Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 858 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 858 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30471/2019 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocata NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, come da procura in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende ope legis
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 17230/2019 depositata il 27/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2023 dalla Consigliera NOME COGNOME
Ritenuto che:
COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME ricorre per la revocazione dell’ordinanza Cass. n. 17230/2019 del 27.6.2019.
Il contenzioso ha origine dalla impugnazione dell’avviso di accertamento emesso a seguito di pvc della GGFF relativo all’anno 2003, col quale erano stati recuperati a tassazione costi ritenuti non deducibili perché inerenti ad operazioni commerciali con Paesi a fiscalità privilegiata, inseriti nella cd. black list, e comunque non correttamente esposti nella dichiarazione dei redditi, per i quali la società aveva provveduto a emendare la dichiarazione presentando dichiarazione integrativa, evidenziando i costi indicati.
A seguito di impugnazione dell’avviso di accertamento la CTP accoglieva il ricorso e la CTR confermava la sentenza di primo grado, ritenendo ammissibile la correzione della dichiarazione, pur in presenza di verifica fiscale, in quanto relativa a profili meramente formali, ritenendo altresì dimostrata la convenienza economica dell’operazione.
Con la indicata ordinanza questa Corte ha accolto il ricorso per cassazione dell’Ufficio, in applicazione della giurisprudenza che ha ritenuto non meramente formale l’adempimento dell’annotazione separata dei costi sostenuti con Paesi a fiscalità privilegiata costituente invece condizione per la loro deducibilità- e ritenendo altresì causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 dpr 322/1998 la notifica della contestazione di una violazione commessa nella precedente dichiarazione, secondo una interpretazione estensiva ammessa anche per le norme eccezionali, quali quelle sul ravvedimento
operoso, considerando conclusivamente tardiva e illegittima la rettifica alla dichiarazione dei redditi del 2003 operata dalla contribuente a verifica tributaria conclusa. Riteneva infine assorbito l’ulteriore profilo di impugnazione dell’Agenzia delle entrate relativo alle condizioni per la deducibilità dei costi per operazioni commerciali con Paesi inseriti nella cd. black list.
Resiste l’Agenzia delle entrate eccependo l’inammissibilità del ricorso. La contribuente deposita istanza di trattazione in pubblica udienza e memoria ex art. 380 bis c.p.c..
Considerato che:
Va preliminarmente esaminata la richiesta di trattazione della causa in pubblica udienza, che va disattesa, preso atto della mancanza di rilevanza nomofilattica della questione che può pertanto essere trattata in camera di consiglio.
Con l’unico motivo del ricorso per revocazione la società contribuente deduce la nullità dell’ordinanza per errore di fatto, ex art. 391 bis in combinato disposto con l’art. 395 n. 4 c.p.c., ex art. 360 n. 4 c.p.c., denunciando: 1) erroneità dell’ordinanza in relazione alla ricostruzione del fatto, che si riverbera sulla decisione; 2) travisamento della sentenza della CTR ai fini dell’ordinanza della Cassazione, stante l’errato richiamo, derivante da errore percettivo, all’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13 d.lgs. 472/1997, mai applicato dalla società; 3) errato richiamo all’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13 d.lgs. 472/1997; 4) travisamento dei fatti storici e omesso esame dei documenti di causa, con particolare riferimento alla dichiarazione di assorbimento del profilo, del tutto indipendente e autonomo, riguardante le condizioni per la deducibilità dei costi su operazioni con Paesi black list, oltre che 5) errore sulla presunta non necessità di ulteriori accertamenti, non essendo stati presi in considerazione tutti i documenti prodotti fin dal primo grado di giudizio. Chiede la sospensione dell’esecutività dell’ordinanza,
sussistendone i presupposti, e la sua revocazione per manifesto errore di fatto.
Il ricorso è inammissibile.
2.1.Le sezioni unite di questa Corte (Sez. U -Ord. n. 8984 del 11/04/2018) hanno ribadito che il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; né, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia.
2.2.Con il motivo di ricorso, segnatamente ai punti di cui ai numeri 1, 4 e 5, la ricorrente, denunciando l’errata dichiarazione di assorbimento della questione giuridica posta dall’Ufficio, ha inammissibilmente dedotto non un errore di percezione ma un giudizio in diritto, come tale estraneo alla revocazione.
Va ribadito che la revocazione ex art. 391 bis c.p.c. è ammissibile solamente per i vizi ex art. 395, 1° co. n. 4, c.p.c. e, come questa Corte ha avuto pi ù volte modo di affermare in tema di revocazione delle sentenze della Corte Suprema di Cassazione, la configurabilit à
dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione dell’esistenza o inesistenza di un fatto che la realt à processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare; non anche quando come nella specie la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilit à di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (v. Cass., 22/6/2007, n. 14608; Cass., 28/6/2005, n. 13915; Cass., 15/5/2002, n. 7064 ). L’errore deve, pertanto, apparire dii assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilit à , senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non pu ò consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, denunciabile con ricorso per cassazione, entro i limiti di cui all’art. 360, 10 co. n. 5, c.p.c. (v. Cass., 20/2/2006, n. 3652).
2.3. Il motivo in base agli enunciati principi è inammissibile anche in relazione al punto n. 3 del motivo di ricorso, in quanto la sentenza impugnata ha fatto un mero rinvio argomentativo all’istituto del ravvedimento operoso, richiamandone i principi al solo fine di rafforzare la motivazione, considerando tardiva e illegittima la rettifica alla dichiarazione dei redditi del 2003 operata dalla contribuente a verifica tributaria conclusa. Si tratta pertanto di un riferimento, quello al ravvedimento operoso, utilizzato a titolo esemplificativo, senza pertanto che possa considerarsi una autonoma ratio decidendi .
2.4.Quanto alla doglianza contenuta nel punto 2) del motivo di ricorso, segnatamente il mancato esame da parte della CTR di tutte le giustificazioni per ottenere la deduzione dei costi per operazioni commerciali con Paesi inseriti nella black list, essa è inammissibile
per difetto di interesse, essendo la motivazione della sentenza della Cassazione incentrata sulla inesatta dichiarazione dei costi nella dichiarazione dei redditi della contribuente, mentre la indicata doglianza riguarda la questione dichiarata assorbita.
Emerge pertanto che si è in presenza di una mera doglianza circa il corretto intendimento da parte di questa Corte della portata della sentenza di secondo grado nonch é delle censure svolte in sede di gravame, e pertanto consiste in realt à in un errore di interpretazione e valutazione degli atti, e non gi à in un vizio revocatorio di percezione ex n. 4 dell’art. 395 c.p.c..
2.4.Orbene, va al riguardo ribadito, come sopra già affermato, che la configurabilit à dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, il quale si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realt à processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilit à di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle medesime ( v. Cass., 31/08/2017, n. 20635 ), idonea ad integrare semmai errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione ( v. Cass., 14/8/2020, n. 17179; Cass., 31/8/2017, n. 20635; Cass., 26/9/2013, n. 22080; Cass., 6/11/2012, n. 19071. E gi à Cass., 28/6/2005, n. 13915 e Cass., 30/3/1998, n. 3317).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in €. 7.000,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 12 luglio 2023