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Elusione fiscale: Cassazione chiarisce la linea sottile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5996/2024, ha annullato un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione aveva riqualificato una serie di operazioni societarie come un’unica cessione d’azienda verbale non registrata, applicando l’imposta di registro. La Corte ha stabilito che si trattava di un’ipotesi di elusione fiscale e non di evasione. Di conseguenza, l’Agenzia avrebbe dovuto applicare la procedura anti-abuso prevista dall’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente, che garantisce il contraddittorio, invece di presumere un contratto verbale inesistente. La mancata adozione della procedura corretta ha reso l’atto impositivo illegittimo.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Elusione Fiscale: Quando una Catena di Atti Leciti Nasconde un Vantaggio Indebito

L’ordinanza n. 5996/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla distinzione tra evasione e elusione fiscale, un confine sottile ma cruciale nel diritto tributario. La Corte ha chiarito che una sequenza di operazioni societarie, sebbene singolarmente legittime e regolarmente registrate, non può essere riqualificata come un unico contratto verbale non dichiarato per aggirare le garanzie procedurali previste dalla legge. Questo caso sottolinea l’importanza per l’Amministrazione Finanziaria di utilizzare gli strumenti giuridici corretti per contrastare l’abuso del diritto.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società. L’Amministrazione aveva individuato una serie complessa di atti societari, realizzati in un breve arco temporale tra il 2014 e il 2016, che includevano:
* La costituzione di una nuova società.
* Un aumento di capitale realizzato tramite il conferimento di un ramo d’azienda.
* Modifiche nell’organo amministrativo e nella denominazione sociale.
* La cessione di partecipazioni societarie.

A giudizio del Fisco, questa sequenza di operazioni dissimulava un unico contratto verbale di cessione d’azienda. Di conseguenza, l’Agenzia ha applicato l’imposta di registro con aliquota al 3% e le relative sanzioni per omessa registrazione, come se si fosse trattato di un atto di evasione.

La Controversia: Corretta Procedura per l’Elusione Fiscale

La società contribuente ha impugnato l’atto, sostenendo che l’Agenzia avesse errato nell’inquadrare la fattispecie. Secondo la difesa, non si trattava di evasione (occultamento di un contratto verbale), ma, al più, di un’operazione di elusione fiscale o abuso del diritto. In questi casi, la legge prevede una procedura specifica (art. 10-bis dello Statuto del Contribuente) che garantisce al contribuente il diritto al contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento.

L’Agenzia, invece, aveva applicato l’art. 15 del D.P.R. n. 131/1986, che consente la registrazione d’ufficio di contratti verbali la cui esistenza è presunta da elementi gravi, precisi e concordanti. I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, confermando l’idea di un “disegno volto all’elusione fiscale” che giustificava la presunzione di un contratto verbale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato le sentenze precedenti, accogliendo il ricorso della società. I giudici hanno stabilito che l’applicazione dell’art. 15 del D.P.R. n. 131/1986 è stata un errore di diritto. Questo articolo è stato concepito per contrastare l’evasione vera e propria, cioè l’occultamento di un contratto che non è stato sottoposto a registrazione.

Nel caso in esame, invece, tutte le operazioni erano state regolarmente concluse e registrate. Il problema non era l’esistenza di un atto nascosto, ma l’eventuale utilizzo di una sequenza negoziale per ottenere un vantaggio fiscale indebito, realizzando effetti economici simili a quelli di un’operazione più onerosa (la cessione d’azienda diretta). Questa è la definizione stessa di elusione fiscale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che la norma per contrastare l’elusione fiscale è l’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente). Questa disposizione consente all’Amministrazione Finanziaria di disconoscere i vantaggi fiscali derivanti da operazioni abusive, ma impone un percorso procedurale garantista. L’Agenzia deve dimostrare che le operazioni sono prive di sostanza economica e realizzate al solo scopo di ottenere un risparmio d’imposta. Fondamentalmente, deve avviare un contraddittorio con il contribuente, dandogli la possibilità di fornire le proprie giustificazioni.

Applicare la presunzione di un contratto verbale in una situazione come questa significa aggirare le garanzie previste per il contribuente. L’Amministrazione non può scegliere la via più semplice della presunzione quando lo strumento corretto è la contestazione per abuso del diritto. L’erronea qualificazione giuridica della fattispecie ha quindi viziato l’intero procedimento, rendendo l’avviso di accertamento illegittimo.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale: la distinzione tra evasione ed elusione non è solo teorica, ma ha conseguenze procedurali inderogabili. Se il Fisco sospetta che una serie di atti leciti sia stata concatenata per ottenere un vantaggio fiscale indebito, deve avviare la procedura anti-abuso e non può semplicemente presumere l’esistenza di un contratto diverso e mai stipulato. Questa ordinanza rappresenta una vittoria per le garanzie del contribuente, assicurando che anche nelle dispute sull’abuso del diritto venga rispettato il principio del contraddittorio.

Qual è la differenza tra evasione ed elusione fiscale secondo questa ordinanza?
L’evasione fiscale consiste nell’occultare materia imponibile, come non registrare un contratto verbale. L’elusione fiscale, invece, consiste nell’utilizzare una serie di atti formalmente leciti e registrati per ottenere un vantaggio fiscale indebito, aggirando lo spirito della norma tributaria.

Perché l’Agenzia delle Entrate non poteva applicare l’imposta basandosi sulla presunzione di un contratto verbale?
Perché tutti gli atti societari erano stati regolarmente registrati. La presunzione di un contratto verbale (art. 15 D.P.R. 131/1986) si applica solo quando un contratto non è stato sottoposto a registrazione. Nel caso di atti registrati, l’eventuale riqualificazione deve seguire la procedura per l’abuso del diritto.

Quale procedura avrebbe dovuto seguire l’Agenzia delle Entrate in questo caso?
L’Agenzia avrebbe dovuto applicare l’art. 10-bis della Legge n. 212/2000, che regola il contrasto all’abuso del diritto (o elusione fiscale). Questa procedura impone all’Amministrazione Finanziaria di avviare un contraddittorio con il contribuente prima di emettere l’avviso di accertamento, per permettergli di fornire le proprie giustificazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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