Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15750 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15750 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14218/2021 R.G. proposto da:
NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , e dunque ex lege in ROMA INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dal predetto avvocato unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-SEZ.DIST. CATANIA n. 6437/2020 depositata il 18/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE, all’esito del controllo della dichiarazione dei redditi presentata da COGNOME NOME per l’anno d’imposta 2008 (ModNUMERO_DOCUMENTO), ha emesso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale ha accertato, in capo al medesimo, un reddito di capitale di Euro 349.132,00 e determinato in Euro 410.347,00 il reddito imponibile ai fini Irpef, da cui è scaturita la maggiore imposta di Euro 149.851,00 per Irpef, Euro 4.888,00 per addizionale regionale ed Euro 2.793,00 per addizionale comunale, oltre accessori.
Il contribuente decedeva il 07.10.2010.
In data 03.1.2014 l’Ufficio notificava l’avviso ‘agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del defunto COGNOME NOME‘, chiamandoli a rispondere in solido del debito tributario accertato in capo al ‘de cuius’.
COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE. Deducevano che, in assenza di testamento, l’eredità si era devoluta in forza di legge in favore dei medesimi nonché di COGNOME NOME, figlio naturale del ‘de cuius’; indi, quanto alla responsabilità patrimoniale imputabile ai medesimi, eccepivano che essi erano tenuti ad assolvere all’eventuale debito tributario del ‘de cuius’ solo nei limiti dell’attivo ereditario, dal momento che avevano accettato l’eredità con beneficio d’inventario, di cui descrivevano il
procedimento; pertanto concludevano nel senso di doversi prendere atto dell’accettazione beneficiata e di doversi contenere la loro responsabilità nei limiti dell’attivo ereditario.
La CTP di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza 9708/12/14 depositata il 28.11.2014, rigettava il ricorso e compensava tra le parti le spese di giudizio.
Proponevano appello i contribuenti, deducendo (cfr. p. 7 ric.): ‘a) violazione dell’art. 112 c.p.c.; b) omessa/erronea pronuncia in ordine alla qualificazione giuridica dei ricorrenti quali eredi beneficiati ed in ordine alla responsabilità degli stessi rispetto al debito tributario accertato in capo al ‘de cuius’; c) omessa/erronea pronuncia in ordine alla presunta estraneità della fase dell’iscrizione a ruolo rispetto a quella dell’accertamento’.
La CTR della RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello sulla base, essenzialmente, della seguente motivazione:
La sentenza in questa sede di gravame avversata ha preliminarmente: 1) riconosciuto in capo ai ricorrenti la pacifica e documentata – qualità di eredi con beneficio di inventario; ; 3) affermato che “l’agente della riscossione sarà tenuto, in sede di eventuale esecuzione forzata (‘id est’ recupero: ndr), a verificare preventivamente l’attualità del limite di responsabilità derivante dall’accettazione beneficiata …. ” e “in quelle sedi (leggi fase dell’iscrizione a ruolo e della riscossione: ndr) tutti i soggetti che si vedranno … aggrediti per rispondere di un debito del sig. COGNOME NOME potranno legittimamente far valere le limitazioni RAGIONE_SOCIALE loro rispettive responsabilità”.
Sulla scorta di tali premesse, e sostanzialmente sulla inadeguatezza dell’azione proposta in prime cure, tendente non tanto (e fisiologicamente) alla critica dell’effettuato accertamento dell’obbligazione tributaria in capo al ‘de cuius’, ma piuttosto ad anticipare rilievi esonerativi da
responsabilità future di tipo soggettivo, proponibili in sede di iscrizione a ruolo e di riscossione , la sentenza impugnata, con pronuncia, come suole definirsi, di “rigetto satisfattivo”, ha respinto l’impugnativa “sia pure nei limiti e con le prescrizioni innanzi riportate” e disposto la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
Tale decisione viene ora avversata al fine di conseguire, in favore degli appellanti medesimi, una declaratoria di non dovutezza RAGIONE_SOCIALE somme eccedenti l’attivo ereditario, in applicazione, per effetto della distinzione del patrimonio del defunto da quello dell’erede, dell’art.490, primo comma n. 2, del codice civile.
Ma questo è ‘in re ipsa’ secondo la disciplina civilistica di tale istituto di diritto successorio, tenendo presente, in coerenza, che l’erede “beneficiato” diviene amministratore del patrimonio ereditario nell’interesse dei creditori del defunto e dei legatari per beni che gli appartengono (tant’è vero che, dopo la liquidazione del patrimonio, le attività eventualmente residue rientrano nella sua disponibilità, cfr. art. 508, ultimo comma, c.c.), che sono suoi e che quindi legittimamente gli possono essere rivolte le richieste e le comunicazioni da parte dei creditori del defunto.
Propongono ricorso per cassazione i contribuenti con due motivi, L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Nullità della sentenza per ‘error in procedendo’: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su uno dei motivi di gravame, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’.
1.1. ‘Alla CTR era ben chiaro quale fosse il ‘petitum’ dell’azione proposta dagli odierni ricorrenti (‘prendere atto dell’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario da parte degli odierni
ricorrenti e dichiarare che l’eventuale somma dovuta dal per effetto dell’accertamento di cui sopra venga circoscritta a carico dei ricorrenti esclusivamente nei limiti derivanti dall’avvenuta accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario’). A questa domanda la Commissione Tributaria Regionale però non ha dato risposta, violando così l’art. 112 c.p.c.’. ‘Se è vero, infatti, che i Sigg.ri COGNOME/COGNOME non hanno mosso alcuna specifica contestazione rispetto al merito della pretesa avanzata dall’RAGIONE_SOCIALE, è altrettanto vero, tuttavia, che gli stessi hanno comunque legittimamente proposto ricorso per far valere tramite un accertamento giudiziale -il limite della propria responsabilità quali eredi beneficiati. Il beneficio d’inventario, infatti, rappresenta una modalità di accettazione dell’eredità e non solleva ‘tout court’ gli eredi dalla responsabilità patrimoniale per i debiti tributari, ma attribuisce loro il diritto a non rispondere per un valore superiore rispetto a quello dei beni lasciati dal ‘de cuius’: ed è proprio il riconoscimento di tale diritto che è stato espressamente invocato sin dal ricorso introduttivo del presente giudizio. Senonché, nel caso in specie, la CTP di RAGIONE_SOCIALE, prima, e la CTR dopo, hanno omesso di pronunciarsi in ordine a tale precisa richiesta’.
Secondo motivo: ‘Nullità della sentenza per ‘error in procedendo’ per motivazione meramente apparente, inadeguata, contradittoria e perplessa, con riguardo all’art. 111 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’.
2.1. ‘La Commissione Regionale se, nel dispositivo, ‘rigetta l’appello … con conferma della sentenza di primo grado’, in un ‘obiter dictum’ nel corpo motivazionale, afferma invece che, come riconosciuto in primo grado, la ‘non dovutezza RAGIONE_SOCIALE somme eccedenti l’attivo ereditario disciplina civilistica di tale istituto di diritto successorio’. Tale
riconoscimento, tuttavia, risulta evidentemente in contrasto proprio con l’esito della sentenza ovvero con il ‘decisum’. La sentenza oggetto del presente gravame è censurabile sia sotto il profilo di ‘motivazione apparente’, sia sotto quello di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, ed ancora sotto il profilo di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.
Il secondo motivo, che assume priorità logica, è infondato.
La sentenza impugnata esprime una motivazione effettiva, non solo dal punto di vista grafico, ma anche dal punto di vista contenutistico, in coerenza con il dispositivo. Essa, infatti, perviene alla decisione di rigetto dell’appello sul rilievo che i limiti della responsabilità dell’erede accettante con beneficio d’inventario sono già contenuti nella corrispondente disciplina codicistica, da farsi valere nella fase della riscossione, ragion per cui sarebbe ultronea una pronuncia anticipata sul punto in sede già di impugnazione dell’avviso di accertamento. Offre conferma di tale ‘modus opinandi’ in sé coerente -della CTR l’evocazione da parte della medesima della categoria dottrinaria della pronuncia di ‘rigetto satisfattivo’ per descrivere la sostanza decisoria della condivisa sentenza della CTP.
4. Fondato è il primo motivo.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, come tosto si vedrà, appare orientata nel senso di affermare -ed in tal senso enunciasi principio di diritto -che l’erede beneficiato ha interesse a reagire avverso l’avviso di accertamento intestato al ‘de cuius’ ed al medesimo notificato in qualità di successore, per far constare la sua qualità soggettiva e, in dipendenza da essa, per far contenere l’entità della pretesa tributaria, comunque, entro il limite dell’attivo ereditario ai sensi dell’art. 490 cod. civ.
La premessa del ragionamento, da cui correttamente muove il motivo, è che il giudizio tributario, a differenza del giudizio amministrativo in sede di cd. giurisdizione generale di legittimità, non è un giudizio sull’atto, ma un giudizio sul rapporto, con conseguente cognizione piena in ordine ad ‘an’ e ‘quantum debeatur’, in specifico riferimento al soggetto attinto come debitore (cfr. ad es. recentemente Cass. n. 22770 del 2022: ‘Il processo tributario ha ad oggetto il rapporto e non la mera illegittimità dell’atto, di talché quest’ultima non comporta sempre ed automaticamente l’accoglimento integrale del ricorso del contribuente, dovendo il giudice esercitare i propri poteri estimativi e anche sostitutivi, provvedendo se del caso a rettificare gli importi richiesti’).
Sul fondamento di tale premessa questa Suprema Corte ha già avuto modo di esplicitare che ‘l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non determina di per sé sola il venir meno della responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questi ultimi a non rispondere ‘ultra vires hereditatis’, cioè al di là del valore dei beni lasciati dal de cuius’; donde ‘gli eredi, nei cui confronti l’Ufficio faccia valere le proprie pretese creditorie tributarie, hanno interesse a far valere la limitazione della propria esposizione debitoria mediante un accertamento giudiziale; ed a tale interesse degli eredi si contrappone quello dell’Ufficio di fare accertare la sussistenza del debito tributario del ‘de cuius’, debito che diventerà esigibile nei confronti degli eredi solo quando sarà chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari e sempre che sussista un residuo attivo in favore degli eredi’ [così, in motiv., Cass. n. 23961 del 2019, in tema di avviso di accertamento, che richiama Cass. n. 23019 del 2016 e Cass. n. 14847 del 2015 -cui ‘adde’ anche Cass. n. 11458 del 2018 -in tema di cartella di pagamento; in particolare, in motiv., Cass. n. 23019 del 2016, richiamando
precedenti non più recenti, puntualizza: ‘L’erede nei cui confronti il creditore faccia valere la propria pretesa creditoria illimitata – come nel caso di specie, con la notifica della cartella per l’intero importo del debito tributario – ha interesse a far valere la limitazione della propria esposizione debitoria mediante un accertamento giudiziale in mancanza del quale il titolo non sarebbe più contestabile in sede esecutiva (v. Cass. n. 4633/1992, n. 2442/1987)’].
Ne consegue che, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e, in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della RAGIONE_SOCIALE, Sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 12 aprile 2024.