Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22685 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22685 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 05/08/2025
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2060/2022 R.G. proposto da Comune di Portogruaro (00271750275), in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Veneto Orientale (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del prof. avvocato NOME COGNOME (EMAIL, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1337/21, depositata il 4 novembre 2021, e notificata in data 8 novembre 2021, della Commissione tributaria regionale del Veneto; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 1337/21, depositata il 4 novembre 2021, e notificata in data 8 novembre 2021, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l’appello principale del Comune di Portogruaro, e accolto quello spiegato in via incidentale dal Consorzio di Bonifica del Veneto Orientale, così pronunciando in riforma della decisione di prime cure che aveva accolto, limitatamente alle sanzioni applicate, l’impugnazione di due avvisi di accertamento emessi in relazione all’I MU dovuta dal contribuente per gli anni 2013 e 2014.
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
-andava disatteso l’appello principale in quanto correttamente il giudice di prime cure aveva disapplicato le sanzioni irrogate, tenuto conto della circostanza che «il Comune di Portogruaro, fin dal momento della istituzione dell’imposta in argomento, che prima aveva il nome di Imposta Comunale (sugli) Immobili, mai si è premurato di richiedere al CONSORZIO di RAGIONE_SOCIALE il pagamento di alcuna somma, prima a titolo di ICI e, successivamente, per l’imposta IMU, contribuendo, con tale sua totale inerzia, ad instaurare nei responsabili del C.B.V.O. il convincimento che tale Ente (pubblico) fosse da considerarsi esentato da tale imposta» (richiesta solo nell’anno 2018);
-andava, per converso, accolto l’appello incidentale in quanto l’ Agenzia delle Entrate -con la circolare n. 0109407.05- 03 – 2020 -U -aveva «deliberato l’inserimento degli immobili dei Consorzi di bonifica nei gruppi della corretta Categoria “E”»; decisione, questa, cui (seppur se adottata nel 2020) doveva riconoscersi «efficacia dichiarativa e non costitutiva» posto che «l’Autorità che ha deciso l’inserimento nella citata Categoria catastale non ha fatto altro che accertare la sussistenza di una determinata situazione, quale già esistente, per cui si è limitata a considerare che tale situazione doveva necessariamente comportare l’inserimento degli immobili in questione nella giusta Categoria catastale, nella quale avrebbero dovuto trovarsi fin da quando i Consorzi sono sorti, ovvero da quando i beni immobili sono stati inseriti nelle varie categorie»;
ne conseguiva, pertanto, che i beni immobili posseduti dal Consorzio, quale «ente pubblico che svolge funzioni di pubblica utilità», dovevano essere «inquadrati nella Categoria Catastale “E”» con loro conseguente riconduzione al règime di esenzione previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. b ).
-Il Comune di Portogruaro ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi.
Il Consorzio di Bonifica del Veneto Orientale resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via pregiudiziale di rito, va disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso che il controricorrente articola in relazione al disposto di cui all’ art. 369, comma 1, n. 2, cod. proc. civ. e, dunque, assumendo l’omesso deposito degli atti di notifica della sentenza impugnata.
Per vero, così come risulta dal deposito di copia degli atti, e dalla relativa attestazione di conformità, l’adempimento in questione è stato
ritualmente eseguito, risultando (così) ex actis che la sentenza impugnata è stata notificata (in data 8 novembre 2021) a mezzo pec.
E ne riesce, quindi, la tempestività della notifica del ricorso per cassazione eseguita (sempre a mezzo pec) il 7 gennaio 2022.
Come, poi, le stesse Sezioni Unite della Corte hanno statuito, il deposito in cancelleria di copia analogica della sentenza impugnata, predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC, seppur priva di attestazione di conformità, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente, nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, d. lgs. n. 82 del 2005, la conformità della copia informale all’originale notificato (Cass. Sez. U., 25 marzo 2019, n. 8312).
-Tanto premesso, il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
2.1 – il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. b ), ed al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 2, 3 e 4, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, assumendo il ricorrente che:
nelle annualità di imposta in contestazione, le unità immobiliari oggetto di rideterminazione del classamento (nel 2020) risultavano censite in catasto nelle categorie D/1, D/8, A/3 e A/4, così che il classamento nella categoria esente (E) aveva formato oggetto -piuttosto che di atti di autotutela dell’amministrazione di accordo di conciliazione concluso nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento catastale col quale l’ Agenzia delle Entrate aveva rettificato la dichiarazione Docfa di parte recante proposta di classamento in detta categoria esente;
ad un siffatto accordo, pertanto, e avuto riguardo ai dicta della giurisprudenza di legittimità, non avrebbe potuto riconoscersi efficacia retroattiva in relazione alla disposizione di legge che, nel disciplinare la base imponibile del tributo, prende in considerazione la rendita catastale vigente al 1° gennaio de ll’anno di imposizione;
né una siffatta efficacia retroattiva poteva ascriversi ad una circolare che -quale documento di prassi inidoneo ad incidere sulle risultanze catastali -demandava agli Uffici, ad ogni modo, ogni specifico accertamento sulla destinazione funzionale degli impianti in questione sulla base della distinzione tra opere di difesa idraulica in senso proprio ed opere (diversamente) deputate alla fornitura di servizi (quali quelli irrigui);
soggiunge il ricorrente che nemmeno poteva convenirsi sulla rilevata inerzia di esso esponente nell’esercizio del potere impositivo atteso, per un verso, che l’obbligazione tributaria discende direttamente dalla legge -e solo sul contribuente grava l’on ere della prova della fattispecie esente -e, per il restante, che detto potere era stato esercitato entro il prefissato termine legale di decadenza;
2.2 -col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 2, 3 e 4, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, così tornando a censurare la rilevata efficacia retroattiva del nuovo classamento catastale (in categoria esente) delle unità immobiliari, efficacia che, secondo gli enunciati della giurisprudenza di legittimità, doveva escludersi tanto perché il riclassamento operato sulla base di un accordo di conciliazione concluso nell’àmbito di un contezioso che aveva ad oggetto la rettifica della dichiarazione docfa presentata dal contribuente nel 2018 (con proposta di classamento nella categoria E) quanto perché alla stessa richiamata circolare non potevano ascriversi
effetti diretti sul classamento in atto, insussistente, nella fattispecie, ogni esercizio del potere di autotutela; così che, in un siffatto contesto, la variazione catastale non avrebbe potuto produrre effetti che in relazione alla dichiarazione Docfa presentata dalla contribuente nell’anno 2018 e dunque dal 1° gennaio del successivo anno di imposizione (2019);
2.3 -col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, così ulteriormente riproponendo, sotto detto parametro del sindacato di legittimità, i contenuti di censura già articolati nel primo e nel secondo motivo di ricorso, avendo il giudice del gravame omesso di considerare che il riclassamento (in categoria esente) delle unità immobiliari era conseguito, senza effetti retroattivi, da un accordo di conciliazione piuttosto che dall’esercizio del potere di autotutela .
-I primi due motivi di ricorso -dal cui congiunto esame, dettato dalla loro connessione, consegue l’assorbimento del terzo motivo sono fondati e vanno accolti.
3.1 -Come reso esplicito dal relativo contenuto, sopra ripercorso, il presupposto fattuale della ratio decidendi della gravata sentenza si identifica con una circolare dell’ Agenzia delle Entrate cui, per vero, il giudice del gravame fa dire ciò che la stessa non dice e cui attribuisce un (insussistente) potere dispositivo.
Si tratta, difatti, di un atto di indirizzo che demandava alla competenza dei singoli uffici la verifica della correttezza dei classamenti, sulla base del riscontro specifico della destinazione funzionale delle unità immobiliari alla bonifica idraulica in senso proprio ovvero a servizi di natura industriale, e considerando, ad ogni modo, come fermi ed impregiudicati i classamenti che dovevano ritenersi definitivi.
Rilievo, quello appena svolto, che dà conto della manifesta infondatezza dell’eccezione di inammissibilità articolata in controricorso in ragione della «decadenza dall’azione presupposta» ( id est per omessa impugnazione della circolare da qualificare circolareregolamento).
L ‘atto in questione, come appena anticipato, non ha (e, per vero, nemmeno avrebbe potuto avere) natura applicativa (per una particolare ipotesi di circolari di tal fatta v. Cass., 11 dicembre 2013, n. 27670) in quanto costituiva mero atto di indirizzo interpretativo correlato alla specificità del catasto consortile, in connessione alla natura plurale delle competenze esercitate dagli stessi Enti consortili e, dunque, alla (altrettanto) plurale, e articolata, destinazione funzionale delle unità immobiliari censite in catasto.
E, come del resto la Corte ha ripetutamente rimarcato, siffatti atti di indirizzo esprimono esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente (oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice) , così che non sono impugnabili né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva, sussistendo difetto assoluto di giurisdizione in ordine agli stessi (Cass. Sez. U., 2 novembre 2007, n. 23031 cui adde Cass., 29 novembre 2022, n. 35098; Cass., 21 marzo 2014, n. 6699).
3.2 – In tema, poi, di determinazione della base imponibile IMU, per i fabbricati iscritti in catasto (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, cui rinvia il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8, comma 4; v., poi, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 3, 4 e 5, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214), la Corte ha avuto modo di precisare che:
le risultanze catastali definitive non dovute a mutamenti dello stato e della destinazione dei beni, individuati quali circostanze
storicamente sopravvenute, o a correzioni di errori materiali di fatto, ancorché sollecitate all’ufficio dal contribuente, conseguendo all’originaria acquiescenza del contribuente alle operazioni catastali sono soggette alla regola di carattere generale, funzionale alla natura della rendita catastale di presupposto per la determinazione e la riscossione dei redditi tassabili nei singoli periodi d’imposta, della loro efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime sono state annotate negli atti catastali (cosiddetta messa in atti), ricavabile dall’art. 5, comma secondo, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, cit., in forza del quale per ciascun atto d’imposizione devono assumersi le rendite quali risultanti in catasto al primo gennaio dell’anno di imposizione (Cass., 7 settembre 2004, n. 18023 cui adde , ex plurimis , Cass., 24 marzo 2023, n. 8550; Cass., 21 ottobre 2022, n. 31250; Cass., 5 febbraio 2021, n. 2771; Cass., 30 luglio 2010, n. 17863; Cass., 27 ottobre 2004, n. 20854);
la regola generale dettata dall’art. 5, comma 2, cit., trova applicazione, altresì, con riferimento alle variazioni catastali conseguenti a dichiarazioni presentate con la procedura Docfa, poiché il termine di efficacia delle rendite (così) stabilito è ispirato a ragioni di uniformità delle dichiarazioni e degli accertamenti e costituisce espressione del principio di uguaglianza (Cass., 7 settembre 2018, n. 21760; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 15 ottobre 2010, n. 21310);
il modus agendi di detta regola generale non comporta alcuna violazione dell’art. 53 Cost., in quanto l’esigenza di tener conto della capacità contributiva non esclude il potere discrezionale del legislatore di fissare un termine di efficacia uguale per tutti i contribuenti, così che la disposizione è essa stessa espressione del principio di uguaglianza, in quanto l’applicazione di un termine differenziato nell’ipotesi di ricorso alla procedura docfa, comporterebbe una discriminazione fra
contribuenti (così la giur. appena citata cui adde Cass., 24 marzo 2023, n. 8550, cit.);
diversamente la regola in questione non si applica al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo (Cass., 29 settembre 2005, n. 19066 cui adde , ex plurimis , Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 31 luglio 2015, n. 16241; Cass., 5 maggio 2010, n. 10815; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27906); laddove la riconducibilità dell’errore di fatto all’Ufficio deve risultare «evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio» (Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018);
-le variazioni catastali conseguenti a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, debbono trovare applicazione dalla data della denuncia (Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018); pronunce, queste ultime, che fanno applicazione, poi, dei principi espressi dalla Corte con riferimento alla l. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, essendosi rilevata l’utilizzabilità della rendita – una volta notificata a fini impositivi – «anche per annualità d’imposta per così dire “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso», ovvero per periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione del provvedimento, purché successivi alla denuncia di variazione (v. Cass., 11 settembre 2019, n. 22653; Cass.,
27 luglio 2012, n. 13443; Cass., 26 ottobre 2005, n. 20775; v., altresì, Cass. Sez. U., 9 febbraio 2011, n. 3160 cui adde , ex plurimis , Cass., 9 giugno 2017, n. 14402; Cass., 6 giugno 2014, n. 12753; Cass., 11 novembre 2011, n. 23600; Cass., 30 settembre 2011, n. 20033);
-la disposizione di cui all’art. 7, comma 1, lett. b ) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (cui rinvia il d.lgs. n. 23 del 2011, cit., art. 9, comma 8) va interpretata nel senso che l’esenzione si riferisce ai fabbricati così classificati oppure a quelli non ancora iscritti al catasto per i quali nel medesimo periodo sussistono i presupposti per l’iscrizione nelle categorie indicate, con esclusione, pertanto, degli immobili già iscritti in categorie diverse da quelle del gruppo E, ad iniziativa del contribuente, atteso che quest’ultimo non può, per beneficiare della suddetta esenzione, invocare a suo favore l’errore se non nei limiti e con gli effetti temporali propri della variazione della classificazione (così Cass., 30 settembre 2019, n. 24279).
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025.