Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16206 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13831/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
nonché nei confronti di RAGIONE_SOCIALE STRAORDINARIA -intimata-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II° GRADO LOMBARDIA n. 3588/2023 depositata il 05/12/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, l ‘Ufficio delle Dogane di Varese effettuò un accesso presso la sede legale della RAGIONE_SOCIALE allo scopo di procedere al controllo e all’acquisizione di tutta la documentazione relativa ad operazioni di importazione eseguite dalla stessa nel triennio 2008-2010, quindi di accertare, a norma dell’art. 32 del Reg. CE n. 2913/1992, l’esatta indicazione del valore dichiarato in dogana all’atto dell’importazione.
Le numerose importazioni provenivano da Paesi extracomunitari (anche attraverso la Dogana della Spezia) e riguardavano articoli di abbigliamento per bambini, commercializzati previa apposizione di raffigurazioni di personaggi e di particolari disegni e/o loghi, per il cui uso la RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato appositi contratti di licenza con i titolari dei diritti di proprietà intellettuale, rappresentati da sei diverse società licenzianti, italiane ed estere. La società RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito della propria attività, si avvaleva, per l’espletamento delle operazioni doganali, della società RAGIONE_SOCIALE in qualità di rappresentante indiretto dell’importatore.
L’attività di verifica si concludeva con un PVC, con il quale si contestava l’esclusione delle royalties dal valore dichiarato in dogana dalla Preca Brummel.
In relazione a operazioni di importazione effettuate tra il 2008 e il 2010 , l’Ufficio delle Dogane di Como, notificava alla RAGIONE_SOCIALE -in qualità di autore della violazione -e alla RAGIONE_SOCIALEnella veste di rappresentante indiretto -un avviso di accertamento
suppletivo e di rettifica e un contestuale atto di irrogazioni di sanzione amministrativa (n. 35576).
I ricorsi, rispettivamente avanzati da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, venivano respinti dalla C.T.P. di Como con sentenza n. 115/4/2013.
La C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 5596/2014, accoglieva il ricorso in appello proposto dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla questione della daziabilità delle royalties , ritenendo non costituissero una condizione del contratto di vendita; disattendeva, tuttavia, il ricorso con riguardo alla legittima dell’istituto del first sale price .
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ricorrevano per cassazione al pari dell’Agenzia. Con ordinanza n. 22764/19, la Corte di Cassazione, riuniti i ricorsi avanzati da RAGIONE_SOCIALE e dall’ Agenzia, li accoglieva, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa al giudice di secondo grado per un nuovo esame.
Il giudizio è stato riassunto da NOME COGNOME e da Interline. La Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso di queste ultime limitatamente al rilievo concernente il regime del first sale rule , annullando in parte qua l’avviso e l’atto di irrogazione delle sanzioni, mentre ha confermato la ripresa e le sanzioni in riferimento all’omessa dichiarazione e contabilizzazione delle royalties.
La RAGIONE_SOCIALE ha avanzato ricorso per cassazione affidato a sette motivi. Preca Brummel è rimasta intimata, così come l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, rubricato 3.1., si denuncia, ‘ in via preliminare, nullità dell’impugnata sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 132 c.p.c., 394 c.p.c. commi primo e secondo, degli artt. 1, comma
2, 36, 61 e 63, commi 3 e 4, d.lgs. 546 del 1992, dell’art. 111, comma 6, Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , in quanto ‘ l’impugnata sentenza ha pronunciato al di fuori dei limiti previsti per il giudizio di rinvio, nonché sulla base di presupposti motivazionali errati e ha pronunciato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE benché questa fosse soggetto estraneo al giudizio’, in quanto detta sentenza ‘ ha statuito al di fuori dei limiti del giudizio di rinvio ex art. 394, commi primo e secondo, c.p.c., sulla base di ordinanza errata ‘, l’ordinanza n. 22764/2019, in luogo dell’ordinanza n. 22765/2019.
Con il secondo motivo , rubricato 3.2., si censura la ‘ violazione o falsa applicazione del principio espresso dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (sent. relativa alla Causa C -714/20, depositata in data 12 maggio 2022), anche alla luce dell’art. 201 della direttiva CE 112 del 2006 e degli artt. 34 e 38 d.P.R. del 23 gennaio 1973, n. 43, dell’art. 3, comma 2, D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, degli artt. 1 e 70, comma 1, d.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’art. 2, comma 1, D.L. del 29 dicembre 1983, n. 746, in quanto ius superveniens, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , dovendo ‘ considerarsi inclusi nell’ambito dello ius superveniens, applicabile nel giudizio di rinvio, anche i mutamenti normativi prodotti dalle sentenze della Corte di giustizia UE, che hanno efficacia immediata nell’ordinamento nazionale ‘.
Con il terzo motivo , rubricato 3.3., si deduce l” Omessa pronuncia ovvero motivazione apparente nonché violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 132, n. 4, c.p.c., e 118, disposizioni attuative c.p.c., in quanto richiamate dall’art. 1, comma 2, d.lgs. 546/92 e dell’art. 36 e 61 d.lgs. 546/92, e 111 comma 6 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.’.
Con il quarto motivo , rubricato 3.4., si contesta l” omessa pronuncia ovvero motivazione apparente nonché violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 132, n. 4, c.p.c., e 118, disposizioni attuative
c.p.c., in quanto richiamate dall’art. 1, comma 2, d.lgs. 546/92 e dell’art. 36 e 61 d.lgs. 546/92, e 111 comma 6 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.’ , stigmatizzando la sentenza nella parte in cui ha così testualmente opinato: ‘ né, d’altra parte, la spa RAGIONE_SOCIALE ha allegato (al di là del generico riferimento all’asseverazione o mancata contestazione di dichiarazioni doganali di tenore analogo a quelle qui oggetto di controversia) specifici ed univoci comportamenti dell’Amministrazione doganale che possano averla indotta, senza sua colpa, in errore (e, quindi, a fare in buona fede affidamento) sulla irrilevanza delle c.d. royalties, da versare alle licenziatarie dei marchi, ai fini del valore doganale delle merci importate ‘.
Con il quinto motivo , rubricato 3.5., si contesta la ‘ Violazione o falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, d.lgs. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.’ nella determinazione delle sanzioni.
Con il sesto motivo , rubricato 3.6., si lamenta l” omessa pronuncia nonché violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.’ , dal momento che ‘l’impugnata sentenza ha totalmente omesso di pronunciarsi in merito al motivo dedotto nei precedenti gradi di giudizio relativo alla violazione dell’art. 220, paragrafo 2, del Codice doganale comunitario (CDC) vigente ratione temporis’.
Con il settimo motivo, rubricato 3.7., si contesta la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 157 del Regolamento CE n. 2454 del 1993, nonché dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ‘, avendo la sentenza ‘ ritenuto che la questione relativa alla daziabilità delle royalties non fosse più proponibile e ha conseguentemente rigettato sia il motivo al riguardo proposto dall’odierna ricorrente, sia la richiesta di rinvio pregiudiziale alla
Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea’.
Il primo motivo è fondato nei termini che seguono e va accolto, con assorbimento delle altre censure.
La sentenza n. 3588 del 2024, emessa dal giudice di rinvio esibisce alcune insormontabili criticità, che depongono nel senso della sua nullità radicale.
Quella che segue, infatti, è la ricostruzione emergente dalla disamina degli atti di causa, a dispetto di quanto riportato in sentenza.
In primo luogo, il presente giudizio concerne l’avviso di rettifica n. 35576/RU dell’11 ottobre 2012, impugnato soltanto da Preca COGNOME, il cui ricorso sortiva la sentenza n. 85/01/13 della Commissione Tributaria di Varese, a conclusione del giudizio di primo grado recante in numero di ruolo 1089/12.
La sentenza emessa in sede di rinvio fa, di contro, incongruo riferimento, nel corpo del testo, non alla rammentata sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Varese n. 85/01/13 -che invero riporta correttamente solo in epigrafe, obliterandola nel prosieguo -ma ad altra decisione, avulsa dall’alveo del giudizio odierno, id est la sentenza n. 115/4/2013, depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Como in data 10 luglio 2013.
In secondo luogo, la sentenza n. 85/01/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Varese veniva impugnata in appello da COGNOME davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che definiva il relativo giudizio, recante il numero di ruolo 842/2014, con la sentenza n. 5600/2014, depositata il 28 ottobre 2014.
Erroneamente nella sentenza n. 3588 del 2023, emessa dal giudice di rinvio, si fa riferimento, ancora una volta, ad una diversa
pronuncia, contrassegnata dal n. 5596/2014 e riguardante con ogni evidenza altra vicenda e differente avviso di rettifica.
In terzo luogo, la ridetta sentenza n. 3588 del 2023, pronunciata in sede di rinvio, rimanda ad un’ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 22764 del 2019, che -proprio in quanto riguardante la richiamata sentenza 5596/2014, a sua volta correlata alla sentenza di prime cure n. 115/4/2013, al pari di essa estranea al presente processo -si palesa anch’essa eccentrica rispetto al giudizio odierno. Quest’ultimo è stato, invero, investito da un diverso provvedimento cassatorio di questa Corte di legittimità, rappresentato dall’ordinanza n. 22765 del 2019.
In quarto luogo, la sentenza n. 3588 del 2023 rivela la propria connotazione intrinsecamente decettiva e frustranea sul piano dei riferimenti oggettivi e soggettivi tenuti in conto, ove si consideri, in aggiunta, la vistosa discrasia in cui incorre relativamente alle parti cui si rivolge. Essa s’indirizza, infatti, non soltanto nei riguardi di Preca Brummel, che fin dal primo grado risultava attivamente coinvolta nel presente giudizio avendo promosso l’impugnazione dell’atto impositivo da cui la vicenda processuale è scaturita, ma anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che dal giudizio odierno era rimasta, viceversa, assolutamente in disparte fintantoché la sentenza emessa dal giudice di rinvio non l’ha inopinatamente intercettata.
Osserva questa Corte che nel caso che occupa l’errore commesso dal giudice di rinvio consiste, dunque, nell’aver reso una motivazione non pertinente con il thema decidendum devolutogli. L’inciampo in cui la Corte regionale è incorsa si è tradotto in un errore valutativo della realtà processuale, che l’ha indotta a maturare e a fare ostensione di una cognizione distorta e fuorviata degli atti e dei fatti di causa. Ne è disceso, in definitiva, un lampante error in procedendo , che ha reso la sentenza assolutamente nulla, in quanto ab imis inidonea a produrre i propri
effetti, per la totale incoerenza della motivazione con l’oggetto stesso del giudizio. Come chiarito dalla Corte di Cassazione ‘ L’inesistenza giuridica, o nullità radicale, di un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, comporta, per l’incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un atto valido conclusivo del giudizio ‘ (Cass. n. 40883 del 2021).
In ultima analisi, la sentenza emessa dal giudice di rinvio si palesa affetta da una eclatante nullità, che in questa sede va dichiarata in accoglimento del primo motivo di ricorso. La sentenza n. 3588 depositata il 5 dicembre 2023 dalla Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado della Lombardia va cassata e la causa rinviata a detto giudice, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso con assorbimento degli altri motivi; dichiara nulla la sentenza impugnata; rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado della Lombardia, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 10/12/2024.