Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15334 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15334 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11212/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente –
CONTRO
COGNOME NOME, in qualità di socio e liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME in liquidazione , rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME del foro di Roma, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1644/9/2016 della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. distaccata di Salerno, depositata in data 23.2.2016;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 16.4.2025 dal consigliere dal Cons. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
IRPEF- UTILI DI IMPRESA -IMPUTAZIONE AL SOCIO PER TRASPARENZA -ERRORE MATERIALE IN DICHIARAZIONE -EMENDABILITA’.
1.Vottariello NOME, agendo nella duplice veste di socio e legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, impugnava l’avviso di accertamento N. TFK010101786/2012, conseguente ad omessa dichiarazione di reddito di partecipazione in società di persone per l’anno di imposta 2007, preceduto da invito a comparire n. I00679/2012 rimasto senza esito, sostenendo che l’utile della società, di cui era socio al 100%, per l’esercizio 2007 non era quello dichiarato dalla società’ stessa (euro 836.388,00), ma ammontava alla minor somma di euro 14.772,81 e che l’indicazione della maggior somma nella dichiarazione presentata dalla società era frutto di un errore di fatto.
La CTP di Avellino accoglieva il ricorso, ritenendo dimostrato l’errore di fatto posto in essere dalla società nella propria dichiarazione, sulla base delle scritture contabili e del bilancio prodotti in giudizio dalle parti ricorrenti.
La C.T.R. della Campania rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che l’Ufficio sembrava concentrare i suoi sforzi per sostenere che la materia del contendere si riferisse all’art. 5 del T.U.I.R. 917/86, anziché prendere ‘ in considerazione l’errore di fatto commesso dalla società nella redazione della dichiarazione e, nello stesso, tempo, i dati emergenti dalla contabilità, che sono la conferma dell’errore stesso ‘.
Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi.
COGNOME NOME e la società resistono con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con primo motivo di ricorso -rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1,
n. 4, c.p.c ..» l’Agenzia delle Entrate censura l’operato della C.T.R. per aver omesso di esaminare gli specifici motivi di gravame con i quali l’ufficio aveva puntualmente contestato la sussistenza e la rilevanza dell’errore, nonché la tardività dell’eccezione, alle pagine 510 dell’atto di appello, ed in particolare i motivi 2 ( ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 32, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 600/73 ‘) e 3 (‘ violazione dell’art. 36 del decreto legislativo n. 546/92: difetto ed illogicità della motivazione. Travisamento dei fatti di causa’). Precisa, al riguardo, che con il secondo motivo di appello, che trascrive, erano state puntualmente contestate la sussistenza e la rilevanza del preteso errore, evidenziandosi che il ricorrente non aveva reso i chiarimenti richiesti, decadendo dalla possibilità di far valere i documenti non esibiti in fase amministrativa, non avendo invocato in modo chiaro ed esplicito e tampoco provato l’esimente costituita dall’impossibilità derivante da causa non imputabile di esibire la documentazione. La C.T.R. aveva dato ingresso a documentazione che invece avrebbe dovuto essere ritenuta inammissibile, senza esprimersi sulla doglianza proposta. Con il terzo motivo di appello, che trascrive, l’Ufficio aveva dedotto che la C.T.P. aveva violato l’art. 36 del decreto legislativo n. 546/92, lamentando difetto ed illogicità della motivazione e travisamento dei fatti di causa, per aver fatto applicazione del principio di emendabilità della dichiarazione, neppure invocato dal contribuente, affermando che ‘ dalla documentazione prodotta da parte ricorrente si rileva che nella dichiarazione relativa all’anno precedente ( 2006) la società in questione aveva riportato rimanenze consistenti in lavori in corso e materiale di rimanenza’. Tale argomentazione era stata espressamente censurata dall’Ufficio, che ne aveva evidenziato l’erroneità, posto che, al contrario, nella dichiarazione dei redditi presentata dalla società per l’anno 2006, che produceva, non risultava alcuna somma esposta nel quadro RF (rigo RF60) a titolo di rimanenze finali,
sicchè il ragionamento seguito dai primi giudici avrebbe potuto avere un senso se fosse stato dimostrato che nella dichiarazione fiscale per l’anno 2006 le rimanenze, che costituiscono elementi attivi del conto economico dell’impresa, contrapponendosi ai costi sostenuti per la loro produzione o acquisizione, erano già state sottoposte a tassazione, il che era da invece da escludersi, dal momento che non erano state indicate, per cui le rimanenze, di contro indicate per l’anno di imposta 2007 nella dichiarazione integrativa modello Unico 2008 presentata dalla società, erano state correttamente assoggettate a tassazione.
Sarebbe pertanto evidente, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’omessa pronuncia sui predetti motivi di appello, non essendo presente nella motivazione alcuna argomentazione al riguardo.
2. Con il secondo mezzo -rubricato « violazione e falsa applicazione degli art. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.. .» -l’Agenzia deduce che, la C.T.R., laddove aveva ritenuto che ‘ la dichiarazione dei redditi è sempre emendabile, non solo in sede di rimborso, ma anche in fase contenziosa come di specie ‘ e che ‘ la società contribuente ha prodotto, a maggior sostegno di tale tesi, una propria perizia giurata ‘, mostrava di non aver esaminato neppure le deduzioni formulate dall’ufficio con il primo motivo di appello, nel quale era stata dedotta, alle pagine 4 e 5, la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del TUIR N. 917/1986’, evidenziandosi che era stato imputato al socio, in base al principio di trasparenza, il reddito di impresa esposto dalla società nella dichiarazione integrativa presentata in data 30.9.2009, nella quale esponeva un utile di euro 843.373,00 e un reddito di impresa di euro 836.388,00, dati indicati nel quadro RF del Modello Unico Società di Persone 2008 e che, sulla base di tale presupposto, l’Ufficio non aveva fatto altro che attribuire il reddito di partecipazione nella misura e secondo la quota di partecipazione indicata nel quadro RK della dichiarazione fiscale presentata dalla
società. La RAGIONE_SOCIALE si era limitata ad affermare l’emendabilità della dichiarazione, dando per pacifico l’invocato errore di fatto senza fornire alcuna spiegazione in ordine alle circostanze evidenziate dall’Ufficio nell’atto di appello.
3.Con il terzo motivo -rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., assume che la decisione è comunque errata, in quanto la C.T.R. applicando il principio dell’emendabilità della dichiarazione, peraltro nemmeno invocato dal contribuente, ha affermato che la perizia di parte prodotta dall’appellato non era stata contestata dall’Ufficio. La perizia non era stata contestata, in quanto nulla aggiungeva a quanto già dedotto dal contribuente e contestato dall’Ufficio, che aveva appunto fatto rilevare che nella dichiarazione dei redditi presentata dalla società per l’anno di imposta 2006 nessuna somma era stata indicata a titolo di rimanenze finali nel quadro RF (RIGO RF60), sicchè il ragionamento seguito dai giudici di seconde cure avrebbe potuto avere un senso se fosse stato dimostrato che nella dichiarazione fiscale per l’anno 2006 le rimanenze erano già state sottoposte a tassazione, il che era da escludersi, visto che non erano state indicate. Per tale ragione, le rimanenze, di contro indicate per l’anno di imposta 2007 nella dichiarazione integrativa modello Unico 2008, erano state correttamente assoggettate a tassazione. Non era pertanto stato affatto dimostrato che tali rimanenze esistevano già nell’anno precedente, né che fossero state già sottoposte a tassazione.
4.I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono ammissibili e fondati.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’omesso esame di un motivo di appello integra il vizio di omessa pronuncia ed è censurabile come error in procedendo , ai sensi del n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. (tra le tante, Cass. n. 11844/2006, Cass. n. 11142/2011, Cass. n. 29952/2022). E’ stato altresì
precisato che la decisione del giudice di secondo grado che, richiamando per relationem le ragioni svolte dal primo giudice, non esamini e non decida un motivo di censura alla sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 12475/2004, Cass. n. 27387/2005, 1755/2006, Cass. n. 12952/2007 e, tra le più recenti, Cass. n. 29952/2022, Cass. n. 21444/2024).
4.1 Come si evince dal testo della sentenza impugnata, la C.T.R., pur avendo dato atto, nella parte in fatto, che la parte appellante aveva proposto tre motivi di appello:’ 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del TUIR n. 917/86 sull’imputazione dei redditi da partecipazione, indipendentemente dalla percezione; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 32, commi 4 e 5, D.P.R. 600/73, sulla omessa e tardiva produzione di documentazione; 3) violazione dell’art. 36 d. lgs. 546/92: difetto ed illogicità della motivazione. Travisamento dei fatti di causa .’, nella parte motiva non ha in alcun modo esaminato il secondo motivo di gravame, puntualmente trascritto nei suoi esatti termini nel presente ricorso, con il quale l’Ufficio aveva lamentato l’illegittima ammissione, da parte della C.T.P., della documentazione contabile prodotta dalle parti ricorrenti in primo grado.
4.2. Quanto al terzo motivo di gravame, anch’esso puntualmente trascritto nel presente ricorso, la C.T.R. si è limitata, del tutto acriticamente, a ‘ condivide (re) l’iter logico giuridico seguito dai primi giudici che hanno ammesso le rimanenze del precedente anno per euro 819.600,00’ , senza svolgere alcuna argomentazione giustificativa della reiezione del motivo di appello, che mirava appunto a sostenere che l’errore, dato per provato dai primi giudici, era in realtà del tutto insussistente, poiché la tesi, posta a base della decisione di primo grado, secondo cui nella dichiarazione relativa all’anno di imposta 2006 la società aveva riportato
rimanenze consistenti in lavori in corso e materiali di rimanenza per euro 819.600,00 era smentita documentalmente, ciò emergendo proprio dalla dichiarazione della società relativa all’anno di imposta 2006.
4.3. Quanto, infine, al primo motivo di gravame, oggetto del secondo motivo di ricorso, la C.T.R. si è limitata anche in questo caso a riprodurre sostanzialmente la sentenza di primo grado in punto di emendabilità della dichiarazione senza illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere la doglianza formulata dall’Ufficio, che faceva riferimento alla dichiarazione integrativa presentata, in data 30.9.2009, dalla società per il medesimo anno di imposta, nella quale esponeva un utile di euro 843.373,00 e un reddito di impresa di euro 836.388,00, dati indicati nel quadro RF del Modello Unico Società di Persone 2008, presupposto in base al quale, l’Ufficio aveva attribuito il reddito di partecipazione nella misura e secondo la quota di partecipazione indicata nel quadro RK della dichiarazione fiscale presentata dalla medesima società.
Sussiste dunque il lamentato vizio di omessa pronuncia su tutti e tre i motivi di appello formulati dall’Agenzia delle Entrate .
Il terzo motivo rimane assorbito.
La sentenza va pertanto cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sez. distaccata di Salerno, in diversa composizione, la quale provvederà ad esaminare compiutamente tutti i motivi di gravame, oltre alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Corte di giustizia di secondo grado della Campania, sez. distaccata
di Salerno, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.4.2025.