Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8000 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8000 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
Oggetto:
imposte dirette ed IVA – avviso di accertamento – elusione RAGIONE_SOCIALE
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26633/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO con domicilio
eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 1947/40/16, depositata l’11 aprile 2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
uditi gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME in sostituzione dell’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, anche quale giudice del rinvio, accoglieva gli appelli proposti da RAGIONE_SOCIALE avverso le sentenze n. 336/08/06 e 22/01/09 della Commissione tributaria provinciale di Frosinone, la prima, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere in relazione all’IRAP e respinto il ricorso della società contribuente contro l’avviso di accertamento per imposte dirette 2002, la seconda che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per imposte dirette 2003.
La Commissione tributaria regionale, previa riunione dei due gravami, osservava in particolare:
-che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva assolto all’onere, previsto dall’ art. 37 bis, comma 4, dPR 600/1973, di provare l’assenza di “valide ragioni economiche” dell’operazione la cui contestazione di “elusività” basava gli atti impositivi impugnati (finanziamento, acquisto di una partecipazione ed incorporazione) né peraltro quello di asseverare la stessa elusività RAGIONE_SOCIALE condotte contestate;
-che di contro la società contribuente aveva invece dimostrato sia la sussistenza RAGIONE_SOCIALE valide ragioni economiche sia l’assenza di vantaggi fiscali indebiti, tanto che a seguito dell’incorporazione della controllata RAGIONE_SOCIALE aveva registrato un disavanzo di fusione pari ad euro 3.391.110, affrancato mediante pagamento dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 6, d.lgs. 358/1997.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Il PG ha depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso RAGIONE_SOCIALEle per tardività.
Rilevato in fatto che la sentenza impugnata è stata depositata l’ 11 aprile 2016 e che non ne risulta la notifica, secondo la normativa processuale generale vigente ratione temporis il termine c.d. “lungo” per impugnarla scadeva il 12 maggio 2017 (un anno + 31 giorni per sospensione feriale).
Tuttavia secondo l’art. 11, comma 9, decreto-legge 50/2017 tale termine era sospeso per sei mesi in quanto scadeva in una data tra il 24 aprile 2017 ed il 30 settembre 2017, trattandosi di disposizione legislativa che riguarda non solo i contribuenti, ma anche le agenzie fiscali, dunque operando automaticamente (giurisprudenza costante; tra le molte v.Sez. 6-5, n. 11913/2019).
Ne deriva che essendo stato il ricorso notificato telematicamente il 13 novembre 2017 lo stesso è tempestivo.
Ciò posto, con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione dell’art. 384, cod. proc. civ., poiché la Commissione tributaria regionale, quale giudice del rinvio, non ha ottemperato alla sentenza di questa Corte n. 27311/2014 che ha
cassato la prima sentenza di appello nel giudizio afferente l’avviso di accertamento per imposte dirette 2002 deciso in prime cure con la sentenza n. 336/8/06 della CTP di Frosinone.
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 37 bis, dPR 600/1973, 2729, 2697, cod. civ., 116, cod. proc. civ., poiché la CTR ha affermato la non elusività dell’operazione di fusione per incorporazione oggetto degli atti impositivi impugnati nei due procedimenti riuniti in appello relativi alle annualità fiscali 2002/2003.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondate.
Emerge dagli atti che con gli avvisi di accertamento in questione l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha contestato alla RAGIONE_SOCIALE (ora incorporata nella RAGIONE_SOCIALE) l’elusività dell’operazione passiva di finanziamento dell’importo di euro 23.700.000 con la RAGIONE_SOCIALE finalizzata all’acquisto RAGIONE_SOCIALE quote di RAGIONE_SOCIALE, poi incorporandola con decorrenza al 31 dicembre 2002.
Conseguentemente le riprese fiscali hanno riguardato anzitutto gli interessi passivi corrisposti dalla società italiana a quella lussemburghese in relazione all’anno 2002, ma poi anche gli ammortamenti RAGIONE_SOCIALE immobilizzazioni finanziarie sul disavanzo di fusione ed ancora gli interessi passivi per l’anno 2003.
I distinti avvisi di accertamento sono stati impugnati separatamente e decisi in primo grado con le due sentenze della CTP di Frosinone sopra individuate, indi in grado di appello con la sentenza n. 8/40/10 dalla CTR del Lazio, sezione staccata di Latina, per l’anno 2002, mentre per il giudizio relativo al 2003 si è disposta la sospensione in attesa della pronuncia di questa Corte relativamente a tale decisione.
Intervenuta la pronuncia cassatoria citata, entrambi i giudizi di appello, quello per l’annualità 2002 in sede di rinvio, previa riunione, sono stati decisi con la sentenza impugnata.
Risulta perciò evidente che la materia del contendere ossia la contestata elusività della descritta, articolata, operazione societaria tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (finanziamento + acquisizione quote di società terza e fusione per incorporazione della medesima; c.d. leverage buy out ) è sostanzialmente la stessa nei due giudizi di appello definiti con la sentenza impugnata, trattandosi del, complesso, fatto costitutivo RAGIONE_SOCIALE pretese creditorie erariali oggetto dei medesimi.
Orbene, risulta anzitutto evidente il mancato rispetto del “mandato” ricevuto dalla CTR laziale quale giudice del rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 27311/2014.
In tale pronuncia in fatto, accogliendosi i motivi quarto, sesto ed ottavo del ricorso della società contribuente contro la sentenza di appello in quel giudizio impugnata (annualità 2002), rispettivamente per violazione dell’art. 37 bis, dPR 600/1973 e per omessa motivazione circa l’esistenza del contestato abuso del diritto, con particolare riguardo alla sussistenza di “valide ragioni economiche” si è rilevato che « Il giudice di appello non ha infatti in alcun modo analizzato lo schema negoziale utilizzato e la sua liceità e ragionevolezza, né le complessive conseguenze dell’operazione. Non ha dunque correttamente applicato i principi in materia di onere della prova in materia di abuso del diritto ex art. 37 bis dPR 600/1973.. ».
Quindi, cassata la sentenza impugnata, si è demandato al giudice del rinvio « ..un nuovo esame RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie.. ».
Ciò non è avvenuto, essendosi la CTR laziale, con motivazione davvero inadeguata, limitata, in diritto, a riportare la giurisprudenza di legittimità in tema di elusione RAGIONE_SOCIALE e relativi oneri probatori; in fatto, ad escludere alcun vantaggio tributario
nell’operazione sulla sola base dell’esistenza di un disavanzo di fusione, peraltro fiscalmente affrancato mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva.
Chiara ne risulta pertanto la violazione dell’art. 384, cod. proc. civ., secondo il perspicuo principio di diritto che « In caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio fondato sulla deduzione della infedele esecuzione dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento, il sindacato della RAGIONE_SOCIALE si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto giudice di rinvio, per effetto di tale affidamento e dell’osservanza dei relativi limiti, la cui estensione varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto per violazione di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in quanto, nella prima ipotesi, egli è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti, già acquisiti al processo, mentre, nel secondo caso, la sentenza rescindente indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della motivazione – non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento. In quest’ultima ipotesi, poi, il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente od implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti
argomentativi riscontrati» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2652 del 02/02/2018, Rv. 647108 – 01).
Peraltro, a fronte di una motivazione contestuale unica, tale manifesta carenza argomentativa sia in fatto che in diritto si estende viziandola anche sulla statuizione di accoglimento dell’appello della società contribuente relativo alla annualità 2003 (sentenza Commissione tributaria provinciale di Frosinone n. 22/01/09).
Infatti, trattandosi come detto del medesimo fatto costituivo (complesso) basante l’atto impositivo impugnato in quel giudizio, la sentenza impugnata risulta viziata sia per falsa applicazione dell’art. 37 bis, dPR 600/1973, sia RAGIONE_SOCIALE regole probatorie civilistiche evocate, essendo sostanzialmente assente un -verogiudizio complessivo sui profili di elusività RAGIONE_SOCIALE operazioni in contesto, con specifico riguardo alle “valide ragioni economiche”, alla sussistenza di un indebito vantaggio RAGIONE_SOCIALE ed alla stessa configurabilità della natura abusiva RAGIONE_SOCIALE operazioni societarie in esame.
Certamente non può a tal fine considerarsi sufficiente il rilievo del disavanzo di fusione e relativo pagamento di un imposta sostitutiva.
In altri termini nemmeno con la sentenza impugnata alle parti del processo si è data una risposta, giuridicamente corretta, alle rispettive, articolate, tesi difensive.
Vi dovrà quindi provvedere il giudice del nuovo rinvio, tenendo conto dei seguenti, consolidati e perciò ribaditi, principi di diritto: sull’elusione RAGIONE_SOCIALE (art. 37 bis, dPR 600/1973);
-«In materia tributaria, ricorre l’abuso del diritto, enucleabile in base ai principi di capacità contributiva e di progressività ex art. 53 Cost, ogni qual volta si sia in presenza di una o più costruzioni di puro artificio che, pur se non contrastanti con alcuna specifica disposizione, sono realizzate al fine di eludere l’imposizione e siano
prive di sostanza commerciale ed economica; di talchè, per configurare la condotta abusiva è necessaria un’attenta valutazione RAGIONE_SOCIALE “ragioni economiche” RAGIONE_SOCIALE operazioni negoziali che sono poste in essere, in quanto, se le stesse sono giustificabili in termini oggettivi, in base alla pratica comune degli affari, minore o del tutto assente è il rischio della pratica abusiva; se, invece, tali operazioni, pur se effettivamente realizzate, riflettono, attraverso artifici negoziali, assetti di “anormalità” economica, può verificarsi una ripresa RAGIONE_SOCIALE là dove è possibile individuare una strada fiscalmente più onerosa. In tal senso, la prova dell’elusione deve incentrarsi sulle modalità di manipolazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonchè sulla loro mancata conformità ad una normale logica di mercato» (Sez. 5 – , Sentenza n. 27158 del 06/10/2021, Rv. 662423 – 01);
-«In ambito tributario, non assurge ad elusione RAGIONE_SOCIALE – non integrando la fattispecie dell’abuso del diritto – bensì costituisce legittimo risparmio d’imposta, la scelta del contribuente, tra più operazioni volte ad assicurargli una finalità economica, di quella che gli garantisce il trattamento fiscalmente meno oneroso, purché questo non culmini in un risparmio d’imposta illecito; non è, infatti, in contrasto con una norma generale di antielusione il comportamento attraverso il quale il soggetto passivo d’imposta abbia pianificato e ottimizzato la sua attività aziendale perseguendo un risparmio d’imposta unitamente ad un reale obiettivo economico» (Sez. 5 – , Sentenza n. 10121 del 28/05/2020, Rv. 664131 – 01);
sull’applicazione RAGIONE_SOCIALE regole inferenziali di cui all’art. 2729, cod. civ.:
-«In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e del
proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento» (Cass. n. 5374 del 02/03/2017).
L’accoglimento dei primi due motivi è assorbente del terzo (vizio motivazionale in ordine alla contestazione di abuso del diritto).
In conclusione, accolto il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma 6 dicembre 2023
Il consigliere est.