli atti di causa, non da un vizio logico della motivazione. La decisione originale, infatti, aveva correttamente applicato la presunzione di reddito ai versamenti bancari del contribuente, distinguendoli dai prelevamenti, in linea con la giurisprudenza costituzionale.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Errore di Fatto vs. Vizio di Motivazione: la Cassazione fa Chiarezza

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sulla distinzione tra l’errore di fatto che giustifica la revocazione di una sentenza e il vizio di motivazione. Un contribuente, un libero professionista, ha tentato di far revocare una precedente decisione della Suprema Corte sostenendo che fosse internamente contraddittoria. Tuttavia, la Corte ha respinto il ricorso, spiegando in modo cristallino i limiti di questo strumento processuale e riaffermando principi consolidati in materia di accertamenti bancari.

I fatti del caso

La vicenda nasce da un ricorso per revocazione presentato da un avvocato contro un’ordinanza della Corte di Cassazione. Secondo il ricorrente, la precedente decisione era viziata da un errore di fatto perché, pur riconoscendo gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 (che ha escluso la presunzione di reddito per i prelevamenti bancari dei professionisti), aveva poi contraddittoriamente ritenuto legittima la presunzione applicata dall’Agenzia delle Entrate.

In sostanza, il contribuente lamentava una palese incoerenza tra le premesse logiche dell’ordinanza e la sua conclusione, ritenendo che tale contraddizione integrasse un errore di fatto suscettibile di revocazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che la revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., è un rimedio eccezionale. Esso può essere attivato solo quando la decisione si fonda sulla supposizione errata di un fatto la cui verità è esclusa in modo inconfutabile, o sull’inesistenza di un fatto la cui esistenza è invece positivamente stabilita. Crucialmente, tale errore deve emergere “dagli atti o documenti di causa” e non dalla sentenza stessa.

Una contraddizione intrinseca alla motivazione, come quella lamentata dal ricorrente, non costituisce un errore di percezione dei fatti, bensì un potenziale vizio del ragionamento (vizio di motivazione) o un errore di diritto. Questi ultimi sono vizi che devono essere fatti valere con i mezzi di impugnazione ordinari e non attraverso lo strumento straordinario della revocazione.

Le motivazioni

Nel merito, la Corte ha spiegato che la precedente ordinanza non conteneva alcuna contraddizione. I giudici avevano correttamente distinto due situazioni diverse. La sentenza della Corte Costituzionale del 2014 ha inciso sui prelevamenti dal conto corrente dei professionisti, eliminando la presunzione legale che li considerava automaticamente come ricavi non dichiarati. Tuttavia, tale sentenza non ha modificato la disciplina relativa ai versamenti.

L’ordinanza impugnata per revocazione si riferiva specificamente ai versamenti sui conti correnti del contribuente relativi all’anno 2004. Per questi ultimi, la presunzione legale di ricavi non dichiarati è rimasta pienamente valida. Di conseguenza, era onere del contribuente dimostrare che tali somme non fossero riferibili a operazioni imponibili. La decisione originale era, quindi, perfettamente coerente: ha preso atto dei principi sui prelevamenti, ma ha applicato correttamente la presunzione ancora vigente per i versamenti, che erano l’oggetto del contendere.

La Corte conclude che non vi era alcun riferimento ai prelevamenti nella parte decisiva dell’ordinanza, ma solo ai versamenti, rendendo il ricorso per revocazione manifestamente infondato.

Le conclusioni

Questa pronuncia ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, l’istituto della revocazione per errore di fatto non può essere utilizzato per contestare il ragionamento logico-giuridico del giudice o presunte contraddizioni interne alla sentenza. L’errore deve essere una svista percettiva su un dato fattuale emergente dagli atti processuali. In secondo luogo, in materia tributaria, resta netta la distinzione tra prelevamenti e versamenti sui conti correnti dei professionisti: mentre per i primi la presunzione di reddito è venuta meno, per i secondi spetta sempre al contribuente fornire la prova contraria per superare la presunzione di imponibilità.

Una contraddizione interna a una sentenza costituisce un “errore di fatto” che ne permette la revocazione?
No. Secondo la Corte, una contraddizione intrinseca della sentenza non dà luogo a un vizio revocatorio, ma, al più, a un vizio della motivazione o a un errore di diritto, che devono essere fatti valere con altri mezzi di impugnazione.

Per quale motivo la presunzione di reddito si applica ai versamenti e non ai prelevamenti per i professionisti?
L’ordinanza chiarisce che la sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 ha dichiarato illegittima la presunzione legale solo per i prelevamenti dal conto corrente dei liberi professionisti. La stessa presunzione rimane invece valida per i versamenti, per i quali spetta al contribuente dimostrare che non si tratta di reddito imponibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per revocazione?
Oltre al rigetto della domanda, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per il ricorso, sanzionando di fatto l’abuso dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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