Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31833 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31833 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4196/2022 proposto da:
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
-avverso la sentenza n. 686/03/2021 emessa dalla CTR Abruzzo in data 08/10/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE (quale procuratrice generale ad negotia e ad litem
Avviso liquidazione imposta registro -Atto enunciato – Contratto di mutuo
della Banca Popolare dell’Emilia Romagna Europe International S.A., ultima cessionaria del credito derivante dal contratto di finanziamento intercorso tra il cliente COGNOME COGNOME Enzo e la Fiditalia s.p.a.) impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro in misura fissa relativa ad un decreto ingiuntivo (concernente il credito scaturente dal suddetto contratto di finanziamento) e all’enunciato (ai sensi dell’art. 22 dPR n. 131/1986) contratto di mutuo con cui la Fiditalia s.p.a. aveva concesso il finanziamento a COGNOME.
La CTP di Teramo rigettava il ricorso.
Sull’appello della contribuente, la CTR dell’Abruzzo accoglieva il gravame e, per l’effetto, annullava l’atto impositivo limitatamente all’imposta di registro applicata al negozio enunciato, evidenziando che, nella fattispecie, mancava l’indefettibile requisito dell’identità soggettiva tra il decreto ingiuntivo e l’atto di cessione (non essendo, da un lato, la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE parte del procedimento monitorio da cui scaturiva il d.i. e, dall ‘altro lato, COGNOME Enzo parte del successivo contratto di cessione del credito) e che dall’esame del decreto ingiuntivo emergeva che nessuna enunciazione era contenuta nel provvedimento giudiziario in relazione al rapporto di mutuo tra il COGNOME e la Fiditalia s.p.a..
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi. La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22, 37 e 40 dPR n. 131/1986, 3 e 10 dPR n. 633/1972 e 12601265 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che la corrispondenza tra le parti intervenute nell’atto enunciato , che non è la cessione del credito, ma l’originario contratto di finanziamento, e in quello enunciante, ossia il decreto ingiuntivo, di cui all’art. 22 citato, deve reputarsi riferita anche a tutti i soggetti (ivi compreso il cessionario del credito) che, pur non essendo intervenuti nell’atto e pur non avendolo sottoscritto, risentono direttamente dei suoi effetti.
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di imposta di registro, ove viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva, vale il principio dell’autonomia dei singoli negozi, come si desume in modo inequivoco dalla previsione dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la quale stabilisce che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate (Cass. n. 4096 del 2012).
Venendo alla censura che fa leva sulla mancata corrispondenza tra le parti processuali del provvedimento giudiziario sottoposto a registrazione e quelle dell’atto enunciato, va preliminarmente evidenziato che l’affermazione contenuta nella sentenza impugna ta non si riferisce in via esclusiva alla successiva cessione del credito, ma anche al contratto di mutuo (<>).
Ciò debitamente premesso, l’art. 22 del d.P.R. 131 del 1986 recita: «Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nell’art. 37, l’imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita».
Orbene l’atto contenente l’enunciazione, di cui si fa menzione nel primo comma, comprende contratti, atti giuridici o provvedimenti giudiziari, e quindi anche decreti ingiuntivi; solo per gli atti giudiziari il comma terzo
dell’art 22 d.P.R. citato limita la possibilità di applicare l’imposta ai soli atti enunciati non ancora eseguiti.
E’ fuor di dubbio che le parti del giudizio monitorio (RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice generale ad negotia e ad litem della Banca Popolare dell’Emilia Romagna -Europe International S.A. – creditore procedente -, e COGNOME COGNOME Enzo – debitore ingiunto -) sono in parte diverse da quelle del contratto di finanziamento (RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE -mutuante – e COGNOME COGNOME Enzo -mutuatario -) così come autonome e distinte sono le situazioni giuridiche sottese all’atto enunciato e a quello enunciante, perdipiù nel caso in esame mediate dalla cessione del credito. E l’autonomia delle situazioni giuridiche non consente di applicare il ‘significato lato e sostanziale’ del termine “parte”, utilizzato dall’art. 22 TUR, secondo i chiarimenti resi da questa Corte (Cass., Sez. U., Sentenza n. 14432 del 24/5/2023).
D’altronde, con riferimento all’analoga ipotesi di diversità tra i soggetti dell’atto enunciato costituito da cessione del credito e quelli del decreto ingiuntivo, questa Corte, nella recente sentenza n. 16662 del 2020, ha affermato, sulla scorta dei principi già affermati da Cass. n. 1125 del 2000, che il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione al momento della presentazione del decreto ingiuntivo, per carenza delle condizioni di identità soggettiva (in questi stessi termini si è espressa Cass., 29/09/2021, n. 8669; conformi , in relazione alle medesime parti dell’odierno giudizio, Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 18091 del 6/07/2022; Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 24969 del 19/08/2022).
Né può conferirsi rilevanza alla circostanza che il cessionario subentri negli stessi diritti del cedente, atteso che, a meno che non venga dimostrato il carattere abusivo della cessione (la quale, peraltro, nel caso di specie, rileva
solo ai fini della legittimazione ad agire in capo alla cessionaria Banca Popolare dell’Emilia -Romagna (Europe) International S.A. , laddove l’atto enunciato è da identificare col contratto di mutuo), sul piano formale non vi è medesimezza soggettiva tra i due atti (contratto di credito al consumo e decreto ingiuntivo) sottoposti ad imposizione.
Di qui anche nel caso in esame, relativo ad un mutuo, l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, per la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato.
Ne consegue che, essendo la pronuncia sul punto fondata su due autonome rationes decidendi , l’infondatezza della prima determina l’irrilevanza dell’accoglimento della seconda.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 dPR n. 131/1986 e 1260-1265 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR illegittimamente, a suo dire, preteso un onere ‘aggravato’ di descrizione dell’atto enunciato, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi essenziali per l’individuazione delle causali sulla base delle quali si ingiungeva il pagamento delle somme richieste.
2.1. Il motivo resta assorbito nel rigetto del precedente.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 d.lgs. n. 546/1992, 37 dPR n. 131/1986 e 8 della Tariffa allegata al detto dPR, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, ove non avesse riconosciuto la corretta applicazione del principio di enunciazione né l’identità sostanziale tra l’originario creditore ed il soggetto richiedente il d.i., avrebbe dovuto applicare il principio di alternatività IVA/registro di cui all’art. 40 TUR,
considerato che l’operazione soggetta ad IVA (vale a dire, il finanziamento concesso dalla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE al Graziano) non era stata posta in essere dal soggetto che aveva richiesto ed ottenuto il d.i. in proprio favore.
4.1. Il motivo è inammissibile.
E’ vero che il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6918 del 20/03/2013; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26157 del 21/11/2013; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19750 del 19/09/2014).
Ma è altrettanto vero che, nel caso di specie, poiché della specifica questione (non inquadrabilità dell’operazione in ambito IVA, con conseguente non applicabilità del principio di alternatività IVA/registro) non vi è cenno nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale l’avesse tempestivamente sollevata. Di contro, è lo stesso Ufficio ad ammettere (cfr. pag. 3 del ricorso) di aver assoggettato il contratto di finanziamento ad imposta di registro in misura fissa non solo in quanto sussisteva il requisito soggettivo, essendovi identità sostanziale tra le parti del procedimento monitorio e quelle del finanziamento (in virtù delle intervenute cessioni di credito), ma anche sotto il profilo oggettivo, in quanto l’atto enunciato era pur sempre il contratto di finanziamento, posto a base dell’emissione del decreto ingiuntivo.
Del resto, non è in discussione l’applicazione (riconosciuta in sede di appello) dell’imposta di registro in misura fissa con riferimento al decreto ingiuntivo.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento. Nessuna pronuncia va adottata in ordine alle spese del
presente giudizio, non avendo l’intimata svolto difese.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, dPR 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 – Ordinanza nr. 1778 del 29/01/2016).
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 29.11.2024.