Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14381 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14381 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14116/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso (PEC: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE di GIUSTIZIA TRIBUTARIA di SECONDO GRADO dell’UMBRIA n. 31/2023 depositata il 04/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 31/2023 depositata in data 04/01/2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto contro la sentenza n. 161/2022 emessa dalla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, proposto da NOME COGNOME.
Il contenzioso scaturiva dall’avviso di accertamento indicato in atti notificato dall’Agenzia delle Entrate di Terni a NOME e NOME COGNOME, soci di RAGIONE_SOCIALE (quali successori) e impugnato davanti alla Commissione Tributaria di Terni che lo rigettava con sentenza, appellata separatamente da entrambi i soci. Anche il giudice di secondo grado rigettava l’appello, replicando i contenuti di analoga sentenza intervenuta nei confronti degli stessi contribuenti in relazione all’anno d’impos ta 2010, dove era stato evidenziato che gli avvisi di accertamento emessi nei confronti di società estinte sono notificati correttamente nei confronti dei soci di queste ultime, quali successori nelle relative obbligazioni.
2.1. La CGT2, adita in revocazione ai sensi dell’art. 64 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 ed ex art. 395 c.p.c., ha evidenziato che la descrizione dell’errore muove dalla considerazione secondo cui la sentenza d’appello avrebbe ritenuto che gli accertamenti fossero stati notificati esclusivamente ai soci COGNOME in qualità di successori della società estinta e non alla società. Tale proposizione sarebbe il frutto di un errore materiale, poiché l’intera attività di verifica e accertamento era intervenuta esclusivamente nei confronti della società, mentre i soci erano stati chiamati al procedimento ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986, quali percettori di reddito di
partecipazione. Ad avviso del contribuente, ove tale realtà fosse stata percepita correttamente, si sarebbe dovuto prendere atto dell’impossibilità di condurre un accertamento nei confronti di un soggetto estinto.
2.2. La CGT2 ha ritenuto, tuttavia, inammissibile il ricorso, ritenendo che il suo contenuto non consentisse di ravvisare in cosa consistesse l’errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c. Ad avviso del giudice di seconde cure può ipotizzarsi, in linea di massima, che il ricorrente abbia inteso riferirsi al fatto che la società estinta non potesse essere oggetto di accertamento e che le attività di verifica non potessero estendersi ai soci personalmente. Tuttavia, tale circostanza non integra, in primo luogo, un fatto storico, ma un’argomentazione in diritto, con la conseguenza che non può essere letta in termini incontestabilità e di assoluta evidenza. L’assenza di un errore revocatorio esclude che possa rilevare il legame tra il preteso errore e la decisione. In secondo luogo, l’argomento evocato dalla parte ricorrente non solo era stato un punto controverso della sentenza, ma era stato il fulcro centrale della sua motivazione, trattandosi del problema dell’ammissibilità della responsabilità dei soci di una società di persone estinta e cancellata rispetto ai debiti tributari contratti dalla società. Ad avviso della CGT2 la revocazione è, quindi, una prospettiva completamente estranea alla fattispecie che il ricorrente propone e ai termini concreti con il quali è stata argomentata.
Contro la sentenza della CGT2 il ricorrente ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 c.c. e 28 d.lgs. n. 175 del 2014 in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. – Inesistenza e/o nullità degli atti di accertamento.
1.1. La parte ricorrente ha richiamato le doglianze svolte, sin dal primo grado di giudizio così compendiate:
-l’avviso di accertamento notificato a una società cancellata dal registro delle imprese prima del 13/12/2014 e notificato al socio quale legale rappresentante è da considerarsi inesistente, in quanto successivamente alla cancellazione la società viene meno e quindi non può più essere consegnataria di atti dotati di rilevanza giuridica; – il principio appena richiamato assumeva rilievo dal momento che l’attività di controllo della Guardia di Finanza riguardava la RAGIONE_SOCIALE e gli atti conclusivi di tale attività (PVC e avviso di accertamento) sono stati imputati a COGNOME non in proprio, ma quale già socio e amministratore della società; gli atti notificati direttamente alle persone fisiche a titolo di successori della società estinta sono individuabili negli avvisi di accertamento emessi nel procedimento ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986, dove sono coinvolte le singole persone fisiche in proprio, quali percettori di maggiori redditi di partecipazione per come emersi a seguito di attività
ispettiva e di controllo.
1.2. Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, in quanto le censure svolte nei precedenti gradi di giudizio richiamate dalla parte ricorrente nell’illustrazione del motivo di ricorso non si traducono in una puntuale censura relativa alla sentenza della CGT2. La parte ricorrente si limita, infatti, ad affermare che: « L’inosservanza dei principi normativi ivi denunziati determina la integrale inesistenza e/o assoluta nullità dell’intero iter procedimentale e della statuizione oggi impugnata che le risultanze di tale iter ha acriticamente recepito ». Di contro, la decisione sulla revocazione si incentra
sull’inammissibilità conseguente alla mancata possibilità di individuare l’errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e la nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c.
2.1. Ad avviso della parte ricorrente l’errore di fatto si incentrava in quanto affermato dalla sentenza di secondo grado n. 161/2022 nella parte in cui affermava che: « in atti risulta che l’ufficio abbia notificato gli accertamenti esclusivamente ai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME in qualità di successori della società estinta come soggetti illimitatamente responsabili del soggetto giuridico cessato e non alla società che, una volta cancellata dal registro delle imprese, non poteva certamente considerarsi centro di imputazione giuridica dei rapporti alla medesima facenti capo anteriormente alla cancel lazione …».
2.2. La ricorrente richiama, quindi, il PVC della Guardia di Finanza di Orvieto del 05/09/2018, dove è indicata come parte destinataria degli atti la società RAGIONE_SOCIALE e si legge, inoltre, a pag. 16 che copia dell’atto viene notificata a COGNOME NOME e COGNOME NOME come soci amministratori. Anche l’avviso di accertamento a pag. 40 richiama il controllo della posizione fiscale di RAGIONE_SOCIALE COGNOME. 2.3. La sentenza impugnata sarebbe, quindi, incorsa in un vizio di omessa pronuncia nella parte in cui afferma l’impossibilità di identificare l’errore al quale farebbe riferimento il contribuente e che le doglianze di quest’ultimo sarebbero riconducibili non a un fatto storico, ma a un’argomentazione di diritto che non potrebbe esser eletta in termini di incontestabilità.
Con il terzo motivo è stata censurata la sentenza impugnata per omessa o apparente motivazione e la violazione e falsa applicazione
degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 d. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c.
3.1. La parte ricorrente, in via subordinata al secondo motivo, censura il vizio motivazionale in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, con una motivazione incomprensibile e disallineata rispetto alle domande formulate dal contribuente.
Il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente (considerato che il terzo motivo è svolto subordinatamente alle ragioni esposte nel secondo motivo) e sono inammissibili, sotto plurimi profili, a partire dal difetto di specificità, in quanto la parte ricorrente richiama alcune parti del PVC e dell’avviso di accertamento, senza fare alcun riferimento alla sua intestazione (e alla qualifica che vedeva i soci della società estinta come destinatari dell’atto impositivo impugnato , dovendosi rilevare, peraltro, che la società in nome collettivo è amministrata dai soci stessi che ne hanno anche la legale rappresentanza).
4.1. Un ulteriore profilo di inammissibilità è costituito dal fatto che le censure svolte dalla parte ricorrente in ordine all’errore di fatto che la sentenza impugnata ha ritenuto non come individuabile dal ricorso per revocazione -avrebbero dovuto essere veicolate attraverso un motivo incentrato sulla violazione dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e non attraverso un’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. o il vizio di motivazione apparente.
4.2. Il contribuente, in realtà, ha denunciato un presunto errore di diritto, estraneo al perimetro del vizio revocatorio.
Con il quarto motivo è stata denunc iato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
5.1. La parte ricorrente rileva come la domanda di revocazione si fondasse sull’errore di fatto in cui sarebbe incorsa la CTR nella
sentenza 161/2022 nella parte in cui affermava che risultava dagli atti come l’ufficio avesse notificato gli accertamenti esclusivamente ai soci COGNOME NOME e NOME in qualità di successori della società estinta, come soggetti illimitatamente responsabili del soggetto giuridico cessato e non alla società. Il giudice della revocazione nella sentenza impugnata omette di esaminare la correttezza dell’assunto sostenuto dalla CTR.
5.2. Il motivo è inammissibile, in quanto il contribuente, in realtà, non ha denunciato un errore di fatto revocatorio, dato che la questione sui soggetti destinatari dell’accertamento costituiva un apprezzamento su un punto controverso, su cui il giudice era chiamato a pronunciarsi, riguardando l a legittimità dell’atto impositivo impugnato.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025.