Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8484 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8484 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11490/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale ‘RAGIONE_SOCIALE‘, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 6173/2019 depositata il 7 novembre 2019
Udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo di accogliere il primo motivo di ricorso e di dichiarare assorbiti il secondo, il terzo e il quarto e inammissibile il quinto
Uditi per la ricorrente l’AVV_NOTAIO e per la controricorrente l’AVV_NOTAIO
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, facente capo alla famiglia COGNOME, rivestì per molti anni la qualità di socia della RAGIONE_SOCIALE fino a quando, con atto pubblico per AVV_NOTAIO COGNOME di Roma del 3 ottobre 2005, cedette la propria quota di partecipazione alla predetta società, pari all’84% del capitale sociale, aLlla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE, in parti uguali fra loro, realizzando una plusvalenza di 40.557.637 euro.
In quel periodo la partecipata RAGIONE_SOCIALE, poi trasformata in s.n.c., stava realizzando un’intensa attività di speculazione immobiliare, dalla quale sarebbe derivata la produzione di un complessivo reddito d’impresa di 52.243.276 euro, dalla stessa dichiarato in relazione agli anni d’imposta 2006 -2009.
A distanza di tempo dalla suindicata operazione di cessione di quote sociali, all’esito di attività di verifica fiscale confluita nel processo verbale di constatazione redatto il 4 aprile 2014, la Direzione Provinciale di Roma 2 dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento mediante il quale, previa rideterminazione dell’imponibile ai fini dell’IRES relativo all’anno 2008, veniva ripreso a tassazione un reddito d’impresa di 8.556.800 euro, corrispondente a quello dichiarato per quello stesso anno dalla RAGIONE_SOCIALE
Con l’atto impositivo in questione, notificato il 1° ottobre 2015, si contestava alla RAGIONE_SOCIALE di essere riuscita, e , ad , i quali, .
Secondo la tesi dell’Ufficio, , che vedeva coinvolte .
RAGIONE_SOCIALE impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale accoglieva il suo ricorso con sentenza n. 22036/2016 del 3 ottobre 2016.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che con sentenza n. 6173/2019 del 7 novembre 2019, in accoglimento dell’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria, respingeva l’originario ricorso della parte privata.
Rilevava il giudice regionale: che l’avanzata pretesa tributaria, prospettata dall’Ufficio sub specie di «simulazione» , andava correttamente riqualificata in termini di «elusione fiscale» ; – che la sussistenza di un disegno elusivo coinvolgente la Eur
RAGIONE_SOCIALE emergeva dalla «concatenazione dei negozi» indicati nel processo verbale di constatazione, a partire dall’atto con cui l’anzidetta società aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE, in parti uguali, la sua quota di partecipazione al capitale della RAGIONE_SOCIALE, pari all’84%; – che tali negozi, valutati nel loro complesso, avevano prodotto «il risultato di abbattere la plusvalenza originaria di € 40.557.637,00, attraverso la compensazione, posta in essere dai soci succedutisi nella compagine della RAGIONE_SOCIALE (prima RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, e poi fino alla sua liquidazione come società), con le minusvalenze e (gli) oneri finanziari derivanti dalle successive cessioni di quote, senza il raggiungimento di un reale obiettivo imprenditoriale» ; – che le suddette operazioni avevano «portato a un consistente ‘risparmio fiscale’ della plusvalenza originariamente generatasi in capo alla RAGIONE_SOCIALE (ed ai suoi soci)» , sicchè, « per non essere considerate ‘elusive’, dovevano avere una loro giustificazione reale, cioè essere frutto di una dimostrata strategia finanziaria nell’àmbito dell’attività imprenditoriale di soggetti tutti riconducibili al medesimo gruppo d’impresa, che agivano con risorse tutte imputabili al medesimo centro d’interessi» ; – che, per contro, in corso di causa non era «emersa alcuna giustificazione della complessiva attività negoziale» e da ciò doveva trarsi la conclusione che «la complessiva operazione aveva (avuto) come unica finalità (quella) di evitare la tassazione» ; -che le questioni riproposte dalla contribuente andavano considerate inammissibili, in quanto non ritualmente veicolate in appello attraverso lo strumento dell’impugnazione incidentale, pur essendo state esaminate e respinte dal primo giudice.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 6 febbraio 2024.
Nel termine fissato dall’art. 378 c.p.c. il Pubblico Ministero ha depositato memoria, con la quale ha chiesto di accogliere il primo motivo di ricorso e di dichiarare assorbiti il secondo, il terzo e il quarto e inammissibile il quinto.
Anche i ricorrenti hanno depositato sintetica memoria illustrativa, insistendo per l’accoglimento dell’esperito gravame di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., viene denunciata la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., per avere la CTR fondato la propria decisione favorevole all’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria su un presupposto fattuale e giuridico diverso da quello addotto a base dell’atto impositivo impugnato.
1.1 Si assume, in proposito, che, sebbene con l’impugnato avviso di accertamento si fosse proceduto alla ripresa a tassazione di un reddito d’impresa di 8.556.800 euro, in ragione della ritenuta configurabilità, nel caso di specie, di un attuato dalla contribuente, il giudice d’appello avrebbe illegittimamente riqualificato d’ufficio la pretesa erariale riconducendola nell’alveo dell’elusione fiscale, per giunta senza che nella pregressa fase amministrativa fossero stati osservati dall’RAGIONE_SOCIALE gli adempimenti prescritti dall’art. 37 -bis D.P.R. n. 600 del 1973 in caso di contestazione di una condotta elusiva (instaurazione del contraddittorio preprocessuale e motivazione rafforzata dell’avviso di accertamento, cd. ).
1.2 Il motivo è infondato.
1.3 Per costante e condiviso orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la riqualificazione giuridica del comportamento del contribuente in termini di elusione fiscale può essere autonomamente operata dal giudice e prescinde dal rispetto degli
oneri procedimentali posti a carico dell’RAGIONE_SOCIALE dall’art. 37bis D.P.R. n. 600 del 1973, quali la richiesta di chiarimenti prima dell’emanazione dell’atto impositivo e la specifica motivazione AVV_NOTAIO stesso in relazione alle giustificazioni fornite del contribuente.
Ciò in quanto la rilevabilità officiosa del negozio abusivo deve ritenersi ammessa in ogni stato e grado del giudizio, stante l’indisponibilità della pretesa tributaria, con i soli limiti rappresentati, nella fase di impugnazione, dal giudicato interno eventualmente già formatosi sul punto e, in sede di legittimità, dalla necessità di ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. Sez. Un. n. 30055/2008, paragrafo 2.6; negli stessi termini, ex ceteris , Cass. n. 33793/2022 e Cass. n. 33973/2022).
Con il secondo motivo, pure articolato a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata, in subordine, la nullità della gravata sentenza per avere la CTR, in violazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c., emesso una decisione (o ), fondata sul rilievo officioso di una fattispecie elusiva, senza che la relativa questione fosse stata preventivamente sottoposta alle parti.
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 Ammesso pure che quella di cui trattasi costituisse non già una questione di puro diritto, bensì una questione mista di fatto e di diritto, come tale soggetta all’obbligo di segnalazione previsto dall’art. 101, comma 2, c.p.c., occorre comunque tener presente che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, ove una simile questione sia rilevata d’ufficio dal giudice e posta a fondamento della decisione, senza essere stata preventivamente indicata alle parti, in tanto può pervenirsi alla declaratoria di nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa in quanto la parte che denunci il relativo vizio in sede di gravame prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere ove il contraddittorio fosse
stato tempestivamente attivato sul punto (cfr. Cass. n. 21314/2023, Cass. n. 7365/2022, Cass. n. 11440/2021).
Nel caso di specie, la società impugnante si è limitata a lamentare la formale violazione della norma processuale evocata in rubrica ( error in procedendo ), ma non ha illustrato le ragioni -diverse e ulteriori rispetto a quelle da essa già prospettate negli atti difensivi depositati nei gradi di merito e parzialmente ritrascritte nell’odierno ricorso- che avrebbe potuto far valere in appello qualora la CTR avesse sottoposto alle parti la questione, rilevata d’ufficio, inerente alla pretesa configurabilità di un’elusione fiscale.
Con il terzo e il quarto mezzo, entrambi proposti, in via di estremo subordine, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono dedotte la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 37 -bis D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 10 -bis L. n. 212 del 2000, nonché dei princìpi giuridici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di abuso del diritto, rimproverandosi alla CTR di aver erroneamente: (1)individuato il indebitamente conseguito dalla RAGIONE_SOCIALE nella compensazione fra la plusvalenza di 40.557.637 euro generatasi in capo alla prefata società per effetto della cessione a terzi della sua quota di partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE, risalente all’ottobre 2005, e le minusvalenze e gli oneri finanziari derivanti dagli atti di cessione di quote successivamente posti in essere dai soci subentrati nella compagine della RAGIONE_SOCIALE; (2)desunto l’esistenza di un unicamente dalla ravvisata appartenenza al RAGIONE_SOCIALE diverse società coinvolte nelle operazioni negoziali contestate; (3)ritenuto assolto dall’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria l’onere della prova dell’avanzata pretesa impositiva.
I due motivi possono essere esaminati insieme per la loro intima connessione, risultando incentrati sulla dedotta violazione RAGIONE_SOCIALE medesime norme sostanziali.
4.1 Essi appaiono fondati.
4.2 Per dare conto della soluzione adottata conviene premettere brevi cenni sul tema dell’elusione fiscale.
4.3 In proposito, risulta utile prendere le mosse dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 30055/2008, con la quale, per quanto qui particolarmente interessa, è stato affermato che: (a)in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici volti ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici; (b)tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (quali le imposte dirette), nei princìpi costituzionali che informano l’ordinamento tributario italiano, ovvero quelli di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione sanciti dall’art. 53 della Carta fondamentale; (c)esso comporta l’inopponibilità del negozio all’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento della stessa (negli stessi termini, ex ceteris , Cass. n. 30404/2018, Cass. n. 31772/2019, Cass. n. 18239/2021).
4.4 Successivamente all’arresto nomofilattico dianzi ricordato è intervenuta a livello unionale la raccomandazione 2012/772/UE del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva, diramata dalla Commissione Europea agli Stati membri affinchè essi intervengano ogniqualvolta vi sia «una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti
un vantaggio fiscale» ( nella versione francese, in quella inglese, in quella spagnola).
Con tale atto è stato chiarito che «una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale» (4.4), o più esattamente di «sostanza economica» (4.2), e «consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità RAGIONE_SOCIALE disposizioni fiscali», mentre «una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso».
4.5 Nella medesima direzione si è poi mosso anche il legislatore nazionale, il quale, nel delegare al Governo (art. 5 L. n. 23 del 2014) l’attuazione della disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, coordinandola con la summenzionata raccomandazione dell’UE, ha indicato fra i princìpi e i criteri direttivi da osservare quelli di: «definire la condotta abusiva come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta» (cfr. Cass. Sez. Un. nn. 30055/2008 e 30057/2008, nonché Corte di Giustizia UE 29 marzo 2012, C-417/10, 3M Italia); «garantire la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un diverso carico fiscale» (cfr. Corte di Giustizia UE 21 febbraio 2008, C-425/06, Part Service); «considerare lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva» (rectius «scopo essenziale»: cfr. Corte di Giustizia UE 21 febbraio 2006, C-255/02, Halifax, e Corte di Giustizia 21 febbraio 2008 UE, C-425/06, Part Service); «escludere la configurabilità di una condotta abusiva se l’operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali» (cfr. Cass. n. 8772/2008 e Cass. n.
10257/2008); «stabilire che costituiscono ragioni extrafiscali anche quelle che non producono necessariamente una redditività immediata dell’operazione (cfr. Cass. n. 21390/2012), ma rispondono ad esigenze di natura organizzativa e determinano un miglioramento strutturale e funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente» (cfr. Cass. n. 1372/2011, Cass. n. 4604/2014).
Inoltre, in tema di prova, ha richiamato l’attenzione circa le «modalità di manipolazione e di alterazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonchè la loro mancata conformità a una normale logica di mercato» (cfr. Cass. n. 1465/2009, Cass. n. 17955/2013).
4.6 Tali canoni giuridici sono stati in sèguito inseriti nell’art. 10 -bis L. n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), introdotto dal D. Lgs. n. 128 del 2015, il quale, anche quando non direttamente applicabile ratione temporis ai sensi dell’art. 1, comma 5, AVV_NOTAIO stesso decreto, rileva pur sempre in chiave interpretativa, nella misura in cui definisce con chiarezza una linea evolutiva già indiscutibilmente tracciata nell’ordinamento tributario dalla giurisprudenza e dalle fonti nazionali e comunitarie.
La norma in questione, individuando l’«abuso del diritto» nel compimento di «una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale RAGIONE_SOCIALE norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti» (comma 1), stabilisce che «si considerano: (a)operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali (…) (b)vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità RAGIONE_SOCIALE norme fiscali o con i princìpi dell’ordinamento tributario», precisando, nel contempo, che «sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione RAGIONE_SOCIALE singole operazioni con il fondamento
giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato» (comma 2).
Essa dispone, altresì, che, ferma restando la libertà di scelta del contribuente fra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e fra operazioni comportanti un diverso carico fiscale (comma 4), non si considerano, in ogni caso, abusive «le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente» (comma 3) (cfr. Cass. n. 5155/2016, Cass. n. 30404/2018, Cass. n. 31772/2019, in motivazione; conf. Cass. n. 438/2015 e Cass. n. 439/2015, in motivazione).
Il predetto art. 10bis ha sostituito l’art. 37 -bis D.P.R. n. 600 del 1973, il quale non contiene un’elencazione tassativa RAGIONE_SOCIALE fattispecie abusive, ma costituisce una norma aperta destinata a trovare applicazione, alla stregua del generale principio antielusivo rinvenibile nella Costituzione e nelle indicazioni della precitata raccomandazione 2012/772/UE, in presenza di una o più costruzioni di puro artificio che, realizzate al fine di aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, siano prive di valide ragioni economiche e produttive di vantaggi fiscali indebiti (cfr. Cass. n. 2224/2021, Cass. n. 14493/2022, Cass. n. 27709/2022, Cass. n. 1166/2023, Cass. n. 4631/2023).
4.7 In un contesto così ampio e variegato, questa Corte ha quindi conclusivamente affermato:
-che l’astratta configurabilità di un vantaggio fiscale non è sufficiente ad integrare la fattispecie abusiva, richiedendosi a tal fine la concomitante condizione di inesistenza di ragioni economiche diverse dal semplice risparmio d’imposta e l’accertamento dell’effettiva volontà dei contraenti di conseguire un indebito vantaggio fiscale (cfr. Cass. n. 25758/2014, Cass. n.
17175/2015);
-che incombe sull’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria l’onere di spiegare, anche nell’atto impositivo, perché la forma giuridica (o il complesso di forme giuridiche) impiegata presenti carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, mentre è onere del contribuente provare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti, di carattere non meramente marginale o teorico, idonee ad escludere l’abusività (cfr. Cass. n. 8772/2008, Cass. n. 10257/2008, Cass. Sez. Un. n. 30055/2008, Cass. n. 1372/2011, Cass. n. 21390/2012); ragioni non identificabili necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, potendo anche rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda (cfr. Cass. n. 5644/2020, Cass. n. 8755/2021, Cass. n. 18239/2021, Cass. n. 6623/2022).
4.8 Ricostruito nei suoi tratti essenziali il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, va osservato che nel caso di specie la CTR ha ravvisato la sussistenza di un complesso disegno elusivo articolatosi in una pluralità di negozi, fra loro asseritamente collegati, coinvolgenti numerose società accomunate dalla ritenuta appartenenza al «medesimo gruppo d’impresa» .
Con espressioni generiche, anapodittiche e di non agevole lettura, il collegio regionale ha perentoriamente concluso che «la concatenazione dei negozi» avrebbe prodotto «il risultato di abbattere la plusvalenza originaria di € 40.557.637,00 attraverso la compensazione, posta in essere dai soci succedutisi nella compagine della RAGIONE_SOCIALE, con le minusvalenze e (gli) oneri finanziari derivanti dalle successive cessioni di quote, senza il raggiungimento di un reale obiettivo imprenditoriale».
Sennonchè, dalla ricostruzione fattuale della vicenda contenuta nella sentenza impugnata non è dato comprendere donde si ricaverebbe che il complesso RAGIONE_SOCIALE operazioni al quale ivi viene fatto
riferimento fosse privo di sostanza economica e inidoneo a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali ipotizzati dall’Ufficio.
Sotto questo profilo, il compimento di attività negoziale da parte di una serie di società, tutte asseritamente riconducibili alla RAGIONE_SOCIALE, non costituiva elemento di per sè solo sufficiente per poter ritenere sussistente un abuso del diritto, essendo all’uopo necessario verificare l’assenza di apprezzabili ragioni economiche giustificative dei singoli negozi conclusi, secondo quanto sopra rappresentato.
Quel che, dunque, andava accertato nella presente fattispecie era se le operazioni intervenute all’interno del «medesimo gruppo d’impresa» -precisamente: (a)l’atto di cessione della quota di partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE intercorso nell’ottobre 2005 fra la cedente RAGIONE_SOCIALE e le cessionarie RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; (b)gli atti di cessione di quote successivamente conclusi dai soci subentrati nella compagine della stessa RAGIONE_SOCIALE– fossero caratterizzate da indici di distorsione o anomalia, sotto il profilo della non conformità degli strumenti giuridici utilizzati a normali logiche di mercato, tali da condurle al di fuori del piano della legittima esplicazione della libertà negoziale in vista del mero perseguimento di indebiti vantaggi fiscali.
Da quanto precede va, dunque, tratta la conclusione che la CTR è incorsa nella falsa applicazione dei princìpi di diritto enunciati dalla giurisprudenza unionale e di legittimità in tema di abuso del diritto nel momento in cui ha sussunto la fattispecie concreta, come da essa ricostruita, nello schema dell’elusione fiscale.
Di qui l’accoglimento dei motivi in esame.
Con il quinto mezzo, introdotto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è prospettata la nullità dell’impugnata sentenza per avere la Commissione regionale, in violazione dell’art. 112 c.p.c., omesso di statuire sul motivo dell’originario ricorso, rimasto
assorbito dalla pronuncia di primo grado e riproposto in appello ex art. 56 D. Lgs. n. 546 del 1992, inteso a sentir dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento per mancata dimostrazione della pretesa fiscale.
5.1 Il mezzo in parola rimane assorbito dall’accoglimento dei due poc’anzi scrutinati.
Tirando le fila del discorso fin qui condotto, vanno accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso, respinti i primi due, assorbito il quinto.
6.1 Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione dell’impugnata sentenza, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
6.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, respinti i primi due, assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione