Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14379 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 14440/2023 R.G. proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso (PEC: EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo dell ‘Umbria n. 30/02/2023, depositata il 4.01.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
con la sentenza n. 111/01/2021 del 24.06.2021, la CTP di Terni rigettava il ricorso proposto da COGNOME NOME, socio della società RAGIONE_SOCIALE di NOME e NOME COGNOME (cancellata il
Oggetto: Tributi-
Revocazione.
22.09.2014), avverso l’avviso di accertamento per IRPEF e altro, per l’anno d’imposta 2014, ravvisando la responsabilità dei soci della società di persone estinta con riferimento ai debiti sorti nel periodo precedente alla cancellazione della società;
con la sentenza n. 162/01/2022 del 29.04.2022, la CTR dell’Umbria rigettava l’appello proposto dal contribuente, osservando che ‘ gli avvisi di accertamento emessi nei confronti di società estinte, quali la RAGIONE_SOCIALE devono essere notificati ai suoi soci quali successori nelle correlative obbligazioni societarie ‘;
contro la suddetta decisione il contribuente proponeva presso la medesima CGT-2 ricorso per revocazione ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., con il quale sosteneva che la sentenza impugnata era viziata da un errore ‘materiale’ o ‘di fatto’ , in quanto aveva ritenuto che gli accertamenti fossero stati notificati esclusivamente ai soci, in qualità di successori della società estinta, e non alla società; tale affermazione sarebbe erronea, poiché l’intera attività di verifica e di accertamento era intervenuta esclusivamente nei confronti della società, mentre i soci erano stati ‘ chiamati al procedimento ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986 quali percettori di reddito di partecipazione ed individuati come successori solo al termine di questo ‘ . Ad avviso del contribuente, quindi, ove tale realtà fosse stata percepita correttamente, si sarebbe dovuto prendere atto dell’impossibilità di condurre un accertamento nei confronti di un soggetto estinto ‘ che non è più un centro d’imputazione di effetti giuridici, sicch é non si sarebbero mai potuti configurare maggiori redditi di partecipazione percepiti dai soci ‘ ;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Umbria dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione, osservando, per quanto qui rileva, che:
nel caso di specie non era possibile identificare l’errore al quale la parte si riferiva, tanto che il ricorso, ancor prima di essere inammissibile per la mancanza dei criteri revocatori, lo era per assoluta mancanza di specificità;
anche volendo ipotizzare che il ricorrente, ‘nel denunciare il complicato intrico tra notificazioni e attività di accertamento, volesse riferirsi al fatto che la società estinta non possa essere oggetto di accertamento e che le attività di verifica non possano – anche per questo estendersi ai soci personalmente ‘, l’impugnazione era comunque inammissibile per mancanza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della revocazione, perché ‘ la circostanza denunciata non è un fatto storico ma un’argomentazione di diritto, sicché essa non può essere letta in termini di incontestabilità e di assoluta evidenza ‘, per cui l’assenza di un errore revocatorio escludeva qualsiasi connessione tra il preteso errore e la decisione;
-inoltre, l’argomento evocato non solo era stato un punto controverso risolto dalla sentenza, ma costituiva il fulcro centrale della sua motivazione, riguardando la questione della ammissibilità della responsabilità dei soci di una società di persone estinta e cancellata rispetto ai debiti tributari contratti dalla società nel corso della sua vigenza;
i motivi proposti erano motivi di diritto e avrebbero potuto, al più, essere oggetto di ricorso per cassazione;
il contribuente impugnava la sentenza della CGT-2 con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce la violazione degli artt. 2495 cod. civ. e 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., rilevando che l’atto di
accertamento emesso nei riguardi di una società cancellata dal registro delle imprese prima del 13.12.2014 e notificato al ‘ già socio quale legale rappresentante ‘ è da considerarsi inesistente in quanto, successivamente alla cancellazione, la società non può più essere consegnataria di atti dotati di rilevanza giuridica, non potendo applicarsi retroattivamente l’art. 28 del d.lgs n. 147/2014; precisa che l’accertamento era stato svolto esclusivamente nei confronti della società e gli atti conclusivi (PVC e avviso di accertamento) erano stati emessi nei confronti del COGNOME non in proprio, ma quale ‘già socio e amministratore’ della società cancellata , mentre gli atti notificati direttamente alle persone fisiche a titolo di ‘successori’ della estinta società sono individuabili negli avvisi emessi nell’ambito del procedimento ex art. 5 del d.P.R. 917/86 « ove si coinvolgono le singole persone fisiche in proprio quali assunti percettori di maggiori redditi di partecipazione per come emersi a seguito di attività ispettiva e di controllo (illegittimamente) condotta esclusivamente in ‘danno’ della snc» , con conseguente inesistenza e/o assoluta nullità dell’intero iter procedimentale e della sentenza impugnata;
– con il secondo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., non essendosi la CGT-2 pronunciata sull’invocato errore di fatto, che si sostanzia nella dichiarazione contenuta nella sentenza di appello n. 162/01/2022, secondo la quale ‘…il Collegio osserva che in atti risulta che l’ufficio abbia notificato gli accertamenti esclusivamente ai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME in qualità di successori della società estinta come soggetti illimitatamente responsabili del soggetto giuridico cessato e non alla società che, una volta cancellata dal registro delle imprese, non poteva certamente considerarsi centro di imputazione giuridica dei rapporti alla medesima facenti capo anteriormente alla
cancellazione’ , a fronte di una realtà fattuale diversa, risultando sia dal PVC che dall’avviso di accertamento che il controllo era stato effettuato nei confronti della società; evidenzia, in particolare, che il PVC a p. 1 riportava che : ‘..al fine di avviare un controllo fiscale nei confronti della società –RAGIONE_SOCIALE per i periodi di imposta 2014 e 2015 in data 05.04.2018 questo reparto provvedeva ad inviare (…….)invito a presentarsi (……) ai Siggri COGNOME NOME e NOME rispettivamente rappresentante legale e socio amministratore della società in argomento…..’ e a p. 16 indicava che: ‘…. il presente atto che si compone di 16 fogli e n. 6 allegati viene redatto in tre esemplari di cui 1) uno verrà notificato a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno presso la residenza del Sig. COGNOME Franco in qualità di socio amministratore della società oggetto di controllo; 2) uno verrà notificato a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno presso la residenza del Sig. COGNOME NOME in qualità di socio amministratore della societ à oggetto di controllo….’;
– con il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., per omessa o apparente motivazione, non avendo la CGT-2 ‘ indagato sulle questioni poste alla base della istanza di revocazione ‘; -con il quarto motivo deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CGT-2 omesso di esaminare la correttezza dell’assunto sostenuto dal giudice di appello (secondo il quale l’Ufficio aveva notificato gli accertamenti esclusivamente ai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME ‘ in qualità di successori della società estinta come soggetti illimitatamente responsabili del soggetto giuridico cessato ‘, e non alla società estinta), rilevando che i ‘fatti decisivi’ riguardavano la verifica ‘ a chi e in quale qualifica sarebbero stati notificati gli atti
accertatori / la sussistenza o meno dell’errore di fatto revocatorio ex art. 395 n. 4 cpc’, atteso che ‘ la corretta sua valutazione avrebbe certamente condotto ad un decisum diverso e maggiormente in linea con le aspettative e le domande del contribuente’;
-i motivi, che possono essere esaminati unitariamente per connessione, sono tutti inammissibili;
occorre premettere che, come ha costantemente affermato questa Corte, l’errore di fatto previsto dall’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., per essere idoneo a determinare la revocazione delle sentenze, deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato; 4) presentare i caratteri dell’evidenza e dell’obiettività, in modo da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; deve, quindi, trattarsi di errore che non solo deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, ma non può tradursi in un preteso inesatto apprezzamento delle risultanze processuali o di disposizioni giuridiche e principi giurisprudenziali, vertendosi in tale caso nell’ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione ( ex multis , Cass. Sez. Un. n. 25212 del 2020; Cass. n. 16439 del 2021);
-è esclusa, quindi, dall’alveo della revocazione la sindacabilità di errori di giudizio, formatisi sulla base di una valutazione e, cioè, la sindacabilità di asseriti errori formatisi sulla base di una pretesa inesatta valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali, che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico – giuridico, perché siffatto tipo di errore, pur se eventualmente fondato, costituisce un errore di giudizio e non un errore di fatto (Cass. n. 9673/2017);
ora, a prescindere dalla considerazione che la società in nome collettivo è amministrata dagli stessi soci che ne hanno anche la legale rappresentanza, trattandosi di società di persone, e che lo stesso ricorrente afferma di avere ricevuto la notifica del PVC e dell’atto impositivo nella qualità di socio e amministratore della suddetto società, i predetti motivi sono inammissibili, oltre che per difetto di chiarezza, per mancanza di specificità, non confrontandosi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che si incentra sulla mancata possibilità di individuare l’errore di fatto revocatorio ;
-le censure svolte dal ricorrente in ordine all’asserito errore di fatto avrebbero dovuto essere veicolate attraverso un motivo incentrato sulla violazione dell’art. 395, n. 4 cod. proc. civ. e non , come ha fatto il ricorrente, mediante la denuncia della violazione di norme sostanziali (artt. 2495 cod. civ. e 28 del d.lgs. n. 175 del 2014), del l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 cod. proc. civ. , del vizio di motivazione apparente e d ell’ omesso esame di fatto decisivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.;
il contribuente, in realtà, non ha denunciato un errore di fatto revocatorio, dato che la questione sui soggetti destinatari dell’accertamento costituiva un apprezzamento su un punto controverso, su cui il giudice era stato chiamato a pronunciarsi, riguardando la legittimità dell’atto impositivo impugnato ; pertanto,
essendo stato denunciato un presunto errore di diritto, lo stesso doveva essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione; – il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente,
delle spese del giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna COGNOME Franco al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio, che liquida in € 4.000,00, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 marzo 2025.