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Enunciazione atto non registrato: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31833/2024, ha chiarito i limiti di applicazione dell’imposta di registro in caso di enunciazione atto non registrato. La pretesa dell’Agenzia delle Entrate per la tassazione di un contratto di finanziamento menzionato in un decreto ingiuntivo è stata respinta. La Corte ha stabilito che, in assenza di perfetta identità soggettiva tra le parti del contratto originario (mutuante e mutuatario) e quelle dell’atto che lo enuncia (cessionario del credito e debitore), l’imposta sull’atto enunciato non è dovuta.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Enunciazione Atto Non Registrato: La Cassazione e il Requisito dell’Identità delle Parti

Il principio dell’enunciazione atto non registrato, disciplinato dall’articolo 22 del Testo Unico sull’Imposta di Registro, rappresenta una delle norme fiscali più complesse e dibattute. Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31833 del 10 dicembre 2024, è tornata sul tema, offrendo chiarimenti decisivi, in particolare quando interviene una cessione del credito. La pronuncia stabilisce un principio chiaro: se le parti dell’atto enunciante non sono le stesse dell’atto enunciato, l’imposta non è dovuta. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il Contesto del Caso: Un Decreto Ingiuntivo e un Contratto “Nascosto”

La vicenda trae origine da un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’amministrazione finanziaria richiedeva il pagamento dell’imposta di registro su un contratto di finanziamento che era stato semplicemente menzionato (enunciato) all’interno di un decreto ingiuntivo.

In dettaglio, una società finanziaria aveva concesso un prestito a un consumatore. Successivamente, il credito derivante da tale prestito era stato ceduto a un’altra società. Quest’ultima, per recuperare il proprio credito, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore. Proprio in questo decreto ingiuntivo veniva fatto riferimento al contratto di finanziamento originario, che non era mai stato registrato. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo applicabile il principio di enunciazione, ha preteso l’imposta di registro anche sul contratto di finanziamento.

La Questione Giuridica: L’Enunciazione e il Vincolo dell’Identità Soggettiva

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 22 del d.P.R. n. 131/1986. Questa norma stabilisce che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in altri atti non registrati, l’imposta si applica anche a queste ultime, ma a una condizione fondamentale: che siano state poste in essere “fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione”.

Il contribuente sosteneva che tale condizione non fosse soddisfatta. Le parti del decreto ingiuntivo (l’atto enunciante) erano la società cessionaria del credito e il debitore. Le parti del contratto di finanziamento (l’atto enunciato), invece, erano la società finanziaria originaria e lo stesso debitore. Poiché il creditore era diverso, mancava il requisito dell’identità soggettiva, rendendo illegittima la pretesa fiscale.

La Decisione della Cassazione sull’Enunciazione Atto Non Registrato

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi del contribuente, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Gli Ermellini hanno confermato che il presupposto dell’identità soggettiva è indefettibile e deve essere interpretato in senso rigoroso.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che l’autonomia dei singoli negozi giuridici è un principio cardine in tema di imposta di registro. La cessione del credito, pur trasferendo la titolarità del diritto, non determina una successione della parte cessionaria nella stessa posizione contrattuale del cedente ai fini dell’applicazione dell’art. 22.

I giudici hanno chiarito che le parti del giudizio monitorio (la società cessionaria e il debitore) sono diverse da quelle del contratto di finanziamento originario (la società cedente e il debitore). Questa diversità oggettiva esclude l’applicazione dell’imposta per enunciazione. La Corte ha richiamato numerosi precedenti conformi (tra cui Cass. n. 16662/2020 e Cass. Sez. U. n. 14432/2023), consolidando un orientamento che protegge il contribuente da interpretazioni estensive della norma fiscale. In sostanza, il subentro del cessionario nei diritti del cedente non crea quella medesimezza soggettiva formale richiesta dalla legge per tassare l’enunciazione atto non registrato.

Le Conclusioni

La sentenza ha importanti implicazioni pratiche, specialmente nel settore del recupero crediti e delle operazioni di cessione. Viene stabilito con fermezza che l’Agenzia delle Entrate non può pretendere l’imposta di registro su un contratto enunciato in un atto giudiziario se il creditore che agisce in giudizio è un cessionario del credito e non il contraente originario. Questa decisione rafforza la certezza del diritto, limitando l’imposizione fiscale ai soli casi in cui vi sia una perfetta e formale coincidenza delle parti tra l’atto enunciante e quello enunciato. Per le società che acquistano crediti, ciò significa una minore esposizione a pretese fiscali inattese durante le fasi di recupero giudiziale.

Quando si applica l’imposta di registro per l’enunciazione di un atto non registrato?
L’imposta si applica, secondo l’art. 22 del d.P.R. 131/1986, solo se l’atto enunciato è stato stipulato tra le stesse identiche parti che hanno posto in essere l’atto che lo enuncia. Se c’è una diversità anche solo in una delle parti, l’imposta non è dovuta.

La cessione del credito crea l’identità soggettiva richiesta dalla legge per tassare l’atto enunciato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il subentro del cessionario nei diritti del creditore originario non è sufficiente a creare la medesimezza soggettiva. Le parti dell’atto originario e quelle dell’atto successivo (ad esempio, un decreto ingiuntivo richiesto dal cessionario) restano formalmente diverse, impedendo la tassazione dell’atto enunciato.

Un decreto ingiuntivo che menziona un contratto di mutuo stipulato da parti diverse fa scattare la tassazione del mutuo stesso?
No. Se il decreto ingiuntivo è richiesto da un soggetto (es. il cessionario del credito) che non era parte del contratto di mutuo originario, la menzione di tale contratto nel decreto non fa scattare l’obbligo di pagare l’imposta di registro sul mutuo, proprio per la mancanza del requisito di identità soggettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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