Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28593 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28593 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/10/2025
Oggetto : Cartella di pagamento IRES 2015 – Notifica da indirizzo pec non iscritto in pubblico registro – Validità – Agevolazioni RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30557/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec del difensore EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimate – avverso la sentenza della Commissione regionale tributaria della Campania, n. 3912/01/2021, depositata in data 6 maggio 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. L ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riscossione notificava all a società RAGIONE_SOCIALE la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, relativa ad IRES 2015 (per Euro 129.485,20), a seguito di controllo automatizzato eseguito ex art. 36bis d.P.R. n. 600/1973 sul Modello Unico 2016. Nella dichiarazione la società aveva riportato un credito IRES per Euro 89.101,00, per agevolazioni ex art. 6 l. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), disconosciuto dall’Ufficio per difetto del requisito soggettivo della indipendenza del la contribuente, in quanto partecipata all’85% dalla RAGIONE_SOCIALE (capogruppo).
La società proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta (d’ora in avanti, per brevità, CTP), deducendo: a) la nullità della pretesa erariale per violazione degli artt. 36bis e 36ter d.P.R. n. 600/1973; b) l’inesistenza della notifica della cartella di pagamento; c) la nullità della cartella per vizio di motivazione; d) la violazione RAGIONE_SOCIALE norme in materia di consolidato fiscale; e) l’omessa redazione del PVC prima della notifica dell’atto.
La CTP rigettava il ricorso, ritenendo violato il disposto dell’art. 1, comma 4, D.M. 18 settembre 1997, per essere la contribuente partecipata all’85% da altra società (capogruppo); evidenziava, poi, che la società pretendeva di recuperare perdite mai dichiarate.
2. La società proponeva appello avverso la decisione dei giudici di primo grado, affidandosi a 4 motivi: a) la violazione dell’art. 6, comma 13, l. 388/2000 e del D.M. 18 aprile 2005; b) la nullità della sentenza per soddisfacimento RAGIONE_SOCIALE linee guida RAGIONE_SOCIALE Risoluzioni n. 132/E/2010 e n. 58/E/2016; c) la nullità della cartella di pagamento per violazione dell’art. 42, commi primo e terzo, del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 7 l. 212/2000, stante la mancata motivazione sugli interessi e sulle sanzioni; d) l’om essa pronuncia sugli ulteriori (rispetto all’inesistenza della notifica della cartella ed alla carenza dei requisiti di forma e di motivazione della stessa) motivi di doglianza proposti con il ricorso introduttivo.
La Commissione tributaria regionale della Campania rigettava il ricorso evidenziando, preliminarmente, che il primo giudice aveva trattato tutti i motivi di ricorso riguardanti la pretesa tributaria. Nel merito, riteneva inammissibili i primi due motivi di appello, aventi ‘ad oggetto il merito del beneficio fiscale presupposto del credito i n questione’, non già ‘la materia del contendere costituita dalla cartella di pagamento, ma il diritto al recupero di un credito che la società contribuente, una volta esclusa la possibilità del recupero del credito in mancanza di perdite dichiarate negli anni precedenti, avrebbe potuto azionare per altra via’ (ultima pagina della sentenza). Rigettava il terzo, ritenendo congruamente motivata (in punto di interessi e sanzioni) la cartella impugnata, attraverso il riferimento alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta (per gli interessi) ed alla norma di legge che ne disciplina il calcolo (per le sanzioni).
Contro la decisione della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a cinque motivi. L’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate .
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per l’8 ottobre 2025.
Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dr. NOME COGNOME, ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ. con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 53 comma 1 d.lgs. 546/92 ». In particolare, deduce che la CTR avrebbe erroneamente dichiarato inammissibili i primi due motivi di appello, evidenziando al contrario che gli stessi ‘vertono sulla spettanza del credito che l’RAGIONE_SOCIALE ha illegittimamente iscritto a ruolo’ (pag. 6 del ricorso), ovvero sull’esistenza dei requisiti per usufruire dell’agevolazione RAGIONE_SOCIALE. Infatti, la nullità della pretesa erariale, eccepita sin dal
ricorso introduttivo dalla società, era fondata proprio sulla sussistenza dei presupposti della detta agevolazione.
Il motivo è fondato.
Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, i primi due motivi di appello non esulavano dalla materia del contendere, vertendo sul riconoscimento RAGIONE_SOCIALE agevolazioni previste dalla RAGIONE_SOCIALE, idoneo, secondo la prospettazione della contribuente, a paralizzare la pretesa erariale.
La questione della possibilità, per il contribuente, di far valere in sede contenziosa il proprio diritto al rimborso di somme versate in eccesso è stata affrontata da questa Corte: nel 2016 le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13378, hanno affermato che in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 solo se diretta ad evitare un danno per la P.A., mentre, se intesa ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro il diverso termine previsto dalla legge.
È vero che il comma 8 dell’art. 2 d.P.R. n. 322/1998 è stato novellato dall’art. 5 d.l. n. 193/2016, conv. dalla I. 225/2016, ed attualmente dispone che «le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare …(omissis) non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600».
Ma la novella legislativa, la quale non discrimina più, ai fini della rettifica, tra dichiarazione “a favore” e dichiarazione “a sfavore”
del contribuente, prevedendo in entrambi i casi che la dichiarazione integrativa possa essere presentata entro il termine di decadenza dell’Amministrazione dal proprio potere di accertamento, non ha però natura interpretativa e, pertanto, non può applicarsi retroattivamente.
Pertanto, questa Corte è ferma nel ritenere che la novella in oggetto non è applicabile retroattivamente (Cass. 14/12/2022, n. 36704, Cass., 28/06/2019, n. 17506, Cass., 18/01/2019, n. 1291, Cass., 24/08/2018, n. 21120), ed il contribuente che non si avvalga della facoltà di presentare la dichiarazione integrativa (o la presenti tardivamente) non perde il diritto al rimborso (da esercitarsi nel termine previsto dalla legge) né di difendersi in giudizio (in sede di impugnazione di un avviso di accertamento c on il quale l’Ufficio richieda gli importi di cui all’agevolazione de qua ) anche dopo la scadenza del termine per inoltrare la dichiarazione integrativa.
Al riguardo questa Corte costantemente afferma che «in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è emendabile anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8 -bis, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo 9 luglio 1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica» e che, pertanto, deve «riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco – anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato» (Cass. 20/12/2021, n. 40862).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., l’«omess o esame di un fatto decisivo per il giudizio», ovvero la sussistenza dei requisiti per beneficiare RAGIONE_SOCIALE agevolazioni previste dalla RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile e, comunque, assorbito dall’accoglimento del primo, per effetto del quale la CTR dovrà esaminare la sussistenza dei presupposti per fruire dell’agevolazione RAGIONE_SOCIALE.
L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis, prevede, per quanto qui rilevi, che le sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione della norma, molto criticata in dottrina, ha generato numerose questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo.
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della
motivazione (Cass. Sez. U. 7/4/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. n. 12111/2019).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 2474/2017).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. n. 9637/2017).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. n. 9637/2021), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. n. 10525/2022).
Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità RAGIONE_SOCIALE
dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
Alla luce della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata deve osservarsi che nella specie la circostanza di fatto asseritamente omessa integra piuttosto una argomentazione difensiva (ovvero la sussistenza dei requisiti per le agevolazioni di cui alla RAGIONE_SOCIALE).
Inoltre, in presenza di una cd. doppia conforme era onere della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 8515/2020). A tale onere non ha adempiuto la società ricorrente, per cui anche sotto tale profilo il motivo è inammissibile.
3. Con il terzo motivo la società contribuente deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 legge 212/2000 in relazione alla mancata motivazione sugli interessi e sulle sanzioni». Ribadisce che la cartella è totalmente carente nella motivazione in relazione al calcolo degli interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate, contestando la decisione della CTR sul punto; afferma, in particolare, che la decisione della Suprema Corte richiamata dalla CTR sarebbe isolata, a fronte di plurime pronunce secondo cui la cartella di pagamento deve contenere ‘indicazioni sufficienti per consentire al contribuente l’agevole identificazione della causale RAGIONE_SOCIALE somme pretese dall’amministrazione finanziaria’ (pa g. 16 del ricorso).
Il motivo è inammissibile non avendo la società ricorrente riportato nel ricorso il contenuto della cartella, impedendo a questa Corte la verifica della congruità della motivazione della stessa.
Il motivo è, comunque, infondato.
La CTR ha ritenuto congruamente motivata, in punto di interessi e sanzioni, la cartella di pagamento, emessa ex art. 36bis d.P.R. n. 600/1973, mediante ‘il riferimento alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta, in quanto, essendo il criterio di
liquidazione predeterminato dall’art. 20 del d.P.R. n. 602 del 1973, esso si risolve in una mera operazione matematica, mentre, quanto, alle sanzioni, è sufficiente il riferimento alla norma di legge che ne disciplina i criteri di calcolo o alla tipologia della violazione da cui è possibile desumere gli stessi’ (ultima pagina della sentenza).
La decisione, in parte qua , è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U. 14/07/2022, n. 22281; conf. Cass. 23/10/2024, n. 27504), secondo la quale «quanto alle ipotesi di controllo automatizzato – artt. 36-bis d.P.R. n.602/1973 e 54-bis d.P.R. n.633/1972 – è sufficiente evidenziare che il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo alla dichiarazione medesima, proprio con riferimento al debito per tributi vari ed interessi. 13.5.1 Tuttavia, il riferimento agli elementi della dichiarazione – quadro, modulo, rigo, periodo di riferimento, data degli eventuali versamenti tardiviesonera l’amministrazione dall’onere motivazionale in ordine all’obbligazione relativa agli interessi (Cass., 8 marzo 2019, n. 6812, più volte cit.), limitatamente alla decorrenza dell’obbligazione che il contribuente può agevolmente individuare, mentre lascia inalterata la necessità che l’emittente la cartella fornisca l’indicazione del parametro normativo in base al quale l’amministrazione ha proceduto al computo degli interessi indicati in cartella»; «in tema di avviso di accertamento o di liquidazione di maggiori imposte dovute dal contribuente, l’obbligo di motivazione relativo alla pretesa per interessi è assolto attraverso l’indicazione dell’importo monetario richiesto, della relativa base normativa – che può anche essere desunta implicitamente dalla specifica individuazione della tipologia e della natura degli accessori reclamati ovvero dal tipo di tributo cui accedono – e della decorrenza dalla quale sono dovuti, senza necessità di indicare i singoli saggi periodicamente applicati o le modalità di calcolo».
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.» per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame relativo alla ‘omessa considerazione, d a parte dei giudici di prime cure, di alcuni motivi di ricorso’ (pag. 18), ovvero:
-nullità della pretesa erariale per illogicità della stessa e violazione degli artt. 36bis e ter del d.P.R. n. 600/1973 , dell’art. 53 della Costituzione e del D.L. 193/2016;
-nullità dell’atto per carenza dei requisiti formali e motivazione minimi;
-violazione RAGIONE_SOCIALE regole in tema di consolidato di gruppo ex artt. 117 -122 t.u.i.r. e 40bis del d.P.R. n. 600/1973;
-violazione RAGIONE_SOCIALE regole sulla necessaria redazione pvc.
Il motivo è inammissibile non avendo la ricorrente allegato al ricorso per cassazione (o in esso riportato, anche per stralci) l’originario ricorso proposto in primo grado, impedendo così a questa Corte di verificare la sussistenza del lamentato error in procedendo .
Dall’esame del fascicolo di ufficio non si rinviene il ricorso proposto in primo grado.
Con il quinto (ed ultimo) motivo la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione dell’art. 26 D.P.R. 602/73 in combinato disposto con la normativa Cad ed Inipec» per non avere la CTR affermato l’inesistenza della notifica della cartella, in quanto eseguita a mezzo pec proveniente da un indirizzo non inserito nell’elenco IPA.
Il motivo è inammissibile, in quanto avente ad oggetto una doglianza proposta nel ricorso introduttivo di primo grado ma non riproposta (alla luce del contenuto sia del ricorso per cassazione sia della sentenza impugnata) come motivo di appello innanzi alla CTR; sulla questione, quindi, deve ritenersi caduto il giudicato interno.
In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso, rigettati gli altri, la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di
giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ed alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio in relazione alla censura accolta, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2025 .
Il Presidente
NOME COGNOME