Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2388 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2388 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10355/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma è elettivamente domiciliata alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
AVVISO DI ACCERTAMENTO
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 1613/29/15, depositata in data 29/9/2015; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nelle camere di consiglio del 18 ottobre 2024 e, previa riconvocazione da remoto, del 23 ottobre 2024 e del 24 gennaio 2025;
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate di Prato, sulla base di due processi verbali di constatazione redatti dalla Guarda di Finanza relativi ai periodi di imposta dal 2003 al 2007, emise una serie di accertamenti, seguiti da accertamenti integrativi, ed infine un unico atto di accertamento relativo all’anno 200 7, per un totale di nove accertamenti tributari con i quali si è proceduto ad una ripresa fiscale di quasi cinque milioni di euro, con conseguente liquidazione di maggiori imposte e sanzioni a carico della società ricorrente per 4,7 milioni di euro circa.
Proposti i ricorsi contro gli avvisi di accertamento, la C.T.P. di Prato, riuniti gli stessi, respinse il gravame relativo agli accertamenti emessi in correlazione al pvc del 7 maggio 2008, fatta eccezione del recupero relativo alle ‘locazioni non fatturate’, ed invece accol se il gravame proposto contro i successivi accertamenti integrativi fondati sulle risultanze del pvc del 4 agosto 2009.
La sentenza di primo grado fu appellata in via principale dall’ufficio e in via incidentale dalla società.
La C.T.R., dopo aver disposto una C.T.U., accolse in parte ‘l’appello principale dell’ufficio, dichiarando la legittimità degli accertamenti
relativi ai recuperi degli affitti non dichiarati e degli accertamenti di cui al secondo pvc, salvo per l’imponibile di 88.000 euro relativo all’anno 2003 e per l’imponibile iva relativo all’anno 2004, in relazione ai quali accoglie parzialmente l’appello incidentale della società appellata’ .
Avverso la sentenza d’appello, la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, di cui il secondo articolato in sei profili di censura.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione di legge-art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 1 d.l. 223/2006’ , la società ha censurato la sentenza impugnata perché avrebbe omesso di ritenere prescritta la ripresa fiscale avanzata per l’anno 2003 per tardività , essendo intervenuta oltre il termine legale. L’indagine bancaria che ha portato alla emissione dell’accertamento integrativo del 2003 è iniziata il 27/2/2009, ossia in un momento in cui era già maturata la decadenza dall’accertamento (31/12/2008), con la conseguenza che la proroga non avrebbe potuto avere effetto sugli elementi acquisiti in base alla nuova indagine, dal momento che essi erano acquisibili anche in precedenza, cioè prima della chiusura del periodo d’imposta 2008 .
1.1. Il motivo è inammissibile.
In un processo impugnatorio come quello tributario, per evitare il giudizio di inammissibilità di una censura proposta nel giudizio di cassazione relativa all’omesso esame di una questione relativa alla legittimità dell’atto impositivo (nella specie, l’intervenuta decadenza dalla potestà di accertamento), il contribuente deve quanto meno dedurre di aver proposto la questione, non affrontata dalla sentenza di appello, sin dal primo grado di giudizio (arg., ex multis , ex Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5344 del 04/03/2013, Rv. 625408 -01).
Tale deduzione manca nel corpo del ricorso, con la conseguente inammissibilità della censura.
2.1. Con il primo profilo del secondo motivo di ricorso, rubricato ‘In punto di cessioni di immobili non fatturati -Violazione di legge -Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 2729 c.c. e 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73’ , la società deduce che il recupero a tassazione con riferimento all’anno 2007 della somma di euro 258.495 , risultante dal confronto tra il corrispettivo fatturato a fronte della vendita di un immobile e il suo presumibile valore di mercato, sarebbe del tutto illegittimo.
Argomenta la società che la ripresa a tassazione si sarebbe fondata solo sui valori OMI , senza che l’Ufficio a vesse fornito prove concrete circa il maggiore incasso conseguito alla vendita del detto immobile, ed in assenza di elementi provvisti di valore probatorio.
2.1.1. Il motivo è inammissibile.
Esso non è specifico e non attinge alcuna parte della sentenza impugnata, che anzi, a pag. 10, afferma che le affermazioni difensive della società si rivelano generiche e prive di riscontro probatorio, ‘a fronte delle oggettive risultanze poste a base degli accertamenti che, pertanto, devono essere in materia confermati’ .
2.2. Con il secondo profilo del secondo motivo di ricorso, rubricato ‘In punto di pretesi acconti non fatturati -Violazione di legge -Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 21 del d.P.R. n. 633/72 e 109 Tuir’ , la società censura la sentenza impugnata per aver fatto proprie le conclusioni del C.T.U. senza aver valutato le deduzioni di parte dalle quali si evincerebbe che le caparre confirmatorie nell’anno 2005 sono state restituite nell’anno 2006 a mezzo di assegni circolari , con la conseguenza che gli acconti corrisposti non costituiscono ricavi e al momento della risoluzione del contratto di compravendita l’operazione
diventa neutra con l’emissione del documento previsto dall’art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972.
2.2.1. Il motivo è inammissibile.
Esso manca di specificità e di autosufficienza. In realtà, la società ricorrente imputa alla C.T.R. di aver erroneamente ricostruito il fatto, non considerando che gli acconti incassati sarebbero stati restituiti.
Si tratta non di una censura per violazione di legge, ma di una censura per omesso esame di fatto decisivo discusso tra le parti, con la conseguenza che per farla correttamente valere la società avrebbe dovuto indicare o trascrivere o comunque localizzare gli atti, all’interno del fascicolo di merito, dai quali sarebbe risultata la restituzione degli acconti, restituzione che la C.T.R. non avrebbe considerato.
2.3. Con il terzo profilo del secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ In punto di finanziamenti erogati dai soci a beneficio della società -Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione a ll’art. 39, comma 1, lett. c) e d)’ , la società censura la sentenza impugnata in merito alla ripresa a tassazione dei finanziamenti soci. Deduce che gli elementi probatori valorizzati dalla C.T.R., secondo la quale tali finanziamenti altro non sarebbero che ricavi occulti della società, sarebbero privi di gravità, di precisione e concordanza.
2.3.1. Il motivo è inammissibile.
Esso manca di specificità, visto che non sono nemmeno individuati gli elementi probatori che la C.T.R. avrebbe, secondo la prospettazione difensiva, illegittimamente valorizzato.
2.4. Con il quarto profilo del secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ In punto di provvigioni non fatturate -Violazione di legge -Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 6 dello Statuto del contribuente’ , la società ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ripreso a tassazione provvigioni senza considerare le prove addotte dalla contribuente. In particolare, le provvigioni non fatturate sarebbero state incassate da
un consistente numero di soggetti privati di nazionalità cinese e tale convincimento la C.T.R. avrebbe espresso sulla sola base di sette dichiarazioni rilasciate da soggetti cinesi non assistiti da interprete.
La società aveva dedotto che i verbali acquisiti dai verificatori non erano allegati al p.v.c. né agli avvisi di accertamento. Questi ultimi, dunque, sarebbero affetti da nullità. Le dichiarazioni verbalizzate, inoltre, sarebbero delle dichiarazioni di terzi che possono valere solo come elementi indiziari, sui quali invece la C.T.R. ha fondato la decisione.
2.4.1. Il motivo è inammissibile.
Esso manca di specificità e di autosufficienza, oltre ad essere privo di decisività: la società dimostra di conoscere i contenuti delle dichiarazioni rilasciate dai cittadini di nazionalità cinese che hanno avuto rapporti con l’odierna contribuente, tant’è vero che ne contesta il valore probatorio.
Tuttavia, anche la contestazione di tale valore è generica, visto che la società non riproduce nemmeno il loro contenuto e non identifica il capo di sentenza in cui tali dichiarazioni sono valutate.
Sul punto, il motivo pecca anche di mancanza di autosufficienza, in quanto, pur facendo valere sostanzialmente un difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, non colto dalla C.T.R., di quegli avvisi di accertamento non riproduce il contenuto essenziale, essi non sono allegati al ricorso, né nel corpo del motivo quegli avvisi di accertamento vengono localizzati.
2.5. Con il quinto profilo del secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ In punto di indebita deduzione di costi -Violazione di legge -Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 654 c.p.p.’ , la società censura la sentenza impugnata per aver ritenuto, con riferimento agli anni 2004, 2005 e 2006, la indeducibilità dei costi riconducibili ad alcune fatture emesse
per lavori eseguiti su immobili di proprietà della società medesima, in quanto le operazioni sarebbero inesistenti.
2.5.1. Il motivo è fondato.
L’ articolo 1, comma 1, lettera m) del d.l.gs. n. 87 del 2024 ha introdotto nel corpo del d.lgs. n. 74 del 2000 il nuovo articolo 21 bis, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione”, che attribuisce efficacia di giudicato, anche nel processo per cassazione, alla sentenza penale dibattimentale irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso pronunciata in relazione agli stessi fatti posti a base della ripresa fiscale.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la novella si applica anche nel caso in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia stata pronunciata prima dell’entrata in vigore della novella ( Cass., sez. T, n. 23570/2024).
Orbene, nel motivo di ricorso in esame si dà atto che alla relazione del C.T.U. nominato dalla C.T.R. della Toscana è allegata la sentenza penale irrevocabile del Tribunale di Prato che avrebbe ritenuto insussistenti i fatti posti a fondamento della ripresa fiscale dei costi.
Spetterà, pertanto, al giudice del rinvio riesaminare la fondatezza della ripresa fiscale in questione all’esito di una accurata analisi della sentenza penale invocata, in relazione alla citata novella legislativa.
2.6. Con il sesto profilo del secondo motivo, rubricato ‘ In relazione agli accertamenti integrativi -Violazione di legge -Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973’ , la società censura la sentenza lamentandosi del fatto che non sussisterebbero i presupposti degli accertamenti integrativi scaturiti dal processo verbale di constatazione del 4 agosto 2009.
2.6.1. La censura è inammissibile.
Essa difetta di specificità e mira a contestare un presupposto di fatto degli accertamenti integrativi, devolvendo a questa Corte una questione di merito estranea ai suoi compiti istituzionali.
3. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione di legge Art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 157 c.p.c. ed all’art. 194 c.p.c. nullità della relazione tecnica di ufficio per utilizzazione di documenti non acquisiti nel contraddittorio precedente all’accertamento Difetto di motivazione della sentenza -Art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per omessa motivazione su punto decisivo trattato dalle parti in riferimento alle critiche alla c.t.u. avanzate dalla contribuente’ , la società si duole che il C.T.U. ha redatto la sua relazione dopo aver acquisito documenti bancari non sottoposti al contraddittorio tra le parti , violando così l’art. 157 c.p.c.
La società inoltre aveva contestato le conclusioni cui era pervenuto il C.T.U., senza che la sentenza abbia motivato su tali contestazioni.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Sui documenti che il C.T.U. avrebbe acquisito senza sottoporli al contraddittorio tra le parti, la censura è generica e non indica nemmeno quali sono i documenti e se essi siano stati decisivi ai fini della relazione e, dunque, del giudizio. Il motivo, inoltre, intende devolvere a questa Corte la valutazione dell’attendibilità delle conclusioni cui è pervenuto il C.T.U., oltre che degli esiti della valutazione delle prove compiuta dalla C.T.R., che è un compito estraneo alle attribuzioni della Corte di Cassazione.
In definitiva, il ricorso è accolto con riferimento al quinto profilo del secondo motivo di ricorso (punto 2.5.), mentre per il resto deve essere dichiarato inammissibile.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e la causa è rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana
che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quinto profilo del secondo motivo di ricorso (punto 2.5.), dichiara inammissibili i restanti motivi.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 18 ottobre 2024