Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9154 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9154 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16771/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in FROSINONE INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 588/2023 depositata il 06/02/2023.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 15 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Sentiti l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l’avv. dello Stato NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE impugnava avviso di accertamento per il 2003 emesso dall’Agenzia Entrate, con cui si contestavano operazioni oggettivamente inesistenti in relazione a fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE La società depositava documentazione per dimostrare l’effettività delle operazioni contestate e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Frosinone accoglieva il ricorso.
2 . L’Agenzia delle entrate proponeva appello che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio, con sentenza n.188/40/12, rigettava. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia ricorreva per cassazione affidandosi a due motivi.
Con ordinanza n.12141/2021 questa Corte accoglieva il secondo motivo, osservando che poiché «.. la CTR non si confronta con gli elementi di prova emergenti dal p.v.c., in particolare con le dichiarazioni del legale rappresentante della contribuente, potenzialmente decisive, la motivazione sul punto se non omessa dal momento che almeno nello svolgimento del fatto sia pure indirettamente vengono menzionate, certamente è insufficiente», così cassando la sentenza con rinvio.
La causa veniva riassunta dalla RAGIONE_SOCIALE, che depositava sentenza n.7513/2013 del Tribunale Penale di Frosinone, irrevocabile dal 4.7.2014, con cui NOME COGNOME, legale rappresentante della società, era stato assolto, a seguito di dibattimento, cn la formula ‘perché il fatto non sussiste’, in relazione al seguente capo di imputazione: « reato p. e p. dall’art.2 D.Lgs. n.74/2020 poiché nella qualità di legale rapp.te della RAGIONE_SOCIALE al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto per l’anno 2003 indicava nella dichiarazione annuale per l’anno citato elementi passivi fittizi avvalendosi delle fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), di seguito specificate,
tutte relative ad operazioni inesistenti, dell’importo imponibile complessivo di euro 165.758,00 ed iva 33.151,60 ».
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado (CGT) del Lazio, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello dell’Agenzia. Secondo la CGT, l’Amministratore aveva affermato «di non aver mai stipulato contratti di lavoro né per le prestazioni di servizi né per il noleggio di mezzi né di sapere quante persone erano presenti in cantiere» ma sembrava « inverosimile che nello svolgere appalti pubblici non siano adeguatamente contrattualizzati tutti i rapporti con subappaltatori/fornitori vista la rigidità della legge sugli appalti» e non convinceva «neanche, la giustificazione assunta dall’Amministratore sul fatto che essendosi rotto il computer non è stato in grado di ‘risalire ad eventuali contratti stipulati’».
Avverso la sentenza della CGT la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, fondato su tre motivi, a cui ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso .
In data 27.10.2023 è stata depositata proposta di decisione accelerata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., notificata via pec in pari data. Con atto depositato il 5.12.2023 il difensore della ricorrente ha chiesto, in forza di nuova procura speciale del 27.11.2024, la decisione sul ricorso. Con ordinanza interlocutoria si è rinviata la causa ad udienza pubblica in considerazione delle questioni di natura nomofilattica relative all’applicazione dell’art. 21 -bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 87 del 2024.
La ricorrente ha depositato memorie, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce « Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art.360 n.5 cpc relativamente all’esecuzione da parte della RAGIONE_SOCIALE dei lavori di cui alle fatture contestate »,
risultanti anche dalla sentenza n.7513/13 del Tribunale penale di Frosinone, da cui emergeva che la RAGIONE_SOCIALE aveva dato in subappalto opere alla RAGIONE_SOCIALE, che i lavori erano stati eseguiti ed era stato pagato alla RAGIONE_SOCIALE l’importo riportato nelle fatture in contestazione per i lavori e per il nolo di mezzi.
Con il secondo motivo si deduce « Nullità della sentenza per violazione dell’art.132 n.4 cpc in relazione all’art.360 n.4 cpc: motivazione apparente ed affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà e illogicità ». Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata è nulla per violazione dell’art.132 comma 2 n.4 cpc, per motivazione apparente ed affetta da manifesta ed irriducibile contraddittorietà ed illogicità.
Con il terzo motivo si deduce « Violazione dell’art.115 cpc in relazione all’art.360 n.3 cpc: omessa valutazione delle risultanze probatorie decisive senza motivarne l’esclusione e l’irrilevanza », in quanto la CGT, pur esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ha omesso di valutare le risultanze documentali di cui la COGNOME aveva esplicitamente dedotto la decisività, senza indicare il motivo della avvenuta esclusione e quindi della (implicita) ritenuta irrilevanza, e non li ha nemmeno menzionati nella descrizione del fatto.
In relazione al ricorso il Consigliere delegato aveva formulato la seguente proposta: « Primo motivo inammissibile nella parte in cui deduce come omesso esame di fatto storico la circostanza dell’esecuzione delle opere da parte della RAGIONE_SOCIALE in quanto non risulta adeguatamente sviluppato il giudizio di decisività in relazione a tale circostanza; primo motivo inammissibile nella parte in cui si deduce l’omesso esame di documenti (n. 47, analiticamente indicati nel ricorso), in quanto il motivo si traduce nell’omesso esame di elementi istruttori, che non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476); diversamente sarebbero -al più oggetto di esame in virtù del vizio dedotto i fatti storici sottesi alla documentazione indicata dal ricorrente, fatti storici per i quali non è stata ugualmente indicata la decisività (pag. 21 ricorso); secondo motivo infondato, essendo predicabile la nullità della sentenza solo in caso di assoluta carenza di motivazione, ovvero di impossibilità di ricostruzione dell’iter logico -giuridico (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053); iter logico comprensibile, in quanto il giudice di appello ha ritenuto che le prestazioni non sono state mai eseguite, valorizzando le dichiarazioni del legale rappresentante della società contribuente -su precisa indicazione del giudice rescindente – dalle quali il giudice di appello ha ricavato la conclusione che non siano mai stati stipulati per iscritto contratti di appalto con subappaltatori e fornitori (rapporti, come si legge nella sentenza, non contrattualizzati) e, conseguentemente, che non siano state effettuate le operazioni sottostanti essendo questa, ad avviso del giudice di appello, circostanza inverosimile; terzo motivo inammissibile, in quanto si traduce in una richiesta di rivalutazione e di scelta del materiale probatorio operata dal giudice del merito, operazione spettante al giudice del merito e non riformulabile davanti al giudice di legittimità »
Ad avviso di questo Collegio, il primo motivo è fondato nei limiti della seguente motivazione.
5.1. L a censura prevista dal novellato art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia di un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico- naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo (vale a dire
che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (Cass. n. 13024 del 2022; Cass. n. 14802 del 2017); non possono considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. n. 10525 del 2022). In questo caso, laddove si censura l’omessa valutazione di materiale istruttorio costituito dalle fatture prodotte, manca la precisa indicazione del fatto storico decisivo, riducendosi il motivo, sotto questo profilo, al riesame degli elementi documentali.
5.2. Diversamente deve ragionarsi con riferimento all’omesso esame del giudicato esterno, costituito dalla sentenza di assoluzione, perché il fatto non sussiste, del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ad esito di dibattimento, in relazione ai medesimi fatti posti a fondamento del recupero fiscale contestato con l’avviso di accertamento impugnato . Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la sentenza penale, anche irrevocabile, non è idonea, in forza del disposto di cui all’art. 654 c.p.p., ad esplicare alcun effetto vincolante nel processo tributario, assumendo – per il principio della circolazione dei mezzi di prova – un rilievo solo quale elemento di prova, soggetto all’autonoma valutazione del giudice tributario. Pertanto, anche se la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non assume efficacia di giudicato nel processo tributario, neppure quando i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, la stessa può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione,
deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass. n. 6918 del 2013; Cass. n. 2938 del 2015; Cass. n. 10578 del 2015; Cass. n. 17258 del 2019; Cass. n. 4645 del 2020; Cass. n. 6532 del 2020). In questo caso la CGT ha del tutto omesso di considerare quella pronuncia e le prove ivi raccolte, che avevano condotto il giudice penale, come si desume dalla trascrizione riportata per autosufficienza in ricorso, ad u n pieno accertamento assolutorio ai sensi dell’art. 530 comma 1 c.p.p.
5.2.1. Va altresì considerato l’art. 21 -bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal decreto legislativo n. 87 del 2024 (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n. 111 del 2023), pubblicato sulla G.U. n. 150 del 28/6/2024 ed entrato in vigore il 29/6/2024, rubricato ‘Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione’, che così dispone: « 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio . 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati ».
5.2.2. Tale norma prevede, pertanto, l’efficacia vincolante nel processo tributario del giudicato penale assolutorio, purché esso, formatosi in dibattimento, abbia ad oggetto gli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario e purché l’assoluzione sia avvenuta in base ad una delle due formule indicate. Come detto, prima della novella di cui al d.lgs. n. 87/2024, era l’art. 654 c.p.p. a governare il rapporto fra giudicato penale e processo tributario, escludendone l’efficacia vincolante, stanti i limiti probatori propri di tale ultimo processo. La natura di norma processuale, già riconosciuta all’art. 654 c.p.p. (Cass. n. 7405 del 1994), non può che essere estesa anche al sopravvenuto art. 21 -bis. In mancanza di una disposizione transitoria, come nel caso in esame, deve essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore ma anche i singoli atti, ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore. In tal senso si è già espressa questa stessa Corte, stabilendo che la norma è applicabile, quale ius superveniens , anche nei casi in cui detta sentenza è divenuta irrevocabile prima della operatività di detto articolo e, alla data della sua entrata in vigore, risulta ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli è stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso) (Cass. n. 936 del 2025; Cass. n. 30814 del 2024; Cass. n. 23570 del 2024). Questa Corte ha altresì affermato che la norma comporta la piena efficacia di giudicato della sentenza penale dibattimentale irrevocabile nel processo tributario in relazione ai medesimi fatti,
rilevanti penalmente, dai quali egli è stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso) (Cass. n. 23570 del 2024; Cass. n. 23570 del 2024; Cass. n. 23609; Cass. n. 30814 del 2024; Cass. 30900 del 2024; Cass. n. 936 del 2025; Cass. n. 1021 del 2015 ).
5.2.3. Il Procuratore generale dubita della legittimità costituzionale della norma interpretata secondo questa ampia latitudine con riferimento alla mancata partecipazione dell’Ente impositore al giudizio penale ; segnala, in particolare, il tracciato interpretativo del giudice delle leggi (Corte cost. n. 55/1971, Corte cost. n. 99/1973, Corte cost. n. 165/1975, Corte cost. n. 192/1981, Corte cost. n. 247/1983) che esige, perché l’efficacia del giudicato possa riverberarsi, con efficacia vincolante, su altri processi, che le parti chiamate in questi ultimi siano state poste in grado di difendersi nel processo da cui deriva il giudicato, mentre l’art. 21 -bis , d.lgs. n. 74/2000 non richiede il rispetto del principio suddetto, a differenza di quanto fanno gli artt. 651, 652 e 654 c.p.p.; altro profilo critico attiene all’impatto sul complessivo regime probatorio dell’ordinamento tributario, con profonde divaricazioni tra le categorie di utenti e contribuenti, allorché l’accertamento contenuto nella sentenza assolutoria per le formule indicate dall’art. 21 -bis refluisca, con efficacia di giudicato, sull’accertamento dell’imposta, derivandone un irreparabile vulnus al principio di uguaglianza e di ragionevolezza posto che per le evasioni di più limitata entità (non suscettibili di rilevanza penale) varrebbe l’ordinario (e più rigoroso) regime probatorio del giudizio tributario, mentre per quelle più gravi la parte potrebbe fruire del regime proprio del giudizio penale, in cui l’onere è integralmente a carico della parte pubblica, essendo sufficiente, per la parte privata, un atteggiamento anche solo silente per ottenere un esito
positivo del processo penale se la prova piena non sia stata raggiunta.
5.2.4. Queste criticità possono superarsi ritenendo, come affermato da recenti sentenze di questa Corte, che l’art. 21 bis cit. esplichi i suoi effetti limitatamente alle sanzioni irrogate mentre, con riferimento all’imposta, la valutazione della sentenza penale resta autonoma e rimessa al prudente apprezzamento del giudice tributario secondo il regime precedente alla novella (v. Cass. n. 3800 del 2025, alla cui ampia motivazione ci si riporta ; nello stesso senso, Cass. n. 4935 del 2025; Cass. n. 4924 del 2025; Cass. n. 4921 del 2025; Cass. n. 4916 del 2025; Cass. n. 4904 del 2025 , tutte emesse in questa stessa udienza ): invero, « la rilevabilità della sentenza penale nel giudizio tributario non attiene alla pretesa impositiva ma alla sanzione, la cui effettività, proporzionalità e consistenza costituisce un accertamento rimesso costantemente in ogni fase processuale e procedimentale -alla stessa Amministrazione fiscale, restando priva di rilievo la circostanza che essa non abbia partecipato, in una qualche veste, al processo penale », come testimoniano anche l’art. 21 e l’art. 21 ter del d.lgs. n. 74/2000; inoltre, con l’efficacia del giudicato ai fini del solo trattamento sanzionatorio « l’imposizione è -in ogni caso -soggetta all’ordinario regime probatorio, sicché resta esclusa una ingiustificata divaricazione e differenziazione tra i contribuenti » (si rimanda a Cass. n. 3800 del 2025, par. 25.3 e segg.).
Il secondo motivo è infondato.
6.1. Non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza –
di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022).
6.2. Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento). In questo caso, come si desume anche dalla superiore espositiva (v., in particolare, par. 5), la sentenza attinge il cd. ‘minimo costituzionale’.
Il terzo motivo è inammissibile.
7.1. E’ noto che i n tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme
processuali, bensì un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (per tutte, Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940). Va altresì considerato che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico -formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 331 del 2020; Cass. n. 23055 del 2024).
Conclusivamente, accolto il primo motivo nei limiti in motivazione, rigettati gli altri, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice del merito.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo, nei limiti in motivazione, rigettati gli altri, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Roma 15 gennaio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME