Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10198 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10198 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 26423/2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore del 20 marzo 2022 , dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata ha eletto domicilio
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2356/2021 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 24 giugno 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano l’avviso di accertamento notificatole il 19 novembre 2009, con il quale l’Amministrazione aveva rettificato il suo reddito ai fini Irap, Ires e Iva per l’anno di imposta 2004, oltre ad irrogare sanzioni.
La pretesa erariale traeva origine dal rilievo dell’indebita detrazione della quota di ammortamento dell’avviamento di tale RAGIONE_SOCIALE, acquistata e dalla società ricorrente e successivamente in essa incorporata ; secondo l’Amministrazione, tale operazione non aveva altra finalità se non quella di consentire a RAGIONE_SOCIALE un consistente apporto di componenti negative, allo scopo di ridurre il proprio reddito e ottenere un risparmio di imposta non dovuto.
La società contribuente, infatti, rientrava tra i soggetti che avevano fruito degli artifizi fiscali messi a disposizione da un insieme di società, note come «gruppo RAGIONE_SOCIALE», alle quali, in corso di indagini penali, era stato imputato lo svolgimento di attività di consulenza finalizzata a fornire ai propri clienti pacchetti elusivi.
Nella specie, attraverso una serie di operazioni straordinarie consist ite, per l’appunto, in fusioni societarie e trasferimenti di azienda, era stato creato un avviamento fittizio con lo scopo di generare in capo ad RAGIONE_SOCIALE poste negative di reddito con le quali abbattere l’utile di esercizio.
RAGIONE_SOCIALE peraltro, aveva proposto domanda di accesso al c.d. «condono tombale» di cui alla l. n. 289/2002, a copertura di tutte le irregolarità fiscali commesse, ma l’Ufficio ave va notificato la revoca del detto condono.
La C.T.P. respinse il ricorso.
Con la pronunzia indicata in epigrafe è stato respinto l’appello proposto dalla società contribuente.
I giudici regionali hanno ritenuto sussistente il contestato carattere elusivo dell’operazione di acquisizione, in quanto tesa a consentire alla ricorrente l’indebita deduzione di componenti di reddito da partecipazione aventi natura fittizia, in quanto derivanti da operazioni di dividend washing e dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti ; hanno poi affermato l’irrilevanza dell’adesione della società incorporata alla procedura di condono tombale.
La sentenza d’appello è stata impugnata dalla società contribuente con ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che:
Con il primo motivo, rubricato «motivazione contenuta nell’impugnata sentenza contraria alle vigenti disposizioni di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c.», la ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe omesso di giustificare le ragioni per le quali non sarebbe stato utilizzabile, da parte sua, il «condono tombale» effettuato da RAGIONE_SOCIALE, ed avrebbe altresì omesso di considerare gli effetti dell’intervenuta fusione per incorporazione di tale società, ciò che avrebbe consentito di ritenere ammortizzabili i beni acquisiti da quest’ultima.
1.1. Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
In primo luogo, la ricorrente deduce la sussistenza di una violazione di legge senza indicare quali siano le norme rispetto alle quali la sentenza impugnata si pone in contrasto.
Ancora, la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, in relazione al disconoscimento dell’avviamento conseguito all’acquisizione di RAGIONE_SOCIALE, ha svolto puntuali ed articolate considerazioni, completamente trascurate dalla ricorrente.
In ogni caso, risulta che il ricorso avverso il diniego di condono (e non avverso la revoca del medesimo, come impropriamente riferito dalla contribuente) è stato definitivamente rigettato da questa Corte con sentenza n. 29375/2022 -la cui cognizione può legittimamente avvenire anche mediante attività di ricerca che comprendono la consultazione del CED e costituiscono corredo del collegio giudicante nell’adempimento della funzione nomofilattica, cfr. Cass. n. 24740/2015 -e che, pertanto, il paventato rilievo della circostanza è definitivamente venuto meno.
Il secondo motivo denunzia «omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti».
La ricorrente si duole del fatto che i giudici di appello non abbiano preso in considerazione alcune sue allegazioni, che assume decisive ai fini dell’affermata insussistenza dell’abuso, quali: (a) il fatto che il bilancio al 31/12/2024 fosse stato sottoscritto dal suo amministratore, così come avvenuto per la controllata, senza alcun coinvolgimento del gruppo RAGIONE_SOCIALE s.p.a.; (b) la circostanza dell’avvenuta contestazione, da parte sua, di una detrazione per minusvalenze conseguente alle attività compiute da società del gruppo predetto; (c) le sue contestazioni alla ripresa a tassazione di un importo portato da una fattura emessa da RAGIONE_SOCIALE, riconducibile ad opera professionale effettivamente prestata.
2.1. Anche tale motivo è inammissibile sotto plurimi profili.
Esso, anzitutto, incontra la preclusione stabilita dall’art. 348 -ter cod. pr oc. civ., vertendosi qui in fattispecie di ‘doppia conforme’; ancora, la ricorrente non riproduce né indica i punti del proprio atto di appello nei quali sarebbero state da lei riportate le allegazioni asseritamente non considerate; infine, la censura appare complessivamente volta ad una riconsiderazione del complessivo materiale istruttorio apprezzato dai giudici di merito, in termini che, conseguentemente, sollecitano un sindacato non consentito in questa sede.
3. In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per il ricorso principale, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 7.800,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2025.