Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22582 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22582 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 04/08/2025
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23146/2022 R.G. proposto da Comune di Portogruaro (00271750275), in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Veneto Orientale (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del prof. avvocato NOME COGNOME (EMAIL, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL);
-controricorrente – e sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE Veneto Orientale (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del prof. avvocato
NOME COGNOME (EMAIL, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente in via incidentale –
contro
Comune di Portogruaro (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t., con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALEEMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 257/2022, depositata il 21 febbraio 2022, della Commissione tributaria regionale del Veneto; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME principale e la declaratoria
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso di inammissibilità del ricorso incidentale.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 257/2022, depositata il 21 febbraio 2022, la Commissione tributaria regionale del Veneto, previa riunione dei ricorsi, ha rigettato gli appelli proposti dal Comune di Portogruaro e dal Consorzio di Bonifica del Veneto Orientale, così confermando il decisum di prime cure che recava parziale accoglimento dell’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Ente impositore in relazione all’IMU dovuta dal Consorzio contribuente per l’anno 2012.
1.1 -A fondamento del decisum , e per quel che qui rileva, il giudice del gravame ha considerato che:
-l’appello principale del Comune andava disatteso in quanto così come condivisibilmente rilevato nella pronuncia resa dalla
Commissione tributaria provinciale che aveva accertato «l’esistenza dell’esimente di cui all’art. 9, comma 8°, D.Lgs. n. 23/2011 con riferimento (però) ai soli impianti idrovori» -gli impianti in questione risultavano destinati ad esigenze pubblicistiche ( al fine di gestire le opere pubbliche di bonifica ) così che doveva ritenersi erroneo il loro classamento nella categoria D (diversamente deputata ad individuare le unità immobiliari con destinazione ad un’attività industriale o commerciale);
si trattava, difatti, di impianto posto nella parte terminale di una rete di canali e deputato al sollevamento delle acque raccolte in un bacino ed al loro convogliamento in un corso d’acqua pensile (altimetricamente superiore al piano di campagna) al fine del deflusso delle acque in mare; l’impianto risultava, pertanto, funzionale alla «sicurezza idraulica» del sito in quanto, in difetto del suo impiego, i terreni bonificati sarebbero rimasti esposti ad allagamento;
per di più, «il corretto inquadramento catastale dell’idrovora è stato ribadito in via transattiva tra il CBVO e l’Agenzia delle Entrate … ove sia stato accertato che il fabbricato destinato ad idrovora non abbia mai subito alcuna modifica strutturale o anche solo di destinazione d’uso trattandosi del medesimo corpo di fabbrica, destinato a edificio idrovoro e non ad alcuna altra attività o di altro impianto»; e, del resto, la stessa Agenzia delle Entrate aveva «elaborato la nota prot. n. 0109407, con cui ha affermato che “le costruzioni destinate esclusivamente alla bonifica, allo scolo ed alla difesa idraulica del territorio, attese le caratteristiche e la particolare destinazione funzionale delle stesse, costituiscono immobili da qualificare nelle categorie del Gruppo E”»;
-del pari andava disatteso l’appello proposto dal Consorzio in quanto:
il Consorzio di Bonifica doveva ritenersi soggetto passivo del tributo siccome concessionario ex lege dei beni sottoposti a tassazione;
alcuna dimostrazione era stata offerta in giudizio quanto alla (necessaria) accessorietà delle altre unità immobiliari sottoposte a tassazione (e classate in categorie diverse da quelle di cui ai gruppi D ed E) allo svolgimento delle funzioni (di sicurezza idraulica e regimentazione delle acque) cui le idrovore risultavano deputate.
-Il Comune di Portogruaro ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE del Veneto Orientale resiste con controricorso, che espone l’articolazione di due motivi di ricorso incidentale cui il ricorrente principale resiste con controricorso, – ed ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso principale è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. b ), assumendo il ricorrente che, nella annualità di imposta in contestazione (2012), le unità immobiliari oggetto di rideterminazione del classamento (nel 2020) risultavano censite in catasto nella categoria D/1, così che illegittimamente il giudice del gravame aveva proceduto ad una rideterminazione del classamento (già) attribuito alle unità immobiliari, sulla base di una denuncia di variazione docfa presentata nel 2018;
1.2 -col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. b ), ed al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 2, 3 e 4, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, così tornando a censurare la rilevata
efficacia retroattiva del nuovo classamento catastale (in categoria esente) delle unità immobiliari, efficacia che, secondo gli enunciati della giurisprudenza di legittimità, doveva escludersi tanto perché il riclassamento operato sulla base di un accordo di conciliazione concluso nell’àmbito di un contezioso che aveva ad oggetto la rettifica della dichiarazione docfa presentata dal contribuente nel 2018 (con proposta di classamento nella categoria E) quanto perché alla stessa richiamata circolare -che, peraltro, quale documento di prassi inidoneo ad incidere sulle risultanze catastali, demandava agli Uffici ogni specifico accertamento sulla destinazione funzionale degli impianti in questione sulla base della distinzione tra opere di difesa idraulica in senso proprio ed opere (diversamente) deputate alla fornitura di servizi (quali quelli irrigui) – non potevano ascriversi effetti diretti sul classamento in atto, insussistente, nella fattispecie, ogni esercizio del potere di autotutela; così che, in un siffatto contesto, la variazione catastale non avrebbe potuto produrre effetti che in relazione alla dichiarazione Docfa presentata dalla contribuente nell’anno 2018 e dunque dal 1° gennaio del successivo anno di imposizione (2019).
2. -I due motivi, siccome connessi, vanno esaminati congiuntamente al secondo motivo del ricorso incidentale che, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 10, 11, 24, 53, 97, 111 e 118 Cost., al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3, agli artt. 859, 862, 1321 e ss. cod. civ., al r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, alla l. regione Veneto, 8 maggio 2009, n. 12, ed all’art. 115 cod. proc. civ.
Si assume, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto imponibili «la casa del macchinista e i fabbricati serventi gli impianti di bonifica integrale» sul rilievo del difetto di prova della loro (necessaria) accessorietà allo svolgimento delle
funzioni (di sicurezza idraulica e regimentazione delle acque) cui le idrovore risultavano deputate; conclusione, questa, che pretermetteva l’esame della documentazione prodotta che non oggetto di contestazione -dava diversamente conto della destinazione di dette unità immobiliari -consegnate al Consorzio «negli anni ’30 del secolo scorso» – allo svolgimento delle attività di bonifica, e dunque di un servizio di interesse pubblico, così come nel (documentato) caso della «’Consegna opere’ riferita all’impianto idrovoro Lison INDIRIZZO».
-I due motivi del ricorso principale, ammissibili, in quanto calibrati su violazione di legge (per cui va respinta l’eccezione incentrata sulla ‘doppia conformità’, che si legge a pag. 6 della memoria del controricorrente), sono altresì fondati, e vanno senz’altro accolti, mentre destituito di fondamento rimane il secondo motivo del ricorso incidentale.
3.1 – In tema di determinazione della base imponibile ICI, per i fabbricati iscritti in catasto (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, cui rinvia, quanto all’IMU, il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8, comma 4; v., poi, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 3, 4 e 5, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214), la Corte ha avuto modo di precisare che:
le risultanze catastali definitive non dovute a mutamenti dello stato e della destinazione dei beni, individuati quali circostanze storicamente sopravvenute, o a correzioni di errori materiali di fatto, ancorché sollecitate all’ufficio dal contribuente, conseguendo all’originaria acquiescenza del contribuente alle operazioni catastali sono soggette alla regola di carattere generale, funzionale alla natura della rendita catastale di presupposto per la determinazione e la riscossione dei redditi tassabili nei singoli periodi d’imposta, della loro efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime sono state annotate negli atti catastali (cosiddetta messa in atti), ricavabile
dall’art. 5, comma secondo, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, cit., in forza del quale per ciascun atto d’imposizione devono assumersi le rendite quali risultanti in catasto al primo gennaio dell’anno di imposizione (Cass., 7 settembre 2004, n. 18023 cui adde , ex plurimis , Cass., 24 marzo 2023, n. 8550; Cass., 21 ottobre 2022, n. 31250; Cass., 5 febbraio 2021, n. 2771; Cass., 30 luglio 2010, n. 17863; Cass., 27 ottobre 2004, n. 20854);
-la regola generale dettata dall’art. 5, comma 2, cit., trova applicazione, altresì, con riferimento alle variazioni catastali conseguenti a dichiarazioni presentate con la procedura Docfa, poiché il termine di efficacia delle rendite (così) stabilito è ispirato a ragioni di uniformità delle dichiarazioni e degli accertamenti e costituisce espressione del principio di uguaglianza (Cass., 7 settembre 2018, n. 21760; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 15 ottobre 2010, n. 21310);
il modus agendi di detta regola generale non comporta alcuna violazione dell’art. 53 Cost., in quanto l’esigenza di tener conto della capacità contributiva non esclude il potere discrezionale del legislatore di fissare un termine di efficacia uguale per tutti i contribuenti, così che la disposizione è essa stessa espressione del principio di uguaglianza, in quanto l’applicazione di un termine differenziato nell’ipotesi di ricorso alla procedura docfa, comporterebbe una discriminazione fra contribuenti (così la giur. appena citata cui adde Cass., 24 marzo 2023, n. 8550, cit.);
diversamente la regola in questione non si applica al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento,
rivelatosi erroneo o illegittimo (Cass., 29 settembre 2005, n. 19066 cui adde , ex plurimis , Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 31 luglio 2015, n. 16241; Cass., 5 maggio 2010, n. 10815; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27906); laddove la riconducibilità dell’errore di fatto all’Ufficio deve risultare «evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio» (Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018);
-le variazioni catastali conseguenti a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, debbono trovare applicazione dalla data della denuncia (Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018); pronunce, queste ultime, che fanno applicazione, poi, dei principi espressi dalla Corte con riferimento alla l. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, essendosi rilevata l’utilizzabilità della rendita – una volta notificata a fini impositivi – «anche per annualità d’imposta per così dire “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso», ovvero per periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione del provvedimento, purché successivi alla denuncia di variazione (v. Cass., 11 settembre 2019, n. 22653; Cass., 27 luglio 2012, n. 13443; Cass., 26 ottobre 2005, n. 20775; v., altresì, Cass. Sez. U., 9 febbraio 2011, n. 3160 cui adde , ex plurimis , Cass., 9 giugno 2017, n. 14402; Cass., 6 giugno 2014, n. 12753; Cass., 11 novembre 2011, n. 23600; Cass., 30 settembre 2011, n. 20033).
3.2 -Nella fattispecie il giudice del gravame -nel rilevare l’erroneità del classamento dei beni nella categoria D non ha, per l’appunto, considerato che nel periodo di imposta in contestazione le unità immobiliari sottoposte a tassazione non risultavano classate in categoria esente ai sensi del d.lgs. n. 504 del 1992, art.
7, comma 1, lett. b ), cit. (che contempla, per l’appunto, «i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9», e cui rinvia il d.lgs. n. 23 del 2011, cit., art. 9, comma 8); e, come già statuito dalla Corte, detta disposizione deve essere interpretata -secondo i criteri dell’interpretazione letterale, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento e con l’art. 5, commi 2 e 3, dello stesso decreto -nel senso che l’esenzione si riferisce ai fabbricati così classificati oppure a quelli non ancora iscritti al catasto per i quali nel medesimo periodo sussistono i presupposti per l’iscrizione nelle categorie indicate, con esclusione, pertanto, degli immobili già iscritti in categorie diverse da quelle del gruppo E, ad iniziativa del contribuente, atteso che quest’ultimo non può, per beneficiare della suddetta esenzione, invocare a suo favore l’errore se non nei limiti e con gli effetti temporali propri della variazione della classificazione (così Cass., 30 settembre 2019, n. 24279).
Né, per vero, quel giudice ha accertato che -in esito alla dichiarazione di variazione docfa di cui è menzione nel motivo di ricorso -la variazione del classamento (in categoria esente) sia conseguita dalla sua riconducibilità ad un errore di fatto dell’Ufficio «evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio».
3.3 -Quanto, poi, alla «nota prot. n. 0109407» dell’Agenzia delle Entrate, viene in rilievo un atto di indirizzo che demandava alla competenza dei singoli uffici la verifica della correttezza dei classamenti, sulla base del riscontro specifico della destinazione funzionale delle unità immobiliari alla bonifica idraulica in senso proprio ovvero a servizi di natura industriale, e considerando, ad ogni modo, come fermi ed impregiudicati i classamenti che dovevano ritenersi definitivi.
L’atto in questione, come appena anticipato, non ha (e, per vero, nemmeno avrebbe potuto avere) natura applicativa (per una
particolare ipotesi di circolari di tal fatta v. Cass., 11 dicembre 2013, n. 27670) in quanto costituiva mero atto di indirizzo interpretativo correlato alla specificità del catasto consortile, in connessione alla natura plurale delle competenze esercitate dagli stessi Enti consortili e, dunque, alla (altrettanto) plurale, e articolata, destinazione funzionale delle unità immobiliari censite in catasto.
E, come la Corte ha ripetutamente rimarcato, siffatti atti di indirizzo esprimono esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente (oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice), così che non sono impugnabili né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva, sussistendo difetto assoluto di giurisdizione in ordine agli stessi (Cass. Sez. U., 2 novembre 2007, n. 23031 cui adde Cass., 29 novembre 2022, n. 35098; Cass., 21 marzo 2014, n. 6699).
3.4 -Quanto, invece, al motivo di ricorso incidentale, ne va innanzitutto rilevata l’inammissibilità sotto il profilo della dedotta destinazione di beni al servizio pubblico di bonifica in quanto la censura finisce per devolvere alla Corte un non consentito riesame di dati probatori che (in tesi) darebbero conto di una siffatta destinazione funzionale delle unità immobiliari.
In termini più generali, peraltro, va rimarcato che vengono (così) in rilievo unità immobiliari che, per come accertato dal giudice del gravame, risultavano censite in catastato in categorie non esenti (in categorie diverse da quelle di cui ai gruppi D ed E) sicché -non trattandosi né di aree pertinenziali a fabbricati né di pertinenze dell’abitazione principale ( d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214) -in ragione dei rilievi dianzi esposti assume autonoma concludenza la considerazione di un siffatto classamento (cui si raccorda la base
imponibile del tributo con riferimento alla rendita catastale in atti) quale sussistente ratione temporis (per il periodo di imposta in contestazione) prima della stessa presentazione della ridetta dichiarazione di variazione docfa.
-Col primo motivo di ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il Consorzio ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo il giudice del gravame omesso di pronunciare sull’eccezione di inapplicabilità delle sanzioni irrogate in relazione al principio di legittimo affidamento e, nello specifico, all’incertezza normativa obiettiva correlata, da un canto, alla non chiara formulazione dei disposti normativi e, dall’altro, alla ricorrenza di contrasti giurisprudenziali relativi alla natura giuridica dei Consorzi di bonifica ed alla loro qualificazione.
-Il motivo è destituito di fondamento e va senz’altro disatteso.
5.1 -Va premesso che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, deve ritenersi che alla Corte sia consentito di decidere nel merito dell’eccezione della quale si assume l’omesso esame, alla stessa stregua dei fatti introdotti in giudizio dalle parti e non risultando, per l’appunto, necessario alcun ulteriore accertamento in fatto (Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962).
5.2 – Secondo un consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, «l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa
tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito.» (così Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde , ex plurimis , Cass., 1 febbraio 2019, n. 3108; Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588; Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522; Cass., 27 luglio 2012, n. 13457; Cass., 16 febbraio 2012, n. 2192).
Si è, in particolare, rimarcato che -costituendo l’incertezza normativa oggettiva una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole che trova il suo fondamento, piuttosto che nell’ignoranza giustificata, nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria -l’essenza del fenomeno «si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella
difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente» (v. Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde , ex plurimis , Cass., 12 aprile 2019, n. 10313; Cass., 13 giugno 2018, n. 15452; Cass., 17 maggio 2017, n. 12301; con riferimento alla ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, nella giurisprudenza di legittimità e anche di merito, cfr. Cass., 23 novembre 2016, n. 23845, cit.; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588, cit.; per la considerazione di una pluralità di disposizioni «il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso, per l’equivocità del loro contenuto», v. Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394, cit.; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522, cit.).
5.3 -Nella fattispecie, deve escludersi che sussistesse una qualche incertezza normativa oggettiva a fronte della chiarezza del dato normativo di regolazione del presupposto del tributo (v. già, quanto all’ICI, il d.lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, come modificato dalla l. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 18, comma 3; v., in termini corrispondenti quanto all’IMU, il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 1).
Quanto, poi, al formante giurisprudenziale, dalla cennata chiarezza del dato di regolazione è conseguita una giurisprudenza connotata da contenuti meramente ricognitivi della generale
disciplina dei Consorzi di bonifica, insussistente, peraltro, ogni incertezza sulla relativa qualificazione in termini di enti pubblici economici (v. già Cass., 8 marzo 2004, n. 4664, cit.; v., altresì, Cass. Sez. U., 18 gennaio 1991, n. 456, cit.).
6. -L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi del ricorso accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025.