Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7406 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7406 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 23018/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 2154/45, depositata in data 9 marzo 2017, non notificata;
udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 29 febbraio 2024, dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con sentenza n. 16142/2015, depositata in data 30 giugno 2015, aveva rigettato il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, avverso l’avviso di accertamento, adottato all’esito di una verifica fiscale, avente ad oggetto la cessione di gasolio uso agricolo con aliquota I.V.A. agevolata, risultato per usi diversi, relativo all’anno d’imposta 2010, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva recuperato la differenza con l’aliquota I .V.A. ordinaria e richiesto il pagamento di una maggiore I.V.A. per euro 25.505,00, oltre interessi e sanzioni.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società contribuente, rilevando, in via preliminare, che l’accertamento giudiziale che aveva condotto all’annullamento RAGIONE_SOCIALE accise sulla medesima operazione commerciale non aveva alcuna rilevanza sulla pretesa fiscale oggetto di impugnazione fondata sulla emissione di fatture con aliquota I.V.A. agevolata al 10%, anziché con aliquota I.V.A. ordinaria al 20%, con riferimento alla cessione di gasolio destinata ad uso agricolo. I giudici di secondo grado, poi, hanno affermato che non sussisteva il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, che aveva fatto richiamo al p.v.c. redatto in data 1 agosto 2013 ed era stato chiaramente esposto il motivo per il quale si era proceduto al recupero dell’I .V.A. evasa; il soggetto cedente era legittimato passivamente per il recupero dell’imposta, laddove il
rapporto tributario intercorreva tra il cedente e l’Amministrazione finanziaria, mentre non lo era il soggetto che aveva utilizzato il gasolio venduto dalla società contribuente per usi diversi da quelli per i quali era prevista l’aliquota agevolata; peral tro, il legale rappresentante della società contribuente, in sede di verifica fiscale, aveva dichiarato di non avere avviato alcuna procedura per il recupero del credito vantato nei confronti del cessionario e ciò costituiva un ulteriore fatto idoneo a far presumere un accordo truffaldino a monte tra il soggetto cedente e il soggetto cessionario in merito alla corretta applicazione dell’aliquota I .V.A.; in ogni caso, il cedente, in base al rapporto privatistico esistente con il cessionario, poteva sempre rivalersi sul cessionario della maggiore imposta versata in sede di accertamento.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 69 del d.P.R. n. 633 del 1972, in combinato disposto con l’art. 34 del d.P.R. n. 43 del 1973 e l’art. 1 del decreto legislativo n. 504 del 1995; nonché dell’ art. 38, comma 4 bis, del decreto legge n. 331 del 1993, riformulato dalla legge n. 217 del 2011, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale considerato, nell’ambito di operazioni commerciali sottoposte tanto ad I.V.A. quanto ad accise, il rapporto di necessaria pregiudizialità-dipendenza sussistente tra l’I.V.A. sulle accise e le accise stesse, di talché, accertata (con sentenza passata in giudicato) la non debenza, da parte dell’odierna ricorrente, della maggiore «accisa prod. energetici 2010», che costituiva la base imponibile della pretesa di maggiore I.V.A., si sarebbe dovuta certamente dichiarare priva di giustificazione e, dunque, illegittima la pretesa di maggior I.V.A.
avanzata dall’RAGIONE_SOCIALE . Doveva, quindi, riconoscersi l’effetto sul presente giudizio della declaratoria di illegittimità del maggior accertamento accise di cui alla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 12527 del 15 aprile 2015, depositata il 21 maggio 2 015, resa tra la società RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, in materia di «accisa prodotti energetici anno 2010», non impugnata e passata in giudicato. In definitiva, la sorte della maggiore I.V.A. pretesa non poteva che seguire quella dell’imposta che costituiva la base imponibile dell’I.V.A. stessa, ovvero l’accisa.
Il secondo motivo deduce, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione dell’ art. 17 e ss. del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale dichiarato la carenza di legittimazione passiva della società RAGIONE_SOCIALE (cedente) rispetto alla pretesa di versamento della maggior I.V.A., in ipotesi di utilizzo del gasolio, da parte del cessionario, per usi diversi da quelli dichiarati al cedente e per i quali era prevista un’aliquota I.V.A. agevolata. I giudici di secondo avrebbero dovuto distinguere tra soggetto passivo I.V.A. (società cedente) e soggetto passivo della maggiore I.V.A., dovuta a seguito dell’accertamento sull’effettivo utilizzo del gasolio per fini diversi da quelli agricoli dichiarati, obbligo che era riferibile a chi aveva fatto uso del gasolio in frode alla legge.
Il terzo mezzo deduce, in via ulteriormente gradata, la violazione e falsa applicazione d ell’a rt. 7 della legge n. 212 del 2000 e art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale rilevato il mancato assolvimento dell’onere della prova, da parte dell’Amministrazione finanziaria, in ordine alla fondatezza della propria pretesa fiscale nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE La pretesa di maggiore I.V.A. era stata generata non dai rapporti tra la società ricorrente e
COGNOME NOME, ma tra quest’ultimo e gli ulteriori cessionari, rapporti nell’ambito dei quali era emerso un uso diverso del gasolio rispetto a quello dichiarato al momento dell’acquisto ed era con riferimento a tali ulteriori rapporti che l’Ufficio avrebbe dovuto evidenziare, nell’atto di accertamento, gli elementi in ragione dei quali la società era stata ritenuta compartecipe del comportamento truffaldino del cessionario COGNOME, unitamente a quelli degli altri sub-cessionari.
Il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione di legge dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale rilevato l’insufficiente motivazione dell’avviso di accertamento, operata attraverso un semplice richiamo al p.v.c. della Guardia di Finanza dell’1 agosto 2013 e senza alcun riferimento alle disposizioni normative asseritamente violate. Sia l’avviso di accertamento, che il p.v.c. non contenevano nulla in merito alle ragioni di diritto e di fatto della pretesa imposta, in particolar modo con riguardo alla società ricorrente. Dagli atti emergeva che l’Ufficio aveva contestato alla ditta COGNOME NOME le violazioni in materia di accisa e che tale soggetto non era stato in grado di dimostrare l’uso del gasolio per il quale era prevista una aliquota agevolata; inoltre, la società non aveva potuto sapere se un tentativo di recupero dell’imposta fosse stato fatto nei confronti di COGNOME NOME, oppure se la richiesta di pagamento fosse stata fatta per la prima volta esclusivamente nei confronti della società ricorrente.
L’esame RAGIONE_SOCIALE esposte censure porta all’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi.
La questione posta con il primo motivo concerne il problema dell’efficacia riflessa del giudicato esterno e, in particolare, l’individuazione RAGIONE_SOCIALE condizioni e dei presupposti perché possa realizzarsi e la verifica della loro eventuale ricorrenza nel caso di specie.
6.1 In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, dal principio stabilito dall’art. 2909 cod. civ., secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, si evince, a contrario, che l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti e non è vincolante, rispetto ai terzi (Cass., 5 novembre 1996, n. 9631).
6.2 E’ ammesso, tuttavia, che il giudicato, quale affermazione obiettiva di verità, possa produrre, a determinate condizioni, effetti riflessi anche al di fuori dei limiti indicati dalla norma indicata, ossia in ipotesi in cui il giudicato si sia formato tra soggetti in tutto o in parte diversi. Tenuto conto che l’efficacia di un giudicato nell’ambito di un diverso giudizio tra soggetti differenti o anche solo in parte diversi potrebbe collidere con i principi del rispetto del contraddittorio e, in genere, del diritto di difesa, la nozione di efficacia riflessa del giudicato presuppone un « nesso di pregiudizialità-dipendenza giuridica, che si ha allorché un rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientra nella fattispecie di altro rapporto giuridico condizionato dipendente, il quale solo legittima l’efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti in tutto o in parte diversi, nel rispetto dei diritti costituzionali del contraddittorio e di difesa » (Cass., Sez. U., 12 marzo 2008, n. 6523).
6.3 In particolare, le Sezioni Unite di questa Corte, sopra richiamate, dopo avere rilevato che, in linea teorica, è ammessa, sia in dottrina, che in giurisprudenza, la possibilità che il giudicato, oltre agli effetti diretti, sanciti dall’art. 2909 cod. civ., secondo cui « l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa », possa produrre alcuni effetti specifici anche al di fuori dei limiti indicati dalla citata norma, in ipotesi, cioè, in cui il giudicato si sia formato tra soggetti in tutto o in parte diversi, ha delimitato i presupposti e le condizioni perché detto effetto possa prodursi e ciò tenendo conto che l’efficacia di un giudicato nell’ambito di un diverso giudizio tra soggetti differenti (almeno in
parte), potrebbe collidere con i principi costituzionali di rispetto del contraddittorio e, in genere, del diritto di difesa. E ha affermato che è soltanto il collegamento di pregiudizialità – dipendenza in senso giuridico che legittima l’efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti eventualmente estranei al relativo giudizio e che detta categoria giuridica è riscontrabile, per opinione unanime anche della dottrina, solo allorché un rapporto giuridico (pregiudiziale o condizionante) rientra nella fattispecie di altro rapporto giuridico (condizionato, dipendente), sicché ogni qual volta non possa riscontrarsi una tale coincidenza (sia pure parziale), ma emergano solo nessi di fatto o logici tra i due rapporti dedotti in giudizio, non vi sono i presupposti perché si determini detta efficacia riflessa. L’efficacia riflessa del giudicato, dunque, non si estende ai terzi che siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico oggetto del giudicato stesso (e non già di un diritto dipendente dalla situazione definita nel processo), non potendosi confondere i collegamenti che pur possono presentarsi tra i vari giudizi e tra gli accertamenti oggetto di essi, e il rapporto di pregiudizialità giuridica. E tale autonomia è ravvisatole non solo in relazione al principio dispositivo cui è improntato il giudizio e alla specifica ragione della decisione, ma anche alla circostanza che i due giudizi sono essenzialmente ricollegati all’esercizio di diritti o poteri differenti, e, anche a cagione di ciò, affidati per la parte attrice a differenti soggetti pubblici, il cui accertamento deve avvenire nel contraddittorio della parte pubblica legittimata e nell’ambito RAGIONE_SOCIALE specifico procedimento a tanto riservato. Da ultimo, le Sezioni Unite hanno osservato che non si può distinguere, per evidente coerenza sistematica, la possibilità di efficacia del giudicato in relazione al contenuto positivo o negativo dell’accertamento posto in essere con la sentenza passata in giudicato.
6.4 La necessità che sussista un rapporto di dipendenza tra situazioni giuridiche è stata ribadita da questa Corte anche in altri arresti, laddove
si è affermato che « la sentenza che sia passata in giudicato, oltre ad avere un’efficacia diretta tra le parti, i loro eredi o aventi causa, ne abbia anche una riflessa’ poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo nel quale sia stata resa qualora essi siano titolari di diritti dipendenti dalla situazione definita in quel processo, o, comunque, subordinati a questa » (Cass., 31 gennaio 2014, n. 2137) e laddove si è pure precisato che « il giudicato può spiegare efficacia riflessa nei confronti di soggetti rimasti estranei al giudizio quando contenga l’affermazione di una verità che non ammette un accertamento diverso ed il terzo non vanti un diritto autonomo rispetto a quello su cui il giudicato è intervenuto » (Cass., 8 ottobre 2013, n. 22908).
6.5 Sui limiti entro i quali tale estensione degli effetti del giudicato possa avvenire nei confronti di soggetti che sono rimasti estranei al giudizio divenuto definitivo, questa Corte ha precisato che l’estensione del giudicato riflesso opera a condizione che i terzi estranei al giudizio siano titolari di «diritti dipendenti o comunque subordinati» al rapporto deciso con efficacia di giudicato (Cass. Sez. U, 12 marzo 2008, n. 6523; Cass., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass., 11 giugno 2019, n. 15599), mentre tale efficacia riflessa è certamente impedita qualora il terzo sia titolare di un rapporto «autonomo ed indipendente» rispetto a quello in ordine al quale il giudicato è intervenuto, non essendo ammissibile né che egli ne possa ricevere pregiudizio giuridico, né che se ne possa avvalere a fondamento della sua pretesa, salvo che tale facoltà sia espressamente prevista dalla legge, come nel caso RAGIONE_SOCIALE obbligazioni solidali, ai sensi dell’art. 1306 cod. civ. (Cass., 27 marzo 2007, n. 7523; Cass., 13 gennaio 2011, n. 691; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24558; Cass., 17 maggio 2017, n. 12252).
6.6 Il giudicato formatosi in un determinato giudizio, dunque può spiegare «efficacia riflessa» nei confronti di soggetti rimasti estranei al
rapporto processuale a condizione che: a) i terzi non siano titolari di un diritto autonomo, scaturente da un distinto rapporto giuridico o costituito su un rapporto diverso da quello dedotto nel primo giudizio; b) i terzi non possano risentire un «pregiudizio giuridico» dalla precedente decisione; c) l’efficacia riflessa riguardi soltanto l’affermazione di una situazione giuridica che non ammette la possibilità di un diverso accertamento (Cass., 23 aprile 2020, n. 8101).
6.7 E’ stato evidenziato, poi, che le diverse fattispecie, rispetto alle quali può venire in questione una efficacia «riflessa» del giudicato, risultano del tutto disomogenee tra loro, come emerge dalla disamina della casistica giurisprudenziale, in quanto le modalità con cui gli effetti del giudicato possono venire a riverberarsi sulla situazione giuridica vantata dal terzo variano a seconda della struttura relazionale di «dipendenza» che caratterizza la situazione giuridica di cui quest’ultimo risulta essere titolare. Tale situazione giuridica può, infatti, configurarsi come: a) «dipendente» nel senso di «accessoria» (es. obbligazione fidejussoria); b) «dipendente» sul piano del collegamento o del coordinamento negoziale, nel senso di «derivata o subordinata» (es. sublocazione; subappalto, contratti derivati in genere); c) «dipendente» sul piano del diritto sostanziale, nel senso di «pregiudicata» (qualora la fattispecie costitutiva del diritto fatto valere includa tra i suoi elementi essenziali una situazione giuridica che sia stata oggetto della controversia in precedente giudizio «inter alios» passato in giudicato) (Cass., 23 ottobre 2023, n. 29301, in motivazione).
6.8 Più in particolare, questa Corte ha precisato che, in tali casi, oggettivamente differenti quanto alla declinazione della relazione di dipendenza dalla causa definita con efficacia di giudicato, la espressione «effetto riflesso» del giudicato viene ad enucleare contenuti del tutto diversi, potendo evidenziare: a) la valenza meramente probatoria del giudicato «inter alios» (il Giudice può trarre
argomenti presuntivi dal giudicato in ordine ai fatti ivi accertati), come nell’esempio della fidejussione rispetto all’accertamento in giudicato «inter alios» della esistenza del debito principale o nella ipotesi dei «contratti cd. derivati», qual è la posizione del sublocatore rispetto al giudicato di accertamento della risoluzione per inadempimento del contratto di locazione principale; b) la relazione di pregiudizialità necessaria in senso giuridico, tale per cui colui che agisce facendo valere la situazione pregiudicata non può prescindere dall’elemento costitutivo della stessa come individuato nel giudicato della causa pregiudiziale (quindi configurandosi una relazione di pregiudizialitàdipendenza in senso giuridico e non meramente logico) (Cass., 11 giugno 2019, n. 15599, in motivazione).
6.9 Ancora questa Corte ha evidenziato che, affinché una sentenza passata in giudicato possa produrre effetti riflessi, si richiedono che i terzi non siano titolari di un diritto autonomo, per tale dovendosi intendere o il diritto scaturente da un diverso rapporto giuridico, oppure un diritto la cui fattispecie costitutiva non risulti composta anche dalla esistenza (o inesistenza) del rapporto dedotto nel primo giudizio, che i terzi non ne possano risentire un «pregiudizio giuridico» e che l’efficacia riflessa investa solo l’affermazione di una situazione giuridica che non ammette la possibilità di un diverso accertamento e che, in virtù di questi principi, è stata ammessa l’efficacia «riflessa» della sentenza che dichiara il fallimento, erga omnes; della sentenza che accerta la proprietà, rispetto al terzo detentore; della sentenza che accerta l’invalidità del lavoratore, rispetto all’ente previdenziale; della sentenza che accerta la comproprietà in capo al venditore che ha venduto l’intero, rispetto alla lite tra acquirente e comproprietari; della sentenza che accerta la falsità d’un atto; della sentenza che accerta il fatto indicativo della capacità contributiva. (Cass., 23 aprile 2020, n. 8101, in motivazione; cfr. pure Cass., 5 luglio 2019, n. 18062; Cass., 6 ottobre 2022, n. 28997; Cass., 25 gennaio 2023, n. 2322).
7. A fronte di tale orientamento, già in passato si è manifestato un diverso indirizzo, con particolare riguardo al problema concernente la compatibilità del principio dell’efficacia riflessa del giudicato con i principi costituzionali, essendosi rilevato, sia pure a livello di obiter dictum , come la possibilità di estendere l’efficacia del giudicato a soggetti rimasti terzi rispetto al giudizio si poneva in evidente contrasto con i principi costituzionali (artt. 24 e 111 Cost.) (cfr. Cass., 30 ottobre 2007, n. 22881) e che di detto principio « non pare che sia stata apertamente saggiata la resistenza anche alla luce RAGIONE_SOCIALE garanzie costituzionali sui diritti di azione e difesa in giudizio (art. 24 Cost.) e del contraddittorio (art. 111 Cost.) » (cfr. Cass., 20 febbraio 2013, n. 4241).
7.1 Successivamente questa Corte ha rilevato che il rifiuto del principio dell’efficacia riflessa del giudicato non si ricollega solamente alla (evidente) violazione dei principi costituzionali che attengono ai diritti di azione, di difesa in giudizio e del contraddittorio tra le parti (artt. 24 e 111 Cost.), ma discende altresì da un argomento concernente la costruzione della fattispecie, a sua volta fondato sul riconoscimento, quale presupposto della c.d. efficacia riflessa del giudicato, del nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti giuridici. La Corte ha osservato, in particolare, che il fenomeno della pregiudizialitàdipendenza è da porre in relazione al principio di relatività della fattispecie secondo cui l’effetto giuridico di una data fattispecie può a sua volta rilevare come elemento del fatto costitutivo (modificativo o estintivo) di un’altra fattispecie. In altri termini, ciò che integra la conseguenza giuridica del fatto, e dunque l’elemento formale della qualificazione giuridica, può, sotto un altro aspetto, costituire l’elemento materiale di una distinta fattispecie e trascorrere da valore giuridico a fatto esso stesso. L’effetto giuridico relativo al rapporto pregiudicante, che venga a costituire elemento del fatto costitutivo del rapporto pregiudicato, costituisce nel processo relativo a quest’ultimo
questione pregiudiziale in senso tecnico. Si tratta di questione conosciuta in via incidentale senza effetto di giudicato (il quale ha ad oggetto solo il rapporto giuridico oggetto del processo pregiudicato c.d. questione pregiudiziale in senso logico), a meno che la domanda di una RAGIONE_SOCIALE parti non debba essere decisa con efficacia di giudicato. Il punto che interessa ai presenti fini, ha affermato la Corte (così proponendosi di porre in evidenza le aporie e le contraddizioni cui conduce il principio dell’efficacia riflessa del giudicato), « è che l’eventuale giudicato sul rapporto pregiudicante spiega efficacia nel processo pregiudicato. Quando i soggetti del rapporto pregiudiziale non coincidono con quelli del rapporto condizionato, per un verso nel processo relativo a quest’ultimo rapporto non può accertarsi con efficacia di giudicato la questione pregiudiziale su domanda di una RAGIONE_SOCIALE parti perché queste, non essendo titolari del rapporto in questione, sono sfornite della legittimazione ad agire su tale rapporto , per l’altro però il giudicato sul rapporto pregiudicante, seguendo la teoria del giudicato riflesso, esplica la sua efficacia anche nei confronti del terzo titolare del rapporto legato a quello oggetto del primo giudizio stante il nesso sostanziale di dipendenza giuridica » (Cass., 9 luglio 2019, n. 18325, in motivazione).
7.2 Un ulteriore argomento, che va in direzione opposta rispetto al riconoscimento del principio dell’efficacia riflessa del giudicato, è quello secondo cui l’art. 106 cod. proc. civ. prevede sia l’ipotesi in cui, con la chiamata in causa, il garantito esercita l’azione di regresso, sia la diversa ipotesi in cui il garantito si limita a provocare la partecipazione al processo del garante, senza proporre domanda nei suoi confronti, con efficacia estensiva della legittimazione del garante rispetto all’accertamento del rapporto principale. La partecipazione al processo del garante, senza proposizione della domanda nei suoi confronti, mira a rendergli opponibile il giudicato sul diritto pregiudiziale fatto valere tramite la domanda. Non è coerente alla necessità di provocare la
partecipazione al processo del titolare del rapporto dipendente per rendergli opponibile il giudicato l’istituto dell’efficacia riflessa, il quale consentirebbe di opporre al terzo estraneo il giudicato per il sol fatto dell’esistenza del nesso di pregiudizialità-dipendenza e senza passare per la «denuncia della lite» (così definita dalla dottrina) evocata dall’art. 106 cod. proc. civ. (Cass. sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707, la quale menziona, al punto 9.2 della motivazione, la dottrina secondo cui il giudicato sul rapporto pregiudiziale senza la partecipazione al processo del terzo garante non è a lui opponibile).
7.3 Da ultimo, è stato richiamato, sempre in contrasto con il riconoscimento del principio dell’efficacia riflessa del giudicato, l’istituto del litisconsorzio processuale. A differenza del litisconsorzio necessario sostanziale (art. 102 cod. proc. civ.), che ha carattere originario in quanto protettivo dell’interesse dell’attore ad un provvedimento giurisdizionale utile, il litisconsorzio necessario processuale, che sopravviene in fase di appello), mira a prevenire la formazione di giudicati che, in mancanza della necessaria persistenza RAGIONE_SOCIALE parti in sede di impugnazione, potrebbero essere contrastanti. Ne discende che nel caso di soccombenza in primo grado dell’attore questi dovrà proporre l’impugnazione, stante l’insorto litisconsorzio processuale e l’acquisita trilateralità del rapporto, anche nei confronti del garante e che solo a queste condizioni l’eventuale giudicato favorevole all’originario attore può esplicare efficacia nel rapporto fra garantito e garante (cfr. Cass., Sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707, in motivazione) 7.4 Si tratta di una conclusione, dunque, che è in contraddizione con l’assunto dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente da quello oggetto di giudicato, efficacia sussistente per il sol fatto del nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti e per la quale non è richiesta la partecipazione del titolare del rapporto dipendente al processo relativo al rapporto pregiudicante
(Cass., 26 aprile 2022, n. 12969, in motivazione, ed anche Cass., 17 novembre 2021, n. 35037; Cass., 24 giugno 2020, n. 12394).
7.5 Sovviene, al riguardo, la sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 22 marzo 1971, che, secondo autorevole dottrina, ha ancora oggi il pregio di chiarite i limiti soggettivi del giudicato, tenuto conto della garanzia costituzionale del diritto di difesa a favore di terzi e, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28 del codice di procedura penale, nella parte in cui dispone che nel giudizio civile o amministrativo l’accertamento dei fatti materiali che furono oggetto di un giudizio penale sia vincolante anche nei confronti di coloro che rimasero ad esso estranei perché non posti in condizione di intervenirvi, mettendo in evidenza che la funzione dell’istituto della cosa giudicata « si esplica nel senso non già di richiedere la coerenza logico-formale fra i vari giudicati, ma nell’altro diverso di fissare in modo stabile le risultanze di un giudizio reso in via definitiva riguardo alle situazioni ed ai rapporti che furono oggetto della controversia, ma limitatamente alle parti originarie del giudizio ed a quanti vi intervennero o dovevano intervenirvi, secondo quanto può desumersi dalle precise statuizioni degli artt. 2909 del codice civile e 90 del codice di procedura penale» ; che « l’intento pratico del giudicato é di evitare che due comandi diversi e praticamente incompatibili abbiano la stessa sfera di validità e si verifichi una molteplicità di decisioni nei riguardi della stessa persona e per lo stesso oggetto, o si dia luogo ad un bis in idem » e che « un’efficacia riflessa di un giudicato sui terzi potrebbe ammettersi solo quando, come avviene nel processo civile, sia previsto, oltre al potere di un intervento da parte loro, il rimedio dell’opposizione di terzo, a tacere dell’eventualità della loro chiamata ope iudicis (art. 107 c.p.c.) ».
7.6 Da quanto sopra esposto emerge, dunque, che nonostante la giurisprudenza prevalente di questa Corte ritenga ammissibile l’efficacia r iflessa del giudicato, la questione, di recente, si è
nuovamente posta in particolari materie, come quella assicurativa, con orientamenti divergenti. E così, mentre per un primo orientamento, più risalente nel tempo, il giudicato non può essere opposto all’assicuratore che sia rimasto terzo rispetto al rapporto processuale fra danneggiato e assicurato-danneggiante (Cass., 18 maggio 2011, n. 10919; Cass., 2 marzo 2004, n. 4192), per un secondo orientamento, più recente e maggioritario, la sentenza di condanna al risarcimento del danno, pronunciata nei confronti del responsabile di un sinistro stradale, fa stato nei confronti del suo assicuratore della responsabilità civile, per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio del danneggiante e del correlativo debito, anche se l’assicuratore non abbia pa rtecipato al relativo giudizio, in quanto l’assicuratore non è titolare di una posizione autonoma rispetto al rapporto cui si riferisce la sentenza, ma di una situazione giuridica dipendente da essa (Cass., 2 febbraio 2013, n. 4241; Cass., 31 gennaio 2012, n. 1359; Cass., 12 maggio 2005, n. 10017). Ancora, più di recente, tuttavia, questa Corte ha nuovamente escluso l’ammissibilità dell’efficacia riflessa del giudicato, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata RAGIONE_SOCIALE norme in materia di giudicato, nel rispetto del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del giusto processo (art. 111 Cost.), tenuto conto della natura dell’ obbligazione solidale ad interesse unisoggettivo che lega il danneggiato (creditore) e l’assicuratore (condebitore ); del principio generale secondo cui solo le circostanze favorevoli si estendono anche ai coobbligati e non anche quelle circostanze sfavorevoli, del contrasto del l’efficacia diretta con gli istituti processuale della chiamata ad istanza di parte ( l’art. 106 c.p.c. ) e del litisconsorzio necessario processuale (Cass., 9 luglio 2019, n. 18325; Cass., 24 giugno 2020, n. 12394; Cass., 17 novembre 2021, n. 35037).
8 . Tanto precisato, è doveroso rilevare che lo stesso legislatore ha previsto, in alcuni casi, un’estensione di effetti giuridici nei confronti di soggetti rimasti estranei al giudizio e la dottrina più attenta ha
riassunto tali ipotesi in tre modelli: moRAGIONE_SOCIALE di efficacia riflessa ex lege , come nel caso della sublocazione previsto dall’art. 1595, comma terzo, cod. civ., dove l’azione di mero accertamento con oggetto la nullità del contratto di locazione o l’azione costitutiva relativa alla risoluzione del contratto vede come parti del giudizio il conduttore e locatore, ma la sentenza che definisce il giudizio produrrà i suoi effetti anche nei confronti del subconduttore, soggetto completamente estraneo al processo (la dottrina ha ritenuto la sublocazione un’ipotesi di successione costitutiva, dove la sentenza pronunciata sul rapporto c.d. base esplica la sua efficacia (riflessa) nei confronti dei terzi titolari di rapporti c.d. limite, rapporti oggettivamente diversi da quello dedotto in giudizio e giuridicamente dipendenti da quest’ultimo ); 2) moRAGIONE_SOCIALE di efficacia in utilibus, ovvero il caso in cui la sentenza può produrre effetti nei confronti del terzo solo se a lui favorevoli e l’esempio tipico è quello della disposizione che disciplina gli effetti della sentenza sulle obbligazioni solidali di cui all’art. 1306 , secondo comma, cod. civ., che prevede che i debitori estranei al giudicato possono opporre al creditore la sentenza che produce per loro effetti favorevoli. Nello specifico, i creditori solidali che non hanno partecipato al processo, possono decidere di avvalersi della sentenza di condanna nei confronti del debitore (salve eccezioni personali) e allo stesso modo i condebitori solidali possono far valere nei confronti del creditore una sentenza a loro favorevole, senza aver partecipato al giudizio; 3) moRAGIONE_SOCIALE dell’efficacia riflessa condizionata (o debole), che si riferisce alla fattispecie della garanzia per evizione disciplinata dall’art. 1485 c od. civ. e che prevede che q uando l’acquirente di un immobile viene chiamato in giudizio da un soggetto che rivendica la proprietà RAGIONE_SOCIALE stesso immobile, in caso di soccombenza dell’acquirente, egli acquisisce il diritto al risarcimento del danno nei confronti del venditore, salvo che il venditore non provi l’esistenza di ragioni sufficienti per far rigettare la domanda.
8.1 Dunque, mentre alcune disposizioni codicistiche stabiliscono esplicitamente o presuppongono la produzione degli effetti del giudicato anche nei confronti di terzi (art. 1595, comma terzo, cod. civ.; art. 111, comma quarto, cod. proc. civ.; art. 79 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, come modificato dall’art. 33 del d.P.R. 22 giugno 1979, n. 338), altre stabiliscono che il terzo, qualora non abbia partecipato o non sia stato messo in condizione di partecipare al processo relativo all’altrui rapporto (ma ch e condiziona anche la sua propria posizione giuridica), è colpito comunque dall’efficacia della sentenza emessa inter alios , ma può sottrarsi a questo vincolo offrendo la prova che « esistono ragioni sufficienti » per provocare un diverso accertamento della situazione sostanziale (artt. 1485, 2859 e 2870 cod. civ.) ed altre norme ancora, infine, stabiliscono che i terzi possono avvalersi del giudicato altrui che, quindi, agisce soltanto in utilibus nei loro confronti (si è ricordato, in proposito, l’art. 1306, comma secondo, cod. civ.).
Ciò posto, questa Corte ritiene di aderire all’orientamento secondo cui il giudicato può spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando sussista un nesso di pregiudizialità-dipendenza giuridica, ovvero quando il rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientri nella fattispecie di altro rapporto giuridico condizionato, dipendente, il quale solo legittima l’efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti in tutto o in parte diversi, nel rispetto dei diritti costituzionali del contraddittorio e di difesa. Ed invero, architrave di tale orientamento è il nesso di pregiudizialità-dipendenza, che ricorre quando uno dei due rapporti (pregiudiziale) entra a comporre la fattispecie costitutiva della situazione giuridica dipendente, conseguendone, sul piano sostanziale, il fatto che l’esistenza e il modo d’essere del rapporto pregiudiziale condizionano l’esistenza e il modo d’essere della situazione giuridica dipendente.
9.1 Con riferimento al caso di specie, l’applicazione dei suddetti principi induce a ritenere che la sentenza della Commissione tributaria provinciale n. 12527 del 21 maggio 2015, passata in giudicato, che ha definito il giudizio promosso dalla società RAGIONE_SOCIALE, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, abbia effetti di giudicato riflesso nel presente giudizio.
9.2 Invero, il presente giudizio ha ad oggetto l’I.V.A. evasa calcolata sull’accisa recuperata non venendo in rilievo l’agevolazione fiscale collegata all’uso agricolo del gasolio, che costituiva base imponibile ai fini I.V.A. Il presupposto, quindi, del recup ero dell’I.V.A. evasa risiede nell’accertamento avente ad oggetto il recupero dell’accisa evasa in relazione alla vendita di gasolio per uso agricolo. La circostanza, quindi, che sia stato accertato, con sentenza passata in giudicato, che non sia stata evasa alcun imposta (accisa), poiché risultavano regolari tutti gli elementi contabili verificati (anche per la parte che investiva l’I.V.A.), che non vi era prova, neppure indiziaria o induttiva, della compartecipazione del venditore alla frode posta in essere dall’acquirente e che la società RAGIONE_SOCIALE aveva regolarmente venduto gasolio per uso agricolo a tale COGNOME NOME e questi, in via del tutto autonoma e non ipotizzabile dal soggetto che glielo aveva fornito, lo aveva utilizzato per usi diversi da quello agevolato, produce i suoi effetti riflessi sul presente giudizio, in quanto è venuto meno il presupposto per il recupe ro dell’I.V.A. evasa , sussistendo tra l’oggetto del giudizio definito con autorità di cosa giudicata e quello del presente giudizio un rapporto di pregiudizialità-dipendenza sul piano del diritto sostanziale, in quanto il recupero della maggiore imposta I.V.A. trovava il suo necessario presupposto nella prospettazione, ritenuta non legittima dal giudice del merito, dell ‘accisa evasa in relazione alla vendita di gasolio per uso agricolo, utilizzato, invece, per usi diversi. Ciò che fonda anche l’affermazione che l’RAGIONE_SOCIALE non sia titolare di un rapporto autonomo rispetto a quello su
cui è intervenuto il giudicato, in quanto, nel caso in esame, l’accisa costituisce base imponibile ai fini I.V.A. e l’I.V.A. evasa è stata calcolata sulla somma recuperata a titolo di accisa.
Per quanto esposto, va accolto il primo motivo ed assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata e, decidendo nel merito, va accolto l’originario ricorso della società ricorrente.
10.1 Le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata, tenuto conto del percorso evolutivo giurisprudenziale nella materia trattata, giustificano la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società ricorrente.
Compensa interamente fra le parti le spese dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024.